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Autore: ross_ana    09/01/2010    7 recensioni
31 dicembre 2009, Anna va con le sue amiche a festeggiare il Capodanno in un locale... e se nello stesso locale incontra il ragazzo misterioso che a Natale le ha lasciato un regalo nella cassetta della posta?
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buon anno, buon 2010! :)
Questa storia è per Anna, la mia Bea_s, un tesoro di ragazza a cui voglio un mondo di bene. Anche se oggi è il 9 gennaio, rinnovo i miei auguri: Auguri di buon compleanno, auguri di buon Natale, auguri di buon anno. Questo è il mio regalo per lei! Lei che è la mia psicologa di fiducia affetta da un costante raffreddore! :P





R.I.


Faceva freddo, ma non era umido. No. Era quel freddo secco tipico della Sila, dei monti dell'Appennino, tipico della neve.
La temperatura esterna, secondo il termostato dell'auto, segnava meno due gradi. La stellina sul quadro era di colore rosso. In cielo non si vedeva nemmeno una stella. E la strada brillava sotto i fari della mia Ford Focus a causa del ghiaccio che vi si era formato per le basse temperature.
Ma nemmeno un fiocco di neve si riusciva a scorgere oltre il parabrezza.
Perchè mai?
Era il primo Capodanno dei miei vent'anni (compiuti appena due giorni prima di Natale, peraltro) trascorso senza neve.
Era un'assurdità.
La neve è Natale. La neve è Capodanno.
Quest'anno invece niente. Niente neve. Niente atmosfera.
Il 2009 era iniziato male, perchè doveva finire nello stesso modo? Non poteva nevicare? Ma anche solo per cinque minuti?
No. Non ne voleva proprio sapere.

Distolgo l'attenzione dal cielo e poso lo sguardo sul titolo della canzone che scorre alla radio.
She's the one.
Ho trovato questo CD nella cassetta della posta. Incartato in una confezione rossa, con tanto di fiocco argentato.
Devo ammettere che il mio primo pensiero era stato: "Come ha fatto, chiunque esso sia stato, a far passare un CD in custosia rigida, impacchettato e infiocchettato in un semplice spazio per una lettera?", poi la mia attenzione era stata dirottata sul bigliettino che vi era attaccato.

 Per Anna.
Non ti ho mai dimenticato.
Buon Natale.
R.I.

Dal 24 dicembre non avevo smesso di pensare un attimo a quelle iniziali.
R.I.
Chi poteva essere?
Non ne avevo la più pallida idea... non conoscevo nessuno il cui nome iniziasse con quelle lettere, e dopo un continuo rimuginarci su, ero persino arrivata a pensare che R.I. significasse rincoglionito imbecille che aveva sbagliato buca delle lettere. Che aveva sbagliato Anna.
Ma non mi sono certo presa la pena di andare a controllare, casa per casa, se ci fosse qualche Anna che conoscesse un certo R.I.
O una certa R.I.
Si... avevo preso in considerazione che fosse un regalo di un'amica... poi le canzoni... per così dire... romantiche, mi avevano dissuaso da quest'idea: nessuna aveva mai mostrato interessi esplicitamente sensuali o sessuali nei miei confronti.
E comunque, non conoscevo nessuna R.I.

Certo... ogni volta che ascoltavo questa canzone, la numero 4, She's the one, mi veniva in mente qualcosa... ma non riuscivo a ricordare bene cosa...
Centrava una data... forse quattro gennaio... o quattro marzo... e conoscevo le parole a memoria... ma... non riuscivo proprio a ricordare bene. Come se ci fosse un'alone di nebbia intorno ai miei ricordi...
E poi non ero nemmeno sicura che si trattasse di recordi reali... poteva semplicemente trattarsi di un banalissimo sogno, il che poteva spiegare la confusione e la dimeticanza...
Chi lo sapeva?
Chi lo avrebbe mai saputo?
Probabilmente R.I.

-Bea, finalmente sei arrivata!
-Ciao ragazze!
-Ciao Anna.

Ah, dimenticavo.
Bea è il mio secondo nome.
Bè, non proprio registrato all'anagrafe... ma la mia amica Giulia mi ha sempre chiamato così: alle scuole materne, perchè evidentemente non era in grado di dire "Anna", e probabilmente aveva una fervida immaginazione... d'altronde Anna e Bea non hanno niente in comune a parte la "a" finale. Alle scuole elementari, perchè era il periodo dei nomi in codice, e Bea, sempre secondo la sua fervida fantasia, era un eccezionale nome da spia. Alle scuole medie, perchè le piaceva (a detta sua) distinguersi dalla massa che mi chiamava Anna... e a nulla valevano le mie proteste sul fatto che effettivamente io mi chiamo Anna. Alle scuole superiori, perchè ormai ci aveva preso il vizio.
Ora che anche le scuole superiori erano finite, lei continuava imperterrita a chiamarmi Bea. E io non volevo che smettesse.
Mi ero affezionata a quel nome-soprannome che mi rendeva unica.
Unica agli occhi della mia migliore amica. Unica agli occhi degli altri che mi vedevano rispondere a quel nome come se fosse il mio...
Ricordo una volta che quella pazza di Giulia, da me chiamata Giulia, nè Giuly, nè Giuls, nè Giù, nè Giùgiù, nè nient'altro, solo Giulia, aveva litigato con un nostro compagno di classe per aver osato chiamarmi Bea.
Eravamo in quarta elementare, i grembiuli blu che ci arrivavano sotto il ginocchio, e i fiocchi verdi che si scioglievano in continuazione per dar piacere alle maestre di rimproverarci per la poca accuratezza e per il poco ordine (che poi cosa centrasse l'ordine - o il disordine - con il fiocco non l'ho mai capito).
Pietro, il suddetto compagno di classe, cercava in tutti i modi di attirare la mia attenzione.
Grassottello, con la faccia piena di brufoli (l'acne adolescenziale lo aveva colpito molto prima dell'adolescenza), occhiali spessi quanto il vetro di una finestra e apparecchio grigio scintillante su entrambe le arcate dentali.
Ero la sua passione segreta... segreta per modo di dire, lo sapevano anche le maestre... ed io l'odiavo.
Non lui, figuriamoci. Ma odiavo tutte le battutine che i ragazzini di quell'età possono fare. E non potendomi arrabbiare con tutti quanti, me la prendevo con "il responsabile indiretto": Pietro.
Ricordo che stavamo per andare in vacanza, e che la maestra di Italiano ci stava facendo scrivere La Letterina del Papà. Quella da mettere sotto il suo piatto la notte della Vigilia, quella che sarebbe stata letta davanti a tutti i parenti prima di cena, e che sarebbe stata motivo di applausi da parte dei nonni, commozione da parte dei genitori, e risate di scherno da parte dei cugini che avevano ormai smesso di scriverla La Letterina del Papà.
Insomma, ricordo che Pietro, detto anche Malatuso (perchè aveva sempre l'inluenza), fingendo di andare a buttare una carta nel cestino vicino alla porta, aveva lasciato cadere sul mio banco un foglio di carta ripiegato a metà, con un cuore rosso colorato a tempera.
All'interno del cuore, in nero, c'era scritto "Per Bea".
Non ho mai letto cosa ci fosse scritto in quella pagina ripiegata.
Giulia aveva fatto una scenata assurda, sbraitando contro Pietro che mi aveva chiamata Bea, urlando a tutti i nostri compagni che mi aveva disegnato un cuore, e dicendo alla maestra che invece di scrivere La Letterina del Papà scriveva cose "schifose" a me. (Per schifose intendeva: sei bellissima, vuoi diventare la mia fidanzata?)
In seguito a quell'accaduto, Pietro era diventato un altro bambino.
Innanzi tutto non mi aveva più scritto lettere d'amore. Non mi aveva più rivolto attenzioni particolari. Come se dipendesse da me, da quella volta non aveva più avuto l'influenza. E soprattutto non mi aveva più chiamata per nome.

-Anna!? Anna!?
-Mi hai davvero chiamata Anna?
-E tu non rispondevi... sembravi in trans.
 

Rimasi a fissare Giulia per almeno un minuto prima di parlare.
Mi aveva chiamata Anna. E mi aveva chiamata con il mio vero nome proprio mentre stavo ricordando della sua scenata nel sentire qualcun altro chiamarmi Bea.
Era assurdo.
O forse era un segno. Probabilmente dopo vent'anni avrebbe smesso di chiamarmi Bea.
Non che mi dispiacesse Bea... figuriamoci... non era certo un soprannome vergognoso quanto lo era Malatuso... ma forse dopo vent'anni sarebbe diventata una persona normale anche lei...

-Bea, ma ci sei?
Ecco, come non detto. Potrà anche essere il 31 dicembre 2009, potrà anche mancare poco all'inizio di un nuovo anno, ma Giulia resterà sempre la stessa.
-Si ci sono.
-A che stavi pensando?
-A Pietro.
-Chi?
-Ma si, dai, lo conosci anche tu. Pietro il nostro compagno di classe delle elementari...
-Uhm...
-Lascia stare.

Ci incamminammo tutte insieme verso il locale dove avremmo brindato insieme allo scoccare della mezzanotte (alla quale mancavano poco più di 10 minuti), e dove avremmo ballato fino al mattino (motivo per cui avevo un paio di stivaletti bassi invece del più comuni tacco 12).
Le mie amiche avevano tutte dei bellissimi vestiti.
A parte Giulia, che aveva optato per un completo giacca-pantalone.
Io invece avevo una gonna a tubino con spacco dietro, dal quale si potevano intravedere le mie bellissime calze anni 60, con la riga in evidenza, e un corpetto rosso (rosso per buon augurio), dello stesso tessuto della gonna: raso.
Tutte e cinque: io, Giulia, Federica, Simona e Antonya, entrammo dopo aver ricevuto in regalo un timbro sul polso destro, e per prima cosa andammo a posare i nostri cappotti.
Prendemmo i bicchieri già pieni di spumante, e insieme a tutte le altre persone presenti all'Illynois DiscoPub, gridammo in coro il conto alla rovescia.
-..sei, cinque, quattro, tre, due, uno.. AUGURIIIII

Peppèpeppepeppe,peppèpeppepeppe,peppèpeppeppepeppeeeee.
Peppèpeppepeppe,peppèpeppepeppe,peppèpeppeppepeppeeeee.

-Auguri.
-Auguri.
-Auguri.
-Auguri.
-Auguri.
-Buon 2010.
-Auguri.
-Auguri.

Stringevo mani, baciavo persone (sulla guancia ovviamente), regalavo sorrisi a chiunque mi passasse accanto, e davo gli auguri a tutte le persone che conoscevo e anche a quelle con cui non avevo mai parlato prima d'allora.
Auguri. Auguri. Auguri.
Primo proposito per questo duemiladieci: realizzare un desiderio.
Che ne so!? Vincere alla lotteria, conoscere Robert Pattinson, vedere materializzarsi nel mio letto Edward Cullen, innamorarmi... uno solo. Sarebbe andato benissimo.

-Auguri Bea.
-Auguri Giulia.
Sorriso. Abbraccio.
Balliamo.


Dopo infinite ore di ballo sfrenato, grata a me stessa per non aver indossato scarpe con tacco 12, mi concessi una pausa per prendere un pò di respiro.
Mi spostai nell'altra sala, e mi avvicinai ad uno dei divanetti rossi occupati da ragazze stanche almeno quanto me.
Non appena qualcuno si alzò, mi sedetti con meno grazia di quanto probabilmente avrei dovuto, e tirai un sospiro di sollievo. Cinque minuti di pausa.
Pausa dal bere.
Pausa dal ballare.
Pausa.

-Auguri B...Anna.
Alzai lo sguardo e vidi davanti a me un... dio. Si un dio.
Alto, muscoloso, con capelli neri quasi rasati, un paio di occhi azzurri da far perdere il fiato, e una dentatura cavallina di un bianco scintillante che rendeva il suo sorriso ancora più da infarto.
-A-a-auguri...
-Non ti ricordi di me?
-Ehm... veramente... ecco, se ti avessi già conosciuto mi ricorderei sicuramente di te.
Era stato l'alcool ad annullare completamente le mie inibizioni.
Il signor-statua-divina si mise a ridere.
-Diciamo che sono un pò cambiato...
Il mio sguardo divenne leggermente scettico.
Rise di nuovo.
-Accompagnami fuori a fare due passi, e ti spiegherò tutto.
Stavo per rispondere di no, infondo era uno sconosciuto. Uno sconosciuto bellissimo, certo, ma pur sempre uno sconosciuto...
-Va bene.
...ma la mia bocca parlava a vanvera, non era collegata con il mio cervello, quindi ecco il risultato: io, fuori dal locale a passeggiare con questo dio dalle fattezze umane senza cappotto sotto una splendida nevicata di inizio anno.
Finalmente.
Impegnata a guardare la bellezza e l'eleganza dei fiocchi di neve che finalmente cadevano e attecchivano al suolo, non mi ero accorta dello spostamento alla mia destra.
-E' meglio che tu metta questa, potresti prendere il raffreddore.
Non risposi. Era talmente grande la sensazione di essere in un film che non volevo rovinare tutto dicendo qualcosa. Però strinsi con vigore la giacca che aveva poggiato sulle mie spalle nude, e inspirai quel profumo che l'avvolgeva con un misto di sorpresa e stupore... c'era qualcosa di familiare in quell'odore...
Qualcosa che mi aveva fatto tornare in mente, come un flashback, il momento in cui mi aveva parlato: Auguri B...Anna.
-Come mi stavi chiamando?
-Hmm?
-Si, quando mi ha dato gli auguri... come mi stavi chiamando?
Lui sorrise, e prima di rispondermi si guardò in giro.
Poi si avvicinò al mio viso, e mi sussurrò all'orecchio, quasi come se avesse paura di essere sentito.
-Bea. Ti stavo chiamando Bea. Ma poi mi sono ricordato che sei venuta con Giulia, e mi sono corretto appena in tempo.
Sgranai gli occhi. E, anche se è poco signorile, spalancai la bocca.
-Pietro.
-Allora ti ricordi di me?!

Ero... senza parole. Sconvolta. Scioccata. Ero... oh porca paletta.
-Sei davvero tu?
-Solo senza apparecchio, con le lenti a contatto, qualche chilo in meno e qualche muscolo in più... e certo, anche senza brufoli.
-Io... oddio... era un secolo che non ti vedevo...
-Bè certo, dopo le scuole elementari sono partito, sono andato a vivere con mio padre a Torino, e sono tornato solo un paio di mesi fa.
-Un... un paio di mesi fa?
-Si... per l'università. Mi sono iscritto qui a Roma...
-Un... un paio di mesi fa?
Il mio cervello non riusciva a recepire più nessun messaggio.
-Be si, settimana più, settimana meno...
-Un... un paio di mesi fa!
Per lo meno avevo cambiato inflessione alle parole. Non suonavano più come una domanda. Tanto quanto una risposta. Una risposta che stavo dando a me stessa.
-R.I... sei tu vero?
Sorrise, di nuovo. E poi annuì.
-Si, sono io.
Lo guardai solo un pò confusa.
-Perchè R.I.?
-Perchè tra tutti i soprannomi che i nostri compagni mi diedero quell'anno, ce n'è uno che mi è sempre piaciuto, e che ho sempre continuato a ricordare con affetto...
-R.I.?
-Si... R.I.... Raffreddore Innamorato. Non lo ricordi?
Non annuii, nè scossi la testa. Semplicemente continuai a guardarlo con sguardo quasi adorante.
Non potevo credere che davanti ai miei occhi ci fosse davvero Pietro.
E non potevo credere che mi aveva fatto un regalo di Natale, firmandosi persino con il suo "soprannome" preferito.
-E' stato quando abbiamo fatto quella recita Natalizia... tu eri la pastorella, e io il pastorello che ti doveva tenere per mano. Qualcosa tipo Heidi e Peter. Io, come al solito in quel periodo della mia infanzia, avevo l'influenza. Mia madre mi copriva ogni mattina con sciarpa, cappello e guanti, ma questo non era abbastanza da evitarmi di consumare almeno tre pacchetti di fazzolettini al giorno. I nostri compagni, che non perdevano occasione di prendermi in giro e affibbiarmi soprannomi sgradevoli, alle ultime prove di quella recita, mentre teatralmente ci tenevamo per mano, si sono avvicinati e mi hanno chiamato Raffreddore Innamorato. Come ben sai, la parola AMORE, era un insulto a quell'età, quindi loro scoppiarono a ridere, ma tu per la prima volta, invece di scappare come facevi sempre, rimanesti là a stringermi la mano. Quello per me è stato il giorno più bello dei miei nove anni. E anche dei dieci.
Come un lampo ricordai tutto quello che aveva appena raccontato.
Mi ricordavo della recita. Mi ricordavo dei costumi. Mi ricordavo dei nostri compagni, e anche del Raffreddore Innamorato.
-Quella volta... quella volta non sono scappata... perchè... perchè io non volevo fare la pastorella, ma quando tu mi hai preso per mano dicendomi che era un ruolo importante, io mi sono sentita soddisfatta per quello che stavo facendo. Io non sono scappata perchè... ti ero debitrice.
Lui sorrise ancora e si avvicinò di più a me.
-E adesso? Adesso perchè sei qui con me e non scappi?
Lo guardai con sguardo quasi languido, gli misi le braccia intorno al collo e avvicinai le mie labbra alle sue.
-Non posso scappare da un Raffreddore Innamorato.
E non gli diedi il tempo di parlare ancora.
Lo baciai. Lo baciai con foga, con passione.
Lo baciai come avrei baciato il principe azzurro sul cavallo bianco di Biancaneve.
Lo baciai come avrei baciato Edward Cullen che scendeva dalla sua Volvo argentata nel vialetto di casa Swan.
Lo baciai come avrei baciato il ragazzo che a Natale mi aveva fatto quel regalo inaspettato ma che mi aveva reso tanto felice.
Lo baciai come avrei baciato la persona che era riuscita a farmi perdere la testa solo raccontandomi una storiella di quando eravamo bambini.

Voi ci credete nel colpo di fulmine?
Io si... ma solo da quando ho RI-incontrato il mio R.I. 

Nuovo proposito per questo DUEMILADIECI!?
Lo dico ad alta voce.
-Spero che questo Raffreddore non passi maiiiiiiiiiiiiiiiiii.
   
 
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