Videogiochi > Final Fantasy VII
Segui la storia  |       
Autore: LunarBlade Valentine    11/01/2010    2 recensioni
Come ha fatto il Vincent del gioco a diventare il Vincent di AC? E poi come e quando ha sviluppato l'amicizia con Marlene che si vede nel film?
[Ambientata un anno prima di Advent Children e dopo il gioco.]
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cid Highwind, Marlene Wallace, Tifa Lockheart, Vincent Valentine
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Catharsis - Parte Due



I suoi occhi sono grandi e belli e incredibilmente sinceri. Ma dietro le rose c’è l’acciaio. Penso che abbia detto sul serio.

Si prenderanno cura… di me?

Ma che dice? Non possono - non lo faranno.

“Non voglio, né ho bisogno della vostra protezione.” Misuro ogni parola. Voglio che mi capiate. Non sono tanto fragile; non mi piace muovere a pietà. Non guardatemi così. Non è questo quello che voglio. Voglio che pensiate che io sia freddo e impenetrabile. Voglio che la conversazione termini qui. Voglio andarmene via.

Non guardatemi.

“Oh, ma porca &#@!”

…!

Un attimo dopo vengo schiaffato contro la testiera del letto.

Cid mi tiene per il colletto. Se avessi mostrato metà della sorpresa che provo, gli occhi mi sarebbero già sgusciati fuori dalle orbite. Le mie costole protestano per il trattamento rude, ma sono troppo shoccato per parlare. È impazzito?

“Cid!” pigola Tifa. Lui la ignora, tutta la sua furia è concentrata su di me.

“Stammi a sentire, stronzetto da quattro soldi- Me ne sbatto di quello che tu pensi di volere e non volere.” Mi sta parlando a un centimetro di distanza dalla faccia, e non posso far altro che fissarlo. I suoi occhi chiari riescono chissà come a bloccare i miei.

Non è facile intimidirmi, ma lui è riuscito nell’impresa senza particolari problemi. Spero solo che non mi colpisca - sembra seriamente infuriato.

“Eravamo tremendamente preoccupati per il tuo culo anoressico! Eri mezzo morto, porca miseria! Avevi una febbre che un Flare in confronto era una stronzata, e so che non hai mangiato niente, deficiente!” Oops. “Una febbre da quaranta e mezzo, va bene? Cazzo credi che me ne fotta della tua §°*ç@ merda su quello che volevi, bastardo egoista!”

Io sbatto le palpebre, mentre la vergogna mi accende lentamente il cuore, disperdendo la rabbia. No, torna qui, rabbia! Non lasciarmi qui da solo con l’umiliazione… Cid stringe la presa sul colletto della mia - cioè sua maglia.

“Se morire è una tua @#&-;@ prerogativa-” -non sapevo nemmeno che conoscesse quella parola- “-Allora prima di tutto non andare a farti degli amici! Noi ci preoccuperemo per il tuo culo ossuto di @#&§ coperto dal tuo bel mantellino rosso anche se a te non va!” Sta diventando piuttosto creativo con questi insulti. Sono vagamente offeso, ma decisamente impressionato. Almeno lo è la parte di me che non teme di essere presa a pugni.

Tifa è in piedi dietro di lui; riesco a malapena a scorgerla da dietro l’orecchio di Cid. Una delle sue mani è vicina alla spalla di Cid, pronta a fermarlo nel caso si spingesse troppo oltre. Credo che sia d’accordo con tutto quello che ha detto altrimenti l’avrebbe già fermato. Cid inspira profondamente.
Oh no, non ha finito? Mi ritrovo quasi a rimpicciolire.

“E non me ne frega neanche di cosa cazzo ti hanno fatto- Cioè, sì, ma- Abbiamo ucciso Hojo! Non c’è più niente, @#%&, che possiamo fare ora. Ora tu puoi anche aprire i rubinetti e farmi un lago di lacrime, costruirci sopra un ponte e attraversarmelo! Sapere cosa ti ha fatto mi fa soltanto desiderare che tu ce l’abbia detto prima, @#&%! Così gli avremmo dato qualche altro calcio, @#&%@#&%!” Poi comincia praticamente a urlarmi in faccia, “Perché siamo amici, amante della tragedia, cervello improvvisato, faccia di culo, stronzo egoista! Ed è a questo che servono gli amici!” E poi mi lascia andare. Scivolo giù.

Ahi.

Sono… mortificato. Esterrefatto e un po’ offeso, ma mortificato.

… Cervello improvvisato…?

Vorrei controbattere. Vorrei dire qualcosa di terribilmente forbito che mi aiuti a rimediare alla mia esplosione di poco fa. Ma riesco solo ad aprire e richiudere stupidamente la bocca.

È abbastanza strano, mi sento come se mi fosse stato tolto dalle spalle un enorme peso. Non ci rifletto troppo su - sono certo che passerà e che mi sentirò molto male tra pochissimo.

“Perché non hai detto che non ti sentivi bene?” chiede lei, con preoccupazione tangibile nella voce e nell’espressione. Non ha paura che io disprezzi il suo essere emotivamente aperta? Suppongo di no. Suppongo che se anche se lo facessi lei non cambierebbe. Suppongo che questo sia autentico coraggio. Qualcosa che non sarò mai in grado di replicare - essere fedele alle mie emozioni nonostante le reazioni degli altri. Mi sono sempre accontentato della semplice via dell’apatia.

“Non pensavo di stare tanto male.”

Sposto lentamente la mia attenzione alla ringhiera del letto. Sono ancora semi-accasciato sulla testiera; non ho più energie per muovermi. Il risveglio della rabbia mi ha prosciugato e il dolore mi ha derubato del mio fervore.

“Niente stronzate, Sherlock.” dice Cid. Mi azzardo a guardarlo torvo, ma devo continuare dolorosamente, “E poi perché avrei dovuto farvene menzione?” Non sono così malandato da dover piagnucolare per ogni mezzo disturbo che mi viene.

“Perché noi siamo tuoi amici!” esclama Tifa, prostrandosi in ginocchio accanto al letto, e afferrandomi la mano. Presumo l’abbia fatto d’impulso, perché me la stringe molto forte.

Mi rifiuto di distogliere gli occhi dalla ringhiera. È così compassionevole…

“Guardaci, stronzetto.” ordina Cid.

Presumo fosse anche lui preoccupato. Presumo di essere stato uno stronzo. Presumo che nonostante tutto siamo diventati amici, per quanto io abbia fatto tutto ciò che fosse in mio potere per evitare di essere ferito di nuovo.

Sono così contento che siano ancora qui…! Una particina di me in qualche angolo remoto del mio cervello sta gridando che è meraviglioso, e che finalmente sono felice.

Averli qui accanto a me, al momento… non fa male. Dà calore. Dà piacere. Al momento non mi stanno causando dolore per via della nostra amicizia… E forse… Alla fine è tutto qui? Forse sono stati lì ad aspettarmi per tutto questo tempo ma io ero troppo concentrato su di me per accorgermene?

Li guardo: prima Cid, poi mi rivolgo con cautela a Tifa. I suoi occhi sono come specchi liquidi. Beh, come mio solito ho combinato io questo casino, e merito di sentirmi in colpa.

Dio, il mio cuore è un vortice di emozioni che turbinano e creano dei mulinelli che si infrangono l’uno sull’altro. Umiliazione, sollievo, dolore, gioia, rabbia, speranza, paura…

Lascia che la speranza vinca la paura,

Lascia che la gioia scacci l’umiliazione,

Lascia che il sollievo spazzi via il dolore…

Ti prego.

Lasciami sognare.

Lasciami sognare e non farmi svegliare mai da un mondo in cui ho qualcosa, a cui sento di appartenere.

Ti prego.

Lei mi sta ancora tenendo la mano, stringendo le dita e le bende. Io non mi ritraggo. I miei muscoli non si tendono.

Per la prima volta da un sacco di tempo, voglio provarci. Voglio rischiare! I suoi occhi mi scrutano il viso in cerca di qualcosa. Vi vedo dentro il mio riflesso. Sembro malato. Con tutto quello che sto provando… Nemmeno io riesco a trovare dell’emozione sul mio viso. E loro ci riescono? Io sono soltanto un freddo bastardo, no? Ho paura che se tentassi di fare una qualsiasi espressione, sceglierei quella sbagliata. È possibile una cosa del genere?

“Scusa, Tifa.” mormoro. Volevo dirlo con convinzione, ma mi è uscito così. Vorrei nascondermi sottoterra e rimanerci fino allo straripamento del Lifestream.

“Di che ti scusi, ora?” Quasi singhiozza e una sola lacrima scende a rigarle il viso. La seguo con gli occhi. È come se ci fosse scritto sopra “colpa tua”. “Non sei mai stato un peso, Vincent. Sei nostro amico. Noi ti vogliamo bene e eravamo preoccupati per te.” Però fa ancora male sentirlo.

“Anche se a te non te ne sbatte un @#$%“ di niente.” interviene Cid.

“Non è così.” bisbiglio, ancora una volta con meno forza di quanto voluto. “È solo che non… non so come…” Non è da me balbettare in questo modo. “Non sono abituato a essere…”

“Umano?” Il mio carissimo amico inarca un sopracciglio.

Pensavo di poterla fare solo io quella cosa col sopracciglio. Questo è plagio.
Distolgo lo sguardo. E ora che dovrei dire? Non so… ‘interagire’. Stupido Cid.

Sì, “Ho perso.” Ho perso la battaglia col mio dolore. Ho perso la battaglia contro questi due.

Tifa piega appena la testa, continuando a guardarmi in faccia. Mi piace il modo in cui mi guardi. Lo amo. Il perché mi è sconosciuto.

“Cosa hai perso?” chiede.

“Tutto.” E poi?! Di’ quello che pensi, Vincent! Vorrei dirtelo, Tifa, ma non lo faccio. Non so come schierare le parole e nel frattempo quelle mi si fermano proprio in punta di lingua. Non posso pronunciarle. Ho troppa paura.

“Ma non è un po’ come Midgar? Midgar ha perso. Adesso è ridotta a un cumulo di macerie - ma ci sono delle persone laggiù, persone che stanno cercando di dare una mano; stanno ricreando tutto dalle macerie. Solo perché Midgar ha perso una volta, dovrebbe essere andata distrutta per l’eternità? Ora è arida e distrutta, ma lavorandoci, con il sostegno delle persone che ci tengono – non potrebbe risorgere più vigorosa di prima?”

Quand’è che è diventata così saggia?

Ha ragione. Spero abbia ragione. Spero che ci sia ancora qualcosa dentro di me che possa rivivere. Voglio che qualcuno se ne curi abbastanza da volermi aiutare. Voglio crederci.

Credo di aver bisogno d’aiuto.

Credo di aver bisogno di una risistemata. Non è… ‘normale’, vero? Forse ho davvero quello di cui parlava il dottore? PTSD?

Ora ricordo… Post Traumatic Stress Disorder, ovvero Disturbo Post-traumatico da Stress. Ai miei tempi la chiamavano ‘psicosi traumatica’.

Mentre rimugino su questi pensieri noto uno spunzone addizionale accanto al mio piede. Muovo la caviglia. Oh, eccolo lì…! Il mio stivale… Posso di nuovo camminare.

Mi domando vagamente se sia in qualche modo simbolico, se adesso sono completo, ma so che non è così facile. Il mio cuore necessiterà di molte altre cure per rendermi completo.

Cid l’avrà riparato mentre ero privo di sensi. Carino da parte sua. Immagino che si siano occupati di me mentre la mia testa era troppo lontana dalle chiappe per accorgersi di nulla. Carino da parte loro.

Guardate le mie mani. Guardatele. Una di metallo e una di carne. Mezzo uomo, mezzo qualcos’altro. Un killer che legge poesia, un romantico senza speranza costretto nella mente di un realista. Un fatalista che ha fiducia nella vita.

Sono tutte e due tue’, aveva detto Marlene. Qualunque io usi rimango sempre io, no? Se uccido con la mia mano di carne o guarisco con l’artiglio, sono sempre io a farlo. Non avevo mai considerato questa prospettiva.

Quindi… se sono sempre io… Cosa sono io? Metà passato, metà presente? Posso essere di nuovo completo? Posso - ho il diritto di cercare di afferrare una porzione del mondo e di tenermelo per me? L’uomo di latta riceve un cuore, alla fine? Anche lui ha dovuto lottare per trovarlo. Mio fratello diceva spesso, ‘Se non soffri, non impari’.

Dalla finestra entra della luce. Non penso sia passato troppo tempo dall’alba.

Voglio provare a fare una cosa.

Indico il mio mantello, che ciondola su una sedia portata per l’occasione nella stanza. Cerco di non pensare al dottore. Sono al sicuro. Devo crederci, perché non posso credere invece che le persone che me l’hanno appena promesso siano cattive. Devo. Voglio.

Sono al sicuro.

Sto per ricadere nel sonno. Bene, non sono ancora abituato a provare così tante emozioni e con tale intensità. Meglio dormirci su che pensarci.

Una Tifa perplessa mi porge il mantello e pesco goffamente nelle tasche finché non trovo quello che stavo cercando. Mentre loro mi fissano sbalorditi, rompo un pezzo di cioccolata dalla barretta e me lo butto in bocca.

Si scioglie seduta stante.

Dio.

Quanto adoro la cioccolata. È buona quanto ricordavo, se non di più. È dolce e cremosa e fa venir voglia di sorridere. Do il resto a Tifa. È tutto loro; io ho avuto quello che cercavo…

L'affetto… è altrettanto dolce? È stupendo quanto nei miei ricordi?

L’unico modo per saperlo è provare.

Sento le ultime briciole della mia lucidità abbandonarmi, ma il sapore dolce e la consapevolezza che i miei amici sono qui e ci rimarranno il più a lungo possibile mi accompagnano nel sonno.



Note dell'autrice: Che ne pensate? Altre quattro pagine e un altro capitolo verso la fine. Credo proprio che manchi un solo capitolo! Oh no! Stavo pensando di aggiungere un epilogo, ma sarebbe veramente inutile. Mi farete sapere le vostre opinioni dopo il prossimo capitolo. Ci metterò un po' di tempo in più per il prossimo perché voglio finire bene questa storia.
Beh, per quanto riguarda la PTSD… Diciamo solo che ho avuto l'opportunità di vederla in azione di persona.

Volevo che il titolo della storia includesse la parola ‘steps’ (=passi) da qualche parte, perché ogni capitolo in teoria è un passo verso il cambiamento. Scartai l'idea e adesso ho qualche ripensamento. Ma davvero, non sono proprio riuscita a trovare la combinazion giusta. Ho avuto, tipo, tre titoli prima di scegliere a caso ‘Dark Outside’ a causa di Marlene.
E LilTigre ha realizzato una fanart per la fic! Potete trovarla qui su <3
Alla prossima!
"Attendi il tuo momento e continua a sperare", LunarBlade.

NdT: sì, manca solo un capitolo. Spero di postarlo nei prossimi giorni, ma conoscendomi non prometto niente XD
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Final Fantasy VII / Vai alla pagina dell'autore: LunarBlade Valentine