Guardava il sorriso bambino di Joker che si posava sulla sua candida pelle come un leggero vestito di seta e copriva la sua nudità alla fioca luce lunare, che traspariva dalla tenda.
La mano di scheletro la portava nella più piacevole delle tentazioni; si impossessava del corpo, che rispondeva automatico alle carezze e giocava col seno prorompente.
Lo aveva da sempre amato in silenzio, abbandonata all’ idea che erano solo semplici amici.
Ma finalmente glielo aveva rivelato e lui adesso la teneva stretta a sé come una pallina colorata che da bravo giocoliere non lasciava cadere.
Perché Beast, che padroneggiava la frusta –abbandonata accanto al letto- e domava le tigri con coraggio, che aveva grinta e fegato, lei era una donna. Una donna forte e bellissima.

Le unghie si artigliarono alle lenzuola e inarcò la schiena, soffiò contro le labbra dell’uomo.
La gamba si mosse, così simile a quella di una bambola, prese vita, danzando nell’ aria a ritmo degli ansimi, che scendevano nel piacere più intenso.
Sembrava quasi di vedere le stelle attraverso la tenda, le stelle dei randagi che loro conoscevano a memoria in tutte le loro più bizzarre forme e nomi.
Le palpebre si abbassarono; silenziosa una salata goccia, intrepida artista, disegnò sul volto le fattezze della felicità.

Aprì gli occhi: dinnanzi aveva il cuscino sul quale posava il capo riccioluto e sulle labbra portava il sapore amaro della lacrima.
Capì che quello era stato l’ ennesimo sogno che aveva ritratto i suoi desideri e crudelmente strappato la tela.
Le illusioni erano abili pagliacci che si vestivano in modo impeccabile di realtà, facevano divertire il loro pubblico e poi abbassavano la maschera rivelando il tragico volto. E tutto il circo crollava e la speranza veniva uccisa dalla consapevolezza.

Beast rimase sveglia tutta la notte persa nel profumo della sciarpa di Joker che portava al collo.
Innamorata dell’ inganno, giocò tra le lenzuola della disperazione con segreti e fantasie.