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Autore: kaos3003    14/01/2010    1 recensioni
E' difficile dirlo, ma vorrei che rimanessi.
Genere: Romantico, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Ricordo l'attimo in cui ho varcato il tuo confine: eravamo di nebbia e carne
Fandom: originale
Personaggi: Tori, Charlize, Madeilene, Cecily
Raiting: verde (per tutti)
Avvertimenti: Femaleslash, fantasmi
Disclaimer: i personaggi di questa storia, guardate un po', sono miei per il semplice fatto che nessuno sarebbe tanto cretino da idearli. In nome di questo principio, se li becco in giro vi stacco braccine e gambine ^^
Challenge: special #6 (It100)
Prompt: It hurts to say, but I want you to stay (The Strokes)
Note dell'autore: la storia ha subito delle modifiche successivamente al commento di eos75, sostanzialmente perché le sue osservazioni erano più che corrette. Non l'ho allungata spropositamente, ma ho aggiunto vari tasselli alla parte narrativa e spero che ora si capisca meglio.

~ Atto primo

Da quando era rimasta sola, il continuo sbattere notturno delle imposte era la migliore consolazione che potesse desiderare. O almeno era un modo come un altro per non deprimersi nel silenzio di quella vecchia, sopravvalutata dimora.
Tori sospirò, rintanandosi sotto le coperte. Charlize aveva amato da subito l'aria signorile di quella casa, l'invidia delle amiche degli anni passati nel prestigioso collegio, poi, era stata un'esca fin troppo appetitosa nel momento di apporre la firma sul rogito.
Sembrava tutto perfetto, ma purtroppo erano bastati pochi mesi perché scoprisse di essere altrettanto terrorizzata dall'inquilina che, secondo lei, avevano trovato fra quelle mura.
“Chiamiamo un esorcista, almeno.” l'aveva sentita strillare dal soggiorno una sera, evidentemente in preda ad una delle solite crisi nervose. “Oppure potrei chiedere a mia madre il numero di quella medium a cui si rivolge sempre, lei sa come occuparsi di queste cose.”
Ma certo, pensò Tori, rigirandosi nel letto, tanto non avevamo di meglio da fare che sederci sul divano e guardare una vecchia giocare con una lampadina in una boccia per pesci con il solo scopo fregare altri soldi a quel coglione di suo padre. Ma quando imparerà quell'uomo a non affidare carte di credito a Charlize e a quella scema della moglie?!
Una mano le accarezzò una guancia mentre una voce le mormorava all'orecchio “Non sarai mai come lei.” e Tori sentì un sorriso incresparle le labbra. Se quello che raccontavano i vicini era vero, certamente lei e lo 'spirito' avevano dato dei significati ben diversi a quella frase, eppure le piaceva pensare che qualcuno, per una volta, la ritenesse migliore di Charlize.

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~ Interludio per violino e sax

“Voglio andarmene.”
Tori sospirò. I piedi le facevano un male cane e da quando era tornata a casa non aveva fatto altro che ascoltare le lamentele di Charlize, cosa che, volendo essere oneste, succedeva ogni giorno da un mese a quella parte.
Prendendo un altro profondo respiro, e maledicendo i proprietari del ristorante in cui lavorava e la loro mania per i tacchi alti, si voltò verso la sua ragazza. “Senti, ho avuto una giornata pensante, non possiamo rimandare tutto questo?”
“Ho detto che voglio andarmene.”
E Tori in quel momento le avrebbe volentieri gridato di prendere le proprie cose e non tornare, se quella dannata figlia di papà non si fosse lasciata cadere accanto a lei e non le avesse preso una mano fra le sue. Se si tralasciava il sesso, c'era veramente da chiedersi perché stesse insieme ad una mocciosa viziata con un'insana passione per le scene melodrammatiche.
“Non sono arrabbiata con te.” esordì Charlize, guardandola con gli occhi lucidi. “Ma questa casa mi terrorizza.”
In quel momento Tori avrebbe voluto poter nascondere la bocca con una mano, o almeno lasciarsi andare ad una fragorosa risata. Se fino ad ora rimanere seria era stata dura, trattenersi dal ridere mentre la ragazza si guardava attorno frenetica le doveva valere almeno un applauso.
“La sento camminare la notte e so che anche adesso è qui.” concluse Charlize, gettando l'ennesimo sguardo oltre lo schienale del divano.
Bene, pensò Tori voltandosi verso la finestra, l'inquilina abusiva era proprio quello che mancava al quadretto famigliare. Oltre il vetro e le inferiate poteva vedere la schiena del loro confinante mentre potava con cura la siepe. I loro vicini dovevano avere seri problemi nell'intimità se l'unico svago delle mogli era imbottire la testa di un'idiota come Charlize con delle cazzate su fantasmi e spiriti dannati.
Non aveano passato che pochi minuti in silenzio, ma la voce di Charlize la colse completamente impreparata. “Mio padre viene a prendermi stasera.” la sentì sbottare mentre si ritirava in cucina.
In un attimo le vicine e i loro mariti, la famosa presenza della casa e tutti suoi pensieri scomparvero. Charlize poteva essere una mocciosa viziata, anzi, sicuramente lo era, ma doveva rimanere la sua mocciosa viziata.

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~ Atto secondo

La prima volta che la vide... be', diciamo solo che non era esattamente quello che si aspettava di vedere.
Certo, pallida era pallida e perfino la consistenza rarefatta simile alla nebbia era perfetta, peccato che i jeans strappati e la giacca in pelle facessero pensare a tutto meno che uno allo spirito di una dolce fanciulla in pena.
“Be', che hai da fissarmi?”
E che nemmeno le sue maniere potessero dirsi quelle di una “delicata fanciulla”.
Tori si mise a sedere sul letto, fissando la ragazza di fronte a sé. Teoricamente avrebbe dovuto essere spaventata, chiunque lo sarebbe stato in una situazione simile, ma sinceramente lei non era tipo da spaventarsi per un sogno con un fantasma così improbabile. Perché era sicura che quello fosse solo un sogno, probabilmente frutto del kebab di quella sera.
“Nulla, solo mi aspettavo qualcos'altro.” disse infine, sistemandosi sui cuscini.
“Tipo?”
Tori la fissò ancora per qualche minuto, indecisa su quale fosse la risposta migliore. Decisamente la ragazza non assomigliava ai fantasmi delle leggende, ne tanto meno a quelli che aveva visto al cinema. Il cielo solo sapeva come avesse potuto inventare una cosa tanto assurda.
“Non saprei, forse una tizia in abiti vittoriani prostrata dal dolore e dall'indole delicata?!” ammise, bandendo mentalmente panini e pizze farcite dalle proprie future cene.
“Sì, e magari un bel paio di catene per fare scena.” sbottò la ragazza, accavallando le gambe. “Madeilene avrebbe certamente soddisfatto le tue aspettative, ma l'hai mancata di qualche mese.”
“Riposa in pace?” chiese Tori,
“No, si è trasferita in Scozia. Sai, suo zio è un pezzo grosso là, uno di quelli con un maniero antico...”
“Che riceve gente importante tutte le sere.” concluse per lei Tori. E qualcuno doveva spiegarle perché l'unico fantasma che inventava aveva una vita identica alla sua. Dov'erano finiti la sua creatività e il suo spirito di auto conservazione?
“Non definirei gli ospiti di quel porco 'gente',” rispose lo spirito annoiato, scostandosi una ciocca dal viso, “ma il concetto è quello.”
Tori sbuffò, chissà perché la cosa le suonava familiare. In fondo, pensò, quando esci con persone come Charlize e Madeilene il concetto è sempre quello: il loro universo è completamente estraneo al mondo fatto di lavoro e normalità che la gente affrontava ogni giorno.
Già, erano proprio uguali lei e...
“Come ti chiami?”
La ragazza la guardò incuriosita. Effettivamente non doveva essere propriamente normale che qualcuno chiedesse ad un fantasma il nome, ma in fondo era un suo sogno, giusto?
“Mah, quando ero viva mi chiamavano Cecily,” mormorò lo spirito, girandosi una ciocca di capelli intorno al dito, “immagino possa andare bene anche ora.” concluse e Tori poteva giurare di avvertire una nota malinconica in quella frase.

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~ Interludio per violoncello e batteria

“Lo zio ci ha invitate ad una festa.”
Ma che fortuna, pensò Cecily, fissando il camion davanti alla vecchia staccionata. Gli inquilini stavolta erano durati meno di un mese, ma solo il cielo sapeva per quanto avrebbero potuto godere di quella ritrovata calma.
“Mi hai sentita?”
“E come potrei non farlo?! Mi stai urlando nelle orecchie!” sbottò Cecily, voltandosi appena verso la ragazza che era ormai diventata il suo personale tormento. Madeilene abbassò lo sguardo stringendo forte i pugni e questo, lo sapeva bene, non era mai un buon segno.
Sospirando, Cecily tornò a guardare fuori dalla finestra. Il mandorlo era ormai in fiore, presto sarebbe arrivata la primavera e in pochi mesi le camelie di sua madre sarebbero fiorite. Era un vero peccato che lei fosse passata oltre e non potesse più goderne.
Dietro di lei si udiva il lieve battere di piede sul parque: Madeilene sarebbe ripartita alla carica, c'era solo da sperare che si fermasse all'argomento festa. “Voglio andarmene da questa città.” mormorò la ragazza, appoggiandole una mano sulla spalla.
Dei del cielo, non un'altra volta. Ormai aveva rinunciato a tenere il conto di quante volte avessero fatto un discorso simile. “Senti, ne abbiamo già parlato...”
“Io odio Chicago.” la interruppe Madeilene. “Tutti gli spiriti che si rispettino la detestano.”
“Non mi pare che alla tua amica Mary dispiaccia.”
“Lei abita nel Resurrection Cemetery.” Che da questo momento non farà più parte della città, pensò Cecily, ma certamente non era tanto pazza da dirlo ad alta voce. “E poi va a ballare tutte le sere, mica rimane confinata come noi in una vecchia casa diroccata.”
Va bene, per Cecily a tutto c'era un limite, e i commenti sulla sua casa erano esattamente quel limite. “Non mi sembrava che vent'anni fa ti dispiacesse questa vecchia casa diroccata.” sibilò, voltandosi a guardarla. “Cazzo, l'hai infestata per quasi cent'anni, questo vorrà pur dire qualcosa?”
Per un attimo tra loro calò un silenzio quasi irreale e Madeilene cominciò a risalire la grande scalinata in marmo, lasciando che la lunga gonna frusciasse leggermente ad ogni suo passo.
Solamente quando la figura della ragazza scomparve nel corridoio, Cecily capì che non erano mai state così lontane.

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~ Atto terzo

Da quando le imposte avevano smesso di sbattere e le scale di scricchiolare, Tori aveva faticato a dormire. Certo, non era ancora così disperata da dover ricorrere ai sonniferi, ma non riusciva più a sentirsi tranquilla in quella casa, non da quando era completamente sola.
La ragazza strinse il lenzuolo al petto. Per un anno lei e Cecily erano state bene... Be', per quanto bene potessero stare una ragazza morta da vent'anni e una che faticava ad arrivare a fine mese con un semplice impiego da cameriera, ma avevano parlato molto e di tante, forse troppe, cose: delle loro ex, ragazzette dall'alta società che per un attimo le avevano fatte tornare bambine per vivere la parentesi di una favola, delle loro vite, incasinate e mai perfette, e perfino delle loro famiglie.
Tori si rigirò nel letto e fissò il soffitto. In qualsiasi scadente film dell'orrore ora avrebbe dovuto esserci una macchia d'umidità accanto al vecchio lampadario, ma questo avrebbe significato che Cecily era ancora lì.
Dio, forse stava impazzendo sul serio e neppure le importava granché, eppure ormai per lei Cecily da semplice sogno era diventata una costante quasi reale. Certo, lo aveva fatto lentamente e senza nessuna grazia, e con qualche timore per la sua sanità mentale, eppure era stato inevitabile, inevitabile come la fioritura del vecchio mandorlo in gennaio.
Il lieve soffio d'aria che penetrava dalla finestra non poteva niente contro la calura estiva e Tori scostò il lenzuolo con furia il lenzuolo per dirigersi in salotto. Cristo, erano stese su quello stesso letto quando tutto era andato letteralmente a puttane.


“Madeilene è venuta qui ieri.” le aveva sussurrato Cecily. “Credo che la raggiungerò in Scozia.”
Tori continuò a fissare il soffitto. La mano sulla sua coscia nuda era fredda come il ghiaccio e un brivido la percorse, insieme alla speranza che fosse solo per quest'ultimo motivo.

   
 
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