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Autore: Thiliol    19/01/2010    3 recensioni
Era come una scintilla tra di noi e sapevamo che l'altro la percepiva, eppure se la guardavo non riuscivo a leggerle negli occhi neppure un barlume di ciò che provava realmente, come se sul suo volto ci fosse una barriera invisibile...una strana freddezza pur nella sua calda bellezza.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Narn o Alatariel ar Aeglos'
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Disclaimer: i personaggi e i luoghi sono frutto esclusivo della mente geniale del Professore e non mi appartengono, tranne Aeglos e Alatariel che invece sono di mia invenzione. Non ci ricavo nulla ne non sano divertimento


feanor Salve a tutti voi che probabilmente mi starete maledicendo! Mi riferisco a coloro che, ovviemente,mi conoscono già e che si staranno chiedendo come mai non la smetto di pubblicare one shot su questo ciclo e non mi muovo a scrivere la storia sui rohirrim che vi avevo promesso. Beh quella arriverà, per il momento Alatariel rimane nei miei pensieri.
Di cosa parla questa missing moment? Semplicemente del rapporto che la nostra 'eroina'  (si fa per dire)  ha con un altro importante personaggio Tolkeniano, un rapporto di amore-odio che io stessa ho con lui....chi è questo personaggio? Beh, vi dò solo un indizio: senza di lui Alatariel sarebbe stata molto ma molto diversa!




In attesa di qualcosa di eterno










Mi asciugai il sudore dalla fronte con un braccio e sospirai rumorosamente. Mi faceva male la testa per il suono del martello sull'incudine, tuttavia non ero minimamente stanco. Le ore passavano a una velocità sosprendente quando ero nella mia fucina, facendomi dimenticare quel continuo senso di irrequietezza che ormai era diventato proverbiale tra i miei parenti.
Ogni volta che qualcuno parlava di me lo faceva in segreto, credendo che io non ci fossi e che non potessi udirli, ma le loro parole mi giungevano chiare e forti, acuendo la mia collera.
Mio padre era ormai l'unico che riusciva a farmi ragionare.
Risi di me stesso.
Poggiai il pezzo di ferro informe sull'incudine e lo guardai per qualche secondo: ancora non avevo deciso che cosa farne, nonostante lo avessi battuto per ore. Forse aspettavo che mi parlasse, chi lo sa? O semplicemente la fucina era l'unico luogo in cui potevo sentirmi veramete libero.
Sospirai di nuovo e distolsi lo sguardo per afferrare un panno consunto con cui pulirmi il viso e le mani, prima di infilarmi la casacca che mi ero tolto per il gran caldo. Far visita ai parenti era per me peggiore di una condanna a morte, ma mio padre ci teneva immensamente e io non volevo deluderlo...in fondo cosa rimaneva di mia madre, se non quei pochi lontani cugini che conoscevo appena? Un'immagine sfocata di Mìriel mi apparve alla mente come un vago richiamo dei miei ricordi, bellissima e triste come l'avevo conosciuta in vita, prima che si addormentasse... non c'era stato tempo per noi, ed era profondamente ingiusto. Avrei voluto poter forgiare qualcosa per lei, un anello d'oro per le sue dita di perla o una collana d'argento che cingesse il suo collo snello.
Aprii la porta e la luce di Telperion mi investì con i suoi bagliori delicati, quasi accecandomi dopo la lunga oscurità. Le strade di Tirion erano piene di gente: donne che si affrettavano prima della chiusura delle loro botteghe di fiducia, bambini che ridevano e si rincorrevano sui ciottoli bianchi, uomini che discorrevano allegri fra loro.
Quasi mi sentii felice di trovarmi lì, in mezzo ai Noldor.
Sciolsi i capelli e con un movimento fluido me li sparpagliai sulle spalle. Non appena vidi mio padre, lo raggiunsi e lo baciai su una guancia e sull'altra.
< Salute, Curufinwe > mi disse con un sorriso aperto < fai sempre attendere il tuo vecchio padre! >
< Non lamentarti > gli risposi scherzosamente < ho fatto prima del solito nonostante avessi perso il conto delle ore! >
Finwe rise sonoramente e prese a camminare mischiandosi alla folla. Lo seguii e camminammo fianco a fianco, rispondendo con cortesia ai saluti della gente che ci incrociava. Nonostante egli si definisse 'vecchio', mio padre avrebbe potuto benissimo passare per mio fratello: alto e dalla chioma bruna, mi somigliava in maniera impressionante, o forse sarebbbe meglio dire che io somigliavo a lui. Dal suo viso non traspariva alcun segno d'età, ma gli occhi erano profondi, saggi e venerabili.
Lo guardai meglio mentre ci dirigevamo verso la casa dei nostri cugini e, nonostante lo scarso amore che provavo per lei e i suoi figli, dovetti ammettere che Indis era stata la sola a riuscire a curare la tristezza mortale che era caduta su di lui. Per tutto quel tempo non ero riuscito a guardare negli occhi mio padre, il suo dolore silenzioso mi atterriva mentre io provavo solo rabbia per la debolezza di mia madre e perchè lei mi aveva lasciato solo.
Per un fugace istante avevo pensato che Nerdanel fosse la soluzione al mio turbamento, l'avevo amata disperatamente e con un entusiasmo giovanile di cui non finirò mai di stupirmi. Amavo i suoi capelli bruni e il suo profumo, amavo persino la sua dolcezza mascherata da forza, ma presto erano arrivate le liti, dolorose e prevedibili.
Chissà come sarei stato se non l'avessi mai incontrata! Una parte di me lo desiderava, ma l'altra parte rabbrividiva al solo pensiero.

Mio padre mi riportò bruscamente alla realtà appoggiando una mano sul  mio braccio.
< Eccoci > disse, fermandosi davanti a una porta di noce. Ricordavo vagamente il palazzo dalle molte stanze e il padrone di casa, Meldon dagli strani capelli color ambra, e sua moglie anche lei addormentata nei giardini di Lorien. Era per questo che mio padre continuava ad andare da lui?
< Perchè avete insistito perchè venissi anch'io? > dissi più brusco di quanto avessi voluto < sono talmente tanti anni che non li vedo che ricordo a stento i loro volti! Ero solo un bambino! >
< Ti prego figlio mio > mi rispose fermamente < non ti chiedo mai nulla e questo è importante per me. >
Sbuffai sottovoce, guadagnandomi un'occhiataccia. Odiavo essere trattato come un ragazzino nonostante fossi ormai da considerarsi adulto anche secondo il novero degli Eldar.
Finwe busso due volte alla porta e dopo poco un giovane elfo venne ad aprirci. Era poco più che un fanciullo e non appena riconobbe mio padre strillò eccitato: < Zio Finwe! Padre è arrivato Finwe! >
Si scostò ed entrammo in casa. La gioia del figlio di Meldon mi fece ridere, così spontanea e vera non l'avevo mai vista.
Il padrone di casa arrivò subito ed abbracciò mio padre, poi si rivolse a me e si inchinò per poi stringermi a sua volta.
< Feanor! > esclamò < Eri così piccolo quando ti vidi l'ultima volta in casa mia e ora l'intera Arda parla di te e della tua abilità come fabbro! >
< Sei gentile, Meldon! >
< Dovresti accompagnare più spesso tuo padre nel farmi visita. Non esco spesso, anzi quasi mai da quando... beh non esco spesso e voi siete gli unici parenti che ho in questa città >
Rimasi in silenzio. Non avevo intenzione di tornare ma non potevo dirgli quanto quella situazione mi mettesse a disagio, Pensai con rammarico alla mia calda fucina e a quel pezzo di ferro di cui non conoscevo ancora la forma futura.
< Padre io...oh perdonatemi signori, non sapevo ci fossero ospiti! >
Quella voce...quella voce meravigliosa mi strappò violentemente dalle mie fantasticherie. Era stata come velluto contro il palmo della mano, morbida e ruvida allo stesso tempo, calda e avvolgente.
< Losille! Sono contento di vederti! > disse mio padre e quel nome risuonò davvero poco appropriato alla fanciulla che ora sorrideva a Finwe.
I capelli d'ebano erano lisci e lucenti e le ricadevano ordinatamente sulle spalle nude, raccolti solo dietro la nuca da un fermaglio in legno. Il vestito rosso scarlatto era leggero e semplice, lasciava le spalle scoperte ma scendeva delicatamente ben oltre il polso, fino alla punta delle dita. Oltre l'orlo potevo intravedere i piedi nudi.
< Mia cara > disse Magor < costui è Feanor >
Mi guardò tanto intensamente che riuscii a sentire la vibrazione che emanava da lei. Sapevo di averla colpita almeno quanto lei aveva colpito me.
< Perchè non sei mai venuto qui, cugino? > mi chiese e la domanda mi spiazzò < Tuo padre viene qui frequentemente eppure questa è la prima volta che ti vedo....non siamo forse parenti? >
Degllutii a vuoto, i suoi occhi scuri erano taglienti come le sue parole...Losille...che nome inappropriato! Mi sembrava che un'aura di luce la circodasse e non riuscivo a distogliere lo sguardo.
< Verrò spesso, se lo desideri > risposi, ma lei non sorrise.

Tornai da lei appena tre giorni dopo, da solo. Mi aprì la porta vestita di verde, ancora più splendida e imponente, nonostante fosse giovane: probabilmente non aveva ancora raggiunto la maturità.
< Cugino Feanor! > esclamò con un lampo negli occhi quando mi vide e uscimmo a passeggiare insieme nei boschi che circondavano Tirion.
Parlai poco ed ascoltai ciò che mi diceva di come sua madre dormisse ormai da molto tempo.
< Ero molto piccola e non ho memoria della sua voce > disse tristemente < mio padre e mio fratello sono stati la mia unica famiglia...fin ora >.
Mi fissò e io compresi...i nostri spiriti erano affini e anche lei sentiva la mia stessa irrequietezza, solo che, fino a quel momento, lei stessa non ne era stata consapevole.
< Che nome inappropriato, Losille! > esclamai sommessamente e lei rise di gusto.
< Si, mio caro cugino, hai ragione > prese fiato < Solo mio padre mi chiama così, mia madre mi chiamò Alatariel, come la figlia di Finarfin >
< Alatariel > ripetei e la vidi sorridere < si, siete molto simili in un certo senso >
La guardai attentamente. Nonostante la giovane età era straordinariamente forte e risoluta, un fuoco ardeva nei suoi occhi fieri... una vera Noldor!
< Una Noldor della casa di Feanor... > sussurrò tra sè, come in risposta ai miei pensieri.
< Già > dissi io. Ed era vero, perchè sarebbe potuta essere mia sorella o mia figlia se avessi voluto e lei ne era degna, nessuno, nemmeno tra i miei figli, mi era più affine.
Sotto l'apparente fragilità di donna elfica vi era la solidità della roccia.
Le sollevai il viso e la baciai, ma lei si ritrasse bruscamente. Mi guardò con gli occhi sbarrati, offesa.
< Non roviniamo questa amicizia per qualcosa che nè tu nè io vogliamo. > disse.
Sembrava altissima in quel momento ed ero sicuro che, se non avessi provato anch'io le stesse sensazioni, nessuno avrebbe mai potuto leggere i suoi occhi. Era fredda come il ghiaccio in superficie, ma il suo cuore ardeva almeno quanto il mio.
< Perdonami > sussurrai e la vidi annuire impercettibilmente prima di riprendere a camminare.
Aveva ragione a dire che non volevo amarla romanticamente; il ricordo di Nerdanel era ancora troppo vivido e mi resi conto che non avrei mai potuto trovare con nessuna donna la pace che agognavo.
Rimanemmo in silenzio entrambi per molto tempo, ma era uno strano silenzio privo di imbarazzo ma allo stesso tempo teso; sentivo che lei aveva una voglia matta di dire qualcosa senza però farlo. Era come una scintilla tra di noi e sapevamo che l'altro la percepiva, eppure se la guardavo non riuscivo a leggerle negli occhi neppure un barlume di ciò che provava realmente,  come se sul suo volto ci fosse una barriera invisibile...una strana freddezza pur nella sua calda bellezza.
< Feanor > mi disse improvvisamente Alatariel, la voce divenuta d'un tratto molto più adulta < il fato ti ha portato da me >.
Rimasi zitto e immobile, aspettando che continuasse. Com'erano sagge le sue parole! Io stesso pensavo che il destino ci avesse fatti incontrare, anche se non sapevo se fosse infausto o benigno. Probabilmente, mi accorsi, il mio incontro con lei non avrebbe sortito alcun effetto sulla ma vita,ma avrebbe portato sconvolgimento nella sua.
< Devi insegnarmi. > affermò pacatamente < devi insegnarmi come usare la spada e l'arco, come poter liberare ciò che ho dentro! Questo...questo... > balbettò cercando di spiegarsi. Si toccò il petto e i suoi occhi scintillarono per farmi comprendere di cosa parlasse.
Sospirò, chiudendo le palpebre tristemente: < C'è qualcosa...non so come spiegarlo...questo...> la sua voce si spense e tornò a essere la fanciulla piccola e delicata che avevo visto la prima volta.
< Questo fuoco che ti arde nel sangue > conclusi io per lei < la consapevolezza di avere qualcosa da fare e di non essere ancora arrivato al punto in cui la si può fare...ti sembra di attendere da un'eternità senza sapere nulla, mentre il tuo spirito brucia e ti incita a continuare ad aspettare... >
Alatariel mi fissava e ancora una volta ebbi l'impressione che crescesse sotto i miei occhi.
< Il fato ti ha portato da me > ripetè < Devi essere il mio maestro! >
Non era una richiesta la sua, nè una preghiera, ma un ordine perentorio a cui non potevo e non volevo sottrarmi.
< Si > risposi solamente. Cos'altro avrei potuto aggiungere? Era così simile a me che a volte mi sembrava di guardarmi allo specchio.
In quel momento Alatariel divenne mia figlia, la mia discepola e la mia più cara amica. Ma non riuscii mai a leggere la sua mente, nè a capire il suo cuore.

 Quanti anni erano passati? Cento? Duecento?
Alatariel mi camminava a fianco, alta quanto me, non più bambina ma donna. Non si rendeva mai conto degli sguardi che attirava su di sè, fasciata negli stretti abiti maschili, i capelli raccolti dietro la nuca con un laccio di cuoio.
Era stranamente assorta e un sorriso le increspava le labbra rendendola tremendamente femminile, tanto che ancora una volta sentii il desiderio di baciarla.
< Cos'hai? > le chiesi infine, un pò irritato per il suo silenzio. Non che si confidasse con altri che mio fratello, ma comunque non era mai stata così poco presente < Alatariel! > la chiamai e lei finalmente si riscosse.
< Perdonami, cugino > rispose, ma vedevo che qualcosa era cambiato in lei.
< Ti è capitato qualcosa di spiacevole? >
Alatariel non mi rispose, si passò distrattamente una mano tra i capelli e mi guardò.
< Ricordi quando mi dicesti che ciò che sentivo era l'attesa di qualcosa? > disse infine e io annuii. Come potevo dimenticare il nostro primo discorso?
< Mi sembra finalmente di aver terminato l'attesa e di aver trovato ciò che cercavo...di avere finalmente un motivo per stare al mondo... >
Mi sentii sprofondare a quelle parole. Come poteva lei, la mia piccola discepola, aver trovato quel che io non riuscivo a trovare da tutta una vita? Avevo paura, paura che tutto ciò che lei credeva si rivelasse un'illusione, come per me lo erano stati i Silmarils. Avevo sperato, o addirittura creduto, che la mia opera potesse darmi pace, invece l'irrequietezza era rimasta e ora mi sembrava di vivere in un'ossessione. Strinsi le mani in segno di possesso;non sopportavo che qualcuno mi portasse via la mia Alatariel non meno di quanto tollerassi che altri toccassero i Silmarils.
< Hai conosciuto qualcuno? > le chiesi.
< Si > rispose e la vidi chiudersi sulla difensiva.
< Chi? > domandai in un'impeto di gelosia.
< Non credo che ti dovrebbe intressare! > ribattè a sua volta incollerita. L'ira eruttava da lei come da un vulcano,improvvisa e devastante e io non ero mai stato in grado di prevederla, bastava una parola sbagliata per ferire il suo infinito orgoglio.
< Ah certo! Non sono cose che mi riguardano! >  gridai < Ma a mio fratello racconti tutto! A lui lo hai detto! >
Mi rendevo conto di dire delle cose stupide, ma non sopportavo di sapere che Finarfin poteva avere la parte più intima di lei, quella che io non riuscivo a raggiungere. E in quel momento lo odiavo come non avevo mai fatto nella mia vita.
< Mi fido di Arafinwe più che di me stessa! >
< Ma non ti fidi di me! Non ti fidi di colui a cui devi obbedienza e rispetto! Cosa saresti ora senza di me? >
< Sei l'essere più arrogante di Arda! > al contrario di me, lei non gridava, era perfettamente calma, nonostante le sue mani tremassero.
< Lo sei anche tu > sibilai e lei mi colpì. La sua mano arrivò potente sul mio volto e mi fece male, bloccando la mia ira.
< Non osare mancarmi di rispetto Feanor! > ringhiò < Non sono la tua serva, sono della tua Casa, una Noldo! Lo stesso tuo sangue scorre nelle mie vene, ricordalo! >
Se ne andò. lasciandomi solo in preda all'angoscia.
Pensavo non mi avrebbe mai più rivolto la parola, ma il giornno seguente, quando mi vide, mi baciò sulla guancia. Al petto aveva una spilla con il mio stendardo e portava i capelli sciolti come sapeva che io amavo. Non dissi nulla su ciò che era accaduto e lei fece finta che non avessimo mai discusso.
Tuttavia non passava più tutto il suo tempo in mia compagnia, anche se rimaneva la mia più fedele sostenitrice negli scontri, ponendosi anche contro   il suo adorato Finarfin.
E poi venne il buio di Morgoth, e Alatariel non si trovava, nonostante la facessi cercare per tutta Tirion.
Infine la rividi, mi toccò una spalla e la ritrovai al mio fianco sulla piazza nel momento in cui i Valar chiesero i Silmarils. Mi appoggiò e proclamò gridando che nessuno avrebbe preso ciò che era a pieno diritto di Feanor.
E quando un messaggero annunciò la morte di mio padre e il ratto dei Silmarils, la vidi avvampare di collera come non l'avevo mai vista. Aveva le lacrime agli occhi, ma l'espressione era fredda e risoluta mentre pronunciava il fatale giuramento che ci avrebbe legato indissolubilmente.

Sapevo che sentiva la mia stessa rabbia, che anche il suo spirito era di fuoco, ma che a differenza mia lei aveva trovato  quel qualcosa che stava aspettando.
E quando il mio spirito volò via dal corpo lei era lì, indomita e risoluta, bellissima nella sua apparente freddezza, con il viso imperscrutabile e bianco.
Avrei voluto sapere chi aveva incontrato.
   
 
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