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Autore: Evilcassy    20/01/2010    6 recensioni
Sergei Dragunov comanda eserciti, partecipa a feroci battaglie, combatte sanguinose guerre. Ma ci sono missioni troppo ardue persino per il migliore soldato scelto della SPETSNAZ... soprattutto se il nemico ha il proprio stesso cognome ed è in indubbio vantaggio numerico! Dedicata a Miss Trent, Mini Sequel di TWO PAIRS OF CHILLING EYES. (ho messo OOC a scanso di Equivoci...)
Genere: Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Nina Williams, Sergei Dragunov
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'The Chilling Saga'
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Double, Chilling Trouble

 

1° Giorno.

 

“Ricordati di andare a prendere Vika a pattinaggio, alle cinque in punto.” Si raccomandò per l’ennesima volta la donna, scendendo dall’automobile nera di fronte all’aeroporto Mosca Domodedovo.

Come risposta suo marito, per l’ennesima volta nel tragitto, alzò gli occhi al cielo, aprendo il baule e prendendo il bagaglio per poi porgerglielo.

“In ogni caso, ti ho lasciato scritto TUTTI gli appunti di quello che DEVI fare nel block notes in cucina. Guardali, mi raccomando.” La donna prese il trolley, alzandosi il cappuccio del cappotto per proteggersi i capelli dorati dalla copiosa nevicata. “Aleksej non è abituato alla mia assenza,  farà una mezza crisi isterica prima di andare a dormire, preparati al peggio.”

“… non farà proprio nessuna sceneggiata, te l’ha promesso.”

“Credici.” Rispose ironica la donna. “Mi raccomando, è molto importante che tu non perda la calma. È la prima missione che svolgo in trasferta da… quanto? Sei anni? I bambini non sono abituati, saranno un po’ agitati.”

“Vika non mi sembrava molto preoccupata, stamattina. Per quanto riguarda Aleksej, sono sicuro che riuscirò a controllarlo.” L’accompagnò all’ingresso. “Goditi la missione Williams, io e i bambini ce la caveremo bene. Riesco ad organizzare eserciti e spedizioni militari, figurati se non riesco a tener testa ai nostri figli per tre giorni.”

Nina trattenne una risata di scherno. “Se lo dici tu…” commentò. “Sono sicura che dopo pregherai Volkov di mandarti in Afghanistan. Ti chiamo appena arrivo a New York, va bene?”

 

Fase 1: Recupero Figlio Minore.

La posizione del bambino gli era nota, si trattava solo di andare a ritirarlo all’orario prestabilito.

Dopo aver sbagliato strada 5 volte, maledicendo le batterie scariche del navigatore satellitare e la scelta della moglie di iscrivere il piccolo in quel posto sperduto, finalmente riuscì a raggiungere l’asilo nido con solo 45minuti di ritardo.

Appena entrò nella sala giochi, dove il suo secondogenito era rimasto l’ultimo bambino a giocare con i pupazzi, Alex alzò lo sguardo azzurro verso il genitore, la bocca aperta in una O di piacevole sorpresa. “Papiiiiii!” squittì, correndogli incontro. L’uomo lo sollevò, un lieve sorriso che sul volto pallido. Visto? Niente drammi, niente lacrime. Nina era troppo paranoica riguardo le reazioni dei figli.

“Mamma?”

“La mamma non c’è Alex, sai che è andata via per qualche giorno…”

Oh Oh.

Il sorriso del bambino si era improvvisamente spento. Meglio tagliare la corda prima che esplodesse in un pianto disperato di fronte alle maestre, facendogli fare la magra figura del padre snaturato più di quanto non si sospettasse in giro.

 Il labbrino di Alex stava già tremando, mentre gli infilava la giacca e gli avvolgeva completamente la faccia nella sciarpa azzurra.

Se lo caricò su una spalla e abbandonò l’edificio con una veloce, ma dignitosa, ritirata.

 

Fase 2: Procacciamento Viveri.

Non era una cosa difficile entrare in un supermercato, prendere quattro cose segnate sulla lista da Nina ed uscire.

Non avrebbe dovuto neppure prendere un carrello.

 

No, forse sarebbe stato meglio prenderlo. Almeno per contenere Alex. Il bambino trovava irresistibile il cestone delle carote e, nonostante i 18 scarsi mesi d’età, prometteva una lunga e proficua carriera di scalatore, arrampicandosi tra le casse.

Quando finalmente riuscì a farlo desistere, trascinandolo letteralmente via dalle carote, si accorse di non avere più in tasca la lista delle cose da comprare.

Sempre trattenendo il piccolo diavolo con una mano, cercò nell’altra tasca.

Forse in quella dei pantaloni.

Magari era nel portafoglio…

“Alex, che cos’hai in bocca?”

 

Ok, si ricordava il latte. Quello di sicuro. I suoi figli ne consumavano litri e litri.

Poi…. Della carne? Frutta? Verdura?

Il foglietto sputato dal bambino era illeggibile.

Pazienza, quella sera cena a base di pizza surgelata.

 

Era difficile riuscire ad aprire la porta di casa con la busta della spesa in una mano e un’anguilla che si dimenava nell’altra. Intimando per l’ennesima volta ad Alex di star fermo un attimo, imprecando contro la totale assenza di disciplina del bambino, quando finalmente riuscì ad aprire la porta lo lanciò praticamente all’interno, notando un secondo dopo che c’era qualcosa che non andava.

Fissò l’appartamento vuoto.

Qualcosa gli stava sfuggendo.

Fissò l’orologio. Erano le sei e mezzo. I bambini di solito mangiavano presto e…

oh, cazzo.

 

Fase 3: Recupero figlia maggiore dal Palazzetto del Ghiaccio. (doveva essere la FASE 2.)

Il muso lungo della bambina sfiorava il marciapiede ghiacciato, quando inchiodò nel parcheggio. Lei scattò in piedi, raggiungendo la macchina senza nemmeno salutarlo, il mento alto in segno di sdegno e le braccia conserte.

Nel sedile posteriore, Alex si sbracciò gorgogliando per salutare la sorella.

“Non è stato divertente.” Sibilò la bambina nei confronti del genitore.

“Ho avuto da fare in ufficio” mentì, facendo partire l’auto. “Spero che tu non abbia preso freddo.”

“La temperatura fuori è di -5°. Secondo te ho preso caldo?”

“Hei, non usare quel tono insolente con tuo padre.”

La bambina sprofondò ancora di più nel suo broncio. “Questo mamma lo verrà a sapere.”

“Uh! Ma che minaccia!”

“Guarda che lo so di cosa è capace la mamma quando è arrabbiata.”

E anche Sergei lo sapeva.

Purtroppo.

 

Fase 4: Rifocillamento infanti.

“Pizza, Vika, il tuo piatto preferito.”

Quella semplice frase seguita da un piatto di pizza fumante appena estratta dal forno, ebbero il potere di far sciogliere il broncio calcareo della bambina, mentre le labbra si stendevano in un sorriso sorpreso.  “Finalmente ne combini una giusta!” esclamò, gettandosi vorace sul piatto, soffiando ferocemente sulla pizza per farla raffreddare prima.

Con un sopracciglio alzato, storcendo la bocca di fronte all’insolenza tipicamente materna che non mancava mai di sfoderare sua figlia, l’uomo ne rifilò due tranci fumanti sotto il naso del piccolo, che inizialmente batté le manine entusiasta, per poi fissare quasi perplesso il piatto, come se stesse attendendo qualcosa.

“Papà, gliela devi tagliare…” suggerì la bambina, alzando poi gli occhi al cielo.

“Lo so benissimo, lo stavo giusto per fare” mentì l’uomo quasi ringhiando, impugnando coltello e forchetta.

“…come venirmi a prendere all’orario giusto?”  Vika, da piccola serpe quale era, lo stava fissando con un sorrisetto di sfida, il gomito appoggiato sul tavolo e la faccina sorretta dalla mano, mentre con l’altra faceva dondolare la pizza fumante per farla raffreddare.

“Hey, piccoletta, non giocare troppo con il fuoco, o ti brucerai.”

La replica sfacciata della bambina fu interrotta dallo squillo del telefono. “Questa è mamma!” esclamò Vika, correndo verso l’apparecchio.

Percependo immediatamente il pericolo, l’uomo spiccò un balzo, cercando di arrivare per primo alla cornetta.

Ma Vika, data la sua demoniaca natura di serpe, era stata di gran lunga più veloce e, con una piroetta finale che aveva disorientato l’inseguitore, si era impossessata del telefono, rispondendo con voce squillante.

 

Un soldato lotta sino alla fine, ma deve anche saper riconoscere la sconfitta e capire quando non c’è più nulla da fare, davanti all’ineluttabilità del destino avverso.

Sergei si era sentito come un prigioniero davanti ad un’improvvisata e spietata corte marziale, quando, avendo avuto conferma che dall’altro capo del telefono vi era la madre, Vika si era vendicata di lui spiattellando tutto d’un fiato la frase: “Mihadimenticatoperun’oradavantialpalazzettodelghiaccio!”

Sentì un istante di gelido silenzio provenire dalla cornetta, e poi la bambina gliela porse, accompagnandola da un sorrisetto a dir poco satanico.

Una delle regole personali di Sergei Dragunov era  quella di non abbassare mai lo sguardo, neppure di fronte alla morte. “Pronto?”

 

Il timpano sinistro non funzionava più bene. Il livello di decibel che aveva raggiunto la voce di sua moglie aveva sfondato la barriera del suono, peggio del rumore di un caccia lanciato al Mach3.

E il parapiglia che si era scatenato dopo era stato ancora peggiore. Dopo aver sentito la voce di Nina, realizzando che non l’avrebbe rivista per qualche giorno, Alex era esploso in un pianto disperato, irrefrenabile ed inconsolabile. Una cosa talmente straziante che anche la sorella si era messa d’impegno per cercare di farlo sorridere, facendo boccacce e portandogli i suoi giochi preferiti.

Visto il risultato nullo, aveva quindi proposto al padre di metterlo fuori dalla finestra e attendere che la natura facesse il suo corso.

Con il sistema uditivo gravemente compromesso dal pianto del bambino e dalla precedente conversazione a senso unico avuta con la moglie, Sergei Dragunov era tentato di fare davvero una cosa simile.

Solo il suo incredibile autocontrollo gli aveva impedito di commettere un infanticidio, e alla fine, stremato dal lungo pianto e avendo capito che non sarebbe servito a nulla, persino il piccolo si era arreso e, occhioni ancora umidi, aveva accettato la consolazione del ciuccio, singhiozzando appena abbracciato ad un peluches a forma di mucca, al quale ripeteva “mamma”.

“No, Alex.” Lo corresse Sergei. “Questa è la zia.” Aveva sospirato appoggiandolo sul divano.

 

La cucina era un disastro, ma l’uomo non si sentiva in dovere di provare almeno a ristabilire un po’ d’ordine. Detestava ammetterlo, ma Nina aveva fottutamente ragione quando diceva che quei due piccoli mostri sfinivano.

Si lasciò cadere sul divano, di fianco al bambino che seguitava a tener stretta la mucca. Vika si era coricata sul tappeto, tutta presa nella visione, alla tv, del trofeo Rostelecom Cup di pattinaggio artistico.

Forse ci sarebbe stata un po’ di calma, almeno alla sera.

 

Aveva parlato troppo presto. L’operazione di cambio e messa a letto di Aleksej si era rivelata un’impresa a dir poco titanica.

Non solo il piccolo non aveva la benché minima intenzione di starsene nel proprio letto, ma quando si era ricordato che Nina gli rifilava del latte quando faceva i capricci per dormire, Alex aveva avuto la brillante idea di svitare il tappo del biberon e di rovesciarselo completamente addosso.

Ripetere l’operazione da capo.

 

Vika aveva deciso che quello era il momento opportuno per un attacco di papite e richiamava la sua attenzione davanti alla televisione per farle compagnia durante le esibizioni femminili.

“Viktorija, diamine, sto cercando di mettere a posto tuo fratello!” gli aveva ringhiato di rimando, causandogli un broncio furente. “Me lo ricorderò quando sarò sul podio olimpico! Sarò la prima pattinatrice russa a vincere alle olimpiadi, e tu ti pentirai di non avermi sostenuto.”

“Non farla tragica, bambina. Prima che tu riesca a fare una gara importante avrà vinto qualcun altro. Fila a letto che è tardi.”

Sdegnata come non mai, la bambina si era infilata sotto le coperte, nel letto di fianco a quello del fratellino, avendo cura di sottolineare il suo stato d’animo voltando le spalle al genitore, ancora alle prese con il piccolo.

 

L’aveva appena convinto a rimanere confinato nel suo lettino con qualche velata minaccia, tra cui dar fuoco al pupazzo di Winnie The Pooh che Steve gli aveva regalato lo scorso Natale e che lui adorava, quando sentì il telefono squillare dall’altra parte della casa.

Se è Volkov, diserto. Pensò per la prima volta nella sua vita, andandolo a recuperare. Con sua somma meraviglia, si trattava invece del numero di Nina.

Abituato a non sottrarsi a nessuna battaglia, rispose, mantenendo comunque le distanze tra il telefono e il suo orecchio destro, l’unico ancora funzionante.

“Pronto?”

“Hey…!” Gli rispose la donna dall’altro capo del telefono. Il tono di voce lo indusse ad accorciare le distanze con il cellulare. “Volevo dirti che forse prima ho esagerato un pochino. Non sei abituato a queste cose, dovevo metterlo in conto. In fondo, è già qualcosa che tu ti sia ricordato di andarla a prendere, anche se dopo un’ora.”

Forse questa cosa era un po’ troppo inquietante. Che Nina avesse usato la sua carta di credito per far shopping ed ora si sentisse in colpa? Decise di chiedere delucidazioni sul suo comportamento.

“Oh, Sergei! Quando la smetterai di stare in allerta? Semplicemente, stavo ripensando a prima.” La donna ridacchiò, abbassando il tono di voce: “Sai… sono immersa in una vasca d’acqua bollente, con tante bolle profumate…” a riprova di ciò che stava dicendo, si sentì un rumore d’acqua di sottofondo.

“Ah.”

“… e sono tutta sola… non è che mi faresti compagnia, almeno per telefono?”

Sergei chiuse la porta della camera dei bambini. “Affermativo. Vuoi dirmi che senti la mia mancanza?”

“Solo in momenti come questo…” ridacchiò di nuovo con voce roca. “ Mi sto passando il bagnoschiuma sulle gambe e…”

La porta della cameretta si aprì di scatto: “C’è la mamma al telefono? PASSAMELA!”

“No, è il comandante Volkov!”

“Sergei, non hai ancora messo a letto i bambini?”

“Certo che li ho messi a letto, Nina! Pensavo che questa piccola strega dormisse!”

“…Nina? Vuoi farmi credere che è Volkov e che lo chiami Nina?”

“NON CHIAMARE STREGA TUA FIGLIA!”

“Toh, parla con tua madre, piccola serpe. Vado a farmi una doccia fredda.”

 

Quattro Fasi di quella serata erano bastate per distruggerlo.

Se gli avessero detto che la peggiore sarebbe dovuta ancora arrivare, non ci avrebbe creduto.

 

Verso le tre di notte si sentì scuotere con violenza. Aprì gli occhi di scatto, cercando il coltello a serramanico da sotto il cuscino. Gli ci volle un secondo per realizzare di non essere in trincea, ma tra le poco rassicuranti mura di casa sua. Accese la luce sul comodino, sorprendendosi a trovare Vika, spossata e innervosita, davanti a lui.

Tuo figlio sta piangendo da mezz’ora. Se hai intenzione di ignorarlo ancora posso andare a dormire in cantina?”

Solo dopo la frase della bambina si accorse che si sentiva piangere Alex dall’altra parte del muro. “Mer… cioè, diamine! che cosa è successo ora?” borbottò alzandosi. La bambina prese il suo posto nel letto, raggomitolandosi sotto le coperte. “Stasera non ha mangiato, è stato troppo impegnato a strillare e poi non aveva fame.”

Ah, già era vero. “E vuole mangiare proprio adesso?”

“A quanto pare… papà, per favore, fai qualcosa per farlo smettere… domani devo andare a scuola,  io.

 

Mezz’ora dopo era riuscito ad imbottirlo di yogurt e a rimetterlo a dormire.

Mentre lo appoggiava nel lettino, Alex, in un ultimo guizzo di lucidità, aveva visto che la sorella non era al suo posto e glielo aveva fatto notare puntando il letto vuoto con il ditino ed emettendo una piccola esclamazione di disappunto. Trattenendosi dall’imprecare furiosamente l’aveva rassicurato. “Adesso ti riporto tua sorella, stai pur tranquillo.”

Tornando nella sua camera a riprendere la fuggiasca, l’aveva trovata profondamente addormentata, raggomitolata su sé stessa.

L’unico momento della giornata dove sua figlia poteva sembrare davvero adorabile. A parte i capelli, lunghi e sottili fili neri, e l’altezza invidiabile per la sua età, Vika era la fotocopia di sua madre. La forma del viso, il nasino all’insù e le labbra a cuore le aveva ereditate da Nina. La fissò un istante, sempre meno deciso a prenderla in braccio, con il rischio di svegliarla, per riportarla nel suo letto.

Eppure il piccolo di là sembrava già dar segni di impazienza, non essendo abituato a dormire da solo.

Pensando che aveva dormito in brande più scomode, e deciso a non rivelare nulla neppure sotto tortura, Sergei Dragunov si sacrificò ad andare a dormire nel lettino della figlia.

 

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DEDICATA IN PIENO A MISS TRENT!!!!

Questa Ff doveva essere il regalo di Natale, poi lo è diventato della Befana ed ora… beh, ora di fine Gennaio!

Si, si. Sergei è OOC in una maniera sconvolgente. Ma voi come reagireste con due pesti come loro???

E siamo solo al primo giorno…

EC

 

   
 
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