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Autore: Ashestoashes    23/01/2010    1 recensioni
"Allora - continua Andrea, un pò inquietata dal mutismo dell'altra - ti va di venire a pranzo con me?" Viviana strabuzza gli occhi. Che? "A pranzo...?", ripete. Sta perdendo l'uso della parola, nota distrattamente. Ecco, magari sta ancora dormendo e il sogno è semplicemente cambiato, divenendo qualcosa di più convenzionale.
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Dark hair and white skin: I love you, mozzarella!'
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Titolo: Lunchdate?
Prompt: 057. Lunch
Serie: Dark hair and white skin: I love you, mozzarella!
Autrice: Ash
Tipologia: One-shot
POV: Terza persona
Rating: Pg - 13
Warnings: Female-slash, riferimenti a latex, pelle e catene e bondage in generale.

Note: Le stanze dalle pareti nere sono la mia assossione. Anche il bondage, ma è meglio se lasciamo stare! XD
Questa shot si colloca tra il secondo e il terzo capitolo di This is not a fucked friendship, you know it. Ancora devo scriverli, merda, ma la si può capire lo stesso e spero che nella sua semplicità l'apprezziate. Dio, devo smetterla di scrivire ottocento cose contemporaneamente senza portare a termine le altre!

Un commento è sempre gradito. La stima (scarsa) che ho di me vi ringrazierà.

Enjoy it!


Luchdate?



Viviana è spalmata sul banco, la testa poggiata sul libro di matematica nemmeno aperto, la testa altrove. L'insegnante parla, parla, parla di rette parallele, coincidenti e stupide formule che Viviana non applicherà mai.
Sandy è seduta accanto a lei e prende appunti. E meno male, altrimenti nessuna delle due, poi, a casa, concluderà molto.
"Hai intenzione di dormire?", chiede Sandy guardandola di traverso.
"Mn. Magari. Non ci riesco, però", risponde l'altra senza nemmeno aprire gli occhi.
Hanno ancora due ore insieme alla megera che sconoscie il significato del termine "tintura" prima del suono della campanella dell'ultima ora.
Ne ha di tempo da far passare...

-----

Andrea le si avvicina sensuale, guardandola con un mezzo ghigno stampato sulla labbra pallide.
Lei, Viviana, quell'ammasso impotente che è diventata, si appiattisce al muro incapace di toglierle gli occhi di dosso.
Andrea fa qualche altro passo, fin quasi a sfiorarla, e avvicina il volto al suo orecchio.
"Ti avevo invitato a bere qualcosa... e tu rimani appiccicata al muro? La stanza non ti piace, ti spaventa?", chiede con un tono di voce stranamente basso e roco, un tono di voce che Viviana non ricorda.
"No, cioè, sì mi piace e...", e le si secca la gola ancora prima di finire quando vede le catene appese al muro, subito sopra l'enorme letto nero vivino la parete opposta.
"Non essere timida. Avanti, legami. So che vuoi farlo..."
E va verso le catene, ancheggiando.
Veste solo un collare di pelle e un paio di slip in latex.

-----

Viviana si sveglia di soprassalto, spalancando gli occhi stralunata. Il sudore le cola dalle tempie e il respiro è pesante.
Cosa diavolo stavo sognando?! Quella non è Andrea!, pensa, guardandosi attorno alla ricerca di letti neri e catene. E magari di un paio di slip in latex.
Si sente come una peccatrice in chiesa: non si sognano certe cose in classe.
"Stai bene?", chiede Sandy, un sopracciglio rosso alzato.
"Eh? Oh sì, solo... un sogno strano."
"Strano? Hai mormorato qualcosa, non ho capiro cosa, però."
Bene. Benissimo. Adesso mormora sconcesse - è sicura che fossero sconcezze - anche nel sonno.
Guarda Sandy per un attimo. Non sembra sospettare nulla.
Dio, ti ringrazio, questo proprio non avrei saputo come spiegarlo..., considera rilassandosi.
Mancano ancora dieci minuti alla fine della estenuante lezione di matematica, che procede ininterrotta da quasi due ore.
Non avendo altro da fare, Viviana cerca di analizzare il sogno: che provi attrazione sessuale per quella mozzarella - che aveva anche qualche chilo di troppo e non avrebbe mai indossato indumenti intimi di latex nemmeno sotto tortura, ne era certa - era un fatto assodato così come la sua ossessione per i collari di pelle, il nero e anche il bondage. Quello che la sconvolge è constatare quanto e come desidera Andrea.
Legata alla testata di un letto possibilmente nuda e bendata, ecco come.
Rabbrividisce di sconcerto, ricordando che poi Andrea ha davvero una camera del genere, in casa. Certo, non ci sono le catene alle pareti e sospetta nemmeno slip in latex nè in pelle sparsi per casa. Ma la camera è quella, nera e rossa, piccola e claustrofobica, la ricorda bene.
C'era entrata per sbaglio la prima volta che aveva messo piede a casa sua, sbarellando per l'alcol, con Andrea che urlava "Questa è violazione della privacy! Chiudi quella stracazzo di porta!".
E' colpa di Andrea. Lei e quella sua cazzo di stanza, riflette. Se non l'avesse vista - tutta nera per com'è, non può certo ispirare castità - non si ritroverebbe così mortificata, così abbattuta sapendo che quel desiderio non potrà mai realizzarsi se non per qualche intervento divino.
Che poi, Andrea ha la sensualità di un cactus. E le movenze goffe. Ed è rotonda e bianchiccia, come diavolo faccia a trovarla così maledettamente sexy è un mistero anche per lei stessa.
Il suo viso, i suoi occhi, le sue labbra, pensa, è colpa loro, è bella e nemmeno se ne rende conto.
Cosa diavolo le passava in testa, come ha potuto vederla con il collare al collo quando è palese che Andrea e quelle situazioni stanno agli antipodi, come il violino con il punk, Sandy e la matematica, lei e i pensieri casti. Okay, magari poteva anche vedercela - ubriaca e legata -, ma non avrebbe mai osato chiederle di entrare in quella stanza e farsi scopare.
Se è per quello, non le avrebbe mai chiesto più niente. Non dopo la disastrosa serata a casa sua, dopo che le era svenuta tra le braccia, in procinto di abbandonare il mondo per l'ovattata sensazione del coma etilico.
No, certo, non l'avrebbe più rivista. Non avrebbe coraggio sufficente a chiederle di passarle una penna, figuriamoci di fare sesso.

La campanella suona, Viviana e l'intero mondo scolastico raccoglie le proprie cose e fugge verso l'agognata libertà. Sì. anche i professori.
Una spia le si accende nel cervello e lampeggia ad intermittenza: A CASA. Subito, tra l'altro.
Adesso è avvilita, la certezza di non poterla rivedere l'ammazza un pezzetto alla volta.
Scende le scale che portano all'atrio e quasi perde l'equilibrio, riuscendo però ad afferrare il corrimano e fare una stupida pioretta tra due gradini.
Che cazzo ci fa qui?
Andrea la vede e ride, gli zigomi alti e gli occhi chiusi. Rimane però appoggiata alla colonna, senza andarle incontro, le mani coperte dai perenni guanti infilate nelle tasche dei jeans scuri. Se la sta godendo maledettamente.
Viviana - passo malfermo e una colorazione che ricorda vagamente i capelli incendiati di Sandy - scende le scale e la raggiunge.
"Ciao...", mormora, solo un filo di voce. Dio, com'è imbarazzata. Ripensa al sogno di nemmeno mezz'ora prima e il rossore sul suo viso cresce esponenzialmente insieme alla sua voglia di sotterrarsi, sempre presente davanti all'altra.
"Ciao. Tuo fratello mi ha dato l'indirizzo della scuola, non sapevo andassi al liceo classico."
Ha un tono di voce nasale, Andrea. Com'era nel sogno? Ah sì, roco e basso, sicuro.
Arrossisce senza  tregua.
Viviana non risponde, annuisce soltando, progettando di ringraziare e strangolare il fratello. Non necessariamente in quest'ordine.
"Allora - continua Andrea, un pò inquietata dal mutismo dell'altra - ti va di venire a pranzo con me?"
Viviana strabuzza gli occhi. Che?
"A pranzo...?", ripete. Sta perdendo l'uso della parola, nota distrattamente.
Ecco, magari sta ancora dormendo e il sogno è semplicemente cambiato, divenendo qualcosa di più convenzionale. Ancora non riesce a guardarla in faccia senza arrossire...
"Sì, a pranzo. Sono due giorni che ci penso, il nostro primo incontro non è stato un granch'è e, bè, insomma ti sono svenuta addosso, non è stato carino.", spiega. Si rende vagamente conto di essere affetta dalla sindrome di Viviana: è diventata logorroica. "Se sempre vuoi, se i tuoi te lo permettono, se non hai altro da fare.", continua, incapace di fermarsi.
Se dovesse rifiutare il suo ego farebbe harakiri e scorrerebbero troppo litri di alcol, quella sera.
Ancora Viviana non risponde e Andrea comincia a muoversi a disagio.
"Allora? - insiste. Che diavole le sta prendendo? Lei non insiste, mai . - Cioè, voglio dire, se sempre ti va, se non -"
E di botto Viviana riacquista la parola.
"CERTO! - urla facendo saltare in aria due ragazzine del primo anno che passavano di là - Intento dire, sì, mi farebbe molto piacere..."
"Great. Dove vuoi pranzare?"
E le sorride. Ancora. Sembra incapace di fare altro mentre si avvicinano alla sua macchina, discutendo di cibo che non hanno mai mangiato nè ci terrebbero tanto a fare, sciegliendo il locale.
Una parte di Viviana è un pò rammaricata per l'assenza del latex, ma averla accanto la fa sentire, come dire, completa? E speranzosa, sì.
Prima o poi la vedrà davvero attaccata ad una parete, con quel cazzo di latex addosso, ne è sicura.
  
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