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Autore: likeasong    25/01/2010    5 recensioni
«Allora cosa?» domandò vago Joe. «Mi vuoi?» ripeté determinata lei, girandosi su un fianco e facendo leva sul suo gomito appoggiato a terra. Il ragazzo esitò. «Con ogni cellula del mio corpo.» ammise. Los Angeles. Nick è in tour ed è stato visto con una ragazza. La sua fidanzata è a pezzi. Potrà Joe aiutarla a stare meglio?
Genere: Triste, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Joe Jonas, Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo so, oggi era lunedì e avrei dovuto pubbligare un capitolo della mia long, ma sono stata ispirata e non ho potuto farne a meno. ;D
Joe e Nick non mi appartengono (peccato) e questa storia non è a scopo di lucro.
I commenti sono graditi! =DDDDD

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LEARNING TO BREATHE

 

Il rumore delle gomme sulla strada sterrata rimbombò nel silenzio di quella notte. Una leggera nuvola di polvere si alzò dal terreno, andandosi a posare sulla carrozzeria nera di quella Range Rover, che aveva appena accostato lungo il ciglio della strada, opacizzando la sua lucentezza. Il ragazzo chiuse con forza la portiera, facendo alzare in volo alcuni uccelli che si erano accovacciati su un raro albero nelle vicinanze. Si fissò attorno per un attimo, alla ricerca di qualcosa, alla ricerca di lei. Sapeva che doveva essere da quelle parti, sapeva che l’avrebbe trovata lì: era il suo posto fuori dal mondo.
Si incamminò lungo il sentiero che portava verso la cima di quella collina; fece attenzione a limitare i rumori mentre saliva, ma sapeva che, se lei era lì, lo aveva già sentito arrivare.
Un ultimo passo e un’infinita distesa di luci si presentò davanti a lui: Los Angeles era viva. Si immaginò le strade gremite e i locali aperti: suoni, colori, profumi della città in cui era cresciuto. Chiuse gli occhi per un attimo, ma quando li riaprì la sua concentrazione fu completamente attratta da lei. Era lì in piedi chissà da quanto tempo, che scrutava la distesa di case e palazzi che andava sfumando man mano che si avvicinava all’orizzonte.
Era voltata di spalle e il ragazzo notò in quel momento quanto potesse sembrare piccola e indifesa in quel suo corpo minuto davanti a tanta grandezza. I capelli castani erano racchiusi in una coda arruffata e venivano mossi dalla leggera brezza estiva che, di tanto in tanto, soffiava sul suo corpo.
Si avvicinò alla ragazza, finché non fu a pochi centimetri da lei e poté sentire distintamente il suo respiro regolare.
Alzò una mano e senza esitare la poggiò sulla sua spalla scoperta.
 {Brivido.}
La ragazza non si mosse: sapeva di chi era quella mano ruvida e sicura, ma nella sua mente continuava ad esserci lui in tutte le sfumature, in tutte le sue espressioni, in tutti i suoi pregi, in tutti i suoi difetti.
«Nick?» sussurrò debole e senza un filo di sicurezza. La sua voce cristallina si perse nell’eco di quella notte.
Il ragazzo non rispose. Avvicinò il viso al suo collo e con un rapido gesto appoggiò le sue labbra calde nel suo punto più sensibile. La ragazza incurvò imprudentemente la schiena, non sapendo quanta soddisfazione procurava al ragazzo quel suo piccolo gesto.
La sua mano dalla spalla scese lungo il braccio, percorrendo una linea invisibile con le dita, fino a catturare la sua, piccola e delicata, in una scottante stretta.
«Lo sai meglio di me che Nick non tornerà.» soffiò il ragazzo, quasi con un tono di disgusto. «Ti ha ferito. Non ha pensato a te, ma solo a lei. È scappato.» fece una pausa, probabilmente d’effetto. «Aveva paura. Paura dell’amore. Del tuo amore.»
La ragazza trattenne il respiro. Quelle parole sussurrate che non aveva voluto pronunciare a voce alta bruciavano nella sua mente. Continuavano a ripetersi, come se qualcuno continuasse a premere i pulsanti rewind e play. Ma era la verità, quella che ferisce e non consola e che lascia irrimediabilmente un solco nel tuo cuore. Sospirò profondamente. «Non.. non è vero. Lui mi amava. Me lo ripeteva sempre.»
«Dire è diverso da pensare. Questo lo sai bene. Vero, piccola Liz?» sussurrò vicino al suo orecchio.
«Io ci credevo.» biascicò. «E ci credo ancora.»
«Non mentire a te stessa.» esordì il ragazzo con voce ferma, facendola girare.
Liz si ritrovò la faccia di Joe a pochi centimetri dalla sua; i suoi occhi la scrutavano indagatori, scorrendo sul suo viso per assorbirne ogni dettaglio: gli occhi color cielo grandi e senza un filo di trucco, arrossati per colpa delle lacrime che da ore solcavano il suo volto; il naso alla francese, che lei tanto odiava; quella bocca, quelle labbra così invitanti..  Joe riportò lo sguardo sui suoi occhi, prima che la rimanente parte del suo autocontrollo andasse completamente distrutta.
«Joe, tu non puoi capire come mi sento.» sbottò la ragazza, cercando di divincolarsi dalla sua presa, sempre più ferrea.
«Io capisco molto più di quello che pensi.» mormorò Joe in un sospiro, poggiando due dita sotto il mento di Liz e facendole alzare il viso, cosicché i loro sguardi si incrociassero.
Si fissarono per secondi che parve ore; nessuno dei due osava rompere quel silenzio che si era venuto a creare.
Joe si mosse di qualche centimetro, azzerando la distanza fra i due corpi e avvolgendola in un abbraccio. Liz si appoggiò al suo petto e ascoltò i battiti regolari del ragazzo.
Quasi come Nick.
Fu questione di un attimo e quel pensiero che era comparso nella sua mente se ne andò, così come era apparso. La ragazza scosse la testa, facendo ondeggiare la sua chioma spettinata. Joe abbassò il viso e appoggiò le sue labbra fra i suoi capelli, inspirando a fondo il suo profumo.
«Io ci credevo.» ripeté in un sussurro contro il petto di Joe, quasi per convincere se stessa. Il ragazzo rafforzò la presa, non sapendo cosa dire in quel momento.
 
Liz stringeva quel giornale spasmodicamente; era questione di secondi e quella pagina si sarebbe strappata.
Seduta su quel letto fissava le immagini che si ripetevano, mostrando ogni particolare di quella coppia di giovani, seduti su una panchina di un parco.
Scaraventò il giornale a terra e fissò il muro davanti a sé. «Stronzo.» Sibilò.
E fu l’unica cosa che le venne da dire.
Non una chiamata, non un messaggio: a più di un mese dalla sua partenza, non si era ancora fatto sentire.
E per completare l’intero, non rispondeva neppure ai suoi tentativi di contattarlo, cosicché aveva smesso di provarci, aspettando che fosse lui a smuovere la situazione.
Si raggomitolò sul letto e chiuse gli occhi. Magari era solo un fraintendimento, magari quello stupido giornale da ragazzine aveva ingigantito la storia, magari quelle nuove canzoni erano ancora sue.
Ma forse poteva avere anche ragione lei.
La porta cigolò e Liz si girò a vedere chi fosse. Fermo sulla soglia, Joe osservava la ragazza, ma appena si accorse del giornale a terra, cambiò espressione.
«L’hai.. L’hai già visto?» biascicò.
La ragazza fece finta di non aver sentito. «Come sei entrato in casa?»
Joe alzò le spalle e si mise le mani nelle tasche della felpa grigia che indossava, dirigendosi verso di lei. «Nascondi sempre la chiave nel vaso di fianco alla porta: me lo avevi detto tu. Così, in caso di emergenza, posso entrare senza problemi. E visto che avevo bussato e non rispondevi, sono entrato.» Si sedette sul bordo del letto e lanciò uno sguardo eloquente alla ragazza. «A me puoi dirlo, hai visto le foto?»
Liz sospirò e annuì con la testa; si mise seduta e portò le ginocchia al petto. «Tu lo sapevi?» chiese, guardandolo fisso negli occhi.
Joe abbassò lo sguardo, incapace di mentirle. «Gli ho telefonato stamattina, dopo aver visto il servizio. Mi ha detto di non dirti nulla e che ti avrebbe telefonato.»
«Aspettare una sua chiamata è tempo perso. Non ha il coraggio di dirmelo.» Era calma, dopottutto. “Troppo calma” pensò Joe. Non era da Liz comportarsi in quel modo, solitamente lei esplodeva subito. «Forse mi richiamerà per dirmi che non è come sembra, no?» continuò, con un sorriso sarcastico.
Joe non sapeva come comportarsi, c’era qualcosa che non andava nel suo comportamento.
«Lui tornerà da me.» concluse. «Mi ama. L’ha sempre detto.» Il tremolio della sua voce fece sfumare le ultime parole. Gli occhi erano lucidi, ma  le lacrime non erano pronte a scendere.
Si alzò dal letto con uno scatto e uscì fuori dalla camera.
Joe rimase fermo nella stessa posizione e aspettò che tornasse. Credeva fosse andata in bagno, per non piangere di fronte a lui.
Ma non tornò.
E Joe era così concentrato a rimettere al proprio posto i vari tasselli del puzzle, che non si accorse della porta che sbatteva.
 
***
 
Liz sbatté le palpebre, mentre, ancora intontita dal sonno, cercava di mettere a fuoco il luogo dove si trovava. Percepiva distintamente il rumore della pioggia che si abbatteva sulla macchina. Pioveva raramente a Los Angeles e, naturalmente, questa era una delle rare volte. La ragazza riorganizzò i pensieri e aprì di colpo gli occhi quando si rese conto di trovarsi su una macchina, senza sapere come ci era finita.
I ricordi della notte precedente erano opachi e senza un minimo di senso: forse il cervello aveva deciso di cancellarli, forse si era ubriacata, forse aveva solo sognato.
Eppure quel braccio caldo dietro la sua schiena non era una sua impressione; si girò lentamente su un fianco e osservò il profilo della persona accanto a lei: non era stato un sogno, purtroppo. Lui era lì che respirava regolarmente, sembrando quasi un bambino. Lui era lì con gli occhi che accennavano dei minimi movimenti: chissà cosa stava sognando. Lui era lì le mascelle un poco contratte e il braccio che di tanto e in tanto la stringeva, come se volesse sapere se lei fosse ancora lì.
Allungò la mano per spostargli un ciuffo nero che era caduto sulla sua fronte e accidentalmente, il plaid che stava comprendo entrambi cadde con un fruscio e Liz si trovò ad osservare le sue gambe nude intrecciate con i jeans del ragazzo, addormentato accanto a lei. Lasciò correre lo sguardo lungo tutto il suo corpo, finché non si rese conto che lui non indossava nessuna maglia, ma era lei che indossava la felpa grigia che era appartenuta al proprietario di quegli addominali scolpiti.
 «Buongiorno..» disse la voce calda del ragazzo, impastata dal sonno.
Liz si girò a guardarlo, mentre attimi della notte precedente le tornavano velocemente in mente. «Joe?»
 
Non sapevano in che modo si erano ritrovati a terra, ma Joe teneva ancora saldamente Liz fra le sue braccia e le accarezzava i lunghi capelli, quando lei alzò il viso e appoggiò la fronte a quella del ragazzo.
«C.. cosa stai facendo?» chiese Joe, colto alla sprovvista, ma pur sempre febbricitante al solo pensiero di quel contatto.
Liz sospirò e lo guardo fissò negli occhi: vedeva la stessa scintilla che aveva sempre visto in quegli di Nick quando la fissavano; quella scintilla che voleva dire di tutto, tranne che amicizia.
«Tu mi vuoi?» chiese decisa la ragazza.
«Liz, non sai quello che dici.» La allontanò un poco e passò una mano sulle sue gote arrossate. «Hai bevuto?»
La ragazza alzò le spalle e si sdraiò di fianco a Joe. «Allora?»
L’erba secca le pizzicava le spalle e sembrava che quei piccoli aghi si fossero insinuati anche nella sua gola, ma era soltanto il residuo dell’alcool che aveva in corpo da quel pomeriggio.
«Allora cosa?» domandò vago Joe.
«Mi vuoi?» ripeté determinata lei, girandosi su un fianco e facendo leva sul suo gomito appoggiato a terra.
Il ragazzo esitò. «Con ogni cellula del mio corpo.» ammise.
 
Il ragazzo si alzò da quella posizione e si passò una mano tra i capelli scompigliati.
Quel sedile posteriore era piccolo, decisamente troppo piccolo, per loro due. I loro corpi era così vicini da sentire il calore emanato l’uno dell’altro.
Liz si morse il labbro inferiore in prende alla disperazione.
«Joe? Cos’è successo ieri notte?» chiese tremante.
Il ragazzo abbassò la testa e non rispose.
 
Liz non ci pensò due volte e le sue labbra si scontrarono con quelle carnose di lui.
Forse era masochista, forse era solo desiderosa di sentire il sapore del fratello del suo ormai ex ragazzo, perché, per chissà quale assurdo motivo, le avrebbe potuto ricordare Nick. Ma in quel momento non badò a troppo alla sua parte razionale e si lasciò completamente andare tra le mani di Joe.
Pian piano i vestiti vennero lanciati lontano e i loro corpi bruciavano al solo contatto dell’uno sull’altro.
 
«Dimmi che non è come credo» continuò la ragazza, afferrando la mano di Joe. «Per favore.»
Lui alzò la testa e la fissò a lungo. «Mi dispiace.» Fu tutto ciò che riuscì a dire.
Liz si abbandonò lungo il sedile. «Non sarà mai più lo stesso.»
«Per me, non è mai stato lo stesso.» dichiarò Joe; prese velocemente una maglia, aprì la portiera e si lanciò sotto la pioggia torrenziale.
La ragazza si rivestì in fretta, ma la felpa non se la tolse. Inspirò a lungo il suo profumo e lo seguì fuori dalla macchina. Doveva assolutamente chiarire.
 
«Ti.. ti amo.» disse in un sospiro Joe, mentre era chino sopra di lei.
La ragazza sbarrò gli occhi, poggiò le labbra nell’incavo del suo collo e fece finta di non aver sentito.
«Ti amo.» insisté lui, più sicuro.
«Joe..» mormorò Liz, prendendogli il viso tra le mani. «Non posso.»
Il ragazzo si accasciò di fianco a lei, entrambi ancora accaldati e umidi di sudore. «Non puoi cosa?» chiese lui malinconico, intuendo la risposta.
«Non posso.. amarti.»
Rimasero fermi lì, in quella posizione ad osservare il cielo stellato di quella notte californiana, mentre il mondo scorreva veloce intorno a loro.
 
Joe era seduto sotto quell’albero centenario che, dimenticato, si trovava sulla cima della collina che dava su Los Angeles. Uno spesso strato di umidità si alzava dal terreno e sembrava che tutto fosse diventato astratto.
Liz si sedette di fianco a lui, incrociò le gambe e appoggiò la schiena al tronco.
«Io non volevo farlo.» incominciò la ragazza. «La verità è che ho desiderato per un momento che tu fossi Nick. Ma non lo sei,» gli strinse la mano, appoggiata a terra, senza essere ricambiata. «sei sempre stato il mio amico, il mio confidente, la mia spalla ed ora.. ho rovinato tutto.» Sbatté le palpebre, lasciando cadere quella lacrima solitaria.
Il ragazzo rimase impassibile. Lo sguardo fisso sull’orizzonte, sfumato dal vapore.
«Avrei dovuto dirtelo tempo fa.» disse tutto ad un tratto. «Non sei mai stata solo un’amica per me. Non puoi immaginare quanto abbia invidiato Nick per tutto il tempo in cui siete stati insieme e quanto lo abbia odiato quando ti ha lasciato. Odio vederti soffrire. È stato più forte di me: mi sono innamorato di te e non posso farci nulla.»
Liz ritirò la mano, ferita da quelle parole così profonde. Mai aveva sentito Joe parlare in quel modo ed era anche colpa sua. «Cosa facciamo?» sussurrò.
Il ragazzo rimase in silenzio, come se stesse rielaborando i pensieri. «Io non voglio allontanarmi da te.» Si girò e la fissò per la prima volta negli occhi. «Quando sono vicino a te è come se riprendessi a vivere. Tu mi hai insegnato a respirare. Non posso dimenticarti.»
«Devi.» disse determinata Liz, rimpiangendo subito quella parola.
Joe abbassò le spalle. «Allora, quando scenderemo da questa collina..»
«..Ognuno prenderà la sua strada.» concluse la ragazza, veloce. Prima lo diceva, meno era il dolore che le procurava.
Lo scroscio della pioggia continuava imperterrito.
I due ragazzi silenziosi si guardarono per un istante: la realtà è che non volevano scendere dalla collina. Loro si erano sempre appartenuti, anche se con sentimenti diversi.
 
[5 anni dopo]
Liz sorrideva. Un sorriso sincero. Guardava negli occhi il suo futuro marito, che davanti all’altare tremava di emozione, quasi quanto lei.
Avanzava lungo la navata, nel suo vestito bianco con un lungo strascico. Avanzava lentamente, gustandosi attimo per attimo.
Quando mancarono pochi metri, voltò lo sguardo verso i testimoni: Joe annuì con un sorriso, facendole l’occhiolino. Era quello giusto.
Il tempo sembrò prendere velocità. Il momento fatidico era arrivato.
«Vuoi tu, Elizabeth Hood, prendere Nicholas Jonas come tuo legittimo sposo?» esordì il pastore.
«Lo voglio.» disse sicura.
«E vuoi tu, Nicholas Jonas, prendere Elizabeth Hood come tua legittima sposa?»
«Lo voglio.»
 
I'm learning to breathe.
I'm learning to crawl.
I'm finding that You and You alone can break my fall.
I'm living again, awake and alive.
I'm dying to breathe in these abundant skies.
  
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