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Autore: FLPP    28/01/2010    0 recensioni
Tentativo di action-thriller, spero di aver lasciato intatta la tensione fino alla fine ;)
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo.

 

Giovedì, 23:45

Erano tutti morti. Tutti tranne me. Ed ero stato io, proprio io, a premere quel pulsante che aveva provocato quella morte improvvisa ed assurda per tutti coloro che si erano definiti come miei amici e compagni per molto tempo.

 

Giovedì, 23:47

“Questo sarà il mio ultimo rapporto, non ne seguiranno altri. È il rapporto del fallimento enorme di una missione nata male e finita peggio. Ed in questo rapporto, vi narrerò tutto quello che è successo negli ultimi 2 giorni, partendo da martedì mattina quando abbiamo ricevuto le istruzioni sulla missione che si è appena conclusa…”

 

Attenzione. Materiale riservato, la pubblicazione è perseguibile ai termini di legge.

 

Martedì, 11:03

Ci eravamo trovati come sempre per parlare della missione che sarebbe iniziata dopo meno di 48 ore, con un’abbondante caraffa di caffè che veniva ampiamente sfruttata ed un considerevole numero di panini al prosciutto da mangiare tra un commento e l’altro. In quei giorni, i discorsi erano in massima parte sul clima, sulle prossime elezioni e su quello che sarebbe successo quando saremmo tornati tutti indietro.

L’ingresso del capo di divisione, fu alquanto repentino e silenzioso, cosa quest’ultima che contravveniva con il solito poiché la sua irruzione nell’ufficio era solitamente prevenuta da svariati minuti di grida proveniente dai piani inferiori, dovuta in massima parte dall’inettitudine delle reclute appena arrivate dal Dipartimento di turno che voleva addestrare bene il suo personale.

“Signori, la missione è semplice a parole, ma difficile da mettere in pratica… vi verranno date le istruzioni passo passo durante lo svolgimento, non prima e non dopo per non compromettere la sicurezza interna e le relazioni estere.”

 

Martedì, 16:48

Altra ora, ma stessa merda di poche ore prima. Sentendo il tipo di istruzioni nessuno di noi era più riuscito a trovare la voglia di consumare le libagioni sul tavolo, lasciando così il tutto alquanto privo di senso. Dopo alcuni minuti nel corso dei quali ognuno di noi aveva tentato di scucire qualcosa dal capo in persona, andammo tutti per la propria strada e fu così che quel pomeriggio mi trovai seduto sul muretto dove avevo dato il mio primo bacio molti anni prima. Curiosamente, in quel momento il massimo a cui riuscì a pensare fu unicamente cosa mi sarebbe successo se avessi finalmente deciso di cambiare dipartimento di dipendenza, se finalmente mi fossi mosso per cambiare lavoro come molti altri mi chiedevano. Curioso, fino ad allora non avevo mai pensato che quello che facevo, non fosse in realtà ormai superfluo per la mia vita… o forse no?

 

Martedì, 20:21

Una cena silenziosa, nella quale nemmeno il volume basso della televisione era riuscito a sopire quella sensazione di vuoto che mi attanagliava da quella stessa mattina. Ancora continuavo a non capire perché non potessimo ottenere informazioni su quello che saremmo andati a svolgere a breve, nessuno dei miei compagni ed amici che avevo contattato al telefono era riuscito sia pur minimamente a scoprire qualcosa. I segreti erano coperti bene, forse troppo bene.

Mia moglie cercò di parlare di qualcosa, ma ogni discorso moriva sul nascere per il mio silenzio profondo che non era possibile rompere.

“Sai… dopo la prossima missione… penso proprio che me ne andrò a lavorare altrove…” mi limitai ad annunciare improvvisamente, osservandola poi senza troppo interesse per vederne la reazione… ed il sorriso che seguì, mi lasciò interdetto per qualche istante prima di capire che era felice perché dentro di sé era convinta che non avrebbe più dovuto temere ad ogni berlina scura che si parcheggiava davanti a casa, attendendo una lettera che le avrebbe annunciato la mia morte.

 

Martedì, 23:56

Quella sera il sonno pareva non giungere, così decisi di sedermi un po’ in poltrona e di leggere un libro bevendo un bicchiere di brandy. Erano ormai molti mesi che quando cercavo di chiudere gli occhi apparivano improvvisamente ricordi delle vite che avevo contribuito a spezzare, delle persone che per causa mia non erano riuscite a continuare la propria vita. A nulla serviva il mio rifugiarmi dietro lo scudo della ragion di stato e della sicurezza nazionale. No, non servivano quelle scuse, tutt’altro.

Probabilmente mi assopii, perché improvvisamente fui svegliato da un rumore difficile da identificare, che mi portò alla mente sensazioni perse da tempo ormai… silenziosamente, scivolai nel letto accanto a mia moglie e mi addormentai crollando in un sonno pesante popolato di mostri che parlavano una lingua strana e che cercavano di uccidermi.

 

Mercoledì, 09:13

La macchina con cui saremmo andati all’aeroporto arrivò con meno di 15 minuti di ritardo. Tenuto conto che era giorno di lavoro in ora di punta, era quasi un record. Appena salito, iniziammo subito a parlare tutti insieme mettendoci d’accordo su come ci saremmo divisi come ruoli. Le istruzioni iniziali erano semplici e chiare: dirigersi all’aeroporto presso al terminal degli arrivi e ritirare le valigie per il signor Aristodemo Kouramaklis, quindi tornare alla macchina dove avremmo trovato il prossimo passo.

Un compito all’apparenza semplice, anche se in questi tempi con il terrore per gli attacchi terroristici persino noi vivevamo nel terrore di trovare una bomba nelle valigie ed io stesso avevo passato un periodo in cui controllavo sempre la macchina prima di partire, nel terrore di una bomba nel motore ed evitavo di fare tutti i giorni lo stesso percorso.

 

Mercoledì, 09:58

L’arrivo all’aeroporto non fu dei più semplici. Il traffico quel giorno era particolarmente intenso e così, vi fu il primo intoppo… le valigie erano già passate varie volte! La rabbia passò nei nostri volti, mentre piano piano ci accorgevamo del fatto che delle 5 che avremmo dovuto ritirare, ne mancavano 2. Una valigia mancante, può essere un caso, tutte assenti può esservi stato un errore di spedizione della compagnia. Ma due assenti, poteva unicamente significare che qualcuno era passato prima di noi ed aveva preso esattamente quello che doveva prendere.

 

Mercoledì, 10:01

“Signore… mancano due valigie… sì, esattamente… no, il traffico sulla tangenziale… sì, ma… signore, con un lampeggiante forse… no, non lo avevamo… è stato lei, ricor… mancano la valigia grande e il borsone… cosa contenevano? COSA?”

Già, era un gran guaio che mancassero due valigie nelle quali erano contenuti dei campioni di armi nucleari sviluppate in una nazione alleata, acquistate dal Dipartimento di Stato illegalmente ed importate in questo modo curioso. Se qualcuno adesso aveva delle armi nucleari all’interno della Capitale, significava che nessuno era più al sicuro e che nei piani alti vi era una talpa.

 

Mercoledì, 13:32

Rapide telefonate, quindi scortati dalla Polizia eravamo arrivati alla sede centrale dell’agenzia per una riunione di emergenza. La situazione era la peggiore che potessimo immaginare.

 

Mercoledì, 19;47

Dopo una rapida serie di telefonate, nessuno era tornato a casa per cena e tutti noi adesso eravamo a caccia di informazioni. Al mondo, ci sono oltre 160 organizzazioni terroristiche che vengono ritenute pericolose dal Governo. Di queste, meno di un quarto potrebbero anche e solo pensare di mettere in atto un furto del genere, ma meno ancora potrebbero trovare le risorse per metterle in atto. Da scartare fin da subito i cosiddetti governi canaglia, nessuno di loro avrebbe avuto interesse a rubare qualcosa in questo modo così plateale, quando avrebbero potuto procurarselo direttamente alla nascita con i propri servizi segreti.

 

Giovedì, 00:14

Avevamo una traccia finalmente. Un gruppo di razzisti, voleva usare queste armi per costringere il Governo a firmare delle leggi che avrebbero limitato la libertà delle persone di credo, origine ed orientamento sessuale diversi. Era strano, un gruppo del genere che riusciva a rubare delle armi ai servizi segreti facendogliela sotto al naso in questo modo qua.

La macchina investigativa si mise in moto così rapidamente, che alcuni di noi ancora non avevano finito di leggere le intercettazioni ambientali o telefoniche prima di trovarsi caricati nei furgoni, che rapidamente sfrecciarono in direzione della sede di questo movimento non riconosciuto nemmeno dalla più conservatrice delle associazioni presenti negli stati.

 

Giovedì, 02:35

Avrebbe dovuto essere un’irruzione banalissima, invece ci eravamo trovati di fronte ad un fuoco di sbarramento che ci aveva costretti ad indietreggiare di qualche metro prima di poter in qualunque modo trovare il sistema di avanzare finalmente all’interno di quel palazzo dall’aspetto malandato. Decisamente, qualcuno non voleva che rintracciassimo quelle armi.

 

Giovedì, 02:53

Finalmente, eravamo entrati nel cuore del palazzo, trovando così la valigia più grande che conteneva una parte delle componenti necessarie per potenziare l’arma e renderla letale in un raggio di circa 25 kilometri quadrati. Con l’ordigno rimasto in mano dei terroristi, avrebbero potuto tuttavia distruggere un’area grande come l’isola di Manhattan senza lasciare nessuna traccia di vita. Un rischio che non avremmo potuto correre.

 

Giovedì, 06:28

Dopo circa 4 ore di ininterrotto interrogatorio del custode dell’ordigno, avevamo abbastanza informazioni da richiedere che il Presidente venisse immediatamente portato in volo ed allontanato così dalla fonte del pericolo. Il rischio di un attacco nucleare sul suolo americano, era adesso all’evidenza di tutti. Eppure, nella motivazione di questo gruppo di razzisti sbandati, vi era qualcosa che non tornava. Non era possibile che 20 o 30 stupidotti, avessero ottenuto il controllo dell’arma più pericolosa che avessimo costruito nell’ultimo mezzo secolo, capace di sprigionare la stessa potenza dell’esplosione del reattore nucleare di Chernobyl, e che adesso volessero minacciare la nazione più potente del mondo.

 

Giovedì, 19:37

Dopo alcune ore di volo, eravamo finalmente arrivati alla sede centrale di questa organizzazione di folli. Ero stato destinato per la prima volta, ad essere la risorsa Z… se la missione fosse fallita, avrei dovuto pilotare un missile termico, nella speranza che la bomba non fosse innescata o non rischiasse di esplodere. Inutile dire, che non ero molto felice di questa sistemazione, ma dentro di me speravo ardentemente di potermela cavare senza dover vedere tutti i miei amici morire per mano mia. Mentre tutti loro si preparavano, il silenzio era misterioso e rendeva ancora più acuto lo scorrere dei secondi reso inesorabile dall’incedere della lancetta dell’orologio appeso alla parete.

 

Giovedì, 23:30

Sono ormai 2 ore che l’irruzione ha avuto luogo e nessuno sta rispondendo più alle mie chiamate radio. Se entro 15 minuti nessuno mi risponderà, dovrò premere il comando e far cadere la bomba.

 

Epilogo.

Dopo questa storia, tornai a casa e diedi le dimissioni. Il giorno dopo, assieme a mia moglie scappai in Canada, cambiando nome e divenendo un’altra persona. Immaginate la mia sorpresa, quando ieri una macchina nera si è fermata e mi ha chiamato con il mio vero nome, prima di premere il grilletto e colpirmi al torace. Fortuna che viaggio sempre con il giubbotto anti-proiettile!

  
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