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Autore: Fedora    29/01/2010    1 recensioni
Il mio primo giallo nonche' la mia prima "fanfic" (anche se di fan non ha proprio niente). La detective Elizabeth Boudelaire deve risolvere uno strano caso di omicidio senza tracce. Suspence! Amore! Hello Kitty! E robaccia del genere troverete se aprirete la pagina. Andate in pace.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Essere diverso, ossia non essere qualcos'altro,
non significa non esistere".




Dopo giorni e giorni di pioggia continua e martellante, che aveva accompagnato gli abitanti di Chesapeake Avenue per quasi dieci giorni, il sole rispuntò timidamente tra le nuvole grige e restituì, seppur in parte, il sorriso a Cora. Si aggirava per la casa come il fantasma del buonumore, mentre Fay la osservava con circospezione. Dopotutto il cambiamento era stato repentino: solo il giorno prima era restata tutto il tempo rinchiusa in camera, piagnucolando e dormendo.Aveva cominciato a parlare ed ad uscire e un giorno parlò persino con sua madre. Parlarono di argomenti banali, senza nominare il padre, poiché secondo Cora avrebbe fatto male ad entrambe. Fay, dal canto suo, cominciò una nuova vita e ad essere meno pungente con la figlia, pensando che ora che era andato via per sempre poteva lasciarsi indietro il passato. Il vicinato, vedendo madre e figlia più unite del solito, iniziò a sospettare qualcosa, alcuni addirittura dicevano che avessero ucciso il marito, che fossero complici, ed altre strane voci che arrivarono alle orecchie di Elizabeth. Non avendo ancora finito gli interrogatori in giro per la periferia, scoprì moltissime cose, molto interessanti per una casalinga, che viveva la vita come se fosse in un film, ma non per Elizabeth. Si trovava spesso a dover dire di non far parte di nessuna squadra anticrimine, né di dire a profusione "Elementare", né di essere una spia dai modi bruschi, anche se molte persone avevano di che protestare su quest'ultimo punto. Mentre le sopracitate casalinghe le narravano le notizie fresche di giornata, non prive di una certa comicità, Elizabeth pensava al giorno prima. Dopo che Dalia le illustrò  i dati raccolti, le raccontò della sera precedente e della preoccupazione sua e di Victoria. Elizabeth appena aveva saputo ciò che aveva provocato, si precipitò dall'amica, che a dispetto di ogni più rosea previsione, che prevedeva una strigliata o uno squartamento, a seconda dei casi, la accolse in casa sua come se niente fosse. Passarono il resto della giornata a fare compere e a ridere come bambine, sembrando alle commesse e a qualche intimorito cliente povere decerebrate dal portafogli generoso. Il fatto che Victoria non le avesse detto niente mise in uno stato di agitazione Elizabeth, del tutto particolare il lei, che era abituata a far scorrere via le proprie emozioni e preoccupazioni come se fossero acqua. Quel giorno tuttavia dopo averci pensato molto, arrivò alla conclusione che non le avesse detto nulla proprio per non farle pesare addosso la propria preoccupazione. Elizabeth si sentiva responsabile. E sentirsi responsabile era molto peggio di uno squartamento.
Quel giorno, però, avrebbe finito tutte le persone da interrogare e decise di dedicare il primo pomeriggio ad una piacevole visita alla vedova Calamy, per mettere in luce alcune cose, le quali, semmai fossero restate oscure, le avrebbero dato un posto d'onore nella lista dei sospetti. Nella lista secondo Dalia sarebbero dovuti entrare anche la madre di John, ma non aveva ancora sentito la sua versione dei fatti, e il fratello di questa, di cui Dalia aveva raccolto le impronte, ma sia di nome che di volto restava ignoto.Elizabeth non sapeva da dove cominciare per scoprire la sua identità e procedeva su Chesapeake Avenue senza meta col naso all'insù, pensando ad una possibile pista o a qualcosa che i vicini della signora Truman si erano fatti sfuggire. Sicuramente però il cognome Truman era del marito, quindi il suo vero cognome qual'era? Il filo dei suoi pensieri fu interrotto da uno squillo che la fece sobbalzare in uno strano modo, simile ad un attacco improvviso di singhiozzo. Dopo essersi accertata che non fosse la sua immaginazione, ma il cellulare, accettò la chiamata.Data l'esperienza di due giorni prima, aveva sempre la suoneria al volume massimo. Non voleva che si preoccupassero per lei. Non lo meritava.
"Pronto. Sono Elizabeth Boudelaire."
"P...Pronto?" -Oddio no... ti prego... tutti ma non lui.- "Pronto Elizabeth? Sono io John!"
"Ciao John!" disse con voce di miele."Come hai avuto il mio numero?"
"Ehm... non so se te lo posso dire... me lo ha dato Peter..."
"Come lo conosci?" Era sorpresa e una vena di isteria le colorava la voce.
"Mamma lo conosce... A proposito! Mi stavo dimenticando il motivo per cui ti ho chiamata. Mamma è a casa quindi se le vuoi chiedere qualcosa... Cioè se vuoi venire la trovi. Io non sono a casa, ma proprio ora ho saputo che è tornata. Sicuramente la trovi."
"Oh John grazie!" -Ti ammazzo...- "Sono proprio nei pressi di casa tua, non potevi scegliere momento migliore!" Se fosse stato possibile tramutare le sue parole in dolci e zucchero, sarebbe morta all'istante.
"Ok... forse ci becchiamo..."
"Sicuramente... allora a dopo!"
"A dopo."
Elizabeth gli chiuse il telefono in faccia. Ribolliva di rabbia: come al solito non era riuscita a dire le cose come stavano, ma soprattutto non riusciva a capire come mai Edward non le aveva detto di conoscere la madre di John. Gli aveva parlato mille volte del caso che stava seguendo, ma non le aveva mai detto niente. Accecata dall'ira si diresse a passi più grandi della prima volta verso quella casa per la seconda volta. Salì per la seconda volta le scale bianche e suonò per la seconda volta il campanello. Una voce all'interno disse, ma praticamente cantò, un "Arrivooo!" e una donna aprì la porta. Elizabeth non poteva credere ai propri occhi: non aveva mai guardato le altre donne con invidia, ma questa donna avrebbe scatenato l'invidia di Miss Universo, se per qualche assurdo motivo non fosse stata lei. Aveva lunghi capelli biondi e luminosi, come le pareti della sua casa e, proprio come quelle, sembrava che avessero luce propria. Indossava un corto vestitino nero senza maniche e a collo alto, che contrastava con la sua pelle candida e perfetta e con il resto della casa. Nonostante fosse sulla quarantina non dimostrava affatto i suoi reali anni: sembrava una ragazzina, forse anche per la sua modesta altezza. I suoi occhi grigi con una sfumatura verde la guardavano interrogativa.
"Posso fare qualcosa per lei?" aveva l'accento italiano e la erre francese, il tutto rendeva il suo inglese molto stravagante.
"Ehm..." Era rimasta senza parole per un attimo. "Sono Elizabeth Boudelaire." le tese la mano.
"Piacere, Eleanor Truman."
"Sono venuta qui per farle alcune domande sul caso Hutton."
"Ah... Per Tony? Che disgrazia..." Quest'ultima parola in italiano spiazzò definitivamente Elizabeth, che la guardava in modo strano, senza ritegno. "Ma dopotutto si era fatto davvero molti nemici. Avrebbe dovuto essere più cauto..." A causa della erre Elizabeth non riusciva a seguire bene le sue parole.
"Come mai?" chiese con curiosità. Stava diventando una di loro, una casalinga avida di notizie e pettegolezzi. -Oddio...-
"Si accomodi prego..." disse Eleanor, allontandosi dalla porta e facendole segno di entrare con la mano.
Entrò in casa avendo l'impressione che fosse cambiato qualcosa. Guardava con occhi spalancati, muovendo la testa per osservare meglio.
"Non sei mai venuta qui? John mi aveva detto di si." le chiese la padrona di casa.
"Si, ma le scale mi sorprendono sempre..." mentì Elizabeth con voce ammaliata.
Si accomodarono sul divano bianco. Elizabeth sperava con tutto il cuore, a differenza dell'ultima volta, che Eleanor non le offrisse nulla. In ogni casa in cui era andata quella mattina, tutti le avevano offerto qualcosa. Ad Elizabeth sembrava fosse maleducato entrare in casa altrui e rifiutare i loro evidenti sforzi di apparente ospitalità, quindi accettò ogni cosa le venisse offerta tra pasticcini, bevande, torte, biscotti, caramelle e quant'altro. Tuttavia sapeva che le sue speranze fossero vane. I suoi pensieri furono interrotti dalla voce di Eleanor.
"Non ti offro niente, spero tu non ti offenda. Ti ho visto andare su e giù per questo viale... Immagino quante cose ti abbiano offerto le mie vicine..." e ridacchiò.
Elizabeth la guardò stupita, così così stupita che Eleanor lo interpretò in modo errato: "O vuoi della crostata di more?"
"Oh... No, grazie... Siete la prima che si preoccupa veramente del mio stomaco. Tutte le casalinghe con cui ho parlato non mi hanno mai dato del tu e tutte mi hanno offerto tutto il loro frigo..."
"Non sono una casalinga... forse per questo..."
"Si, forse per questo."
"Nel quartiere mi hanno sempre visto come una presenza... inquinante, credo che sia il termine adatto." sospirò.
"Conosceva il signor Hutton?"
"Per niente. Non gli ho mai parlato. Appena mi trasferii qui venne la moglie, ma la cacciai via in modo brusco. Mi pento ancora di non averla trattata bene, ma allora ero ancora molto giovane e fresca di divorzio. Ero da sola e con un figlio in un quartiere, la cui fama di "quartiere dei pettegolezzi" teneva lontano molte persone.Vedendo quindi una delle maggiori "pettegolatrici" del quartiere con un sorriso sulle labbra con tanto di torta e marmellata, giudicai quell'atto di ipocrisia e non come segno di disponibilità."
"Quindi non aveva mai visto il marito?"
"Rare volte e per di più di sfuggita. L'unica volta in cui lo vidi per più di dieci secondi fu ad un funerale." e sospirò. "Andai lì solo per scusarmi e parlare con la signora Hutton, ma non ebbi abbastanza coraggio per parlarle. Rimasi a fissarla per tutto il tempo cercando le parole adatte. Lei invece guardava John in modo piuttosto strano, con curiosità. Pensai subito al peggio e feci in modo di non farglielo più vedere, ma poi giudicai il mio agire some una scusa per farmi notare da lei. Pensavo che se non lo vedeva, sarebbe venuta qui per vederlo." e vedendo gli occhi confusi di Elizabeth, aggiunse: "Si vede che ero proprio giovane ed ingenua!" e scoppiò in una fragorosa risata. Elizabeth fece una risatina nervosa: era piuttosto a disagio con lei e non sapeva spiegarselo.
"Conosce la vedova Calamy, quindi, per essere andata al funerale di suo marito..."
"Non la conosco bene, come Tony e la signora Hutton. Dopo che la signora Hutton venne qui da me, la vedova Calamy sparse notizie su di me per tutto il quartiere molto cattive a dir la verità: dato che avevo un figlio piccolo e che non fossi sposata, diceva fossi una prostituta arricchita che si era dovuta ritirare a causa del figlio o roba del genere.Dissero addirittura che John fosse stato adottato." Ridacchiò. "E questa volta non gli diedi torto."
"C...cosa?" disse Elizabeth, colta alla sprovvista. "Lo avete adottato?"
"Si. Lo trovammo in un orfanotrofio di una città vicina. Era piccolissimo, tra i sette e gli otto mesi. Lo avevano abbandonato proprio davanti all'entrata."
"Quindi per una volta ha avuto ragione..."
"Oh beh... non si può dire che non avesse avuto ragione pure altre volte. Non è sempre vero che i pettegolezzi sono cose inventate, come le leggende c'è sempre un fondo di verità. Basta sapere quanto sono affidabili le fonti."
"In che senso?" Elizabeth era confusa. I pettegolezzi nascondono un fondo di verità?
"Come tu avrai imparato in questi giorni, la maggior parte delle volte i pettegolezzi non sono altro che frutto di invidie farneticazioni di donne senza occupazione, se non quella di godere dell'infelicità del prossimo o del diverso. Tuttavia la voce che girava al tempo della morte di Robert Calamy, attribuita alla moglie con la complicità di Tony Hutton, era giudicata da molti vera.  Prima ancora si diceva che i due avessero una relazione, più tardi che ce l'avesse La moglie di Hutton. Qualche anno prima della morte di Robert, la signora Hutton e l'allora signora Calamy, litigarono per poi non parlarsi mai più. Entrambe erano compagne inseparabili al liceo e il loro duo femminile era reso più interessante dalla presenza maschile di Tony. Andavano ovunque senza separarsi mai; il loro rapporto iniziò a raffreddarsi quando Tony annunciò il matrimonio con la sua futura moglie. I genitori di lei acconsentirono, all'oscuro del fatto che lei fosse incinta. Di chi non si sapeva e non si sa tutt'ora; il bambino nacque dopo otto mesi dal matrimonio e fu liquidato dicendo che fosse prematuro. Ebbe vita breve però e morì a sette mesi. La signora Hutton diede la colpa a Tony e tentò di avvelenarlo; ci riuscì ma non del tutto. Dissero a tutti che Tony subì un avvelenamento da cibo. La vedova Calamy non disse nulla e anzi appoggiò la scusa dei due. "
"La signora Hutton mi aveva detto il tentato omicidio. Ma che ne fosse a conoscenza anche la vedova..."
"Non lo sapeva e non lo sa tutt'ora." la interruppe Eleanor."La vedova e Tony erano davvero amanti. Questo spiega pure come mai da che erano inseparabili si sono allontanati. A dirla tutta la vedova Calamy avrebbe dovuto sposare Tony, ma a quanto si dice entrambi erano interessati al patrimonio della signora Hutton in quanto figlia del conte e della contessa. Non so di cosa... La signora Hutton inseguiva la vedova Calamy, che invece era infatuata se non innamorata di quell'uomo affascinante." e vedendo lo sguardo incredulo di Elizabeth aggiunse: "Se non era un bel vedere adesso non significa che quando era più giovane non fosse affascinante..." ridacchiò e riprese: "La vedova Calamy non sapeva che Tony avesse proposto il matrimonio alla signora Hutton per i suoi soldi. Quest'ultima era innamorata di un ragazzo biondo, a quanto si dice vero padre del bambino che poi nacque. Sposò Tony per nascondere la sua gravidanza che per altro."
"Quindi la signora Hutton e il signor Hutton si sposarono entrambi per convenienza. E lui mantenne in vita la relazione con la signora Calamy sicuramente assicurandole che faceva tutto parte di un piano.Data la difficoltà per gli incontri di nascosto con il suo amato, la signora Calamy diventa la vedova Calamy, ma questo succede dopo che gli sposini si trasferiscano. Prima la signora Hutton e Il signor Hutton si sposano e nasce il bambino..." rimase sovrappensiero mentre Eleanor la guardava. Si riscosse."Come si chiamava il figlio della signora Hutton?"
"Credo... Jack...no..." ci pensò su."Un nome con la j...ah già come ho fatto a scordarlo. John, come mio figlio."
"Come fa a sapere queste cose senza frequentare nessuno?"
"Te l'ho detto. Bisogna avere fonti affidabili ed io modestamente ho il mio giornale di gossip personale. Mio fratello" aggiunse vedendo la curiosità di Elizabeth. "Mio fratello ha un ristorante e grazie a questo riesce a sapere molte cose... soprattutto quando i clienti sono ubriachi!" e rise di nuovo fragorosamente.
Elizabeth stava per svenire. "Grazie, sopratutto per il tè non offerto..."
"Di niente." disse con una dolcezza dimenticata da Elizabeth in quei giorni fatti di ringraziamenti isterici.
Eleanor l'accompagnò alla porta e notò l'agitazione di Elizabeth, ma non le disse niente finché non fu all'ultimo gradino.
"Sei troppo sincera. Non sopravviveresti nemmeno una settimana in questo quartiere."
"Non capisco..." e non intendeva il significato delle parole della donna.
Eleanor le sorrise e chiuse la porta. Elizabeth ripercorse il viale più confusa che mai.

"Devi essere più cauto... ho cercato di farle credere che sia stata la moglie."
"Scusami, ma non so come comportarmi. Non mi sono mai trovato in una situazione del genere."
"Sii più cauto e smettila di lamentarti."

Elizabeth era in agitazione. Le informazioni raccolte, la scoperta del fratello di Eleanor, il suo essere incauta, tutto la faceva pensare, mentre si avviava al ristorante di Chesapeake Avenue. Ora che ci pensava, proprio il giorno in cui andò per la prima volta a casa di Eleanor fu quando conobbe Edward. Una goccia le rigò il viso, ma l'asciugò prima che raggiungesse l'altezza del naso. Si sentiva presa in giro e non lo poteva accettarlo. Raggiunse la fine del vicolo ed entrò dentro sbattendo le porte. I primi clienti  della sera la guardavano scandalizzati , mentre Edward la guardava interrogativo e nel contempo le sorrideva dolcemente. Elizabeth lo incenerì con lo sguardo, mentre si avvicinava a lui, e lo prese per la collottola, trascinandolo fin dentro la cucina, sbattendo di nuovo le porte, sotto gli occhi sempre più scandalizzati dei presenti.
"Narumi fuori." disse Elizabeth, guardando intensamente Edward. La cuoca non se lo fece ripetere due volte, precipitandosi dentro la sala.
"Che..." la guardava più interrogativo di prima. Elizabeth non lo sopportava.
"Te lo dico io cosa succede. Tu" e gli puntò un dito contro. "Tu hai avuto il coraggio di mentire a me. Io che mi sono fidata ciecamente di te"
"Ma c..."
"Come, dici? Non dicendomi di avere una sorella tanto per cominciare."
"Non mi sembrava i..." sembrava avesse capito.
"Importante? Io ti ho affidato tutto, ti ho raccontato ogni cosa di me, chissà quante volte ti avrò parlato del figlio di tua sorella, ti ho dato fiducia e ti ho dato..."
non riusciva a dirlo. Varie gocce le rigarono per la seconda volta il viso. "Io ti ho dato il mio cuore"sussurrò "e tu..." lo lasciò andare e si diresse verso le porte.
Edward le prese il braccio, fermandola e l'abbracciò. Elizabeth si appoggiò a lui, piangendo come non aveva mai fatto in tutta la sua vita.
"Scusami, ti prego. Scusami. Sono stato un idiota."le sussurrò in un orecchio e la baciò. Elizabeth si lasciò andare completamente nelle sue braccia, mentre la sua camicetta scivolava via.


Finalmente, l'ho finito. Yuppi-du! *Foche fanno quel verso inscrivibile*
Prima di passare al sodo devo dare un annuncio: non odio le casalinghe, ma odio gli inciuci (spetteguless, gossip o come cavolo li chiamate). E ora le cose importanti...
Con questo capitolo avete visto Elizabeth in tutte le salse. Vi dirò: questa storia l'avevo già scritta precedentemente e mi avevano criticato la mancanza di un profilo ben definito di Elizabeth. Così mentre il capitolo sette ( tra l'altro ultimo perché il mio pc si ruppe e non sono potuta andare avanti) doveva finire con Elizabeth che di allontanava dalla casa di Eleanor, ho modificato un po' il dialogo con lei, Eleanor  ride di più, è diversa da come era all'inizio  e ho mostrato quanto sia veramente innamorata di Eddino mio (xD) e quanto si incavola quando si gioca con lei. Forse la sua reazione può essere giudicata un po' eccessiva, dopotutto non dire di avere una sorella è sorvolare e non mentire. Tuttavia se avete letto con attenzione e non alla "saint frasau" ( "san frasò" per chi di pronuncia francese non capisce un H come me... anche se non credo sia un modo di dire francese e non credo si scriva così) avrà notato che Eleanor dice: "Mio fratello...etc... riesce a sapere molte cose... sopratutto quando i clienti sono ubriachi!"  Ho usato questa frase per delineare ancora meglio Elizabeth: sin dall'inizio è una donna per certi versi forte, si vede anche dal fatto che non si scompone davanti a niente, nemmeno davanti ad un cadavere nudo e grasso(io caccerei un urlo... bleah!). L'episodio dell'ultima parte del capitolo mostra come in realtà lei sia piuttosto debole... proprio come me (accidenti!).
A dire la verità io farei proprio come lei: lo umilierei davanti a tutti e poi lo ridurrei una pezza. Tuttavia non "me lo farei" mai in una cucina: è scomodo e antigienico.E sicuramente l'acciaio freddo dei ripiani, la gente in sala che origlia, Narumi che dice "Zitti!"... tutto questo provocherebbe non pochi problemi.
 Ma volevo mettere un po' di amore... anzi sarei andata pure più in fondo, arrivando al momento clou. Però avrei dovuto mettere la storia tra gli avvertimenti "Lemon" e mettere l'arancione, tutto sto casino per un solo capitolo... mi scoccia sapere che poi lo leggeranno solo perché c'è scritto "Lemon" e se proprio vi interessa faccio un capitolo a parte alla fine della storia. A proposito di fine della storia... Wow sono al settimo capitolo! Io volevo accorciare rispetto alla prima volta, invece ho allungato di brutto. Secondo il "progetto" iniziale non avevo previsto nessun risvolto amoroso, Fay era una zia Petunia (quella di Harry Potter... dai che la conoscete tutti!), Eleanor una meretrice, Peter ... rimaneva Peter, Elizabeth schiattava ( ma forse non tutto è perduto ancora! Muhahahaha) e il tutto finiva in tre, massimo quattro capitoli. A dire la verità volevo fare una One-shot, ma... non è cosa mia e lo dimostrano i commenti lunghi quanto il capitolo. Se vi chiedete se Eleanor sia...si è italiana. Nata in Italia (a Napoli... tenn' o cor' napulitan'), cresciuta in Francia, trasferitasi in Gran Bretagna per lavoro ci è rimasta (non mi dite che non l'avevate capito che si svolgeva lì... che diamine mica può essere... chessò un altro paese... piove sempre... oddio adesso che ci penso l'unico luogo dove piove un sacco, dopo la costa occidentale di Honshu, è proprio Forchette... Forks per chi non ha capito la sottile ironia). Edward invece è stato mandato sin da piccolo in un collegio in Gran Bretagna. Frato e sora si sono visti negli anni dopo il liceo. Vabbè ma chissenefrega!
Il fatto che ho detto all'inizio, ovvero l' "Elementare a profusione" non è una dimostrazione di disprezzo. Avevo bisogno di simboli dell'investigazione riconosciuti da tutti e ho preso CSI, il mio piccolo e caro Olmi e qualche film di spie. Quindi ribadisco: dire "Elementare" a profusione è fiko! Lo è ancora di più se hai un amico stupidottero di nome Watson, ma questa è un'altra storia...
Nel frattempo che scrivo ci sto ripensando al "sesso in cucina" e molto probabilmente se non piacerà alla mia fan (Emily... sempre nel mio cuore!), mi sa che lo modifico... Hmmm...
La frase del capitolo è di Melisso (filosofo greco) non mia, ha ispirato Eleanor ed è la mia filosofia di vita, anche se secondo me Melisso intendeva altro.
Se siete curiosi di leggere i capitoli ciofeca, li ho ancora nella chiavetta (USB), e se riceverò l'ok da qualcuno io li metterò alla fine, come il capitolo della ... Hem Hem... cu...hem...ci....hem...na....! Che tosse oggi!
  
Have a Kitchen Se...ops... nice day!

P.S. Per chi mi segue con attenzione forse importerà sapere che i capitoli li aggiornerò d'ora in poi con un po' più di ritardo(forse) e molto probabilmente faranno più schifo degli altri, dato che come ho detto non sono mai andata oltre il settimo capitolo... non so quanti saranno ma (ancora) molto probabilmente, anzi sicuro, non più di dieci... respirate e gioite!
P.P.S. Nel capitolo precedente, quando Dalia parla a quella che crede Elly, dice: "... sai che in Giappone...", mi riferivo ai Cat Cafè. Lo sapete che in Giappone ci sono dei bar dove affitti un gattino cucciolo mentre sorseggi tè verde?

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EmilyDoyle: wow non hai capito chi sta nel letto? fiu! Io credevo fosse facile da capire... ti dirò, ho sempre paura di aver detto qualcosa di troppo! E sono ancora più sollevata nel sapere che non hai ancora scoperto chi sarà... questa volta mi è venuto tutto lunghissimo. Spero non ti sia annoiata a leggere questo capitolo. L'8 non so quando lo metterò... ancora lo devo finire e ancora devo decidere cosa metterci... è tutto così complicato!
  
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