Intro: Nihil sub sole
novum
-S-stai scherzando, vero?- balbettò,
sull’orlo delle lacrime.
- Sai bene che non scherzerei mai su
una cosa simile.- gli rispose pacata la persona dinanzi a lei, il cui viso
trasmetteva tutto fuorché pacatezza.
- M-ma, ci deve esser un altro
modo!- insistette chinando il capo–
potremo parlare con mio zio e…-
- Ho già parlato con tuo zio. - la
interruppe lui, pregandola con lo sguardo di non insistere oltre – è d’accordo
con me. So che ti può sembrare ingiusto ma, credimi, è l’unica soluzione.-
aggiunse, osservandola alzare il volto e fissarlo con sfida.
Negli occhi, prima colmi di lacrime,
ora riusciva a leggere solo una cosa: rabbia, tanta rabbia – è l’unica
soluzione per chi?- chiese in un sibilo la ragazza – Non è l’unica soluzione
questa, è solo quella che fa più comodo a te!-
Lui sgranò gli occhi, confuso –Cosa? Credi
veramente che io..- disse allungando una mano verso di lei, ma questa si
scostò, come disgustata.
- Non mi toccare!- ringhiò, mentre le
lacrime tornavano a riempirle gli occhi – Non voglio più avere niente a che
fare con te, mi fai schifo!- e detto questo iniziò a correre via, mentre le
urla del ragazzo continuavano a seguirla…
Silvia aprì
gli occhi, osservando il soffitto della sua camera, e sospirò. Anche quando
dormiva, quel ricordo non l’abbandonava mai.
Quanto era
passato da allora? Uno? Due anni? Sinceramente non ricordava, era una di quelle
cose che aveva eliminato dalla mente, nel vano tentativo di rimuovere tutta la
vicenda.
Al villaggio
ne parlavano ancora tutti, lo sapeva. Vedeva la gente zittirsi, quando passava
per poi riprendere quando credevano di non essere più visti: era inutile tentare
di dimenticare quando ogni giorno, ogni santissimo giorno della sua vita,
qualcuno glielo ricordava, rovinando tutti i suoi sforzi.
Ma presto
tutto sarebbe cambiato, ne era convinta, presto tutti avrebbero smesso.
Si sollevò a
sedere e osservò il suo riflesso nello specchio: sotto i grandi occhi blu, la
pelle candida, un tempo suo più grande vanto, aveva assunto una colorazione
violacea mentre le spalle leggermente ingobbite, le davano un’aria ancora più
esile di quanto fosse. L’essere quasi priva di curve era sempre stato un suo
cruccio, ma da quando, un anno fa, aveva smesso di magiare regolarmente e aveva
perso anche quel poco che possedeva, aveva finito anche di preoccuparsene: non
aveva più qualcuno a cui voleva piacere, perché faticare?
Priva di
qualsiasi interesse, osservò la porta della sua camera aprirsi e suo fratello,
Sirius, entrare. Si somigliavano molto lei e suo fratello: stessi occhi blu,
stessi capelli biondi, stessa pelle diafana, tuttavia dubitava che Sirius si
sarebbe mai ridotto in quello stato al suo posto. Lui era troppo celebrale per
deprimersi in seguito ad una delusione, tutto il contrario suo, insomma.
- Non sei
ancora pronta?- chiese questo portandosi una mano a un fianco – Il signor Lensi
sarà qui a momenti.-
La bionda
gemette, disgustata - Digli che oggi non vado.- biascicò, poggiando la guancia
sulle ginocchia e fissando un punto indefinito.
- Non intendo
mentire al signor Lensi. È il tuo promesso, quindi non vedo perché tu non
voglia andare con lui. Ora vestiti, se arriva, gli dirò di attenderti.- e detto
ciò uscì, lasciandola sola con i suoi pensieri.
♠♣♦♥
Moroha si era
reso conto di aver fatto un affare, non appena era smontato dal suo cavallo.
Era una cittadina tranquilla, quella in cui era incappato: nessuno aveva un
viso da eroe e lo sceriffo, che sonnecchiava su una vecchia sedia a dondolo
nella veranda della stazione di polizia, era il tipo più smilzo che aveva mai
visto, con quei sottili capelli grigi che gli cadevano intorno al viso e un
vecchio cappello logoro calato sul viso. Sarebbe riuscito ad abbatterlo senza
troppi problemi, se avesse fatto storie. Sorrise, sistemandosi la bandana rossa
che gli copriva metà volto e lisciando la pistola, sistemata nella sua fondina.
Sì, sarebbe
stato un colpo semplice.
Senza
attendere oltre, si diresse verso la banca e si mise in fila, attendendo il suo
turno. Amava quelle entrate a effetto.
- Desidera?-
gli chiese il banchiere, un tipo castano con una grossa cicatrice che gli squarciava
il sopracciglio destro – Ritira o deposita?-
Moroha sorrise
nuovamente, sfilando lentamente la pistola dal fianco – Ritirare, ovviamente!- disse,
abbassando il volto per nascondere un sorriso.
Lo risollevò
nuovamente, ritrovandosi faccia a faccia con una pistola. Il banchiere,
infatti, gli stava puntando l’arma contro, sul viso un’espressione
canzonatoria.
- N-non è come
pensa.- balbettò Moroha spaventato – Posso spiegare.-
- Ma certo!-
rispose il banchiere caricando la rivoltella – Ma non qui. Ora poggia
lentamente l’arma a terra e alza le mani, le tre frecce sono curiose di sapere
la sua versione.-
{Angolo dell’autrice}
E dopo matematica venne estetica. Aaah, che goduria gli esami!
Ma non temete miei cari, ancora uno e
sarò tutta per voi, miei amati tre lettori. ( eh si, con il tempo andiamo
diminuendo. Molti, poverini, o sono in pensione o sono morti aspettandomi)
Bado alle ciance, due parole su questa
fiction: si, è una fan fiction nuova in teoria, ma nella pratica è stata
scritta sei mesi fa e mai pubblicata per motivi che neanche io so spiegarmi. So
che dovrei pensare a finire le altre fic che, degne del miglior “spirit cavallo selvaggio” sono sfuggite dalle mie briglie,
ma al fine di evitare che vi troviate di fronte ad una fic sul medioevo dove i
protagonisti viaggiano in motorino sto cercando di riordinare le idee. E poi a Rawhide ( che è
un tipo di cuoio) ci sono affezionata, inoltre è ambienta nel west ( eh si, oramai le provo
tutte), mica pizza e fichi!
Va beh, vi lascio.
Spero che la intro
vi abbia incuriosito e se non è stato così…beh, ricordate che fra qualche anno
i vostri sederi saranno nelle mie mani *risata satanica * ( no, non faccio il
medico, faccio poltrone XD)
Baci,
Laica.