Serie TV > Merlin
Ricorda la storia  |      
Autore: Kokky    01/02/2010    4 recensioni
Arthur e Merlin sono dispersi nella foresta. L'unica cosa che rimane è far passare il tempo, in attesa di possibili soccorsi.
E cosa c'è di meglio del famoso gioco "obbligo o verità"?
«È vero che hai un debole per Ginevra?», domandò, conscio delle voci di corridoio che giravano al castello.
Merlin strabuzzò gli occhi e ribatté: «Ma non siete voi che non riuscite a scollare gli occhi di dosso dalla sua scollatura?».
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Obbligo o verità?

A Crì perché l’adorata;
e grazie ad Edward per averla ispirata.


«Facciamo un gioco: obbligo o verità», propose Merlin con autorevolezza.
Arthur, che stava punzecchiando il terriccio con un bastoncino, alzò lo sguardo verso di lui e lo fissò malamente. «Un cosa?», domandò.
Erano seduti su un tronco, caduto da poco a causa di un temporale,in mezzo alla foresta più fitta. Dispersi.
«Un gioco, sire. Dovremo pur passare il tempo in qualche modo, visto che ci siamo persi e aspettiamo di essere ritrovati», borbottò Merlin.
Arthur corrucciò le sopracciglia. «Obbligo o verità, eh?».
Merlin annuì. «Potreste iniziare voi... ammettendo che è colpa vostra se siamo finiti qui e non sappiamo come ritornare a Camelot», suggerì il servitore con audacia.
Arthur spezzò il bastoncino che rigirava fra le mani. «Colpa mia, dici?», esclamò. «Non sono stato io a perdere il controllo del cavallo che, imbizzarrito, è schizzato via, fuori dai sentieri battuti. Qualcuno doveva salvarti, giovane donzella in pericolo che non sei altro».
Merlin sospirò – non voleva rispondere, sarebbe potuta finire male... – e ribatté: «Siete stato voi a voler istigare quel cinghiale! Lui ha colpito il mio cavallo».
«E quindi la colpa sarebbe mia?», chiese Arthur, inorgoglito. Non l’avrebbe ammesso mai.
«Ecco... insomma, gli animali sono imprevedibili, si sa, e quindi... è colpa del cavallo», concluse Merlin, non guardandolo negli occhi.
Arthur ghignò. «Prima o poi dovrai imparare a tirare le redini invece di chiudere gli occhi, pregando che qualcuno ti salvi», gli disse, mimando una donna che aspettava il proprio principe con lo sguardo afflitto.
«Non avevate detto di conoscere tutta la foresta attorno a Camelot? Com’è che non sapete tornare da qui al castello?», cambiò discorso Merlin, strizzando gli occhi con insofferenza.
Arthur alzò le spalle e recuperò con una mano un altro bastoncino con cui giocare. «Questa parte non l’ho mai percorsa, nelle battute di caccia ci dirigiamo sempre verso ovest e la zona a nord mi è ignota», spiegò.
Merlin annuì e si guardò intorno: il sole di mezzogiorno illuminava gli alberi alti, facendo spandere una luce verdognola tutta intorno; nulla si muoveva fra il sottobosco.
I cavalli, neanche a dirlo, erano scappati via dopo che Arthur aveva salvato Merlin e si era messo a sgridarlo con astio. Forse le urla del principe li avevano infastiditi o semplicemente quei ronzini erano degli stupidi animali senza affezione per i loro padroni.
«Allora... obbligo o verità?», domandò Arthur, rassegnatosi a quello spiacevole inconveniente. Lanciò un’occhiata al servitore, che lo stava fissando in silenzio.
Merlin ci pensò su un istante. «Verità...?», disse incerto.
Arthur sogghignò allegramente e gli diede una pacca sulla schiena, per complimentarsi. «È vero che hai un debole per Ginevra?», domandò, conscio delle voci di corridoio che giravano al castello.
Merlin strabuzzò gli occhi e ribatté: «Ma non siete voi che non riuscite a scollare gli occhi di dosso dalla sua scollatura?».
Arthur tossì bellamente e trascurò la risposta, aspettando che Merlin facesse la fatidica domanda: «Obbligo o verità?».
«Obbligo», annunciò il principe, solennemente.
«Dite che è colpa vostra, sire», esultò il servitore, con un sorriso soddisfatto sul volto.
«Va bene, sarebbe colpa mia se tu sapessi tenere a bada un cavallo, ma non lo sai fare e quindi siamo finiti dispersi. Obbligo o verità?», disse Arthur.
«Obbligo anch’io, suvvia», si lasciò andare Merlin.
Arthur s’illuminò con sadismo. «Bene... devi... farmi da cavalcatura. Con te come destriero, arriveremo velocemente al castello», sogghignò.
«Non- cavalcatura?», borbottò Merlin.
«Sai come ci si diverte tra uomini? Cavalcando», ribadì Arthur, con l’improvviso sguardo da cacciatore, uno che non assumeva nemmeno quando puntava a un cinghiale o a un cervo.
Merlin si sentì la preda colta di sorpresa, scovata nell’atto di rilassarsi in mezzo all’erba, senza pensieri né preoccupazioni. Si alzò rapidamente dal tronco, guardandosi intorno. «Fa improvvisamente caldo, eh? Pioverà... sì, pioverà. Dovremmo affrettarci a tornare, basterà andare a sud, dov’è il sud?», mormorò.
Anche Arthur si sollevò dalla sua postazione, parandosi di fronte al suo servitore. «Non è giusto, io ho adempito al mio compito. Dovresti rispettare le regole della partita», gli disse con ironia, avanzando verso di lui.
Merlin arretrò. Gli alberi erano stretti intorno a lui, una muraglia verde e profonda.
«E a che gioco stiamo giocando?», farfugliò, ponendo le mani alzate a difesa del proprio corpo. Non si scappa dal predatore – i suoi occhi, azzurri, diventano due fuochi tali da bruciare tutto quanto attorno, sino a scovarti.
Arthur sorrise e gli afferrò il viso glabro, senza dolcezza nel suo tocco. «Al padrone e servo. Facciamo che tu debba obbedirmi», rispose, giulivo.
«Credo di aver già provato questo gioco... almeno tutti i giorni della mia vita», ironizzò Merlin, prima che le labbra del principe, prepotenti come lui stesso, gli mozzassero le parole. Sperò che il terreno, ricoperto dall’erba morbida e verdeggiante, non fosse troppo scomodo come giaciglio.

«Sentite... è vero che non sapete la strada per tornare a Camelot? Mi sta sorgendo un dubbio», gli chiese Merlin, adocchiando il profilo del principe illuminato dalla luce di un falò, che era stato acceso poco prima con dei rametti secchi.
«Verità?», proferì lui in risposta.
«Verità», ripeté il servitore.
«Beh... effettivamente, basterebbe camminare per tre ore verso sud-est e arriveremmo dritti dritti a Camelot. E non è stato un caso se ho voluto istigare quel cinghiale, ero certo che avrebbe fatto imbizzarrire il tuo cavallo – ne ho scelto apposta un pauroso – e sì, non è stato un caso se le nostre cavalcature sono scappate via», rispose Arthur con furbizia nella voce.
Merlin annuì, stupefatto. E poi, con soddisfazione, cantilenò: «È stata colpa vostra, sire, è stata colpa vostra!».












*

Sciocchezzuola slash scritta a causa della noia... ho visto 3 puntate circa di Merlin e, quindi, con le poche informazioni che possiedo ho provato a fare una shot di senso compiuto. È ambientata in un qualsiasi periodo del telefilm *-*, infatti è priva di riferimenti temporali.
Spero che vi piaccia,
   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Merlin / Vai alla pagina dell'autore: Kokky