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Autore: magica_cricchia    02/02/2010    5 recensioni
Una favola triste. Una storia auto conclusiva che aiuta a riflettere, a sognare, a sperare ed a capire che la vita va vissuta con coraggio. Combattendo sempre.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come la panna per le fragole.

Dedico questo racconto a mia madre. La mia insegnante di italiano preferita, che mette nel suo lavoro tanto amore ed impegno costantemente. Una donna bellissima e coraggiosa. Ti voglio bene!

Quando ero piccola mia madre mi raccontava sempre tante storie. Per la maggior parte parlavano di belle principesse salvate da affascinanti principi. Ogni volta che iniziava un racconto con una principessa come protagonista, sapevo che nella sua storia ci sarebbe stato anche il relativo principe.
Un giorno, era impegnata a preparare una torta, quando lo faceva stavo sempre in cucina con lei, pronta a ripulire con la lingua, mestoli e tegami vari dall'impasto crudo.
Mentre infornava la torta io parlavo e parlavo, sono sempre stata una bambina logorroica. Quel giorno ero particolarmente propensa alla discussione sull'ultima storia che mi aveva raccontato la sera prima. Mi chiedevo, infatti, se ci fossero abbastanza principi per tutte le principesse del mondo.
Mia madre si sedette al tavolo con me, togliendomi da davanti la terrina già leccata e mi disse:
“Certo, sono anime gemelle! Prima o poi si incontra l'anima gemella...”
“Che cos'è l'anima gemella?”, le chiesi infilandomi il mestolo completamente in bocca.
“L'anima gemella... è la persona che può restare sempre al tuo fianco, come me con papà! É la persona con cui passerai il resto della tua vita”.
“E se non riescono ad incontrasi... piangono?”, nella mia innocenza di bambina, cercavo già di immaginarmi grande come la mamma, vestita di bianco come una vera principessa mentre incontro la mia anima gemella che ha il volto di mio padre.
“Se è destino che stiano insieme si incontreranno di sicuro!”
“Sempre??”
“Beh... una volta, quando ero ragazzina ho letto un racconto, parlava di due anime gemelle che non sono riuscite ad incontrarsi, ma è una storia molto triste...”, disse lei, come per dissuadermi dall'ascoltarla.
“Me la racconti lo stesso mamma? Dai... voglio sapere cosa capita...”
“Va bene, allora:
C'era una volta una principessa che non ascoltava mai la sua mamma regina. Non voleva lavarsi i denti, fare i compiti e frignava sempre quando nel lavarsi i capelli, il sapone le entrava negli occhi...”
“Come me!” ridevo felice.
“Sì, birichina come te!”, mi sorrise con rimprovero, “Allora... Un giorno la regina madre le disse che non doveva assolutamente allontanarsi da sola nel bosco, perché le sarebbe potuto capitare qualcosa di brutto...”
Ascoltavo mia madre senza più curarmi del mestolo che tenevo in mano, avevo la bocca aperta ed ero concentrata sul suo racconto.
“Un giorno stava giocando nel prato davanti al castello, la palla con cui stava giocando le rotolò proprio nel bosco in cui non doveva entrare da sola... Senza preoccuparsi delle raccomandazioni della regina madre lei vi si avventurò per cercare di recuperarla. La palla era finita in un crepaccio, così la piccola principessa cercò di discendere il pericoloso dirupo per raggiungerla... ma il terreno era bagnato dalla sera prima e cedibile, così, la principessa precipitò nel buio. Nessuno riuscì a trovarla e morì...”, ripensandoci era una storia tosta per una bambina di 7 anni, ma mia madre non era una donna che cercava di censurarmi le cose spiacevoli della vita, anzi attraverso i suoi racconti cercava sempre di darmi lezioni di vita. In questo caso la metafora era: “Ascoltami sempre quando ti dico qualcosa, perché è per il tuo bene.”
“E quindi non ha mai conosciuto il suo principe! Perché non l'ha salvata?”
“Perché il principe era troppo piccolo anche lui per poterlo fare, ancora non conosceva la piccola principessa...”
“Quindi non ha mai saputo che era morta...”, piagnucolai.
“Nessuno gliel'ha detto! Ma quando lei è morta lui ha avvertito che era successo qualcosa di brutto...”, mi disse mia madre calma.
“Anche se non la conosceva?”, chiesi speranzosa.
“Sì...”
“E cosa ha fatto?”
“Si è ritrovato a piangere senza conoscerne il motivo! Tutto il reame cercava di consolarlo, mal ui piangeva e piangeva... Il re suo padre fece chiamare i migliori giullari da tutto il mondo, ma nessuno riusciva ad asciugare le sue lacrime.”, Mi madre raccontava con una tale tristezza questa parte della storia che cominciai a commuovermi.
“E poi non ha più trovato un'altra principessa?”, chiesi con gli occhioni lucidi.
“No... è sempre rimasto solo... perché quella era la sua anima gemella e nessun'altra poteva rimpiazzarla!”. Disse mia madre convinta.


Ora sto per compiere 30 anni e so che queste erano solo favole per una bambina che amava viaggiare con la fantasia.
Da quando avevo 20anni combatto una guerra reale, senza reami, principi e principesse. Solo io ed il mio nemico mortale. La malattia che mi sta uccidendo lentamente.
Dieci anni fa mi hanno diagnosticato la Sclerosi Multipla. Non mi rendevo conto di ciò che era, non volevo ascoltare quel medico tanto gentile, mentre mi spiegava il perché del mio affaticamento respiratorio e della mia andatura barcollante. Semplicemente mentre ero seduta su quella poltroncina, nell'ufficio bianco ed ovattato dell'ospedale, mentre mia madre accanto a me piangeva silenziosamente, avevo inserito il “beeeeeep”.
“Sono cose che non possono accadere a me”, in fondo al cuore tutti ce le ripetiamo, forse per esorcizzare la paura di cose più grandi di noi.
Arrivata a casa ero in uno stato di trance, non capivo. Non capivo la reazione di mia madre, non capivo le facce di parenti e amici quando lo venivano a sapere.
Mi decisi ad uscire dal mio guscio una mattina di dicembre, si stava avvicinando il Natale ma in casa c'era aria di funerale coperta solo da un velo di ipocrisia generale. Ricordo di aver acceso il vecchio computer di mio padre e di essermi collegata ad internet. Al tempo non esisteva la linea ADSL, quindi ci si stancava in fretta di aspettare davanti allo schermo che si caricassero le informazioni.
Quando finalmente la pagina dell'enciclopedia medica mi si aprì davanti, lessi queste parole, le ho imparate a memoria ormai, da quante volte le ho rilette:
La sclerosi multipla è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale che presenta sintomi come andatura barcollante e incerta, offuscamento della vista, debolezza, difficoltà di respirazione e di linguaggio, giramenti di testa, problemi alla vescica e all'intestino, alterazioni psichiche e paralisi. Non esiste una cura specifica per la sclerosi multipla, anche perché non se ne conosce la causa, tuttavia un sistema immunitario forte, una dieta adeguata e una vita senza stress, sono fondamentali per prevenire e trattare la sclerosi...”. All'inizio, il mio mondo ha cominciato piano piano ad implodere. Sentivo le orecchie fischiarmi, i miei occhi si soffermavano su diverse parole “...degenerativa...”, “...sistema nervoso...”, “paralisi”, “...non esiste una cura...”, “...non se ne conosce la causa...”. I miei occhi si riempirono di lacrime. Cominciai a piangere e a strillare a terra, maledicevo il mondo, maledicevo tutti, anche mia madre che non ne aveva colpa. Allarmati dalle mia urla i miei parenti accorsero, per verificare cosa mi stesse succedendo.
Ricordo solo mia madre che mentre se ne stava in ginocchio sul pavimento, con la mia testa in grembo mi accarezzava, bagnando i miei capelli con le sue calde lacrime.
“Spegni quel dannato affare...” disse a mio padre. Poi nulla. Il buio di una rivelazione che per quanto chiara ti acceca per sempre.

Negli anni ho imparato ad accettare la mia situazione, soprattutto per le persone a me care. Non volevo essere vista come la povera vittima indifesa, così ho sempre cercato di farmi forza per salvare le apparenze.
Solo nella solitudine della mia stanza d'ospedale mi concedevo qualche lacrima.
Eppure con il passare degli anni, vedendo il mio corpo imbruttirsi sopraffatto dalla malattia desideravo solo la morte. Veloce. Il più veloce possibile. Una morte veloce era una fine decisamente più umana, che rimanere paralizzata ad un letto con delle dolorose piaghe da decubito.
Muovendo gli occhi potevo vedere il mio riflesso sulla bottiglia dell'acqua minerale posata su mio comodino. Sono il ritratto della morte, mi schernivo.
Poi un giorno un'infermiera che era venuta a lavarmi, accese il piccolo stereo che tenevo nella camera d'ospedale. Era una ragazza giovane, fresca di studi, quelli che io non avevo mai completato. La invidiavo ma non ero mai scontrosa con lei. Ormai faticavo anche a parlare.
Inserì un CD nuovo di zecca e mi disse che era il suo gruppo preferito e che c'era una canzone che dovevo assolutamente ascoltare.

Un avvertimento alle persone
il bene e il male
questa è la guerra
per il soldato, per il civile
il martire, la vittima
questa è la guerra

è il momento della verità
e il momento di mentire
il momento di vivere
e il momento di morire
il momento di combattere
il momento di combattere
combattere, combattere, combattere...

a destra, a sinistra
combatteremo fino alla morte
fino al limite della Terra
è un nuovo mondo coraggioso
dall'ultimo al primo


un avvertimento al profeta
al bugiardo, all'onesto
questa è la guerra
per il capo, il pari,
la vittima, il messia
questa è la guerra

è il momento della verità
e il momento di mentire
il momento di vivere
e il momento di morire
il momento di combattere
il momento di combattere
combattere, combattere, combattere...


a destra, a sinistra
combatteremo fino alla morte
fino al limite della Terra
è un nuovo mondo coraggioso
è un nuovo mondo coraggioso
è un nuovo mondo coraggioso

un nuovo mondo coraggioso
la guerra è stata vinta
la guerra è stata vinta
un nuovo mondo coraggioso

io non credo a niente
nè all'inizio nè alla fine
io non credo a niente
nè alla Terra nè alle stelle
io non credo a niente
nè al giorno nè al buio
io non credo a niente
a parte il battito dei nostri cuori
io non credo a niente
mancano 100 giorni alla nostra separazione
io non credo a niente
nè a Satana nè a Dio
io non credo a niente
nè alla pace nè alla guerra
io non credo a niente
a parte la verità di chi siamo

La canzone era “This is War”, di un gruppo chiamato 30 Seconds to Mars. Era una bella canzone. Mi dava la carica. “OK!” mi dissi “Continuiamo a combattere questa guerra fino alla fine! Almeno potrò dire che non mi sono arresa fino all'ultimo.”
Riflettevo sulla vita che avrei potuto vivere, fuori da queste mura bianche che odorano di disinfettante fino a darmi la nausea, ma questa volta con il sorriso nell'anima. Riflettevo sui racconti che tanto amavo da bambina, uno in particolare, la storia delle “anime gemelle”.
Io non avevo fatto nulla per ritrovarmi in quella situazione, eppure, forse non avrei mai incontrato la mia anima gemella. Mi cadde una lacrima e pensai che se fosse veramente come nella storia, anche la mia anima gemella avrebbe sofferto. Solo che ero più positiva. Non mi importava più di me, io non ero entrata nel bosco, avevo ascoltato la mia regina madre, eppure il destino ha deciso per me. Che ironia. Forse la verità è che è giusto che sia così. Magari in questa vita non esiste la mia anima gemella o non posso incontrarla, così, tanto vale che termini qui. Se terminerò con coraggio la mia storia forse nella prossima vita potremo incontrarci. Eppure avrei tanto voluto trovarla. Quella persona speciale che sarebbe stata sempre con me, che sarebbe stata bene al mio fianco. Quella persona fatta per stare con me, come il bianco per il nero, i biscotti per il latte, la panna per le fragole. “Solo per me”.

Il giorno prima della catarsi del mio mondo, mia madre venne a trovarmi, come faceva ogni giorno da troppi anni.
Mi disse che mi trovava molto bene, il mio colorito era decisamente più sano, i miei capelli ed i miei occhi avevano ripreso luce. Anche la solita giovane infermiera era d'accordo. Io le credevo, potevo vedere questa verità riflessa nei suoi occhi. Mi sentivo felice, sapevo che me ne stavo andando, ma lo facevo con onore. Io ce l'avevo messa tutta.
Quando la notte arrivò l'arresto polmonare e cardiaco ripensai di nuovo a quella canzone con ritrovata speranza. Da questa fine, parte un nuovo inizio e non vedo l'ora di cominciarlo insieme a te. A te che non ho mai conosciuto.
Il mio corpo ora è solo carne e ossa, sento di nuovo di potermi muovere, più di prima, meglio di prima che tutto cominciasse. Forse ho vissuto proprio per questo momento. Ora tutto tace... ed io sono in pace con la mia anima.


“Jared! Jared!!! Ehi fratellino che ti prende!”, il cantante guarda fuori dalla finestra della sua camera d'albergo, è immobile. Solo il suo viso tradisce la sua immobilità ultraterrena. Copiose lacrime scivolano giù dal suo viso, bagnando le labbra e impregnando il collo della camicia. Il loro sapore salino si disperde in tutta la bocca.
“Non lo so che succede... forse è solo questo maledetto sole... o forse mi sento solo tremendamente triste.”


I commenti sono graditi, ma soprattutto mi piacerebbe aprire un dibattito con voi su queste favole tristi...

  
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