Come la panna per le fragole.
Dedico questo racconto a mia madre. La mia insegnante di italiano preferita, che mette nel suo lavoro tanto amore ed impegno costantemente. Una donna bellissima e coraggiosa. Ti voglio bene!
Quando ero piccola mia
madre mi
raccontava sempre tante storie. Per la maggior parte parlavano di
belle principesse salvate da affascinanti principi. Ogni volta che
iniziava un racconto con una principessa come protagonista, sapevo
che nella sua storia ci sarebbe stato anche il relativo principe.
Un giorno, era impegnata a preparare
una torta, quando lo faceva stavo sempre in cucina con lei, pronta a
ripulire con la lingua, mestoli e tegami vari dall'impasto crudo.
Mentre infornava la torta io parlavo e
parlavo, sono sempre stata una bambina logorroica. Quel giorno ero
particolarmente propensa alla discussione sull'ultima storia che mi
aveva raccontato la sera prima. Mi chiedevo, infatti, se ci fossero
abbastanza principi per tutte le principesse del mondo.
Mia madre si sedette al tavolo con me,
togliendomi da davanti la terrina già leccata e mi disse:
“Certo, sono anime gemelle! Prima o
poi si incontra l'anima gemella...”
“Che cos'è l'anima gemella?”,
le chiesi infilandomi il mestolo completamente in bocca.
“L'anima gemella... è la
persona che può restare sempre al tuo fianco, come me con
papà! É la persona con cui passerai il resto
della tua
vita”.
“E se non riescono ad incontrasi...
piangono?”, nella mia innocenza di bambina, cercavo
già di
immaginarmi grande come la mamma, vestita di bianco come una vera
principessa mentre incontro la mia anima gemella che ha il volto di
mio padre.
“Se è destino che stiano
insieme si incontreranno di sicuro!”
“Sempre??”
“Beh... una volta, quando ero
ragazzina ho letto un racconto, parlava di due anime gemelle che non
sono riuscite ad incontrarsi, ma è una storia molto
triste...”, disse lei, come per dissuadermi dall'ascoltarla.
“Me la racconti lo stesso mamma?
Dai... voglio sapere cosa capita...”
“Va bene, allora:
C'era una volta una principessa che non
ascoltava mai la sua mamma regina. Non voleva lavarsi i denti, fare i
compiti e frignava sempre quando nel lavarsi i capelli, il sapone le
entrava negli occhi...”
“Come me!” ridevo felice.
“Sì, birichina come te!”, mi
sorrise con rimprovero, “Allora... Un giorno la regina madre
le
disse che non doveva assolutamente allontanarsi da sola nel bosco,
perché le sarebbe potuto capitare qualcosa di
brutto...”
Ascoltavo mia madre senza più
curarmi del mestolo che tenevo in mano, avevo la bocca aperta ed ero
concentrata sul suo racconto.
“Un giorno stava giocando nel prato
davanti al castello, la palla con cui stava giocando le
rotolò
proprio nel bosco in cui non doveva entrare da sola... Senza
preoccuparsi delle raccomandazioni della regina madre lei vi si
avventurò per cercare di recuperarla. La palla era finita in
un crepaccio, così la piccola principessa cercò
di
discendere il pericoloso dirupo per raggiungerla... ma il terreno era
bagnato dalla sera prima e cedibile, così, la principessa
precipitò nel buio. Nessuno riuscì a trovarla e
morì...”, ripensandoci era una storia tosta per
una bambina
di 7 anni, ma mia madre non era una donna che cercava di censurarmi
le cose spiacevoli della vita, anzi attraverso i suoi racconti
cercava sempre di darmi lezioni di vita. In questo caso la metafora
era: “Ascoltami sempre quando ti dico qualcosa,
perché è
per il tuo bene.”
“E quindi non ha mai conosciuto il
suo principe! Perché non l'ha salvata?”
“Perché il principe era troppo
piccolo anche lui per poterlo fare, ancora non conosceva la piccola
principessa...”
“Quindi non ha mai saputo che era
morta...”, piagnucolai.
“Nessuno gliel'ha detto! Ma quando
lei è morta lui ha avvertito che era successo qualcosa di
brutto...”, mi disse mia madre calma.
“Anche se non la conosceva?”,
chiesi speranzosa.
“Sì...”
“E cosa ha fatto?”
“Si è ritrovato a piangere
senza conoscerne il motivo! Tutto il reame cercava di consolarlo, mal
ui piangeva e piangeva... Il re suo padre fece chiamare i migliori
giullari da tutto il mondo, ma nessuno riusciva ad asciugare le sue
lacrime.”, Mi madre raccontava con una tale tristezza questa
parte
della storia che cominciai a commuovermi.
“E poi non ha più trovato
un'altra principessa?”, chiesi con gli occhioni lucidi.
“No... è sempre rimasto
solo... perché quella era la sua anima gemella e
nessun'altra
poteva rimpiazzarla!”. Disse mia madre convinta.
Ora sto per compiere 30 anni e so che
queste erano solo favole per una bambina che amava viaggiare con la
fantasia.
Da quando avevo 20anni combatto una
guerra reale, senza reami, principi e principesse. Solo io ed il mio
nemico mortale. La malattia che mi sta uccidendo lentamente.
Dieci anni fa mi hanno diagnosticato la
Sclerosi Multipla. Non mi rendevo conto di ciò che era, non
volevo ascoltare quel medico tanto gentile, mentre mi spiegava il
perché del mio affaticamento respiratorio e della mia
andatura
barcollante. Semplicemente mentre ero seduta su quella poltroncina,
nell'ufficio bianco ed ovattato dell'ospedale, mentre mia madre
accanto a me piangeva silenziosamente, avevo inserito il
“beeeeeep”.
“Sono cose che non possono accadere a
me”, in fondo al cuore tutti ce le ripetiamo, forse per
esorcizzare
la paura di cose più grandi di noi.
Arrivata a casa ero in uno stato di
trance, non capivo. Non capivo la reazione di mia madre, non capivo
le facce di parenti e amici quando lo venivano a sapere.
Mi decisi ad uscire dal mio guscio una
mattina di dicembre, si stava avvicinando il Natale ma in casa c'era
aria di funerale coperta solo da un velo di ipocrisia generale.
Ricordo di aver acceso il vecchio computer di mio padre e di essermi
collegata ad internet. Al tempo non esisteva la linea ADSL, quindi ci
si stancava in fretta di aspettare davanti allo schermo che si
caricassero le informazioni.
Quando finalmente la pagina
dell'enciclopedia medica mi si aprì davanti, lessi queste
parole, le ho imparate a memoria ormai, da quante volte le ho
rilette:
“La sclerosi
multipla è una
malattia degenerativa del sistema nervoso centrale che presenta
sintomi come andatura barcollante e incerta, offuscamento della
vista, debolezza, difficoltà di respirazione e di
linguaggio,
giramenti di testa, problemi alla vescica e all'intestino,
alterazioni psichiche e paralisi. Non esiste una cura specifica per
la sclerosi multipla, anche perché non se ne conosce la
causa,
tuttavia un sistema immunitario forte, una dieta adeguata e una vita
senza stress, sono fondamentali per prevenire e trattare la
sclerosi...”. All'inizio, il mio mondo ha
cominciato piano piano
ad implodere. Sentivo le orecchie fischiarmi, i miei occhi si
soffermavano su diverse parole
“...degenerativa...”, “...sistema
nervoso...”, “paralisi”,
“...non esiste una cura...”,
“...non se ne conosce la causa...”. I miei occhi si
riempirono di
lacrime. Cominciai a piangere e a strillare a terra, maledicevo il
mondo, maledicevo tutti, anche mia madre che non ne aveva colpa.
Allarmati dalle mia urla i miei parenti accorsero, per verificare
cosa mi stesse succedendo.
Ricordo solo mia madre che mentre se ne
stava in ginocchio sul pavimento, con la mia testa in grembo mi
accarezzava, bagnando i miei capelli con le sue calde lacrime.
“Spegni quel dannato affare...”
disse a mio padre. Poi nulla. Il buio di una rivelazione che per
quanto chiara ti acceca per sempre.
Negli anni ho imparato ad
accettare la
mia situazione, soprattutto per le persone a me care. Non volevo
essere vista come la povera vittima indifesa, così ho sempre
cercato di farmi forza per salvare le apparenze.
Solo nella solitudine della mia stanza
d'ospedale mi concedevo qualche lacrima.
Eppure con il passare degli anni,
vedendo il mio corpo imbruttirsi sopraffatto dalla malattia
desideravo solo la morte. Veloce. Il più veloce possibile.
Una
morte veloce era una fine decisamente più umana, che
rimanere
paralizzata ad un letto con delle dolorose piaghe da decubito.
Muovendo gli occhi potevo vedere il mio
riflesso sulla bottiglia dell'acqua minerale posata su mio comodino.
Sono il ritratto della morte, mi schernivo.
Poi un giorno un'infermiera che era
venuta a lavarmi, accese il piccolo stereo che tenevo nella camera
d'ospedale. Era una ragazza giovane, fresca di studi, quelli che io
non avevo mai completato. La invidiavo ma non ero mai scontrosa con
lei. Ormai faticavo anche a parlare.
Inserì un CD nuovo di zecca e mi
disse che era il suo gruppo preferito e che c'era una canzone che
dovevo assolutamente ascoltare.
Un avvertimento alle
persone
il
bene e il male
questa è la guerra
per il soldato, per
il civile
il martire, la vittima
questa è la guerra
è il momento della verità
e il momento di
mentire
il momento di vivere
e il momento di morire
il
momento di combattere
il momento di combattere
combattere,
combattere, combattere...
a destra, a sinistra
combatteremo
fino alla morte
fino al limite della Terra
è un nuovo
mondo coraggioso
dall'ultimo al primo
un avvertimento al profeta
al
bugiardo, all'onesto
questa è la guerra
per il capo,
il pari,
la vittima, il messia
questa è la guerra
è
il momento della verità
e il momento di mentire
il
momento di vivere
e il momento di morire
il momento di
combattere
il momento di combattere
combattere, combattere,
combattere...
a destra, a sinistra
combatteremo
fino alla morte
fino al limite della Terra
è un nuovo
mondo coraggioso
è un nuovo mondo coraggioso
è
un nuovo mondo coraggioso
un nuovo mondo coraggioso
la
guerra è stata vinta
la guerra è stata vinta
un
nuovo mondo coraggioso
io non credo a niente
nè
all'inizio nè alla fine
io non credo a niente
nè
alla Terra nè alle stelle
io non credo a niente
nè
al giorno nè al buio
io non credo a niente
a parte il
battito dei nostri cuori
io non credo a niente
mancano 100
giorni alla nostra separazione
io non credo a niente
nè
a Satana nè a Dio
io non credo a niente
nè alla
pace nè alla guerra
io non credo a niente
a parte la
verità di chi siamo
La canzone era “This is War”, di un
gruppo chiamato 30 Seconds to Mars. Era una bella canzone. Mi dava la
carica. “OK!” mi dissi “Continuiamo a
combattere questa guerra
fino alla fine! Almeno potrò dire che non mi sono arresa
fino
all'ultimo.”
Riflettevo sulla vita che avrei potuto
vivere, fuori da queste mura bianche che odorano di disinfettante
fino a darmi la nausea, ma questa volta con il sorriso nell'anima.
Riflettevo sui racconti che tanto amavo da bambina, uno in
particolare, la storia delle “anime gemelle”.
Io non avevo fatto nulla per ritrovarmi
in quella situazione, eppure, forse non avrei mai incontrato la mia
anima gemella. Mi cadde una lacrima e pensai che se fosse veramente
come nella storia, anche la mia anima gemella avrebbe sofferto. Solo
che ero più positiva. Non mi importava più di me,
io
non ero entrata nel bosco, avevo ascoltato la mia regina madre,
eppure il destino ha deciso per me. Che ironia. Forse la
verità
è che è giusto che sia così. Magari in
questa
vita non esiste la mia anima gemella o non posso incontrarla,
così,
tanto vale che termini qui. Se terminerò con coraggio la mia
storia forse nella prossima vita potremo incontrarci. Eppure avrei
tanto voluto trovarla. Quella persona speciale che sarebbe stata
sempre con me, che sarebbe stata bene al mio fianco. Quella persona
fatta per stare con me, come il bianco per il nero, i biscotti per il
latte, la panna per le fragole. “Solo per me”.
Il giorno prima della
catarsi del mio
mondo, mia madre venne a trovarmi, come faceva ogni giorno da troppi
anni.
Mi disse che mi trovava molto bene, il
mio colorito era decisamente più sano, i miei capelli ed i
miei occhi avevano ripreso luce. Anche la solita giovane infermiera
era d'accordo. Io le credevo, potevo vedere questa verità
riflessa nei suoi occhi. Mi sentivo felice, sapevo che me ne stavo
andando, ma lo facevo con onore. Io ce l'avevo messa tutta.
Quando la notte arrivò l'arresto
polmonare e cardiaco ripensai di nuovo a quella canzone con ritrovata
speranza. Da questa fine, parte un nuovo inizio e non vedo l'ora di
cominciarlo insieme a te. A te che non ho mai conosciuto.
Il mio corpo ora è solo carne e
ossa, sento di nuovo di potermi muovere, più di prima,
meglio
di prima che tutto cominciasse. Forse ho vissuto proprio per questo
momento. Ora tutto tace... ed io sono in pace con la mia anima.
“Jared! Jared!!! Ehi fratellino che
ti prende!”, il cantante guarda fuori dalla finestra della
sua
camera d'albergo, è immobile. Solo il suo viso tradisce la
sua
immobilità ultraterrena. Copiose lacrime scivolano
giù
dal suo viso, bagnando le labbra e impregnando il collo della
camicia. Il loro sapore salino si disperde in tutta la bocca.
“Non lo so che succede... forse è
solo questo maledetto sole... o forse mi sento solo tremendamente
triste.”
I commenti sono graditi, ma soprattutto mi piacerebbe aprire un dibattito con voi su queste favole tristi...