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Autore: Mitike cugine    12/07/2005    14 recensioni
Introduzione rimossa perchè non presenta nessun riferimento alla trama della fanfiction.
Inserirne al più presto una valida.
Rosicrucian e Nami, assistenti amministratrici.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Doremì non ha avuto rimpianti quando ha scelto di abbandonare la Magia, forse perché sapeva che la vita non ha bisogno di supp

Doremì non ha avuto rimpianti quando ha scelto di abbandonare la Magia, forse perché sapeva che la vita non ha bisogno di supporti per essere magica. Leggete la mia ff è un po’ triste ma ho immaginato un finale un po’ meno magico e un po’ più reale per questa magica bambina che ha avuto la possibilità di scegliere e ha scelto la vita.

 

Una difficile scelta

  

Era l’ultimo anno di scuola, ci sarebbe stato l’esame, poi ognuno avrebbe preso strade diverse.

E fra i ragazzi della 3° b c’era una nuova intesa: tutti sapevano che l’anno che stava per finire sarebbe stato l’ultimo, era come se fosse gia accaduto, tutti erano intenti a programmare il dopo, era come se la 3° b non esistesse già più.

Tutti sapevano esattamente ciò che li aspettava è ormai ciò che stavano vivendo si mutava velocemente in un ricordo.

Sinfoni avrebbe aperto un negozio di polpette, le avrebbe vendute pur di vedere le persone sorridere, mentre mangiavano quella sua delizia; Melodi avrebbe suonato il violino la sua musica avrebbe riempito i teatri del mondo regalando emozioni; Lullabi avrebbe fatto l’attrice, il suo viso sarebbe finito su tutti i teleschermi e i cartelloni tutti avrebbero conosciuto il suo talento e infine Mindi avrebbe aperto una pasticceria per regalare dolcezza a chi più ne ha bisogno. Tutti gia lo sapevano ciò che avrebbero fatto, a nessuno sembrava importare che, per quello, avrebbero perso la 3°b.

Per loro quel portone, lo scalone e il cortile erano ormai un ricordo sempre più sbiadito e lontano, come un lungo film in bianconero; ma io non ero pronta, non avevo ancora niente per cui valeva la pena lasciarmi alle spalle quella scuola e la magia. Per quanto mi sforzassi non riuscivo ad immaginarmi lontana da quella scuola, mai più con la mia divisa di apprendista, avrei fatto volentieri un incantesimo per poter ancora rifletterci su, ma sapevo benissimo che questo non sarebbe stato possibile. Ci avevano dato l’ultimatum ed ora dovevamo decidere tra diventare streghe o vivere per sempre senza magia. Perciò cercavo di affezionarmi ad un’idea, di vedermi col camice bianco o seduto alla scrivania del mio ufficio, ma più ci riflettevo più mi sembrava scontato, banale, inadatto… Avevo sempre sognato di diventare una strega ma ora…

 

Successe tutto un mercoledì di quelli, un’ uomo anziano con barba e capelli bianchi e un’aria un po’ trasandata entrò in classe, manovrò per una decina di minuti la sua attrezzatura: posizionò il cavalletto, cambiò il rullino e poi regolò lo zoom e la messa a fuoco; le bianche ciocche di capelli crescevano incolte sulla sua testa lasciando uno spazio proprio sulla nuca e i suoi occhi azzurro acquoso scrutavano attraverso l’obbiettivo la classe; tutti si avvicinarono e si misero in posa e in quel momento cosa avrei dato per vederci da quello obbiettivo così: ancora uniti, poi la voce del fotografo ci giunse un po’ schermata dalla macchina quando cominciò a contare :uno…due…

Aspettavo il tre con le braccia conserte e in quell’attimo quando tutto sembrava sospeso in attesa mi accorsi che c’era qualcosa che non andava, l’equilibrio era incrinato, c’era una nota stonata. Guardai con  la coda dell’occhio, Tezuya era voltato verso quel grosso orologio giallo a muro che assomigliava a una patata bollita, era lui l’origine del disordine e in quel attimo interminabile prima del tre mi venne una gran voglia di urlare e fermare tutto, dire a quell’uomo e alla signorina Sekki che il mio amico Tezuya non era pronto, che non si poteva fare quella foto perché se no Tezuya sarebbe rimasto voltato per sempre ed io non avrei più avuto la possibilità di vedere il suo viso…

E sempre in quell’attimo, proprio un istante prima che il dito del fotografo si abbassasse inesorabilmente, io sentii, più che capire, una nuova emozione, il fascino di tutta quella faccenda: stava per avvenire qualcosa che non si sarebbe mai ripetuto, nessuno avrebbe mai avuto la possibilità di immortalare di nuovo quell’attimo, unico, mai in tutti i secoli quella foto sarebbe stata possibile. Tezuya non si sarebbe mai più voltato in quel modo con quei pensieri in testa, mentre io l’osservavo con la coda dell’occhio, sarebbe rimasto tutto sulla pellicola, a testimoniare una realtà durata pochissimo ma non per questo meno vera o importante.

Così capii, in quell’attimo presi la mia decisione, mi sentii davvero felice, ora anch’io potevo lasciare quel portone, lo scalone e il cortile per riempire gli anni che mi stavano davanti con la possibilità creare ricordi, il potere di fermare il tempo.

 

E tanti anni dopo in quello sporco acquitrino in Vietnam, quando ripensai che avrei potuto diventare una strega, non ebbi rimorsi, ripensai che quella esperienza mi aveva regalato tante nuove amicizie ma tutto ciò che mi aveva dato la mia vita da fotografa era stato ugualmente magnifico e quando misi il piede sulla mina, risentii la voce di quel mio anziano collega che diceva: uno…due…

E di nuovo in quell’attimo prima del tre, prima che il mio corpo saltasse in aria, io fui un’altra volta felice.         

 

  
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