Titolo:
I
Vulcaniani Non Hanno Paura del Buio
Fandom: Star Trek pre
TOS
Musica: //
Note: E’ la prima volta che
scrivo sul fandom di Star Trek, serie che conosco da poco tempo (solo qualche
settimana) ma di cui già mi sono innamorata e di cui mi faccio almeno tre
puntate al giorno.
Visto che scrivere di uno Spock già
maturo mi sembra ancora difficile per una novellina come me, ho voluto provare
con uno Spock di soli quattro anni alle prese con un problema che penso abbia
avuto qualunque bambino: la paura del buio.
Ma come potrebbe risolverlo un mezzo
Vulcaniano che cerca in ogni modo di cancellare la propria parte umana?
Dedica:
a Silentsky e a Pimplemi_chan che mi hanno portato sulla cattiva strada!
I
Vulcaniani Non Hanno Paura del Buio
Aprì gli occhi di scatto, perfettamente
immobile sotto le coperte scure.
Cercò di trovare la fonte di quei
rumori, di quei sussurri nascosti, ma i suoi occhi non coglievano altro che
buio, compatto, freddo; il suo sguardo affogava nelle tenebre.
Si accoccolò appena su se stesso,
cercando di addormentarsi di nuovo.
Trattenne il respiro e riaprì gli
occhi di scatto.
Ancora quei rumori soffocati, quegli
scricchiolii, quei cigolii, quel frusciare ruvido tra le ombre della notte..
Tutto era perso, oscurato, scomparso
in quella fitta coltre nera, pesante, che gravava su di lui, lo stringeva, lo
soffocava.
Lo scostarsi di un lembo ruvido, una
macchia di luce dalla finestra avvolta dalle tenebre, uno spigolo che
d’improvviso appare, come il volto di un mostro dalle lunghe zanne.
E un gorgoglio, un ringhio basso e
continuo, che sembrava penetrare nell’antro scuro di una caverna per poi
riuscire con un fischio prolungato, stridente, che fendeva il cupo silenzio
delletenebre.
Si alzò a sedere, le dita strette al
bordo delle coperte.
Aveva una strana sensazione, un freddo
improvviso che gli saliva a tentoni lungo la schiena, mutandosi in fitte
ghiacciate al cuore.
Sbatté le palpebre e sentì una strana
stretta allo stomaco, accorgendosi che tenere gli occhi aperti o chiusi non faceva
alcuna differenza, che l’oscurità era sempre lì, pronta a tenerlo stretto, ad
avvinghiarlo con catene cupe e stridenti, come serpenti che strisciano e
sibilano.
Si schiarì appena la gola, e il suono
gutturale infranse per un solo istante il falso silenzio che si era accumulato
tutt’intorno.
Chiuse gli occhi ancora una volta,
cercando di pensare, di analizzare logicamente la situazione.
Era notte.
Vulcano non aveva una Luna come la
Terra e il chiarore delle stelle era troppo debole perché potesse illuminare la
stanza.
Le tende erano tirate e di tonalità
scura.
Era logico che ci fosse buio.
L’ombra altro non è che assenza di
luce, e di notte questa mancanza è naturale, è logica.
La stretta allo stomaco si attenuò un
attimo, ma un brivido improvviso gli percorse la schiena come una scarica
elettrica.
Lo aveva sentito di nuovo, quel
cigolio, quel soffocato sbattere contro il vetro, quel frusciare e quel ringhio
basso.
Sentì le dita stringere convulsamente
il bordo delle lenzuola, mentre dentro di lui si faceva strada l’irrefrenabile impulso
di nascondersi sotto le coperte.
No, non doveva lasciarsi condizionare
dalla paura.
Non doveva permettere che le emozioni prendessero
il sopravvento.
Doveva analizzare la situazione in
modo freddo, razionale, logico.
Il fruscio che sembrava giungere quasi
ruvido alle orecchie, altro non era che la tenda che scivola sul vetro della
finestra.
E il vento provocava quel fastidioso
picchiettare continuo.
Una cosa normale, logica.
Come il ringhio.
Sì, il ringhio non era che il suo
cucciolo di Sehlat che dormiva, perché
avrebbe dovuto averne paura?
Prese un
sospiro di sollievo e la tensione si sciolse, propagandosi calda nel petto.
Gli venne
quasi da ridere, ma sarebbe stato un comportamento illogico e assolutamente non
vulcaniano.
Stava per
coricarsi nuovamente quando sentì un altro cigolio provenire dalla porta.
Sgranò gli
occhi e il freddo tornò a farsi strada dentro di lui, mentre, lentamente, la
porta girava cigolando sui propri cardini e una lama di luce dapprima sottile e
innocua diventava sempre più grande, scivolando sui contorni della stanza e
soffermandosi con un bagliore improvviso su qualche spigoli seminascosto
dall’ombra.
Sentì il
respiro aumentare, divenendo irregolare, mentre un passo cadenzato, insieme ad
un fruscio ovattato, accompagnava lo stridere della porta.
Il cuore
aumentò i battiti, lo sentiva quasi premere con forza contro il fianco, quasi
volesse fuggire.
Un piccolo
gemito di paura gli sfuggì dalle labbra appena aperte, mentre i mostri nascosti
nelle ombre della stanza sembravano riaprire gli occhi, ringhiando e
uggiolando, sbattendo le code orrende contro la finestra e schioccando la
lingua contro le zanne snudate.
I fruscii
aumentarono, come se spiriti maligni stessero aprendo le ali diafane, con il
viso trasfigurato da un ghigno di cattiveria.
Serrò le
palpebre, incapace di contrastare quell’onda di emozioni che gli squassavano il
corpo e gli insegnamenti logici, tutti i suoi ragionamenti, i suoi calcoli,
crollarono su se stessi, abbattuti dall’emotività umana.
Strinse il
bordo delle lenzuola, convinto che presto i mostri gli sarebbero saltati
addosso, pronti a mangiarlo e già vedeva la bava schiumosa colare dalle zanne,
il fiato caldo e puzzolente sul collo e il sangue rappreso tra gli artigli.
-Piccolo
mio, cosa ci fai ancora sveglio?-
Lady Amanda
si avvicinò lentamente al letto del figlio, la testa inclinata verso destra e
le mani strette tra loro, all’altezza del ventre.
La camicia
da notte scivolava lentamente sul pavimento della piccola camera, producendo un
fruscio ovattato, insieme con le pantofole candide.
Si fermò
accanto al bambino e corrugò la fronte nel vedere i suoi occhi serrati e le
manine strette attorno alle lenzuola, il petto che si alzava e si abbassava
velocemente, inquieto.
-Tesoro,
stai bene?- chiese preoccupata –Hai forse fatto un brutto sogno?-
-I Vulcaniani
non sognano, madre- rispose il piccolo, la voce che stentava a rimanere neutra
e priva di espressione, attraversata da una percettibile scia di paura –Né cose
belle, né cose brutte-
Lady Amanda
non rispose e fece per accarezzare i capelli del figlio, ma quello, non appena
sentì le dita sfiorargli la testa, si ritrasse un poco, irrigidito, aprendo
finalmente gli occhi.
La donna
sorrise e si sedette sul letto, accanto al bambino, le mani racchiuse in
grembo.
-Cosa c’è
che non va?- domandò dolcemente –Hai avuto paura del buio?-
-I Vulcaniani
non hanno paura- ribatté il bimbo, senza smettere di stringere le lenzuola –I
Vulcaniani non si lasciano trasportare dalle emozioni, è un comportamento
illogico-
Con un
sospiro, Lady Amanda aprì le braccia e accolse il figlio contro il proprio
petto, facendogli poggiare la testa contro il cuore.
Ma subito il
bambino si irrigidì e la donna avvertì una fredda stilettata trapassarle il
cuore.
Sebbene avesse
sposato un Vulcaniano e stesse crescendo il piccolo secondo la cultura
vulcaniana e fosse quindi consapevole del loro rifiuto, quasi una fobia del
contatto fisico, sentire il proprio figlio cercare di allontanarsi dal suo abbraccio
le faceva sempre piangere il cuore.
-Non devi vergognarti
di avere paura- lo rassicurò allora, allentando la presa e sentendo il piccolo
rilassarsi –Sei un bambino e..-
-Sono un
Vulcaniano- borbottò il bimbo –Non ho paura-
-Vuoi che ti
racconti una storia per farti addor..compagnia?-
-Le tue
storie sono illogiche, madre- disse il bambino, alzando verso di lei gli occhi
scuri –Ci sono molti punti che non hanno alcuna razionalità-
-Quali, ad
esempio?- chiese lei, mentre un sorriso le si dipingeva sulle labbra.
-Madre
sarebbe illogico da parte tua pensare che possa ricordarmi tutte le tue storie-
rispose il bambino e Lady Amanda si trattenne dal ridere nel vedere suo figlio
tormentare inconsciamente un pezzo di lenzuolo, nervoso –Avrei bisogno che tu
me ne raccontassi una, in questo modo potrei farti notare la loro assenza di
logica-
La donna si
sedette più comodamente sul letto, poggiando la schiena contro il muro.
-Hai già
qualche idea?-
-Penso che
una delle più illogiche sia quella che mi leggete spesso, madre- annuì il
piccolo –Attraverso lo Specchio-
-Molto bene
allora- accondiscese lei, tornando ad abbracciare il figlio che, questa volta,
non si ritrasse, troppo curioso di risentire ancora una volta la storia per
accorgersi di essersi lasciato andare a un tipico comportamento da bambino
umano.
-Allora,
c’era una volta..-
Lady Amanda
lasciò appena aperta la porta della camera del figlio, osservando con un
sorriso il profilo del bambino comodamente accoccolato tra le coperte, i pugni
chiusi e i capelli scuri che facevano capolino da sotto le lenzuola azzurre.
Si voltò,
per tornare indietro verso la propria camera, quando vide il marito osservarla
con il sopracciglio destro inarcato.
-Marito mio-
lo salutò con dolcezza, socchiudendo un poco le palpebre -Cosa ci fai ancora sveglio a quest’ora?-
-Sarebbe
assai logico se anche tu rispondessi alla stessa domanda- sentenziò Sarek,
senza mutare l’espressione neutra del viso.
-Ero andata
a controllare che il bambino stesse dormendo e che non si fosse svegliato
all’improvviso- si avvicinò al marito, sorridendo con fare innocente -Temevo
potesse avere paura del buio-
-E’ un Vulcaniano,
moglie mia- disse l’ambasciatore, porgendole l’indice e il medio tesi e uniti
tra loro -I Vulcaniani non hanno paura del buio-
-Ma i
bambini di quattro anni sì- rispose candida lei, poggiando affettuosamente le
dita sopra quelle di Sarek.