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Autore: Elisabeth Black    04/02/2010    2 recensioni
Elisabeth è nata in Germania,ha vissuto lì per quattordici anni ed era la migliore amica di Bill e Tom ma ungiorno le cose cambiano. Elisabeth si trasferisce a Milano con la madre e perde i contatti con i gemelli,da spettatrice riesce a vedere il successo dei ragazzi e insieme ad un'amica speciale riesce a riprendersi dal trasferimento. Sono passati sei anni dall'ultima volta che ha visto i suoi migliori amici,continua a seguire i loro progressi musicali finchè la sua vita viene scombussolata di nuovo.Elisabeth e la sua amica Rachel insieme al piccolo Lucas vivranno un'esperienza unica, bellissima e drammatica. dal quinto capitolo:"Mi rigiravo nel letto,incapace di addormentarmi. Bill,con la bocca spalancata, dormiva beato,tirandomi di tanto in tanto una ginocchiata nella schiena, Tom,stranamente,era immobile. Respirava lentamente,ma in modo regolare. Mi alzai piano,cercando di non svegliare nessuno,soprattutto Lucas,che dormiva nel lettino in fondo ai piedi del mio letto. Arrivai in cucina e,dopo essermi versata dell’acqua,mi sedetti sul ripiano in marmo. Agitando leggermente le gambe,sorseggiai piano l’acqua,chiudendo gli occhi. Pochi istanti dopo sospirai e feci per scendere dal ripiano,ma mi bloccai. Davanti a me c’era Tom,il viso assonnato e la maglietta stropicciata, bello come mai. I nostri occhi si incontrarono come calamite e, quando percepii che mi stava togliendo il bicchiere di mano, lo lasciai fare. Mi abbracciò di slancio,respirando sulla mia pelle e provocandomi dei piccoli brividi lungo la colonna vertebrale. Allungai le braccia e o strinsi a me,poggiando la testa nell’incavo del suo collo,imprimendo nella mia memoria tutte le sensazioni che stavo provando. Improvvisamente prese a baciarmi il collo,lasciando una scia bollente dove le sue labbra avevano incontrato la mia pelle scoperta. Mi mordicchiai il labbro inferiore,per nulla intenzionata a farlo smettere,benché una vocina nella mia testa lo esigesse urgentemente. Il mio cuore perse un colpo quando sentii la sua voce roca,dal timbro graffiato. “Dio,quanto mi sei mancata” I nostri sguardi si incontrarono,nuovamente. Sicuramente avevo gli occhi lucidi, e vedere il mio riflesso nei suoi di certo non aiutava. Istintivamente lo abbracciai più forte,temendo che potesse svanire da un momento all’altro, come era già successo. Non volevo più perderlo e,per ora, mi sarebbe bastato stare così,tra le sue forti braccia. Si staccò leggermente e,con la vista appannata,notai che il suo viso si stava avvicinando al mio. I nostri respiri si fondevano insieme. Stava per posare le sue labbra sulle mie,quando…" Spero di avervi incuriosito!!! E per favore...recensite!!!XD
Genere: Generale, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologo- sei anni fa-
Estate 2003- Germania
Quel mattino il sole splendeva alto nel cielo disegnando ombre sulle strade quando i raggi incontravano case e alberi,un raggio birichino entrò dalla finestra di una villetta bianca e si andò a posare sui visi addormentati di due giovani. Uno dei due mugugnò qualcosa di incomprensibile andando a nascondere il viso nell’incavo del collo dell’altra mentre la ragazza aprì lentamente gli occhi, rivelando un incredibile sguardo verde. Ancora intontita si guardò attorno cercando di mettere a fuoco la stanza e gli oggetti: pareti azzurrine piene di poster di band musicali e foto appiccicate con lo scotch, magliette di tutti i colori e tutte le taglie sparse qua e là, una scrivania piena di fogli scribacchiati e in un angolino due chitarre identiche insieme ad un microfono. Elisabeth sorrise istintivamente, “ok,non è la mia camera” girandosi appena notò una cascata di rasta biondicci e il viso addormentato del suo proprietario che teneva un braccio sotto al cuscino e l’altro sulla pancia della ragazzina. Sollevandosi appena,Elisabeth notò che anche il letto dall’altra parte della camera era occupato da un ragazzino con i capelli neri. Alzandosi piano senza svegliare il rasta cercò di ricordare il motivo che l’aveva spinta a dormire dai suoi migliori amici Bill e Tom. Ah certo, mamma e papà che urlavano dalla mattina alla sera,incolpandosi a vicenda per tutto e niente. Elisabeth sbuffò avvicinandosi allo specchio e osservando la sua immagine vide delle tracce di matita nera che le erano colate sulle guance:aveva pianto abbracciata a turno dai suoi amici,era incredibile quanto potessero volersi  bene dei ragazzi. Spostò una ciocca di capelli castano chiaro che le era sfuggita durante il sonno e guardando l’orologio decise che era ora di svegliare quei dormiglioni dei suoi amici. Avvicinandosi a Bill iniziò a chiamarlo dolcemente ma in modo fermo,vedendo che i risultati erano pressoché nulli iniziò a fargli il solletico sul collo, al che il moretto prese a ridere e si svegliò.
“Buon giorno!!” esclamò Elisabeth sorridente.
“Buon giorno a te, ma che ore sono??”
“Le 9.30.” rispose lei candidamente,ma prima che l’amico potesse controbattere riprese  parlare:” E’ una bella mattina, adesso sveglio tuo fratello e poi scendiamo in cucina che sicuramente tua madre starà preparando la colazione e poi suoniamo un po’ ok??”  Praticamente aveva già organizzato tutto lei e senza dargli nemmeno il tempo di pensare lo spinse fuori dalle coperte per mandarlo in bagno. Il moretto si ritrovò quindi nella stanzina bianca e blu. “E’ incredibile, le può crollare il mondo intero addosso ma si rialza sempre e più forte. Ti voglio bene Elisabeth” sussurrò piano pensando a quanto fossero fortunati lui e il suo gemello ad aver trovato un’amica come lei.
Intanto la ragazzina si era appoggiata sul bordo del letto di Tom e,come ogni volta che dormiva con lui, si chiedeva sempre come fare a svegliarlo. Dopo quattordici anni che si conoscevano e dopo quello che era successo appena due settimane prima,non riusciva ancora a non imbarazzarsi di fronte a lui. Alla fine prese una decisione,si avvicinò al viso del biondino e gli stampò un leggero bacio sulla guancia sussurrando appena il suo nome. Quello si svegliò subito rivelando degli occhi color nocciola che esprimevano stupore e allegria,fissando la ragazzina che gli stava accanto sorrise leggero spostando involontariamente il piercing al labbro. “Ciao, come mai già sveglia??”
“Così, dai alzati che è una bella mattinata” rispose lei con un’alzata di spalle alzandosi dal letto. Tom alzandosi a sua volta l’osservò attentamente:”Come stai?” “Bene,davvero. Non serve che mi fissi così, senti passo da casa a cambiarmi mi presti un paio di jeans? Te li riporto dopo con la maglietta.”  Tom annuì “Tienili pure se vuoi,non mi dà fastidio” lei sorrise di cuore infilandosi dei pantaloni che erano appoggiati su una sedia. Fece per uscire dalla porta quando Tom le bloccò leggermente il braccio:” Te ne vai senza salutarmi come si deve?” domandò facendole capire cosa intendesse dire,lei avvampò diventando bordeaux e lui rise di gusto. “Ma come, mi conosci da quattordici anni e ti vergogni di me? E poi sei anche la mia ragazza” lei lo guardò dritto negli occhi e semplicemente non pensò a niente che non fossero gli occhi di Tom. Era vero,ormai erano insieme da quasi cinque mesi anche se secondo Bill era come se fossero insieme da sempre dal momento che erano cresciuti assieme. Daniela e Simone,le madri, erano amiche d’infanzia ma poi la prima si trasferì in Italia per l’università e là incontrò il padre di Elisabeth,continuarono a sentirsi finchè Daniela tornò in Germania con il marito. Casualmente si erano trasferite entrambe nella stessa via e così erano diventate anche vicine di casa,poi entrambe rimasero incinte e partorirono lo stesso giorno. Da allora i tre piccoli erano sempre insieme. Tom si avvicinò lentamente al volto di Elisabeth e chiudendo gli occhi posò le sue labbra su quelle della ragazza. Era un bacio leggero carico di significato,quando si staccarono lei sorrise rubandogli un bacio veloce corse a casa a cambiarsi. Tom rimase leggermente spiazzato, si passò una mano tra i rasta e sorridendo andò in bagno.
Elisabeth raggiunse di corsa la sua camera cercando di non guardarsi attorno ma notò lo stesso che la macchina del padre mancava dal vialetto e una volta in casa vide sua madre che spazzava a terra con gli occhi rossi e gonfi di lacrime,la salutò velocemente e chiuse la porta della sua camera. Accese lo stereo mettendo a tutto volume le canzoni incise dai Devilish, ovvero Bill e Tom con dei loro amici,Georg e Gustav. Si spogliò e si infilò in doccia dove rimase a lungo. Una volta uscita si asciugò con cura i lunghi capelli che le scendevano a boccoli,indossò un vestitino leggero violetto e delle infradito bianche,si mise un velo di matita nera sugli occhi,piegò i vestiti di Tom mettendoli nell’armadio e infine spense la musica pronta a scendere da sua madre.
“Sei stata a dormire da Simone vero?” fu la prima domanda che fece sua madre quando mise piede in cucina.
“Sì,scusa se non ti ho avvisata. Papà?” parlò leggero come se avesse paura della reazione di sua madre. Daniela la guardò intensamente e sospirando rispose:” E’ andato via stanotte in macchina,non è ancora tornato. Elisabeth per favore siediti e cerca di ascoltarmi molto attentamente,perché quello che devo dirti non è facile”. La ragazzina annuì impensierita e attendendo la spiegazione della madre si raggomitolò sulla sedia. Era più che evidente che Daniela non aveva la benché minima idea di come impostare il discorso così buttando alle ortiche ogni possibile convenevole esclamò:”Ci trasferiamo a Milano. La situazione è diventata insostenibile,tuo padre resterà qui ma potrai vederlo ogni volta che vorrai. Ieri sera ho chiamato tua zia per avvisarla e sta già cercando una casa per noi, appena arrivati ti iscriverò in un liceo,inizia a pensarci tanto non hai nemmeno il problema della lingua”. Elisabeth era inchiodata alla sedia,il respiro mozzato. Con poche parole sua madre era riuscita a farle crollare tutte le certezze che aveva. Trasferimento a Milano. Erano le uniche parole che aveva afferrato del discorso; questo poteva significare solo una cosa: lei e Tom non potevano più stare assieme. Sarebbero diventati adulti in due paesi diversi. Quando si accorse che le bruciava la gola riprese a respirare,cercò di aprire bocca ma le uscì un rantolo. Riprovò e chiese:” Quando dobbiamo partire?”. In cuor suo sperava che mancasse ancora del tempo prima di dover lasciare la sua vita in Germania,ma la sua mente trillava pericolosamente,come se sapesse di avere le ore contate. “Comincia a fare le valigie, partiamo sabato.” Sabato. Ed era già Giovedì. Si alzò dalla sedia in modo meccanico e senza dire niente corse fuori da quella che ormai non poteva più considerare casa sua. I pochi giorni che la dividevano dalla partenza erano volati,e ormai Elisabeth si stava assicurando che la borsa che avrebbe tenuto in aereo fosse chiusa. Guardandosi attorno per l’ultima volta nella sua cameretta non si accorse delle lacrime silenziose chele rigavano le gote, apatica scese le scale raggiungendo la madre che stava chiudendo il bagagliaio dell’auto. Si sedette sul sedile del passeggero e aspettò che la madre fosse pronta per andare in aeroporto. Il viaggio fu silenzioso,la tensione palpabile. Il paesaggio scorreva lungo la strada lasciando impresse nella memoria di una ragazzina le ultime immagini della sua Germania. Aveva salutato i gemelli il giorno prima,non voleva vederli prima di prendere l’aereo o non sarebbe riuscita a partire,per avere solo quattordici anni la separazione da Tom fu straziante,il rasta era impallidito quando lei raccontò la decisione della madre di trasferirsi,ma naturalmente non poteva far altro che accettare quello che stava capitando. Lui le regalò il suo plettro preferito e lei abbozzando un sorriso triste gli allungò una foto che li ritraeva mentre ridevano insieme a Bill. “ Così anche quando sarai famoso ti ricorderai di me,ti voglio bene Tomi” e baciandogli leggera una guancia corse via. Non aveva sentito la risposta dell’amico e ora mentre volava verso Milano sentiva di aver perso una parte di se stessa. Era come se avesse lasciato la sua anima in Germania. Era come se avesse lasciato la sua anima da Tom.   
  
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