Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
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Autore: tokitoki    04/02/2010    2 recensioni
Michela vive in un piccolo paese dell'umbria e divide le sue giornate tra scuola, prove con la sua band e casini con le amiche ma non sà che presto la sua vita verrà sconvolta. Fanfiction scritta a 4 mani (ed un cervello in comune) con Miky 483. Appariranno subito anche i cinema Bizarre. Si avverte che la lettura prolungata può causare danni permanenti al cervello.
Genere: Romantico, Commedia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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S'inkazza (883)

                                                                   _.:*°*:._ S’inkazza (883) °*:._.:*°

 

 

 

 

Quando torni a casa alle 6
Come un ninja fai le scale
Entri con passo felpato ma poi
Accende la luce e lei ti assale

 

Questa casa non è un’albergo
Per fare quello che vuoi
Non ne possiamo più io ti avverto
Dei porci comodi tuoi..

 

 

 

 

 

6 Dicembre 2009

 

Le campane della chiesa di Petrignano suonarono le 4 della mattina proprio mentre Michela faceva scattare la serratura del portoncino di casa con la speranza che i suoi genitori non la sentissero così da evitare un rimprovero per il ritardo. Entrò nell’ingresso buio, chiuse la porta e si avviò verso la propria stanza col passo felpato del puma.  Passando per il soggiorno si sfilò il piumino di dosso per lanciarlo sul divano non sapendo che i suoi genitori quella sera avevano deciso di stare seduti sul divano, al buio, per parlare ed avevano finito per addormentarsi lì.

 

Padre: “Oddio ma che cazz.. e tu che ci fai lì? Sei rientrata adesso?”

 

Michela, che si era quasi messa a correre verso la sua camera all’udire la voce del padre, si fermò di colpo e con un sospiro rispose: “Sì papà, scusa. Siamo andate a Gualdo Tadino a trovare alcuni amici solo che lì la strada è ghiacciata e per tornare a casa ci abbiamo messo un’ora e mezza più del previsto..”

 

Pa: “Fa niente se siete andate piano, l’importante è che non andate fuori strada. Comunque domani.. oggi ti devi svegliare presto per aiutare tua madre in cucina che abbiamo ospiti a pranzo.”

 

Mi: “Chi sarebbero?”

 

Evidentemente la posizione scomoda in cui si era addormentato aveva bloccato il flusso di sangue al cervello..  era la prima volta che rientrava a casa tardi e non trovava uno o entrambi i genitori ad aspettarla all’ingresso in pigiama per fargli almeno un’ora di rimprovero con conseguente punizione che puntualmente lei non rispettava.

 

Pa: “Un mio vecchio amico che ho conosciuto quando lavoravo in Germania con la moglie ed il figlio. Ansi già che ci siamo vestiti pure decentemente ed evita di metterti tutti quei catenacci addosso. Oggi fai 18 anni non è ora che la smetti con tutte queste cose ridicole?”

 

Michela sbuffò. Da quando, circa 5 anni prima, aveva capito che borchie e catene rispecchiavano parte della sua personalità ed aveva quindi iniziato ad indossarle ogni giorno, il padre e la madre non le davano tregua e cercavano in ogni modo di convincerla a buttarle. Inutile a dirsi non ci erano riusciti.

Salutò il genitore e si diresse verso la propria camera da letto dove si mise il pigiama fantasticando su che tipo fosse l’amico del padre e la moglie e chiedendosi come fosse il figlio della coppia.

“Non so nemmeno quanti anni abbia.. spero non sia uno di quei marmocchi urlanti.”

Con quest’ultimo pensiero Michela si infilò sotto le coperte dopodichè si incantò a fissare il poster dei Tokio Hotel appeso all’armadio sopra di lei finchè non si addormentò.

 

                                                                                             

 

  
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