_.:*°*:._ S’inkazza (883) °*:._.:*°
Quando torni a casa alle 6
Come un ninja fai le scale
Entri con passo felpato ma poi
Accende la luce e lei ti assale
Questa casa non è un’albergo
Per fare quello che vuoi
Non ne possiamo più io ti avverto
Dei porci comodi tuoi..
6
Dicembre 2009
Le
campane della chiesa di Petrignano suonarono le 4 della mattina proprio mentre
Michela faceva scattare la serratura del portoncino di casa con la speranza che
i suoi genitori non la sentissero così da evitare un rimprovero per il ritardo.
Entrò nell’ingresso buio, chiuse la porta e si avviò verso la propria stanza
col passo felpato del puma. Passando per
il soggiorno si sfilò il piumino di dosso per lanciarlo sul divano non sapendo
che i suoi genitori quella sera avevano deciso di stare seduti sul divano, al
buio, per parlare ed avevano finito per addormentarsi lì.
Padre:
“Oddio ma che cazz.. e tu che ci fai lì? Sei rientrata adesso?”
Michela,
che si era quasi messa a correre verso la sua camera all’udire la voce del
padre, si fermò di colpo e con un sospiro rispose: “Sì papà, scusa. Siamo
andate a Gualdo Tadino a trovare alcuni amici solo che lì la strada è
ghiacciata e per tornare a casa ci abbiamo messo un’ora e mezza più del
previsto..”
Pa:
“Fa niente se siete andate piano, l’importante è che non andate fuori strada.
Comunque domani.. oggi ti devi svegliare presto per aiutare tua madre in cucina
che abbiamo ospiti a pranzo.”
Mi:
“Chi sarebbero?”
Evidentemente
la posizione scomoda in cui si era addormentato aveva bloccato il flusso di
sangue al cervello.. era la prima volta
che rientrava a casa tardi e non trovava uno o entrambi i genitori ad
aspettarla all’ingresso in pigiama per fargli almeno un’ora di rimprovero con
conseguente punizione che puntualmente lei non rispettava.
Pa:
“Un mio vecchio amico che ho conosciuto quando lavoravo in Germania con la
moglie ed il figlio. Ansi già che ci siamo vestiti pure decentemente ed evita
di metterti tutti quei catenacci addosso. Oggi fai 18 anni non è ora che la
smetti con tutte queste cose ridicole?”
Michela
sbuffò. Da quando, circa 5 anni prima, aveva capito che borchie e catene
rispecchiavano parte della sua personalità ed aveva quindi iniziato ad
indossarle ogni giorno, il padre e la madre non le davano tregua e cercavano in
ogni modo di convincerla a buttarle. Inutile a dirsi non ci erano riusciti.
Salutò
il genitore e si diresse verso la propria camera da letto dove si mise il
pigiama fantasticando su che tipo fosse l’amico del padre e la moglie e
chiedendosi come fosse il figlio della coppia.
“Non
so nemmeno quanti anni abbia.. spero non sia uno di quei marmocchi urlanti.”
Con
quest’ultimo pensiero Michela si infilò sotto le coperte dopodichè si incantò a
fissare il poster dei Tokio Hotel appeso all’armadio sopra di lei finchè non si
addormentò.