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Autore: Beverly    13/07/2005    12 recensioni
Diplomatasi infermiera in Japan, Patricia Gatsby segue le orme dell'amico Oliver Hutton, che ama in segreto, e lo raggiunge all'ospeale St. Jacob dove lavora. Ma ad attenderla c'è un amara sorpresa...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Nurse from Japan.

 

1

 

Patricia non si aspettava di trovare un ospedale così grande a Londra. Le parve subito una città terribilmente rumorosa e piena di confusione.

Per un attimo si lasciò prendere dal panico e desiderò di ritornarsene sana e salva nel tranquillo e vecchio ospedale, situato proprio sul colle che dominava la piccola cittadina di Fujisawa nella quale era nata e vissuta fino a quel momento.

Come aveva potuto pensare di vivere in un posto come Londra, così lontano dalla gente e dai luoghi giapponesi che tanto amava?

- Posso aiutarla, cara? L’entrata principale è laggiù, e tutti i pazienti devono passare dall’accettazione. - disse una voce alle spalle di Patricia, distogliendola da quei pensieri.

Il portiere dell’ospedale era uscito dalla sua guardiola. Era un tipo magrolino, poco più alto di Patricia, e aveva una voce cordiale e uno sguardo caldo e amichevole.

- Grazie, ma non sono una paziente, sono una nuova infermiera. Da che parte devo andare? - gli chiese con un sorriso. -

- Quello è il pensionato delle infermiere ed io sono Ben, cara. - le disse il portiere indicandole un edificio in mattoni rossi. - Spero che si trovi bene al Saint Jacob. Ce la fa con la valigia o preferisce che gliela faccia portare fino al suo alloggio?

Patricia gli strinse la mano e si presentò: - Sono Patricia Gatsby. Penso di riuscire a cavarmela da sola con la valigia, comunque grazie mille. - Afferrò il bagaglio e iniziò ad avvicinarsi verso il pensionato. Certo che ce la faccio, ripeté fra sé, e non si riferiva soltanto alla valigia. Non ho forse desiderato con tutta me stessa, da quando Oliver Hutton me ne ha parlato, di venire qui in questo ospedale?

Tuttavia, al momento di partire, dopo aver sognato per mesi di lasciare il suo vecchio ospedale per lavorare al St. Jacob, Patricia si era resa conto di quanto fosse difficile e doloroso andarsene dal posto che tanto amava e dover salutare tutte le persone che conosceva da sempre.

Dopotutto non è la fine del mondo cercò di convincersi Patricia, sedendosi in attesa dell’infermiera incaricata di sistemare le nuove arrivate nella residenza. Posso prendere l’aereo per tornare a casa ogni volta che ne sento la necessità e, con una sola notte di viaggio, sarò di nuovo in Giappone.

Quel pensiero la rassicurò e quando arrivò l’infermiera, una donna piccola d’aspetto cordiale e simpatico, Patricia rispose al suo sorriso di benvenuto.

- Dunque infermiera Gatsby, sarà di certo stanca per il viaggio. - disse la donna mentre riportava sul registro i dati di Patricia. - Gradisce una tazza di the o preferisce salire subito nell’appartamento?

- Grazie, una tazza di the mi farebbe molto piacere, - rispose Patricia, - ma ho impiegato molto più tempo di quanto pensassi ad arrivare fin qui. Perciò credo sia meglio che salga a disfare i bagagli.

- Probabilmente, troverà ad attenderla una delle altre due ragazze. - disse gentilmente la donna alzandosi. - Potrete prepararvi una tazza di the in camera. Comunque, per qualsiasi problema si rivolga pure a me.

L’ascensore portò Patricia al quarto piano dove si trovava l’appartamento numero 505 che le era stato assegnato. La ragazza aprì la porta e con sollievo, si rese conto che in quel momento era vuoto.

C’erano tre camere da letto, di cui una ovviamente sua, con la porta spalancata. Un’altra era in tale stato di disordine da far credere che la sua occupante fosse uscita di gran furia. Sulla terza porta, infine, troneggiava un cartello con la scritta: Non disturbare.

Patricia entrò nella piccola cucina, decisa a prepararsi il tanto sospirato the. Aveva appena messo il bollitore sul fuoco quando una voce esclamò alle sue spalle: - Salve, tu devi essere Patricia.

Lei si girò e vide sulla porta una ragazza dai capelli di un biondo ramato che le ricordò il colore degli alberi di ciliegio in autunno.

Sfregandosi gli occhi assonnati, la ragazza si avvicinò e prese un’altra sedia.

- Quando mi sveglio adoro bere una tazza di the. Saresti così gentile da offrirmela? - le chiese con gli occhi ancora semichiusi.

Patricia ne versò immediatamente una tazza e gliela porse. - Spero di non averti svegliato, immagino che dovrai fare il turno di notte. - disse con sollecitudine alla propria compagna.

Gli occhi blu della ragazza si spalancarono per la sorpresa. - Turno di notte? No, questo è il mio giorno libero, ma sono stata ad un party ieri sera e sono rientrata tardissimo. Grazie, avevo proprio bisogno di questo the. Ah, dimenticavo, io sono Jane Lewis.

Occorse ancora un po’ prima che Jane si svegliasse completamente, ma poi iniziò a raccontare a Patricia qualcosa di più di sé e di Elise, l’altra ragazza che abitava nell’appartamento.

- Lavora a chirurgia, dove lavorerai tu. - le spiegò Jane. - E’ all’ultimo anno di corso, ed è per questo motivo che le è permesso dividere l’appartamento con due qualificatissime infermiere diplomate come noi! Oh, sapevi di essere stata assegnata a chirurgia, vero?

Patricia appoggiò lentamente la tazza sul tavolo. - Ho chiesto io di essere assegnata a chirurgia. - rispose, senza guardare Jane. - Voglio fare un po’ di esperienza in quel reparto. Nel piccolo ospedale doveva lavoravo in Giappone non si presentavano mai casi particolarmente interessanti.

Jane si alzò sbadigliando. - Bene, qui avrai occasione di fare esperienza, non c’è dubbio. Io lavoro in sala operatoria, e so benissimo che cosa ti aspetta. Ma che cosa ti ha spinto a scegliere il St. Jacob? Voglio dire, non è un ospedale così famoso.

Patricia, rendendosi conto di arrossire, fu felice di essere voltata verso il lavello, intenta a lavare le due tazze.

- Oh, una persona che ho conosciuto tempo fa mi ha detto che questo è un buon ospedale. - rispose, cercando di dare alla propria voce un tono indifferente.

- Oh, certo. - concordo Jane. - Intendiamoci, non è un paradiso, ma nessun ospedale lo è. Anche qui troverai delle capo reparto terribili, e le allieve infermiere di quest’anno sono piuttosto sprovvedute e incapaci, ma tutto sommato non è male.

Poco dopo Jane uscì, lasciando Patricia un po’ sconcertata. L’aveva trovata molto diversa da tutte le infermiere che aveva conosciuto in Giappone, tuttavia le era risultata simpatica.

Elise Weaver, che arrivò quella sera dopo aver terminato il suo turno, era una ragazza molto tranquilla e sicuramente appassionata al proprio lavoro perché, dopo aver scambiato qualche parola con Patricia, si ritirò in camera a studiare.

Il mattino seguente, vedere la propria immagine in uniforme riflessa nello specchio, contribuì a rassicurare ulteriormente Patricia e il pensiero di essere ormai un’infermiera diplomata ed esperta le diede il coraggio di presentarsi al reparto di chirurgia femminile, al secondo piano del grande ospedale.

Arrivò con un lieve anticipo, mentre la capo reparto, la signorina Walker, stava ancora ricevendo le consegne dall’infermiera del turno di notte.

- Buongiorno, infermiera. - disse la più alta delle due donne, girandosi poi di nuovo verso quella più anziana, che stava finendo il proprio rapporto.

Cinque minuti più tardi tutto il personale di turno venne aggiornato sulla situazione in reparto.

- La signora Morton, nel letto sei, una delle pazienti operate ieri, ha bisogno di un catetere. - disse la signorina Walker. - Desidero che venga tenuta in osservazione per le prossime sei ore. La signorina Jones, nel letto dodici, ha passato una notte piuttosto difficile. Penso sia meglio chiedere al dottore un sedativo. - Rivolse ancora una breve occhiata ai propri appunti poi si girò verso Patricia. Bene, infermiera Gatsby, mentre le altre ragazze si preparano, le mostrerò velocemente il reparto.

Patricia la seguì nelle due sale grandi e nelle due più piccole che costituivano il reparto chirurgia femminile, ascoltando con interesse ciò che le veniva detto.

- Allora, controlli quella paziente appena operata al letto sei, per favore, e poi mi porti l’esito degli ultimi esami quando saranno pronti. - disse la capo reparto, interrompendosi subito dopo per guardare l’orologio. - Alle dieci c’è il giro di visita dei medici, e abbiamo ancora molte cose da sbrigare entro quell’ora.

Patricia fu ben presto assorbita dalla normale routine del reparto ma riuscì, come suo solito, a scambiare qualche parola con ognuna delle pazienti. Le dieci erano arrivate anche troppo presto e la signorina Walker fece un ultimo controllo per assicurarsi che tutte le ricoverate fossero pronte e ricevere la visita medica.

Patricia, pur occupata con le cartelle dei pazienti, cercò di seguire l’arrivo dei vari medici, ma non vi fu nessuna traccia di Oliver Hutton.

Oliver era un chirurgo, Patricia lo sapeva con certezza, perciò doveva sicuramente avere dei casi da seguire anche in chirurgia femminile.

Forse avrebbe potuto avere notizie da Elise, di conseguenza decise che lo avrebbe fatto quella sera stessa, con fare il più indifferente possibile.

Al termine della giornata, però, dopo aver passato le consegne alle colleghe del turno di notte, Patricia sentì la necessità di allontanarsi dall’ospedale per uscire a prendere una boccata d’aria fresca. Le accadeva spesso dopo una giornata particolarmente intensa, malgrado amasse il proprio lavoro.

Si chiese dove poter andare quando ricordò che Jane le aveva parlato dell’esistenza di un parco nelle vicinanze dell’ospedale. Non era esattamente ciò che avrebbe desiderato, ma era pur sempre meglio di niente, pensò Patricia, incamminandosi.

Benché non fosse un parco molto esteso era piuttosto bello, ricco di alberi e rallegrato da un minuscolo stagno che probabilmente, in estate, si riempiva di piccole imbarcazioni per bambini. Ma era soprattutto silenzioso, molto più di quel che Patricia si aspettasse di trovare nel centro di Londra.

Si sedette su una panchina, rendendosi conto di quanto i piedi le dolessero per la stanchezza. In quel punto, al riparo dal vento e con il sole del pomeriggio che le scaldava il viso, chiuse gli occhi e riuscì ad immaginare di trovarsi fra le sue valli. E Oliver Hutton le era sempre accanto. Patricia si lasciò andare ai ricordi…

Oliver Hutton era arrivato in Giappone verso la fine dell’estate. Suo compito era sostituire, per un mese, il vecchio dottor Foster, il medico che Patricia conosceva sin da bambina e che l’aveva incoraggiata ad attuare il suo desiderio di diventare infermiera.

Il dottor Hutton, Oliver, arrivò un venerdì pomeriggio alla fattoria e Patricia era appena tornata a casa per il week end. Sua madre soffriva in quei giorni di una forte bronchite e lei, entrando in casa, trovò il giovane medico seduto in cucina con la sua paziente, intento a bere una tazza di the.

- Patricia questo è il dottor Hutton. Sostituisce il dottor Foster per il periodo delle vacanze - spiegò la signora Gatsby.

Ma Patricia, in quel momento, aveva altro per la testa. - Cosa c’è che non va, perché hai bisogno del dottore? - chiese preoccupata alla madre.

- E’ solo un po’ di bronchite, e mi sento già meglio. - rispose la donna, ma fu subito assalita da un accesso di tosse e Patricia non poté fare a meno di guardare il medico con aria interrogativa.

- Va tutto bene, Patricia. - la rassicurò Oliver Hutton, comprendendo l’ansia della ragazza. - E’ davvero in via di guarigione e sono sicuro che lei farà in modo che sua madre si riguardi. Tornerò domani. - aggiunse alzandosi.

Il giorno seguente Patricia accompagnò il dottore fino alla macchina, rispondendo alle domande che lui le pose a proposito dell’ospedale locale ed ascoltando attentamente le sue speranze di entrare al St. Jacob come chirurgo di ruolo.

Da quel giorno e per tutto il periodo in cui rimase in Giappone, Oliver prese l’abitudine di passare dalla fattoria ogni volta che si trovava nelle vicinanze e a Patricia faceva molto piacere chiacchierare con quel giovane medico dagli occhi scuri e dai capelli corvini.

A volte, quando lui aveva in programma poche visite, si incamminavano lungo la collina dietro la fattoria e si sedevano sotto il grande albero che si trovava proprio in cima, parlando del lavoro che entrambi amavano.

- Il tempo a disposizione è sempre poco.- disse Oliver un giorno, negli occhi uno sguardo serio e pensoso - Non capita spesso anche a te, Patricia, di sentire la necessità di passare più tempo con i tuoi pazienti, al di là di quelli strettamente fisici? Manca il tempo di conoscere tutto quel che ti servirebbe per curarli nel modo migliore.

Fu una strana sensazione per Patricia sentire tradotti i propri pensieri in parole così chiare.

- Sì, anch’io lo penso spesso. - rispose lentamente. - E a volte mi chiedo se qui in Giappone ho davvero l’opportunità di imparare tutto quello che vorrei. Certo, faccio tutti i miei esami e imparo tutto ciò che viene insegnato in teoria, ma a volte penso che imparerei molto di più se potessi occuparmi di casi più particolari, e non solo leggerli sui trattati di medicina.

Oliver sorrise e Patricia si rese conto, in quel momento, dei propri sentimenti verso quell’uomo.

- Non essere impaziente. - disse lui - Cerca di superare gli esami finali e ottieni il diploma. Poi potrai davvero cominciare a imparare. Potresti anche tu fare domanda al St. Jacob. Non è l’ospedale migliore del mondo, lo so, ma a me piacerebbe molto lavorarci, così come mi piace molto il metodo di lavoro di Frank Graham. Sarà lui il mio primario, nel caso riesca ad entrare al St. Jacob.

- Spero proprio che tu ottenga il posto, Oliver. - disse Patricia. E all’improvviso sentì una strana sensazione di freddo, un vago sconforto al pensiero della sua prossima partenza.

Una settimana prima di partire, Oliver seppe di aver ottenuto il posto al St. Jacob e andò alla fattoria per informare i Gatsby. La madre di Patricia lo invitò a trattenersi per il the e Patricia fece una pausa, mettendo da parte i libri per un po’, conscia del poco tempo che ormai le restava per stare con Oliver.

- Mi spiace che non ci sia mai capitata l’occasione di lavorare insieme, Patricia, - disse Oliver il giorno prima di partire. - Sono certo che sarai una bravissima infermiera.

- Lo spero. - rispose Patricia. Desiderava che Oliver le chiedesse di scrivergli, ma lui non lo fece. Certo, pensò, lui sa benissimo che sono molto impegnata con gli studi e anche lui sarà molto impegnato dal nuovo lavoro.

- Arrivederci, Patricia, e non dimenticarti del St. Jacob una volta conclusi gli esami. - disse lui.

Per un momento lei ebbe la sensazione che lui stesse per baciarla, ma non accadde nulla. Un attimo dopo si ritrovò sola.

Oliver le aveva suggerito di andare a lavorare nello stesso ospedale dove lavorava lui, al St. Jacob e… Ed eccomi qua, disse Patricia a se stessa, seduta sulla panchina del parco, con il viso illuminato dal caldo tepore del sole pomeridiano. Eccomi qua, al lavoro al St. Jacob, e tra poco rivedrò Oliver.

 

 

Hi everybody!

Mi chiamo Diane, sono americana from Lexington - Kentucky, ma vivo in Italia da quasi 2 anni per lavoro. Ho scoperto per caso questo sito e mi sono appassionata quasi subito alle letture delle vostre fanfic, tanto che ho deciso di provare a scriverne una tutta mia.

Da piccola leggevo il manga e conoscevo i personaggi di Ct con i nomi: Tsubasa, Sanae, Genzo, Misagi… etc, ma i nomi usati in Italy sono più carini.

Domando scusa in anticipo se all’interno del documento troverete errori grammaticali… ma sto ancora familiarizzando con la lingua italiana e con tutti questi tempi e modi verbali… è un po’ difficile.

Anyway, se vi va lasciate un commento alla mia storia, mi farebbe molto piacere.

God bless you.

See ya soon! Bye.

  
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