Lei era sicura che non si sarebbe MAI innamorata di un tipo come lui.
Lui era certo che un tipo come lei non esistesse.
Entrambi si ritroveranno a mettere in discussione queste loro certezze.
Per Francesca. Sperando che le piaccia.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per mia cugina.
Perchè l'ho letteralmente presa in prestito per questa
storia. Perchè non mi limito a raccontare quel che le
succede, ma provo a raccontare lei. Perchè
è facile amarla, difficile deluderla ed impossibile
riconquistarla. Perchè
esiste chi può farla davvero felice (e in questo mio
racconto quella persona è Bradley James che stranamente le
piace da matti =D )... e perchè lei sa aspettare!
1.
Capitolo uno. Francesca
aveva sempre odiato i pullman a due piani, perché
implicavano il dover salire quelle strette scale con il suo solito
borsone ingombrante, cercando contemporaneamente di non cadere e di non
bloccare la fila. Per sua
fortuna, almeno quella volta, i passeggeri, che come lei preferivano
l’autobus al treno per il viaggio Napoli-Salerno, avevano
occupato tutti i posti sotto: sopra ci sarebbe stata solo lei. E visto che
era un orario di partenza non convenzionale (perché alle
sette di sera i viaggiatori abituali erano già
abbondantemente partiti e forse anche già arrivati) non
avrebbero trovato molta gente, o addirittura nessuno come sperava lei,
alla seconda fermata prevista, l’ultima prima di prendere
l’autostrada. Cercando di
non cadere, sistemò il borsone alla meno peggio,
tirò leggermente indietro lo schienale ed occupò
il posto interno la borsa. Accese
l’i-pod e si sistemò per godersi il meritato
riposo: aveva fatto le corse per finire gli esami il prima possibile e
aveva perso ore di sonno, ma il risultato era che aveva la bellezza di
due settimane libere da passare a casa prima dell’inizio del
nuovo semestre. Aveva fatto
una lista dei film da vedere e di cose da fare con la massima
tranquillità. Tanto tempo libero era quasi un lusso! E la cosa
bella, e brutta allo stesso tempo, era che i suoi amici più
stretti erano tutti alle prese con gli ultimi appelli. Quindi, se
da una parte non avrebbe dovuto passare tutte le serate a fare da
candela ai suoi amici e rispettive dolci metà, avrebbe
però dovuto trovare un modo alternativo per passare le
serate. Sospirò,
accucciandosi alla meglio, sorridendo quasi al pensiero che forse, ma
forse, era ora di trovarsi una sottospecie di ragazzo. L’autobus
si fermò, ma Francesca si lasciò andare alle
dolci lusinghe di Morfeo. Fu solo
quando una mano le toccò la spalla sopra il giubbino usato
come coperta che si voltò a vedere che, in effetti, le sue
ipotesi erano esatte: era salito un solo passeggero. Era un
ragazzo più alto di lei, con capelli biondi, occhi azzurri e
sguardo sicuro e carismatico. La ragazza
scosse mentalmente la testa: no, non era decisamente il suo tipo.
L’opposto più che altro. Lei era
più per i tipi mediterranei, scuri con profondi occhi
misteriosi. Quello che le stava davanti sembrava il solito principe
azzurro. “
Scusa, potresti sollevare un po’ lo schienale? Non vorrei
farti da cuscino sedendomi qui dietro!” Francesca
alzò il sopracciglio incredula. Principe azzurro?!? Non
poteva trovare parole più adatte: il tizio sembrava anche
viziato come un principe! Si
guardò attorno, cercando di far cogliere al suo
‘gentilissimo’ interlocutore la marea di posti
vuoti. Lui
seguì il suo sguardo, per poi tornare imperterrito a
guardarla, con un mezzo sorriso sulle labbra. “Sì,
mi ero accorto che c’erano altri posti liberi, ma sono
abituato a questi infondo. Mi piace stare largo quando non
c’è gente!” La ragazza
si ritrovò a sbarrare gli occhi: lui voleva stare largo ma
lei non poteva mettersi un po’ più comoda? Incredibile
quanto poco fosse lo spazio di un autobus vuoto per poter contenere
l’ego di una sola persona! Annuì
appena, non era mai stata il tipo di persona che fa storie. E questa
sua indole estremamente quieta e sottomessa non faceva che darle
problemi da qualche tempo. Sollevò
lo schienale del tutto e cercò una posizione comoda. Sapeva
già che a fine viaggio avrebbe avuto la schiena a pezzi, ma
se ne fece una ragione. Fare la martire le veniva quasi spontaneo. Chissà,
forse l’avrebbero addirittura fatta senta primo o poi. Con
tanto di statua in una piazza pubblica! E mentre
sorrideva degli stupidi pensieri che la sua mente malata faceva, non si
accorse che il ‘principe azzurro’ la stava
osservando, cercando di capire cosa la facesse sorridere a quel modo. Una ragazza
così davvero non l’aveva mai incontrata nei suoi
quasi 26 anni di vita. E dire che viaggiava abbastanza! Si
allungò allora per richiamare nuovamente la sua attenzione. Francesca si
voltò, oggettivamente confusa. Che altro problema
c’era? “Scusami
ancora. Avevo pensato che, se ti sposti sul sedile interno, potresti
abbassarlo completamente.” “Certo
e magari fare avanti ed indietro insieme all’autobus e
all’autista.” Lui
cercò di trattenere una risata e lei pensò che la
sua espressione, in quel momento, dovesse essere impagabilmente comica. Scosse la
testa, sorridendo. Figuraccia numero uno. “Non
credo sia saggio mettersi troppo comodi. Rischierei di non svegliarmi
in tempo neanche per l’ultima fermata. E passare la notte in
un autobus non dev’essere il massimo.” Lui
annuì al suo ragionamento, mostrando
un’espressione seria da Oscar. “E
scommetto che non sei neanche ansiosa di provare, vero?” Le sorrise e
Francesca assottigliò gli occhi. Due erano le cose: o la
prendeva per i fondelli o anche lui non aveva dormito molto ultimamente. Decise di
stare a quel gioco di botta e risposta. Infondo che le costava tirare
fuori il suo lato acido? “Esatto.
Grazie per il suggerimento, comunque.” Si
tirò su il giubbino e allentò un po’ la
sciarpa, quando lo vide allungarle le mano. Ora davvero
non ci capiva più niente! “Mi
chiamo Claudio. Che ne dici se mi offrissi di svegliarti appena siamo
in prossimità della prima fermata?” “Perché
scusami?” “Perché
odio i sensi di colpa e quelle poche volte che mi vengono solitamente
è troppo tardi per rimediare. Così li prevengo,
tutto qui. Francesca si
accigliò ancora di più, incrociando le braccia al
petto. “E
perché dovresti avere i sensi di colpa per una sconosciuta?
A quanto pare, la tua coscienza si fa sentire raramente.” “Touchè,
madamoiselle. Diciamo che non ho ancora compiuto la mia buona azione
quotidiana allora. Va meglio?” la ragazza
alzò le spalle, in segno di indifferenza. E, in quel
momento, nella testa di entrambi passò, grosso modo, lo
stesso pensiero: loro due sembravano aver in comune la
capacità di trovarsi stranamente a loro agio nelle
situazioni fuori dal comune. Insomma, si definirono entrambi
gentilmente fuori dagli schemi, un po’ strani. Ma se questa
considerazione fu per Claudio un incentivo a conoscere meglio quella
ragazza mora e mingherlina, Francesca non ci diede peso, quindi si
ritrovò ad accettare l’offerta senza pensarci
troppo. Si era
finalmente sistemata quando sentì nuovamente la sua voce
ironica prima di chiudere gli occhi. “Non
ho ancora avuto l’onore di conoscere il tuo nome, bella
addormentata!” Senza
scomporsi o alzare le palpebre, si voltò verso il finestrino
e sollevò le gambe sul bordo del sedile. “Mi
chiamo Francesca. Ed ora, con il tuo permesso, buonanotte.” Claudio
sorrise. Un nome comune, eppure quella ragazza tutto gli sembrava
fuorché comune. Guardò
il paesaggio scuro e decise di voler conoscere meglio quel piccolo
folletto dagli occhi ambrati.