Aprì gli occhi perché i
raggi del sole si erano insinuati fra le sue ciglia, avevano bussato con
gentilezza alle sue palpebre e avevano fatto annegare il suo sguardo appena
sveglio in un oceano di luce. Aprì gli occhi con voluttuosa lentezza, come
timorosa d’interrompere quella sensazione calda di pace che l’avvolgeva, ma
insieme impaziente, con il cuore che martellava la sua emozione immaginando
quello che avrebbe trovato al risveglio, quella mattina. Aprì gli occhi e si
trovò contro il petto caldo di lui, stretta senza timore né pudore al suo corpo
vivo, abbandonata tra braccia a loro volta abbandonate su di lei. Il sole
illuminava ormai completamente l’ambiente, svelando ogni piccolo particolare di
quella stanza di ospedale, quella camera così normale, normale, mentre lei… Si
tirò su di scatto, le guance colte da un improvviso rossore, gli occhi per un
attimo disorientati. Ma il viso rischiarato dal sole del ragazzo addormentato
accanto a lei la fermò. Quel volto ancora immerso nel sonno, così abbandonato,
così limpido, così ignaro e senza difese, le riportò con naturalezza nel cuore
la calma e la pace.
Lente, e subito ansiose
ondate di ricordi l’assalivano e si riversavano dentro di lei, visioni,
percezioni, la paura, e, mescolata ad essa, l’oscura, meravigliosa attrazione della fisicità di una
presenza, della presenza. Poteva ancora avvertire intorno a sé la
sensazione tiepida e vellutata del contatto, come se un’ombra delle braccia di
lui continuasse impercettibilmente ad imprigionare la sua schiena. Non aveva
mai provato la percezione della presenza in modo così intenso e compatto prima
di allora, ma in quel momento pensò che quel sentore, quel fantasma di
abbraccio avrebbe rivestito la sua pelle per sempre, sempre.
E adesso nessun rossore le
infiammava più le sue guance, tutto si posava su di lei con morbidezza, piano,
senza rumore, ma allo stesso tempo con una delizia che quasi le faceva perdere
i sensi. La luce del giorno, il candore delle pareti, delle lenzuola, del
cuscino, delle bende slacciate tra i capelli di lui e sulla mano che ancora la
stringeva lievemente alla vita, tutto quel bianco se lo sentiva adesso dilagare
dentro, e annegarla in un’accecante dolcezza. E sorrise. Sorrise
spontaneamente, semplicemente perché era felice, e non le sembrava di esserlo
stata mai fino ad allora. Sorrise perché tutto era così facile, e leggero, e
caldo, e perché lui le appariva così bello con i capelli spettinati e sparsi
sul cuscino, con quel suo ampio petto nel quale aveva riposato ubriaca di
dolcezza. Adesso non provava altro che tenerezza, e amore, si sentiva
traboccare solo di gratitudine, e gioia, perché sapeva che anche lui, ora, nei
suoi sogni, stava provando la stessa cosa.
E, d’istinto, si chinò a
sfiorargli la fronte con un bacio. Stringendosi il lenzuolo intorno al corpo,
mescolando i suoi lunghi capelli neri a quelli di lui, toccò con le labbra il
suo viso con fervore, con desiderio vibrante, con amore.
Ma quando le labbra di lei
si staccarono dalla fronte del ragazzo, tutto era già cambiato. Un brivido le
percorse la schiena, e lei si tirò a sedere sul letto, coprendosi col lenzuolo
leggero, colta da un inatteso timore. Come se una nuvola fosse passata ad
oscurare, per un istante, il sole, un angosciante sospetto le aveva attraversato
la mente. Guardò il ragazzo. Poi tese la sinistra davanti a sé. E allora capì.
I suoi occhi divennero vuoti come le sue vene, niente esisteva più. Era già
tutto finito.
Solo si strinse la mano al
petto, piegata su se stessa per difendersi, invano, da quel freddo che le
penetrava nelle membra, che nessun altro corpo avrebbe più potuto scacciare.
Si rivestì con gesti
silenziosi e stanchi, privi di senso. Non guardò verso il letto mentre si
annodava intorno al collo il foulard della divisa, non gettò indietro nessuno
sguardo quando aprì la porta, non lasciò che gli occhi scivolassero un’ultima
volta sul corpo dell’uomo reclinato e inconsapevole mentre la chiudeva senza
rumore.
Fuori, il sole spandeva la
sua luce nera su un mondo già morto.
Era di nuovo notte, e lei
aveva già dimenticato. Aveva già dimenticato il sangue che aveva intriso i
soliti vestiti sportivi di lui, l’abisso di folle terrore che le si era
spalancato sotto i piedi, aveva già dimenticato la mano salita ad asciugarle le
lacrime dal viso, e la stretta traboccante di desiderio e di sole che aveva
occupato totalmente il suo petto, e quelle labbra gentili, quelle braccia
impazienti, quel battito turbinoso del cuore di lui contro il suo orecchio…
Tutto era già morto e affogato dentro il vuoto di una mano senza forze, senza
più scopo e senza perché.
Semplicemente non poteva
pensare di vivere se da allora in poi avrebbe dovuto soltanto stare a guardare,
a guardare il mondo che moriva intorno a lei senza poter fare niente, a
guardare gli amici che non poteva proteggere, ad aspettare chiusa in una stanza
buia e vuota mentre il telefono suonava a distesa senza il coraggio di
rispondere perché avrebbe potuto essere la notizia che lui… Non poteva più
vivere.
E allora sapeva quello che
doveva fare. La notte la stringeva ma niente ormai poteva più farle del male,
tutto si confondeva nel baratro deserto che le si era aperto nell’anima, non
riusciva più a provare niente, niente. Si sentiva solo un inutile peso, un
essere senza perché, privata di tutto quello di cui aveva vissuto fino ad
allora. Perché non riusciva a provare più niente, niente, nemmeno la
disperazione, l’ultimo dei sentimenti umani. Sola sull’immenso tetto di un
immenso grattacelo di cemento e vetro, volgeva il viso al cielo nero come per chiedere
un respiro. E quel respiro le si fermò in gola.
“Ho deciso che sarai tu…”
“Ho deciso che sarai tu…
la persona a cui donerò la mia vita.”
Lui…
Lui le aveva detto quelle
parole… Quelle parole terribili che aveva pronunciato con un sorriso
disincantato e accattivante, con il viso seminascosto dai giochi di luce del
sole fra i rami, in quella giornata aperta e chiara dove non sembrava possibile
credere a nessuna profezia di morte, fra il profumo delle foglie e il suono di
piombo di quella frase… Lui quelle parole le aveva accettate come fossero
semplicemente parte necessaria della sua esistenza, così, con un sorriso, e con
altrettanta semplicità le aveva donate a lei, con quella spontaneità con la
quale percorreva ogni giorno la vita. E d’improvviso sentì che quella profezia
stava alle sue spalle per seguirla ad ogni passo, che se la sarebbe trascinata
dietro, nell’ombra, per sempre, e capì che erano quelle parole a impregnare di
rosso le bende di lui, a far scivolare quel rivolo di sangue sulla sua pelle
abbronzata, a non far aprire i suoi occhi in mezzo a tutto quel terribile
bianco di una stanza d’ospedale.
“…sarai tu…la persona a
cui donerò…la mia vita…”
No, no, non voleva, non
voleva che succedesse, non voleva che nessuno morisse per lei… Eppure quelle
parole così terribili…erano anche parole così colme d’amore, solo il preludio
di tutte le altre dolcissime cose che lui le aveva detto tante e tante volte,
che le aveva sussurrato mentre la serrava fra le braccia solo una notte prima…
solo l’altra notte…
Lui era disposto a morire
per lei…
Si strinse nelle spalle,
affondò le unghie nei vestiti e nella pelle, nel tentativo ancora vano di
respingere quel brivido strisciante, quel gelo che le si rovesciava addosso
togliendole il respiro. Sapeva cosa doveva fare. Non poteva piangere, no,
doveva trattenere le lacrime, non avrebbe pianto…
E non pianse.
Quelle gocce di cristallo
non avrebbero più rischiarato nessuna notte.
Lui la stava ancora
sognando. Sognava il volto di lei in controluce e il suo sorriso timido, i suoi
occhi fuggevoli sopra le guance un po’ rosse. No, non voleva che spostasse lo
sguardo, non voleva che si allontanasse, no… Toccarla… Voleva allungare una
mano e toccare quella pelle resa dorata dai raggi del sole, voleva trattenerla,
ma non sentiva abbastanza forze.
Ma lei si fermò. Aveva
capito. Il suo sorriso rifletteva adesso la vastità di un cielo fatto solo di
dolcezza, fatto solo per lui, e quella mano lo dissetava di una carezza che
aspettava da troppo tempo. Ecco, ora era immobile nella luce che la inondava
alle spalle, solo di luce vestita, luce ella stessa, adesso non sarebbe più
andata via, e lui non sarebbe mai stato solo. Lei restava lì, si lasciava
finalmente contemplare, toccare, abbracciare, perché non desiderava più volare
via altrove, ne era certo.Vedeva i suoi occhi avvicinarsi sempre di più e poi
socchiudersi con lentezza, poteva sentire i suoi capelli accarezzargli le
guance, spargersi sul suo viso, così, e poi avvertire due labbra di cristallo
cercare le sue, per seguire desideri che adesso erano di entrambi. Il tempo non
esisteva più. Tutto sarebbe durato per sempre.
Il distacco fu leggero.
Lei si tirò su lentamente, mentre lui si attardava con le dita tra i suoi
capelli. Quando anche l’ultima ciocca gli fu scivolata via dalla mano, lei fu
in piedi. Per un attimo, la sua pelle rifulse sotto i raggi, poi lei si coprì
col lenzuolo in un delizioso gesto pudico. Quanta tenerezza gli faceva… Adesso
che lei gli voltava le spalle, poteva piangere, per una volta. Vide ancora la
sua figura sfuocata attraverso il velo delle lacrime drappeggiarsi di nuovo
addosso, con gesti più ampi, la stoffa bianca… bianca…
E d’un tratto, lei voltò
il viso. E solo allora lui si accorse, con orrore, che il drappo candido che la
ricopriva era macchiato di rosso. Di… sangue. Sangue che scivolava denso e
imbeveva la stoffa sospesa al suo braccio, sangue che uccideva il candore
immacolato, sangue che avvolgeva di rubino e di bianco la sua esile figura.
Nessun sole brillava più dall’alta finestra. Solo una sottile falce di luna si
rifletteva adesso nello sguardo di nuovo impassibile di lei: una falce sottile
e affilata. Ma mai tagliente quanto il sorriso crudele che si aprì sul volto di
lei, mentre la stanza spariva vorticando in un turbine di piume nere, precipitava
in un abisso oscuro senza fondo dove poteva sentire solo il suo stesso grido
disperato, infinito.
Si svegliò in un bagno di
sudore. E il suo letto era vuoto.
--------------
----- dedico questo piccolo
racconto a Harriet, con un immenso GRAZIE… nonché a tutti quelli che, come me,
adorano la dolcissima coppia Sorata-Arashi, ei il mondo di X! Grazie di aver
letto, e spero che avrete qualche consiglio o commento da lasciarmi…