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Autore: corallina87    08/02/2010    4 recensioni
Arthur e Merlin non sono due semplici ragazzi che si amano. Il primo è il principe erditario di Camelot, il secondo il servo di quest'ultimo. Il principe è ha conoscenza del segreto del suo servo,lo ha accettato per quello che è: un Mago! Merlin libera il Grande Drago che riversa la sua vendetta contro Uther, attaccando il regno. Il giovane mago lo affronta e vince. Però tutta Camelot viene a conoscenza del suo piccolo segreto e secondo la legge di Uther viene condannato a morte. Quindi Merlin si sacrifica per la salvezza di ciò che considera "casa". La storia riprende un anno dopo i fatti narrati: Arthur ha perso la sua voglia di vivere. Ma la sua strada si intreccia con quella di un lupo dal folte pelo nero, con gli occhi così simili a quelli del suo mago! Inoltre Merlin riesce a mettersi in contatto con il suo principe attraverso i sogni. Una storia piena di enigmi, misteri. Vecchi e nuovi personaggi affiancheranno il giovane Arthur, chi come amico, chi come nemico. La domanda che vi accompagnerà in tutta la ff è: Riusciranno le due facce della stessa medaglia a riunirsi? Merlin riuscirà a ritornare dal suo principe? Bè spero di avervi incuriosito e spinto a leggere! Volevo informarvi che siccome la beta mi ha affiancato sl a ff iniziata, sta revisionando i primi cap in cui non c'è il suo zampino. Vi assicuro che adesso vanno molto meglio. Quindi se avete tempo, ridategli un'occhiata. Per adesso solo il primo cap. La storia è un paring Merlin/ Arthur.
Genere: Triste, Malinconico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Merlino, Principe Artù
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 Il Sacrificio di Merlin.(seconda versione).





Pov Merlin.


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Sono sempre stato considerato 'strano'.
Anormale, spesso malvagio, ecco come mi hanno definito coloro che guardavano con occhi diffidenti e cattivi la mia diversità.
Quando ero piccolo, gli credevo.
Se gli altri lo dicevano, perché avrebbero dovuto aver torto?
Giocavo sempre da solo, o al massimo con Will. Nessuno amava raccogliere la legna con me, o svolgere quelle semplici commissioni che di solito le madri assegnano ai figli per tenerli occupati.
Il mio dono era il Male, l'avevo capito.
Ma per quale motivo era stato dato a me?
Il piccolo, mingherlino Merlin, come poteva utilizzarli?
Fossi stato un uomo ricco, grande e potente... Invece no: l'unica cosa che possedevo era la Magia e la mia solarità.
Col tempo, le cose sono cambiate.
Dal mio arrivo a  Camelot, l'ultimo Drago -  imprigionato da Re Uther come monito per chi praticava la stregoneria -  mi aveva rivelato il mio destino: proteggere il Principe Arthur e fondare insieme a lui Albion, un regno di giustizia ed equità. Che fossi pronto o meno, non contava.
In cambio del suo aiuto per la realizzazione di questo nuovo mondo a dir poco utopico, dovetti promettergli che l'avrei fatto fuggire, per ritornare all'agognata libertà.
Dapprima, mi fidai di lui. Era saggio e accorto, mi avrebbe aiutato a salvare il regal deterano dell' Asino Reale, come l'avevo soprannominato subito.
Quando però, per la prima volta, notai quanto fosse spietato, finsi di non vedere.
Uccidere Mordred, sacrificare chi più amavo, far del male a Morgana, tramare alle spalle di Uther...
Non potevo accondiscendere, benché le sue richieste fossero, almeno in parte, motivate.
Andava contro ogni morale umana, contro tutto quel credevo, i miei principi.
E non sarei stato poi tanto diverso da Nimueh e dai Maghi malvagi che infestavano il Creato, divenendo un assassino.
C'erano altri modi, no?
Li avrei trovati.
Ne ero così certo, che diventai cieco e sordo: non mi impensierii al cambiamento di Lady Morgana, alla crudeltà del Re, non mi preoccupai di troppe, tante cose.
Sbagliai.
Ma il tempo correva...
Quando arrivò il momento di mantenere la promessa data, feci al Drago un' ultima preghiera: risparmiare Camelot dalla sua vendetta.
Lui mi rispose che troppe promesse erano già state fatte, che non avrebbe osservato altri giuramenti.
Quando il Drago fu liberato, riversò la sua furia - che comprendevo, certo, ma non potevo approvare - sul regno, e su persone innocenti la cui unica colpa era avere Uther per sovrano.
Egli sorvolava il castello, sprigionando dalle fauci immense lingue di fuoco. Le armi tradizionali non potevano nulla contro la sua immensa ira, che non accennava a diminuire; anzi, col passare dei giorni parve sempre più spietato, quasi che la sua soddisfazione gliene facesse bramare ancora, e ancora.
Aveva sete di sangue e fame di carne umana, desiderava soltanto vendetta. E vendetta ottenne, anche se non sull'unica persona che avrebbe dovuto perire per mano - o zampa - sua. Nonostante non amassi il pensiero, sarebbe stato meglio per tutti, se fosse stato Uther a morire. E non solo per la faccenda del Grande Drago.
Solo la magia poteva fermarlo, ma la mia non era abbastanza forte.
Serviva qualcosa di ben più atavico; qualcosa che condivideva la sua natura con quella dell'essere che stava devastando la città, che potesse dominarla e soggiogarla, sottometterla al suo volere.
Mi sentivo impotente: molte volte l'avevo usata per salvare Arthur, ma stavolta non sarebbe bastata.
Gaius si rese conto della tragica situazione in cui il Regno versava, e che la mia magia non era suficiente. Allora mi rivelò che c'era ancora una speranza per Camelot: trovare l'ultimo Signore Dei Draghi, Balinor.
Mi disse anche un'altra cosa, che avrei dovuto sapere, ma che mi era stata taciuta proprio da chi mi era caro: Balinor era mio padre.



    
                                                                                   ***



-  L'unica soluzione è trovarlo. Prepara le provviste. - mi ordinò Arhur con un'espressione decisa e la sua voce da 'Principe', quando lo informai. -  Al tramonto partiamo. -
- Parto da solo! Tu rimani qua a Camelot per organizzare le difese. - dissi senza guardarlo negli occhi, mentre preparavo la borsa per il viaggio. Se l'avessi fatto, non sarei mai riuscito a negargli nulla.
- Che stai farneticando?! Non ti lascio andare solo nelle terre di Cenred! - Esclamò, prendendomi per le spalle e voltandomi verso di lui. -  È pericoloso! - Aggiunse, quasi non avessi capito la portata dell'impresa.
- Arthur! I tuoi uomini contano su di te, non puoi abbandonarli per compiere un viaggio dove c'è la possibilità di fallire. - gli urlai contro, sull'orlo di un esaurimento nervoso.
- Se la caveranno senza di me!  Io mi preoccupo per te! - Si alterò a sua volta, come se mi sfuggisse qualcosa di troppo importante per non comprenderlo.
- Pensi che non riesca a difendermi da solo? -  sbottai offeso. Mi aveva preso per una donzella indifesa o cosa?
-  So benissimo che hai la magia dalla tua, però... - non riuscì a continuare, sembrava stesse cercando di trattenere le lacrime. Era già rassegnato, me ne resi conto all'istante.
Se non fosse stato così, in quel momento sarei già stato legato come un salame, solo per impedirmi di andare.
Sapeva quanto ero testardo, e che non avrei permesso che Camelot perdesse il suo miglior cavaliere in una missione con scarse probabilità di riuscita.
Nessuno dei due era stupido: era una spedizione semi-suicida.
- Non preoccuparti... Non ti sarà tanto facile liberarti di me. - scherzai, tentando di sdrammatizzare.
Quello poteva essere un addio... Alla sola idea mi si chiudeva la gola, e gli occhi mi pungevano crudelmente.
Non poterlo rivedere mai più...
No! Non dovevo nemmeno pensarlo, o sarei divenuto folle.
Lui parve provare le mie stesse sensazioni, poiché lo sentii ringhiare.
Mi attirò verso di sè bruscamente, posando le labbra sulle mie.
Fu un bacio violento, passionale, amaro; uno scontro di lingue e denti che si cercavano, bramosi di avere più contatto possibile, di conservarne il ricordo per i momenti di solitudine che tra poco avrebbero colto entrambi.
Sono stato fortunato a trovare Arthur. Ad essere amato da lui.
Ritornai con la mente a quando gli confessai la mia natura di mago, per poi passare al ricordo - ben più dolce e caro - al momento in cui ci dichiarammo l'uno l'altro il nostro amore. Grazie a lui avevo scoperto non solo il sentimento, ma anche la sensualità insita in esso, la lussuria che seduce ed ammalia, che ti rende schiavo senza utilizzare catene, come lo ero io.
In quei momenti non contava più nulla, non eravamo più principe o servitore - imprigionati in quei ruoli che odiavamo, barriere invisibili che ci rendevano come due abitanti della stessa casa che non si conoscono, orribilmente soli - , ma solo due semplici ragazzi innamorati e felici.
Avevo bisogno di sentirlo dentro di me, mi sentivo desiderato e accolto, protetto ma anche suo protettore. Ero fermamente convinto che nulla ci avrebbe mai separato.
Ma il tempo correva e mi incalzava, non ce n'era abbastanza per amarci ancora.
Quando ci staccammo, entrambi avevamo il respiro accelerato.
Poggiai la mia fronte sulla sua, in un gesto tenero, che però conteneva un immenso sconforto.
Avvertii le guance umide, non mi ero accorto che le lacrime che avevo tentato di trattenere stavano uscendo senza ritegno, togliendomi dignità e capacità di persuasione. Arthur me le asciugò con i pollici, sul volto un sorriso che sapeva di sofferenza e amarezza, ma anche di arresa.
- Sta' attento. Se non ritornerai, ti verrò a cercare ovunque tu sia e non potrai niente contro la mia furia. - mi disse. - Ricorda che sono il Principe di Camelot, e tu sei mio! -
- Come desiderate, Sire! -  sussurrai . - E voi invece rimembrate che siete il mio Asino Reale! - Replicai dispettosamente come al solito, baciandolo subito sulle labbra per non dargli il tempo di rispondermi.
Erano dolci e piene, morbide, e attendevano solo me per schiudersi ed accogliermi. Desideravo solo perdermici, e rimanere con Arthur per sempre, in quegli attimi unici e fuggevoli. Aveva il sapore di bacche mature.
Fu un bacio casto, pieno di promesse di ritorno e d' amore. Presi la borsa e uscii senza voltarmi indietro, ben sapendo che non sarei riuscito ad andarmene, altrimenti.
 




    

                                                                             ***






Stavo correndo il più velocemente possibile. Mancavo ormai da due giorni a Camelot e pregavo che non fosse successo nulla al mio Arthur.
Avevo fallito miseramente. Ma solo in parte...
Dannazione!
Era stato uno scherzo del Fato, quello.
Crudele e malvagio, inutile...
La mia impresa e la mia lontananza erano state dolorosamente vane.
Ero riuscito a trovare Balinor: si nascondeva in una caverna, nelle terre di Cenred.
Era diverso da come lo avevo immaginato; quel che trovai fu un uomo scontroso, burbero.
Ma il suo modo di essere era dovuto ai lunghi anni passati da solo, a nascondersi dalla furia ingiustificata di Uther.
Per convicerlo feci il nome di Gaius, colui che lo aveva fatto fuggire: e fu questo il tasto giusto: decise di ripagare il debito che sentiva di avere nei suoi confronti. Così, nonostante al potere ci fosse ancora Uther, decise di aiutarmi lo stesso, fosse soltanto per quegli innocenti che non avevano colpa alcuna delle azioni del loro Re.
Nella strada per Camelot, però,  fu ucciso per difendermi dalla spada di un soldato nemico.
Prima di morire mi rivelò che i poteri del Signore Dei Draghi si tramandano da padre in figlio, ma solo alla morte del primo.
L'unico modo per sapere se i suoi poteri erano stati dati anche a me dovevo affrontare il mio primo Drago.
Metodi più sicuri no, eh?
Come sarei riuscito a salvare Arthur e il regno?
Mi chiedevo incessantemente se ne avrei avuto la forza, oltre che il coraggio. Ma il solo pensiero di Arthur morto o ferito, per un mio errore... Era troppo.
Non avrei permesso che Camelot fosse distrutta senza nemmeno lottare!
Quando arrivai alle porte del regno vidi che le mura erano crollate. Non c'era nessuno in giro, nemmeno Arthur con i soldati.
Che fossero morti tutti? Deglutii a vuoto, annaspando.
No... C'era ancora speranza. Doveva esserci.
Si erano rifugiati dentro il castello. Non avrebbero resistito a lungo, prima o poi il Drago lo avrebbe raso al suolo.
Sì, era indubbiamente così.
Entrai dentro il castello, cominciando a percorrere i suoi lunghi e sfarzosi corridoi.
- Merlin! - mi sentì chiamare.
Gaius!
 - Come stai, ragazzo? -
- Sono vivo. - Mi limitai a rispondere.
- Cosa è successo mentre non c'ero? -
- Arthur ha fatto il possibile, ma non ha potuto niente. Aveva radunato dodici dei suoi migliori cavalieri per fronteggiare il Drago...  Siamo riusciti a recuperare solo lui, ma - -
Non gli diedi il tempo di parlare, interrompendolo.
- Come sta?  - Domandai sconvolto. - È ancora vivo, non è vero? -  Quasi lo supplicai, sentendo l'universo tremare alla notizia.
- Ha due costole rotte e qualche graffio. Ma sta bene, si riprenderà. -
Sta bene, sta bene, sta bene... Ripetei tra me e me con sollievo.
Avevo rischiato di perderlo, e non ero nemmeno lì con lui!
- Dov'è? - Lo pregai. - Voglio vederlo!- Ingiunsi, l'urgenza di constatare con i miei occhi le sue condizioni stampata a chiare lettere nella voce.
- È nelle sue stanze. Ha continuamente chiesto di te. Anche quando lo hanno portato ferito dalla battaglia. - Mi sorrise con gentilezza.
Lasciai Gaius all'istante, e mi diressi correndo da Arthur.
 Arrivai davanti la porta della sua stanza col cuore che batteva all'impazzata per la corsa e per il pensiero di averlo vicino, a pochi passi da me.
Entrai senza bussare, come al solito.
-  Gaius, hai notizie di Merlin? - chiese Arthur con tono ansioso e preoccupato; era sdraiato sul letto, a torso nudo e con il torace fasciato da bende di lino.
- Sono tornato. - risposi mostrandomi e sorridendo felice.
- Merlin? - tentò di alzarsi. - Sei qui. Sei tornato da me! -
- Ovviamente. - Feci, e subito mi avvicinai al letto, per impedire a quell'Asino avventato di muoversi. - Eravate cosi preoccupato che non c'è l'avrei fatta, Sire, e invece vi ritrovo qui, ferito, impossibilitato addirittura nell'alzarvi... Da che pulpito arrivava la predica! - Lo presi in giro.
- Anche tu mi sei mancato, Idiota. -  sbuffò, alzando gli occhi al cielo..
- Stupido! Perché diamine hai affrontato il Drago? Sapevi che era impossibile batterlo! - Singhiozzai, serio. - Sei vivo per un miracolo. Se fossi... Se fossi morto io...! -
Arthur mi afferrò un polso.
- Merlin, dovevo almeno provarci... Tu non arrivavi, la gente moriva, tutto bruciava... Cos'altro dovevo fare? Ogni cosa ardeva, il popolo aveva bisogno di vedere che i suoi sovrani agiscono per tentare di salvarla. Non potevo starmene con le mani in mano. - Disse, calmo e deciso. Ma scorgevo una scintilla di disperazione nel fondo dei suoi occhi.
- Piuttosto: sei riuscito a trovare tuo padre? - Aggiunse, tentando di alleggerire l'atmosfera cupa che si era andata a creare per via dei nostri discorsi.
- Sì. - Replicai, il cuore stretto in una morsa di dolore.
- Allora siamo salvi! Dov'è? Dobbiamo farci aiutare da lui! -
- Arthur, mi dispiace... Siamo stati attaccati dai soldati di Cenred... E si è messo davanti a una freccia destinata a me. -
Vidi la paura lampeggiare sul suo volto, assieme allo sconforto.
- Cosa? Tu stai bene? - Mi strinse più forte, come ad accertarsi che fossi reale.
- Non vedi? Sono integro. - Replicai amaramente. Peccato che lo fossi solo io - Invece tu sei conciato male. Ho incontrato Gaius.-
- Non è niente! Solo qualche graffio. - Si difese, e mi fece segnale di avvicinarmi.
Mi sdraiai al suo fianco, e voltai il capo verso di lui. I nostri occhi si incrociarono e incatenarono; non riuscii a non pensare a quanto mi fossero mancate le sue labbra.
Avvicinai la mia bocca alla sua, e lentamente le unii, riscoprendo la sensazione di averlo accanto a me, di baciarlo.
Lo sentii mugolare dolorosamente, e capii che per sbaglio avevo sfiorato il suo torace con il braccio, provocandogli una certa sofferenza.
Nonostante ciò, non diede segno di volersi fermare, anzi mi attirò più vicino.
Fui io a staccare per un attimo le labbra dalle sue, così invitanti, preoccupato per le sue ferite.
- Perdonami, non volevo. -  Mi scusai.
- Va tutto bene. - Fece con voce roca, tornando a torturarmi con denti e lingua, facendomi gemere.
Percepii le braccia calde di Arthur stringersi attorno ai miei fianchi, e una mano scivolò sotto la maglia, accarezzandomi languidamente il petto.
Quanto lo desideravo...E, a giudicare dalle sue reazioni, anche lui doveva provare le stesse sensazioni.
Sentivo la sua eccitazione premere contro la coscia.
- Arthur, non credo sia il caso. Sei... Ahhh... Fe-ferito....-  Balbettai, ansimando.
Dannazione!
La sua mano era scesa verso la mia risvegliata erezione, accarezzandola e vezzeggiandola con lascivia e malizia mal celata, senza darmi soddisfazione, facendomi soltanto bruciare ancora di più.
- Non m'importa. Ti voglio. Ho bisogno di sentirti. -
Annuii, affamato delle sue attenzioni, cominciando lentamente a spogliarmi, davanti ai suoi occhi bramosi. Mi guardava famelico, senza avere la possibilità di fare null'altro che guardare. Non poteva muoversi, quindi dovevo occuparmi tutto io. Ma ciò non mi dispiaceva, anzi, aumentava il desiderio che mi scorreva sotto pelle.
Quando finii gli sfilai i calzoni chiari, mettendomi a cavalcioni su di lui, e muovendo il bacino sul suo lo lasciai entrare dentro di me, non badando alla patimento che l'azione mi dava.
Lo sentii sussultare e mugolare, rimandendo però immobile; si aggrappò ai miei fianchi come fossero un'ancora di salvezza, spingendosi più a fondo, mentre io gemevo di puro dolore, la vista offuscata.
Il piacere dopo pochi affondi mi travolse completamente, e mi ritrovai a mordermi le labbra per non urlare, aumentando il ritmo.
Senza appigli, mi puntellai sul cuscino dove era appoggiata la testa di Arthur, le mie mani ai lati del suo capo che ogni tanto stringevano capricciose qualche ciocca color del grano, quando i brividi di godimento diventavano tanto intensi da farmi rischiare il crollo.
Oh, in quei giorni lontano da lui ero stato come in astinenza, e ora volevo di più, tutto e subito, molte volte; le sensazioni che provavo erano intensificate dalla mancanza, e mugolavo ad ogni spinta, gettando a più riprese il capo all'indietro, unendomi a lui esigente e desideroso di sentirlo mio.
 Qualche volta udivo un suo sospiro di dolore, quando il torace si muoveva troppo, ma mai si lamentò, ma addirittura accolse la mia fame di lui con entusiasmo, condividendola e alimentandola.
Solo quando facevo l'amore con Arthur, mi sentivo finalmente completo: riuscivo a toccare il cielo con un dito, tutte le paure per il futuro si dissolvevano, diventando inconsistenti e sciocche.
Solo quel che provavamo e l'altro contava, il resto del mondo rimaneva - in un'attesa sì perseverante e implacabile, ma impotente - chiuso fuori dai quartieri del Principe.
Arrivammo al culmine insieme, mormorando ripetutamente i nostri nomi, come fossero un appiglio tra i flutti di un mare tempestoso.  Numi, era così appagante e giusto sentirlo sciogliersi dentro di me!
Sembrava quasi lo scopo delle nostre vite.
Il nostro Destino, no?
Mi staccai con calma da lui, sdraiandomi accanto al suo corpo accaldato e soddisfatto, sotto le coperte.
Lo avvertii posare la testa sulla mia spalla, accoccolandosi nell'incavo tra collo e clavicola, solo i capelli chiari e lucenti visibili. Sorrisi intenerito: a volte Arthur era proprio un bambino, un innocente infante bisognoso di coccole altrettanto ingenue.
- Ti amo - Mi sussurrò.
- Anche io, Asino Reale! - Ghignai, per poi chiudere gli occhi e cedere al sonno, cullato dal suo respiro regolare e tranquillo.




  
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