10/02/2010
1 recensioniChe voleva una SebastianGrell e invece si deve sorbire una UndertakerCiel.
Porti pazienza, My Lady, con questo Maggiordomo <3
Detto questo, buona lettura a tutti voi :3
Small
Quella bocca…
Quella bocca era piccola, contornata com’era da due labbra pallide e delicate – incredibilmente morbide al contatto.
La lingua che si celava al suo interno era sinuosa come la figura di un serpente che striscia per terra, tra i piedi degli ignari. Lo stesso veleno portava, lo stesso sfacelo celato da ipocrita ingenuità.
Era dolce, come quella di un bambino – esperta come quella di chi ha inteso l’inferno e le sue disgrazie.
Bastava appena stuzzicarla nel modo giusto, vezzeggiarla con particolare mestizia, e si lasciava penetrare senza porre tanta resistenza.
Il Becchino lo sapeva bene quando il giovane conte amasse essere riverito, anche in quella sciocchezza che è il rituale d’amore. Non voleva un amante scialbo, non si accontentava di chi non riusciva a seguirlo nelle assurde richieste di fanciullo viziato. Se concedeva anche un solo gemito caldo, voleva che questi fosse inteso come il più prezioso dei doni.
Undertaker lo sapeva, per quello assecondava ogni capriccio con un sorriso sulle labbra che gli intenditori avrebbero reputato solo falso – Ciel era così cieco alle volte, rinchiuso nel suo orgoglio smisurato.
L’uomo, da essere immortale quale era, godeva semplicemente di ciò che gli veniva donato, surclassando ciò che invece dava.
Quella bocca…
Oh, in quella bocca avrebbe passato tutto il suo tempo infinito.
Con le dita ad annegare nella soffice criniera scura che copriva leggera la testa di Ciel, col suo giovane corpo addossato al proprio – quasi si stesse aggrappando, le unghie piantate nella schiena in profondità – gli occhi chiusi e la gola serrata, il signor Becchino dimenticava persino di sorridere. Le sue orecchie si riempivano di ansimi e di sospiri scottanti; tanto bastava.
E se un suono troppo viscido infastidiva il buon gusto del giovane Conte, facendogli storcere il piccolo naso increspando la pelle della fronte in tante piccole rughe graziose, Undertaker stringeva le lunghe braccia attorno al suo busto, rivolgendogli uno sguardo tenero e dolce – quasi gli perdonasse ogni cosa semplicemente perché lui, perché uomo finito – e continuava a baciarlo, imperterrito, fino a sentire i suoi muscoli rilassarsi nuovamente.
Alla fine, Ciel era il primo a stringergli le braccia al collo, dimenticandosi volentieri di ogni reticenza che lo avrebbe allontanato. Il senso comune, il pudore, persino l’orgoglio perdevano di senso di fronte al sorriso dissacrante e ultraterreno con cui il giovane veniva elogiato costantemente.
Tirannico, il Conte pretendeva in cambio ogni brandello di attenzione.
Ma per quella bocca…
Quella bocca che, tanto piccola, conteneva tutto il veleno del mondo – l’odio impazzito, quale nettare più sublime per un Dio – tanto piccola, conteneva ogni delizia terrena – nulla di più di quella lingua sapeva di dolce, neppure una parola dettata dal cuore.
Così, fintanto che ne aveva tempo, il Becchino godeva dei piaceri che la Terra generosa gli riservava, fin troppo conscio dell’attimo che cattura la vita umana per non restituirla mai più – guardato di soppiatto da due occhi rossi che reclamavano l’ultimo atto.