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Autore: ElderClaud    11/02/2010    4 recensioni
Ma mai come in quelle nottate Grimmjow si era sentito incredibilmente a disagio.
E più le coincidenze aumentavano, più il sospetto che quel cretino si fosse per davvero preso una infatuazione per lui cresceva.

Altra avventura paradossale. Per saperne di più, leggete!
Genere: Generale, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Jaggerjack Grimmjow, Kurosaki Ichigo, Kurosaki Isshin
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Raining Stones'
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Questa è una storia abbastanza assurda, però ho faticato comunque a farla!

Fino ad adesso è una delle oneshot più lunghe che io abbia creato, e le vicende al suo interno, ovviamente, si allacciano ad altre mie precedenti oneshot, ossia “piccole confidenze”, a “giochi pericolosi” e a "Reflection's Morning" (con quest'ultima è legata profondamente. Praticamente è il seguito). Inoltre, non ringrazierò mai abbastanza EFP per aver creato il sistema delle serie, e questa shot va dritta nella serie “Raining Stones”, che attualmente raccoglie tutte le AU che ho scritto su Bleach.

Avvertenze! Per leggere questa oneshot, dovete essere muniti di un forte senso dell'umorismo XD

siete avvisati! E buona lettura.

Ps: se vi chiedete il perchè di termini ebraici all'interno della storia, sappiate che è tutta colpa di una strip comica trovata su DeviantART, che ha dato il via a tutto questo mio “mondo”.




{ Malizia




Il riposo.


Il sacro dono che Dio ha dato agli uomini.


Persino un individuo attivo come lo era Grimmjow Jaggerjack, sentiva alle volte il bisogno di riposarsi e staccare la spina. Proprio lui che era sempre pronto all'azione, e sempre intenzionato a cercare l'avventura. Ma dopo un mese o giù di li, di sonno sottratto nelle ore notturne per appostamenti così estenuanti da distruggere persino un guerriero, aveva bisogno di buttarsi a letto e dormire.

Quindi non ci fu da stupirsi, che quel lunedì mattina il poliziotto volesse rimanere a letto e sprofondare in un eterno sonno. Si era preso tre giorni di riposo, anche perchè sabato e domenica aveva il bambino a casa, mentre lunedì Inoue tornava a riprenderselo e tornare a casa da quell'ansioso di suo fratello. Sia maledetto Sora e la sua influenza su di lei.

Ma in quei tre giorni non era comunque riuscito a chiudere occhio. Sia perchè doveva badare a suo figlio di poco più di quattro anni, sia perchè l'operazione che stava svolgendo era delicata, e doveva quindi portarsi letteralmente il lavoro a casa.

Si era passato il sabato e la domenica sera appostato alla ricetrasmittente e al cellulare – nel caso i ragazzi si fossero trovati troppo lontani dal raggio d'azione – a dar ordini e monitorare i loro movimenti. Dando loro dritte e comandi perchè, anche se Jaggerjack era stato degradato da tenente a poliziotto comune, per i suoi ragazzi rimaneva comunque il loro sire.

Un uomo testardo e forse un tantino brutale, con un senso dell'onore e giustizia così distorto che alle volte sembrava più un vendicatore che un uomo di legge. Un atteggiamento ritenuto poco simpatico dai delinquenti che arrestava, e dai suoi stessi superiori.

E ora, dopo che aveva fatto le ore piccole stando sveglio tutta la notte lanciando non poche imprecazioni, si era tuffato a peso morto sul letto matrimoniale distrutto e stressato. Alle sei in punto del mattino la missione era conclusa. L'arresto di quegli spacciatori avrebbe atteso che il sommo Jaggerjack si fosse messo in forze, poi se ne sarebbe parlato di retate e robe varie.

Non si era neppure tolto i vestiti, e se sua moglie lo avesse visto sul letto con quei sudici stivaletti da cowboy, lo avrebbe assillato all'infinito di toglierseli immediatamente.

“Che si fotta...” Borbottò rivolto a se stesso uno stanchissimo Grimmjow.

Era distrutto dalla stanchezza e questo lo rendeva facilmente irritabile.

Come se non bastasse poi, da ormai un anno il suo divorzio con Orihime lo stava assillando di brutto, e per questo faceva persino fatica ad addormentarsi la sera. Come in quel preciso momento.

Gli occhi si ribaltavano in continuazione all'indietro, ma mai che riuscisse ad entrare nell'abbraccio di Morfeo.

Tant'è che il braccio sinistro, involontariamente andò ad allungarsi sul lato del letto che era vuoto, normalmente occupato da quella che un tempo era la sua donna.

Malinconicamente vuoto, e questo lo rese ancor più frustrato di prima.

Non c'era giorno che si chiedesse perchè quella stronza non volesse più stare con lui. Ma anche se una vocina nell'intimo gli diceva che sapeva il vero motivo, lui arrogante com'era la ignorava sempre.

Non era vero, e non era così. E la colpa era soltanto sua di lei che non aveva compreso le motivazioni di suo marito sul posto di lavoro. Stesse motivazioni che lo avevano poi portato ad essere degradato, e a trovarsi così la busta paga ridotta.

E si, ok! Il fatto che avessero un mutuo ventennale da pagare per l'appartamento che avevano preso una volta sposati, non giovava affatto quella punizione.

Senza contare che il lavoro di Inoue all'ospedale, si stava facendo incerto. Con tutti i tagli di personale medico che stavano effettuando, non c'era da stupirsi che una semplice infermiera come lei si sarebbe ritrovata presto a casa.

Morale della favola, i litigi tra i due si fecero sempre più seri, e alla fine la storica pazienza di Orihime si ruppe definitivamente.

Lasciandogli come amara sorpresa una volta tornato a casa dal lavoro in una sera di metà settembre, un bigliettino sul tavolo della cucina che semplicemente diceva che se voleva continuare a parlare con lei, doveva farlo tramite avvocato.

Quel momento fu davvero strano, perchè invece di arrabbiarsi e gridare incazzato nero, fece una cosa che lo sorprese tantissimo. Che mai si sarebbe immaginato di fare.

Si limitò ad accartocciare quel foglietto con rabbia repressa, e a buttarlo nel cestino della spazzatura prima di andarsene a dormire sbattendo la porta di camera così forte, che con tutta probabilità il vecchio vicino di casa Barragan lo aveva udito.

Forse ciò che gli faceva davvero male, era l'essere troppo orgoglioso e il non ammettere le proprie colpe. Tenendosi quindi tutto dentro, come un bambino imbronciato.

Ma appunto, prima di ammettere tutto questo, di acqua sotto i ponti ne sarebbe dovuta passare, dato che il divorzio che stava vivendo, non faceva altro che renderlo ancora più confuso.


Poi infine, ecco che il sonno lo stava ormai per abbracciare del tutto, causa una infinita stanchezza psicologica e fisica. Chiudendo gli occhi infine e immergendosi così nel buio ristoratore.

Papà! Papà!! Ci sei? Stai dormendo?! Giochiamo a guardie e ladri?!”

Piccola rettifica.... Stava dormendo! E a distarlo da quel sonno consolatore, era stata la vocina squillante di suo figlio. Si esatto, la piccola pulce doveva essersi svegliata presto e doveva essere nel pieno delle sue forze, a differenza del proprio padre.

Mugugnando stanco e assonato quindi, Grimmjow si ritrovò a voltare faticosamente la testa verso la creatura che, totalmente tranquillo, lo guardava con occhi sgranati e con indosso ancora il pigiamino azzurro.

Ma perchè suo figlio aveva occhi così simili a sua moglie? Dio.. Ogni volta da un anno ormai, si sentiva a volte a disagio a guardarlo.

“Ehi pulce... – mugugnò lui trattenendo uno sbadiglio cavernoso – papà oggi è un po' stanco... non ha voglia di giocare a guardie e ladri per cui lascialo riposare, ti va?”

l'espressione del bambino non era riuscito a vederla con certezza, ma gli sembrò comunque di sentire un “va bene” piuttosto deluso dalla creatura.

Seriamente, non aveva energie per affrontare il bambino. Anche se di norma adorava giocare assieme a lui – e mettere nei loro giochi pure Kurosaki, dato che un po' di cattiveria non fa mai male – ma non a quell'ora e non quel giorno. Voleva dormire e basta, e quando finalmente chiuse gli occhi per la seconda volta, gli sembrò di toccare il paradiso.

Per questo, in quel momento di beatitudine assoluta, il povero Grimmjow non avvertì uno strano strillo divertito proveniente dal corridoio, e in meno di due secondo gli parve di ricevere un infarto gratuito.

Ohhh!”

Una improvvisa fitta alla schiena, lo risvegliò completamente facendogli aprire di scatto gli occhi stanchi e mandando l'adrenalina a mille in tutto il suo corpo.

Ci vollero circa dieci secondi al povero poliziotto, per capire cosa fosse successo, e cosa fosse caduto sulla sua schiena così forte da fargli prendere un colpo del genere.

“Papà! Allora giochiamo agli indiani?”

Con terribile fatica, il giovane uomo riuscì a puntellarsi sui gomiti e voltare il capo verso la schiena, solo per osservare di scorcio un bambino seduto a cavalcioni su di lui allegro e speranzoso.

“Ma... Ma che cavolo ti prende eh?!”

Il povero padre si ritrovò a sbottare tali parole tra il sorpreso e l'indispettito, senza comunque trovare una nota ferita nello sguardo del piccolo monello. Che anzi, aggrottò le sopracciglia perplesso senza apparentemente capire quello che il genitore voleva dire.

“Hai detto che non volevi giocare a guardie e ladri... Quindi vuoi giocare agli indiani, giusto?”

Grimmjow si ritrovò a sbattere le palpebre gonfie di sonno represso, in un moto di totale perplessità mista ad incredulità. Ci volle un po' per capire cosa il piccolo stesse facendo.

“No senti – scrollò il capo come a voler stemperare il nervoso – papà non vuole giocare a nessun tipo di gioco, ok?”

Non ci fu bisogno di dirgli altro o di cacciarlo via in malo modo, che la creatura si imbronciò delusa e scese dal letto letteralmente amareggiata. Lasciando finalmente solo il genitore, che non ci pensò due volte a sospirare esausto lasciandosi cadere sul materasso con ancora le lenzuola intatte.

Stupefacente come alle volte sembrasse, ma forse era un dubbio, che quel marmocchio lo facesse apposta a tormentarlo così. Che si divertisse a torturare il proprio genitore.

Affondò la testa nel cuscino quasi vergognandosi di quel pensiero momentaneo, perchè era impossibile che a quattro anni un bambino potesse già covare una simile cattiveria. Magari era semplicemente stressato pure lui da quella situazione familiare così complessa, non a caso ne Grimmjow, ne Orihime, avevano detto nulla a lui su quello che stava succedendo.

Ma per quanto il suo povero cervello stesse pensando tutte le possibili variabili di quel comportamento così tedioso, dovette ancora constatare che in camera qualcuno di sua conoscenza era entrato a piccoli passi.

Sbuffò seccato rivolto al cuscino che accoglieva la sua faccia, e voltandosi ancora di lato verso la sponda del letto, vide ancora quegli occhi argentati che lo guardavano assolutamente imbronciato.

In silenzio, e quasi offeso.

“Che vuoi adesso...?!”

Con quale forza riuscì a porre tale domanda non lo sapeva, ma la risposta non tardò ad arrivare.

“Papà... Voglio una sorellina!”

I casi erano due: O ci si metteva a piangere per l'esasperazione, oppure si sospirava sconfitti e rassegnati a quel tormento. Ebbene, Grimmjow optò per la seconda opzione.

Lasciandosi sfuggire un sospiro frustrato, ma allo stesso tempo malinconico.

“Figliolo... Credimi! Io la sorellina te la darei volentieri ma... Io e mamma abbiamo litigato e...”

“Ma voi due litigate sempre! Non potete semplicemente fare pace?” piagnucolò.

“Non... – l'esasperato padre si massaggiò l'attaccatura del naso con l'indice e il pollice – non è così semplice per noi adulti... Io... Ho fatto arrabbiare mamma più del solito...”

Era una scusa che il bambino sembrava non riuscire a bersela del tutto, come a dire che gli adulti erano tutti dei gran bugiardi.

Poi, dopo l'espressione rabbuiata, ecco che quella speranzosa tornava ad affacciarsi in quel faccino solo in apparenza innocente e buono.

“Allora, posso avere un cane?”

Alle volte non poteva credere che non ci fosse un pizzico di malizia nei discorsi del bambino, ma poi lasciava sempre correre, perchè i problemi erano altri. E le stesse richieste che poneva erano sempre quelle.

Sorellina, o in alternativa un cane. Non c'era una graduatoria tra le due, ma dato che a Jaggerjack non piacevano affatto i cani – preferiva di molto i gatti – lui di gran lunga avrebbe preferito dargli la sorellina per ovvie ragioni.

“Devi deciderti una buona volta, o la sorellina o il cane. Io sarei propenso alla prima opzione comunque” borbottò infine lui.

Ormai esausto e abbandonando il volto sul cuscino, soffocando in parte una risposta che non permetteva poi tante repliche.

Deluso quindi, il bambino se ne andò dalla camera a passi pesanti. E il padre finalmente, poté chiudere gli occhi e addormentarsi di colpo.


Ma non dormì che cinque minuti scarsi, una mera frazione di secondo se paragonato alle ore sottratte dal lavoro, che la vocina costante di suo figlio tornò alla carica e con insistenza.

“Ehm, babbo?”

Ora la sua vocina si era fatta più titubante e quasi preoccupata, ma per svegliarlo del tutto il bimbo lo scosse un poco con ambo le mani. E borbottando, il padre affranto dovette ancora una volta svegliarsi.

“Ma che c'è adesso?”

“C'è un signore alla porta, credo sia il dottore...”

Quelle paroline lievemente preoccupate, ebbero il potere di destare del tutto Grimmjow dal suo riposo, facendolo addirittura scattare a sedere come se avesse ricevuto la scossa elettrica.

Per cercare di ragionare poi, si portò una mano ai capelli scompigliandoli così ancor di più, e con fatica – trattenendo un sospiro di stanchezza – si alzò dal letto per vedere cosa stesse succedendo.

Prendendo sottobraccio il figlio, e avviandosi a grandi passi verso la porta di ingresso posta in fondo al corridoio. Ragionando sempre più a mente lucida, per quanto ne potesse il suo cervello stanco, e venendo colto da un tremendo senso di inquietudine mentre si avvicinava sempre più alla porta color mogano.

La porta era aperta, ma il chiavistello era inserito, e la catenina dorata tesa al massimo. Si prese un appunto mentale di ripetere a suo figlio di non aprire a nessuno. Compresi certi dottori che potevano risparmiarsi di strisciare fino a casa sua!


Lui di dottori fissi non ce ne aveva, al massimo ci pensava Inoue quando stava male, ma l'unico medico fisso era il pediatra di suo figlio.

Un uomo che Grimmjow conosceva bene, perchè a sua volta aveva seguito lui da bambino, e ora seguiva il suo marmocchio. E cosa ancor più singolare, si era ritrovato a scontrarsi con lui negli ultimi tempi, con esiti a dir poco imbarazzanti. Che non solo lo avevano esasperato nell'ultimo mese, ma quasi spaventato nonostante quell'uomo non fosse cattivo di suo.

E quando aprì del tutto quella maledetta porta, quasi con lentezza per giunta, quella strana paura che da tempo provava, si materializzò all'istante.

La prego! La scongiuro! Mi perdoni!!”

Isshin Kurosaki, pediatra di suo figlio nonché padre di quel coglione di Ichigo Kurosaki, si espresse velocemente con testuali parole una volta che aprì quella benedetta porta.

Ma la fitta peggiore che a Grimmjow scocciava chiamare “paura”, la cosa che gli bloccò il fiato in gola e gli fece spalancare gli occhi dal più assoluto stupore, fu che quel bastardo puntò addosso alla sua stanca figura un corposo mazzo di fiori scarlatti.

Si esatto, erano dei fiori raccolti in un mazzo elaborato comprato fresco dal fiorista quello che distanziava dal suo viso pochi centimetri.

E Dio, quanto avrebbe preferito trovarsi davanti la canna di una pistola anziché quella roba così disgustosa e... e... Dio, non gli veniva il nome da tanto che era sotto shock!

Così ambigua ecco. Fottutamente ambigua come tutti i suoi comportamenti e richieste di scusa avvenuti prima di quello.

Se prima odiava solo il figlio perchè un fottuto arrogante, ora si ritrovava ad odiare anche il padre. Un uomo che si era involontariamente messo in mezzo alla sua missione, tanto che forse avrebbe dovuto sparargli la notte stessa che gli salvò la vita.


Tosto, il poliziotto si riscosse da quello stato letteralmente pietrificato e, scuotendo la testa borbottando incacchiato al dottore di “attendere un minuto”, sbatté la porta di casa e si avviò a grandi passi verso il soggiorno con ancora il figlio sottobraccio.

E in soggiorno, si trovava nientemeno che il balcone che confinava con quello dei Luisenbarn. I padroni di tutto quel piccolo condominio, ed ex proprietari dell'appartamento che gli avevano venduto.

Jaggerjack aveva decisamente la rabbia a mille in quel momento, e il fatto che avesse più di una vena che pulsava nelle sue tempie, era solo il risultato di tanti piccoli episodi che lo avevano fortemente stressato. Fino a farlo diventare incazzato nero.

Una volta che si fiondò in balcone, non dovette neppure star li a sbraitare il nome della moglie di Barragan perchè, ambo i coniugi, erano seduti in balcone a svolgere faccende che a lui minimamente interessavano. Stavano sbucciando della verdura per la precisione, ma era una cosa di scarso interesse.

Ehi... Luisenbarn!”

Tuonò d'improvviso lui, attirando così le occhiate perplesse dei due. Barragan lo guardava con occhiata torva, mentre quella matta di sua moglie – avvolta in un grembiule da massaia – lo guardava tra il perplesso e il curioso.

Che vuoi Jaggerjack?”

Il vecchio burbero lo guardò ovviamente storto, non solo per la maleducazione con cui si era presentato, ma anche per il bambino che aveva sottobraccio. Una piccola peste che Barragan mal sopportava.

Non ce l'ho con te vecchio... Ce l'ho con tua moglie!”

Non era del vecchio che al poliziotto interessava l'attenzione, ma della moglie di cui era ben noto l'affetto che provava per il bambino.

Si, Grimmjow?”

Ehi, lo vuoi il bambino...”

Non completò neppure la domanda che quella già aveva dato la sua risposta affermativa ad alta voce, soppiantando così il “no” del burbero marito. Era incredibile come quella donna fosse ossessionata dal bambino, tanto da farsi chiamare da lui stesso “nonna”.

Ad ogni modo, passò dal proprio balcone a quello dei Luisenbarn il bambino – lasciandogli la raccomandazione di fare il bravo – e una volta che Rangiku lo prese in braccio, si avviò nuovamente in casa non dando quasi retta al vecchio che gli chiedeva cosa stesse accadendo di così urgente da lasciare li il bambino.

Anche se a Barragan dava fastidio la presenza del piccolo, per quel giorno se lo sarebbe tenuto. Grimmjow aveva ben altro da fare, e aveva un coglione fuori dalla porta che lo attendeva, e lui era tutto intenzionato a mettere la parola fine a quella follia!

Niente... Ho un coglione fuori dalla porta che mi aspetta!”


Ancora una volta avrebbe preferito che alla porta ci fosse stata una pistola puntata anziché un mazzo di fiori, perchè questo gli dava un senso di nervosismo tale che era disposto a tutto per sistemare la faccenda. Senza però coinvolgere il bambino.

Ma cosa ben più peggiore mentre stava tornando alla porta – deciso a sistemare non il solo responsabile, ma ambo i responsabili dato che era colpa di Ichigo se il padre era così idiota – era rimembrare tutto l'episodio che aveva generato il dramma.


[…]


Aveva scelto un pessimo momento per farsi rapinare.

Non che esistesse un momento buono per carità, ma in quel momento Grimmjow stava svolgendo un lavoro piuttosto delicato.

E non poteva studiare le mosse di presunti trafficanti di droga se qualcuno rovinava la sua copertura. Già il fatto di essersi vestito in un modo così squallido da risultare ridicolo, non era un punto a suo favore.

Ma gli informatori suoi parlavano chiaro, c'erano strani movimenti nella zona, ed era una zona fortemente battuta da prostitute e da transessuali.

Ecco perchè Grimmjow Jaggerjack vestiva di striminziti abitini di pelle vagamente femminili, e di una parruccona bionda facente la parte della capigliatura oscena di una prostituta altrettanto oscena.

Una donna tutt'altro che credibile, e forse fu quel suo aspetto a dir poco mostruoso a far battere in ritirata il rapinatore scaltro e fatto.

Delle urla dietro l'angolo lo avevano attirato fortemente, dato che uno gridava minaccioso, l'altra voce invece cercava di farlo ragionare. Una rapina in piena regola insomma.

Non aveva neppure dovuto tirar fuori la pistola dalla borsetta, che il suo solo passo incerto sui tacchi alti e la sua voce tutt'altro che femminile, bastarono per far fuggire l'idiota che stava per far saltare tutta la missione.

Ma non si sarebbe mai aspettato che la vittima fosse Isshin Kurosaki, nientemeno che il pediatra di suo figlio.

Ah... La ringrazio infinitamente signora!”

A quelle parole di puro ringraziamento, Grimmjow lo guardò con sufficiente perplessità, ma non stette a badarci troppo e decise di tornarsene alla sua postazione.

Si... Beh, è stato un piacere”

Bizzarro come il dottore non avesse ancora capito chi si trovava davanti, ma anzi, lo guardava con occhi stranamente quasi infatuati. Stava diventando una situazione abbastanza imbarazzante in effetti, quell'uomo doveva seriamente frequentare un'altra donna che non fosse il poster gigante di quella morta di sua moglie!

No a-aspetti un attimo! Io... Le sono grato per avermi salvato la vita davvero, e...”

Mi fa piacere, ma ora devo tornare a lavorare eh”

Io vorrei ringraziarla, signora! Mi permetta di offrirle un caffè almeno...”

Sapeva che in quel momento avrebbe dovuto sparargli anche a costo di finire in galera.

Invece aveva bofonchiato qualcosa e poi se ne era andato via velocemente da li. Lasciandolo solo come un innamorato respinto.

Ma se pensava di aver archiviato così il caso si sbagliava di grosso, e quel tizio insulso iniziò a tormentarlo quasi ogni sera in cui lui si appostava.

Oh, ma guardi che coincidenza! Anche lei qui!”

Ovvio... Sto lavorando!”

Ma mai come in quelle nottate Grimmjow si era sentito incredibilmente a disagio. E più le coincidenze aumentavano, più il sospetto che quel cretino si fosse per davvero preso una infatuazione per lui cresceva. Tanto che le sue risposte prima disinteressate per scollarselo di dosso, si fecero più aspre e quasi arrabbiate.

Era incredibilmente insistente, ed ogni volta che accidentalmente lo incontrava, doveva affrontare brevi colloqui paradossali con quell'uomo. Rischiando di far saltare tutta la missione.

Senta... Una donna nobile come lei non dovrebbe battere per strada, davvero”

Devo farlo se voglio ottenere ciò che voglio, ora se ne vada per favore!”

Ma se è una questione di operazione per cambiare sesso poss...”

Non voglio farmi operare, maledizione!!”

Quella discussione poi era quella che lo aveva messo più a disagio di tutte, dato che lo sguardo dell'uomo si fece misteriosamente speranzoso a quella sua affermazione negativa.

Peggio di quando gli diceva che aveva dei bellissimi occhi e lui si limitava a dire un “grazie”piuttosto scettico e disinteressato.

Oh... Ma davvero?”

Si davvero.

E quegli occhi che sembravano brillare di gioia lo terrorizzarono nel profondo. Lui, il Re! Era terrorizzato da un uomo di mezza età che si stava rincretinendo e divenendo un pervertito schifoso.

Quello era troppo, quello era toccare il fondo, e lui era troppo nel giusto per caderci. Quindi anche a costo di far saltare la missione, imprecando e soffocando una bestemmia, si tolse il parruccone biondo per mostrargli una zazzera di capelli color ghiaccio tipica di una sola persona. Contraendo la voce in un ruggito smorzato, mentre il volto del dottore si faceva pallido, conscio di chi aveva davvero davanti.

Questa è una operazione di polizia signor Kurosaki, e lei sta intralciando le indagini! Se ne rende conto vero dannazione??!”


[…]


Se ne era reso conto il caro Isshin, ma invece di migliorare le cose, Grimmjow le aveva solo peggiorate.

Da dopo quell'episodio umiliante all'inverosimile, per un po' il dottore non si fece vedere. Ma se lo ritrovò poi in giro in pieno giorno – si in pieno giorno – con richieste di scusa più o meno plateali.

Ovunque e non solo in una strada deserta, ma persino dentro un centro commerciale pieno di gente, al parco quando ci portava il bambino e addirittura in centrale! Facendo ridacchiare non pochi colleghi, mentre si portava quasi in ginocchio e gli offriva dei cioccolatini.

Vedere quel bastardo di Luppi ridersela sotto i baffi nell'osservare quella scena così equivoca, lo rese quasi pazzo di rabbia.

Tutte scene di dimostrazioni di scusa che trasudavano malizia e parevano più gesti di innamorato lasciato e ferito, che di sentite scuse di chi ha commesso un errore madornale.

Si intrometteva nella sua vita come un amante che cercava di rimediare al danno.

Semplicemente disgustoso e sconveniente, che lo metteva in imbarazzo e in ridicolo davanti a tutti. Colleghi compresi. E se lo avesse saputo Orihime... Dio non avrebbe più saputo che fare a quel punto!

Quindi reprimendo ancora un moto di rabbia convulsa, il poliziotto aprì la porta di casa con una violenza tale che lo stesso dottore che attendeva fuori, si prese un lieve spavento.

Ah... È ritornato presto vedo”

Il mazzo di fiori corposo ancora in mano, così rosso che dava quasi fastidio osservarlo. E per di più, quel bastardo era vestito di bianco ed estremamente elegante. Ciliegina sulla torta poi, aveva la kippah in testa. Roba che non aveva mai indossato neppure al Bar Mitzvah di suo figlio, e lo stesso Ichigo gli rinfacciava spesso di non essere molto educato in certe cose. Detta così in modo metaforico.

A lui però non fregava un accidente, ma vederlo ad un certo punto così rispettoso delle tradizioni solo per lui, poco ci mancò che gli ringhiasse contro. Ma si limitò a guardarlo male, molto male.

Con occhi così furenti che lo stesso Isshin parve deglutire dal terrore.

Impossibile che suo figlio, ossia Ichigo, non sapesse di avere un padre così. Uno che si lamentava tanto di lui, ma che a conti fatti non faceva proprio nulla.

Grimmjow ci aveva provato a parlare con quel fottuto bastardo sulla questione di “padre pervertito”, ma ogni volta le parole gli morivano in gola per il troppo imbarazzo, e quindi ogni occasione per parlare a testa ramata sfumava causa un orgoglio smisurato.

E forse fu la situazione esasperata aggravata da un orgoglio smisurato che, mentre ancora guardava furente uno spaventato dottore, la sua mente improvvisamente si avvelenò di un ennesimo pensiero.


Oh ma chi prendeva in giro? Ichigo sapeva che suo padre faceva così... Lo faceva apposta per metterlo in difficoltà!


Un pensiero malsano ma che ebbe, comunque, il potere di alleggerirgli la testa e di rendergli le cose tutte più chiare e lucide.

Quindi, con la testa momentaneamente alleggerita, si ritrovò d'improvviso a scendere le scale del pianerottolo, ignorando totalmente il dottore che lo guardò giustamente stranito.

Stranito perchè quel burbero poliziotto ci si era letteralmente fiondato su quelle scale, dandogli quasi una spallata nell'atto di raggiungere i gradini e a scendere a gruppi di due. Quasi rischiando di cadere per giunta.

Si sarebbe anche disinteressato di quel comportamento particolarmente aggressivo, se non fosse stato che Grimmjow iniziò a ruggire il nome e il cognome di Ichigo, come se fosse lui il colpevole di tutta quella faccenda.

Quindi profondamente turbato da quello che stava accadendo, si portò pure lui sulle scale inseguendo quella belva che più che camminare pareva correre. Aprendo di colpo le porte dell'androne, e fiondandosi sul vialetto bagnato e umido a causa di una pioggia caduta l'altra notte.

Kurosaki! Kurosaki Ichigo!! esci immediatamente da quella catapecchia e affrontami!!”

i ruggiti di Jaggerjack coprivano le richieste di mantenere la calma di Isshin, attirando invece l'attenzione dei condomini alle loro spalle, e un Ichigo che stava proprio in quel momento uscendo di casa. Una villetta a schiera che distava dal condominio una decina di metri, ed era abitata prettamente da ragazzi che frequentavano l'università. Come suo figlio ad esempio.

Il dottore avrebbe usato anche le maniere forti per fermare il poliziotto impazzito, quanto meno in passato. Ma era in evidente stato confusionale e di shock a causa di una serie di sfortunate coincidenze che avrebbero stecchito persino il più paziente degli uomini.


Osservando quella scena inusuale per essere il primo mattino, il giovane ragazzo dalla vistosa capigliatura ramata, si ritrovò a sbattere le palpebre con perplessità notando due individui che lo stavano raggiungendo quasi correndo.

Uno era Grimmjow, un vecchio “amico” di infanzia, l'altro era invece quel deficiente di suo padre.

Il primo gli stava berciando contro, l'altro invece pareva la mortificazione fatta a persona mentre tentava di domarlo con fioche parole di difficile comprensione.

Ma che cazzo succede...?” sussurrò un perplesso Ichigo.

Notando tra le altre cose, che suo padre era vestito bene ed aveva in mano pure un mazzo di fiori! E che cos'era quella cosa che aveva in testa?

Dovette allungare lo sguardo e assottigliare le palpebre per poterla riconoscere, ma il suo vecchio in testa portava una kippah in linea con il completo bianco. Pazzesco, più quei due idioti si avvicinavano, e più notava dei dettagli che lo portavano a dedurre che era successo qualcosa di grosso.

Che poi, che gran bastardo di un padre! Mettersi la kippah il lunedì mattino quando non se l'era messa manco per il suo Bar Mitzvah!

Ma smise di fare considerazioni indignate quando con un balzo aggressivo Grimmjow saltò i due gradini che davano alla veranda della villetta, e prese Ichigo per il colletto della giacca sportiva. Cogliendolo di sorpresa e rendendolo ancor più perplesso e seccato per quella strana vicenda.

Oh animale!! Che cazzo stai facendo, Grim...”

In risposta ebbe solo un ringhio cupo e bestiale, più una supplica da parte di suo padre che chiedeva a quel fottuto bastardo se “per favore” lasciava in pace il figlio perchè “lui non c'entrava niente”.

Doveva ripeterselo: Cosa diamine stava succedendo?

Ma non riuscì a darsi una risposta perchè, in quegli attimi concitati, il possente poliziotto lo spinse verso casa aprendo di colpo la porta di ingresso.

Le scapole di Ichigo iniziarono a vibrare dal dolore per il colpo subito, ma finalmente si riscosse da quel torpore psicologico e decise di affrontare quel bastardo psicopatico.

Mollando un pugno deciso sulle mani dell'avversario con quanta forza aveva in corpo, liberandosi così della ferrea presa.

Razza di bastardo! Cosa diavolo ti prende eh?!”

Si allontanò da Jaggerjack giusto un paio di passi per mettersi sulla difensiva, mentre il criminale si massaggiava le mani colpite da un pugno a tradimento.

Dalla cucina intanto, due degli inquilini di Ichigo – ossia Renji e Yumichika intenti a fare colazione – si affacciarono sull'uscio della porta incuriositi da tale fracasso. Senza però, reagire per bloccarli.

Ignorando la presenza dei due ignari spettatori, e concentrandosi unicamente sul bastardo che gli era sfuggito di mano, Grimmjow parlò.

Tu... Lurido bastardo! Ci godi a tormentarmi non è vero? Eh...?!”

La situazione era paradossale, e lo stesso Ichigo si ritrovò a sbattere le palpebre senza capire, mentre l'elegante dottore si portò una mano al volto esasperato, e gli altri due in cucina si lanciarono occhiate perplesse e dubbiose.

Ma che cosa sta...”

Tuo padre mi molesta Ichigo!! E tu lo lasci fare! Lasci che mi tormenti perchè non te ne frega un cazzo dato che si tratta di me! Ma sai una cosa... Eh?! Mi sono rotto i coglioni di te! Fallo smettere bastardo!!”


Silenzio in casa.

Dopo che Grimmjow parlò così – e tutto d'un fiato – ad un Ichigo sempre più sconvolto, il silenzio calò giù freddo e cattivo in tutto il piccolo soggiorno.

Era qualcosa di palpabile come la tensione che stava crescendo sempre più, e che sapeva di pura adrenalina mista a sconcerto.

Il poliziotto dopo aver parlato – anzi, sbraitato – si ritrovò letteralmente a fiato corto. Tanto che iniziò a boccheggiare per riprendere il respiro.

Il dottore accusato di tale orrido delitto invece, si massaggiava gonfio di vergogna il volto, mugugnando parole di scusa verso il figlio e verso la vittima di tali equivoci, cercando di nascondere il mazzo di fiori nel portaombrelli accanto alla porta, senza sapere che il figlio lo aveva già notato da tempo. E con tutta probabilità ora avrebbe capito tutto.

Dalla cucina, ora con la porta perfettamente chiusa, giungevano delle risate che si facevano sempre più grasse e divertite, che solo loro erano un termometro perfetto per scandire la rabbia di Ichigo che stava sempre più aumentando.

Renji e Yumichika avevano fatto bene a chiudersi in cucina per ridere in modo sguaiato di quella sua orribile disavventura. Certo che, Renji rideva come una scimmia e Yumi sembrava una donna isterica...!

e nel mentre quei due bastardi ridevano, nella testa di Ichigo stava succedendo qualcosa di straordinario. Improvvisamente il caos dovuto alla situazione scemò, e si svuotò di tutti i pensieri meno che uno.

Un solo pensiero fisso, che gli fece dimenticare che quel mattino doveva andare presto all'università a causa di un esame, oltre a fargli dimenticare tutto il resto di avere degli inquilini ed un padre dentro casa.

Una sola voce malevola e vera che dentro di lui, si faceva strada nel cervello e non poteva fare a meno di dargli retta.


Perchè quella voce dentro di lui aveva ragione, e non si trattava di semplice rabbia repressa. Nossignore.

Figlio di puttana...”

Quella voce velenosa lui ogni tanto la sentiva, ma non la esternava mai perchè decisamente poco conveniente e troppo primordiale, ora si stava facendo sentire di brutto e non aveva più barriere morali.

Una cosa che gli intaccava i nervi e la vista, facendogli venire un convulso tic all'occhio sinistro, mentre assumeva una espressione a dir poco folle mentre la pelle si faceva cadaverica per il troppo pallore dovuto allo sconcerto.

... Che... Che cazzo hai fatto a mio padre, fottuto bastardo?!”

Perchè non era vero che quel deficiente di suo padre ci aveva provato con Grimmjow.

No non lo era, e la voce glielo ripeteva costantemente in quel suo cervello vuoto di pensieri, andando a sbattere in ogni dove. La verità era un'altra e la voce lo stava mettendo al corrente.

Crudele e cattiva, la realtà – come quella voce – era che Grimmjow stava attentando alla dignità di suo padre. Non poteva essere l'incontrario dannazione!

Altro che travestimento per spiare dei trafficanti di droga, quel teppista si vestiva da battona perchè lui si prostituiva per davvero!

Tuttavia quella mezza domanda che uscì da un volto tirato e sorridente di cinismo puro, sconvolsero un provato Grimmjow, che guardò testa ramata quasi andando nel panico.

I-io?! Che cosa ho fatto io...??! Ma sei scemo?!”

Mentre parlava quasi non si accorse che Ichigo ripeteva sussurrando solo una frase, ossia “figlio di puttana” con una certa costanza. Continuando quindi, a rimanere sulla difensiva e seppellendo con la sua voce prepotente i sibili di un ragazzo che stava per scoppiare.

Io non ho fatto un bel nulla! È lui che mi tormenta cazzo! - indicò dietro di se un distrutto e ormai impotente Isshin – è lui che non mi lascia in pace! È lui che...”

Figlio di puttana!! Muori!!”

Stavolta il sibilo crebbe a dismisura, e le sguaiate parole di offesa si tramutarono in una minaccia di morte concreta.

Il tic all'occhio sinistro di Ichigo si fermò, e il volto si tramutò in una maschera folle d'odio e desiderosa di vendetta, nei confronti di chi stava vituperando il suo onore e quello dello stupido padre.

Cogliendo sia Grimmjow, sia il genitore di sorpresa, con quasi la bava alla bocca Ichigo Kurosaki letteralmente si lanciò contro l'odiato “amico” come un lupo affamato su un povero agnello.

Gridando rauco e quasi irriconoscibile, spintonò entrambi fuori dalla porta, accanendosi in particolar modo contro il proprio vicino.

Caddero sulla veranda con un gran fracasso – alcuni vasi di gerani si ruppero – finendo poi tutti e tre sul vialetto poco distante.

E li, con ormai sia gli inquilini della villetta, che quelli del condominio che osservavano, si compì un massacro senza eguali. E senza che nessuno dei spettatori combinasse qualcosa per fermarli.


[…]


Dall'alto del secondo piano della palazzina di proprietà di Barragan Luisenbarn, un uomo sulla quarantina d'anni e dai lunghi capelli argentati, osservava con occhi preoccupati dal proprio balcone, quello che sembrava un vero e proprio campo di battaglia.

Vi erano chiazze di sangue ovunque sul vialetto, e le aiuole erano letteralmente devastate. Proprio come se si fosse svolta una guerra con tanto di fanteria a cavallo in quel piccolo angolo residenziale.

Jūshirō Ukitake non fece fatica a connettere che tutto quel casino, fosse stato causato da quel suo vicino di casa violento e ingestibile, e che di professione faceva il poliziotto.

Ci abitava sopra, e quindi bene o male lo conosceva, e sapeva perfettamente quando perdeva le staffe. Quella mattina ad esempio, era un esempio lampante di quanto fosse irascibile e impetuoso, e ora giaceva a terra sfinito assieme ad altri due individuo conciati non propriamente bene.

Buon giorno, signor Ukitake”

L'improvvisa cupa voce del vecchio Luisenbarn, destò da quel macabro spettacolo l'uomo che si costrinse a guardare in basso verso il primo piano.

Il vecchio proprietario lo salutò con una lieve alzata della pipa, di conseguenza lo psicologo aziendale lo salutò con un cenno di capo e il saluto verbale.

Buon giorno a lei Luisenbarn, non crede che... Ehm, sia magari il caso di chiamare la polizia? Direi che ora come ora non possono più colpirsi...”

A quelle parole tornò a guardare la scena di battaglia con una certa preoccupazione mista a disagio. Non era la prima volta che succedeva una mezza rissa, ma qui si era toccato il fondo.

In effetti ha ragione professore – il vecchio Barragan tirò su con la pipa e lasciò che il fumo uscisse dalle sue labbra con tranquillità, prima di continuare ancora – ma forse sarebbe anche il caso di chiamare una ambulanza...”

L'anziano proprietario aveva ragione, e per tanto lo stesso Ukitake si trovò in profondo accordo. Tanto che, quasi come un fulmine, si fiondò in casa per fare la fatidica telefonata.


E una volta rimasto solo, il vecchio Barragan lasciò ancora che il fumo gli riempisse i polmoni, mentre constatava quasi con delusione che lo spettacolo, per quella mattina, era già finito.

Peccato, hanno già finito di menarsi. E io che avevo appena iniziato a divertirmi...”


ma nel dire quelle parole, non vi era nessuna malizia da parte sua.

   
 
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