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Autore: Mapi D Flourite    11/02/2010    4 recensioni
SPOILER! 6x03, What Kate does
[James/Juliet]
«Juliet,» comincia, e in quel preciso istante si sente l'uomo più felice sulla faccia della Terra. Chi se ne frega se sono bloccati su una stupida Isola che viaggia nel tempo? Chi se ne frega che, oltre quell'oceano, avevano altre vite, altri destini ed altre storie? Ora sono lì. Ora sono loro. E sono felici. «Juliet, vuoi sposarmi?»
Genere: Romantico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Juliet, Sawyer
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Titolo: Everything must be perfect
Pairing: James/Juliet
Rating: G
Conteggio  Parole: 1344
Warnings: SPOILER!, Fluff
Spoiler: 6x03 What Kate does

Note: Io ho assoluto bisogno di Fluff. Per ciò che ho visto e, in buona parte, anche per ciò che ho letto (buon Dio!): in questo momento ho bisogno di coccole, sostegno morale e che qualcuno mi rassicuri che andrà tutto per il meglio. (Ma per adesso mi sa che mi dovrò accontentare delle coccole e del sostegno morale...)
Dunque, che dire di più? La 6x03 mi ha dato quella bella botta finale che non è arrivata durante la 6x02, e per questo tutto il mio essere si è teso nello spasmo di scrivere questa shottina, di modo che mi tirassi un po' su il morale.
È riuscita nel suo intento? No, sto peggio di prima, ma almeno ho fatto qualcosa di costruttivo nel frattempo. *lovva*

Disclaimer: Lost appartiene a J.J. Abrams, Damon Lindelof, Jeffrey Lieber e alla ABC, che ne detengono tutti i diritti. Non è scritta a scopo di lucro, ma di ludo, esclusivamente principalmente il mio.

Dedica: A Ilaria, una DonnaH – con la d e l'h maiuscole –, senza la quale non so se riuscirei a superare questo delicatissimo momento.
Perché il Suliet non era la coppia che ci faceva battere il cuore. Il Suliet, semplicemente, È. ♥

-:-:-

Si alza in piedi e fa un respiro profondo. Ha gli occhi chiusi, la testa buttata all'indietro e respira lentamente, agitando le mani per togliersi la tremarella dalle dita e dalla voce.
Ok, può farcela. Sa che può farcela. È solo questione di trovare le parole giuste.
Si schiarisce la voce, respirando più velocemente e, alla fine, quando crede di essere pronto, finalmente guarda davanti a sé, gli occhi carichi di trasporto.
Vai così.
«Juliet Burke,» inizia e la lingua gli rimane impastata in bocca mentre le parole gli muoiono in gola. Così non va affatto bene.
Troppo formale, troppo freddo, troppo pomposo.
Loro non sono così. Si lecca le labbra, aggrottando le sopracciglia e si schiarisce la voce di nuovo, rilassando le spalle.
«Julie,» tenta, con voce più rilassata, come quando si china verso di lei per farle una confidenza, o solo per parlare, del più e del meno, seduti l'uno accanto all'altra sul divano; per rubarle un bacio al sapore di tè e biscotti la mattina prima di uscire di casa per andare al lavoro.
Ma non va ancora bene.
Inspira a fondo, di nuovo, e guarda ancora davanti a sé, sempre più determinato.
«Juliet.» E questa volta è perfetto. Il nome gli scivola dalle labbra come acqua, perfetto nella sua interezza e spoglio di qualsiasi fronzolo che non riuscirebbe mai a renderlo più bello di quanto non sia già.
«Juliet,» ripete, ascoltando il suono della sua voce spandersi nella stanza e riecheggiare su ogni dettaglio che lo circonda, su ogni oggetto e mobile che porta distintivo una traccia di lei.
Si china, abbassandosi sul ginocchio destro, e solleva il viso giusto quel poco che è necessario. «Juliet, sposami.»
No, no, no, no.
«Juliet, vorresti farmi l'onore di… oh, accidenti!» Si alza in piedi e gira in tondo per la stanza, passandosi le mani nei capelli arruffati per scostarseli dal viso e impreca due, tre volte. «Merda.»
Perché diavolo era così difficile?
Fa ruotare la testa per scrocchiarsi i nervi del collo, da una parte e dall'altra, e torna indietro, sbuffando e rimettendosi in ginocchio. «Ok, facciamolo come si deve, mh? Juliet, amore mio... Perché milioni di uomini in tutto il mondo riescono a fare questa cosa senza problemi e io invece mi sento un perfetto imbecille?»
Si lascia cadere a terra, le gambe incrociate e si prende la testa tra le mani mentre sente la frustrazione montargli in petto fino quasi a farlo impazzire.
Si morde il labbro inferiore e sospira, affranto, tirandosi fuori dalla tasca un sacchettino di velluto blu da cui fa scivolare fuori un anello in oro bianco sormontato da un solitario che brilla, colpito dalla luce del sole, mentre lui lo fa oscillare tra le dita, guardandolo con un sorriso beato che non si accorge nemmeno essergli spuntato sulle labbra.
Solleva la mano verso l'alto, continuando a guardare l'anello. «Vuoi sposarmi?»
E le parole gli gonfiano il petto, mentre si sente quasi tremare dalla forza della propria voce.
E capisce che è così che deve essere.
Si alza di nuovo, mettendosi in ginocchio, e solleva ancora gli occhi mentre tende l'anello in avanti con un sorriso che fatica a non veleggiargli sulle labbra.
«Juliet,» comincia, e in quel preciso istante si sente l'uomo più felice sulla faccia della Terra. Chi se ne frega se sono bloccati su una stupida Isola che viaggia nel tempo? Chi se ne frega che, oltre quell'oceano, avevano altre vite, altri destini ed altre storie? Ora sono lì. Ora sono loro. E sono felici. «Juliet, vuoi sposarmi?»
«James?»
Lui scatta in piedi quando sente la sua voce, di fretta, sbattendo il ginocchio contro lo stipite del letto. Cazzo! Guarda la porta chiusa, terrorizzato, aspettandosi da un momento all'altro che lei la apra e lo trovi lì, così, con quell'aria da imbecille che sicuramente si ritrova, le mani strette sul ginocchio e l'anello incastrato per miracolo tra le dita.
«James, sei in casa?»
Ok, forse poteva far finta di non esserci. Forse poteva uscire dalla finestra senza che lei si accorgesse di niente e rientrare dopo di lei, mettendo al sicuro l'anello e la sua dignità.
«Horace mi ha detto che sei rientrato prima.»
Dannazione a Horace!
«James?»
Si guarda intorno, atterrito, e deglutisce più volte, imponendosi calma. Forse poteva ancora salvare tutto quanto. Forse. Sente i suoi passi avvicinarsi dal corridoio. Non può rovinare tutto adesso, non può, vuole che tutto quanto sia assolutamente perfetto. «James, ma ci sei?»
«Sì!» Si ritrova ad urlare, più per riflesso incondizionato, mentre lo sguardo vaga per la camera alla ricerca di qualcosa che possa venire in suo soccorso. E la vede.
«Sei in camera? Va tutto bene?»
«Sì.» Si getta a terra, sotto l'armadio aperto, e tira fuori quella vecchia scatola si scarpe che Juliet lo ha pregato di buttar via almeno un migliaio di volte. «Sì, tutto ok. Sto…» infila alla rinfusa l'anello nella sua custodia e lo sistema in un angolo della scatola, richiudendola e stringendola possessivamente tra le mani. «Tutto bene. Sto arrivando.»
Getta la scatola sotto al letto e fa appena in tempo a sedersi che la porta si apre, rivelando la figura longilinea e sorridente di Juliet. Lui le sorride, boccheggiando, e lei si ferma sulla porta, un sopracciglio inarcato. «James, va tutto bene?»
Lui annuisce, cercando di mostrarsi il più convincente possibile. «Sì.»
«Ti fa male una gamba?»
Si toglie la mano che ha ancora appoggiata sul ginocchio come se scottasse o, peggio, fosse un'ammissione di colpa. «Ho sbattuto contro il letto,» confessa, incominciando a ridacchiare.
Juliet gli si avvicina e lui si irrigidisce quando lei cerca di appoggiargli una mano su una spalla. La donna sbatte le palpebre e lo guarda, preoccupata. «Sei sicuro che sia tutto a posto?»
«Ma sì, sì, non preoccuparti.» Le prende una mano nella sua e l'attira verso di sé cercando le sue labbra con le proprie.
Il contatto è breve e Juliet si ritrae subito, ridendo. «Dai, sono ricoperta di olio.» Gli sfiora una guancia con la punta delle dita e lui le bacia la mano, senza staccare gli occhi dai suoi.
«Anche ricoperta di olio sei splendida, biondina.»
Lei arrossisce e si allontana, voltandosi per guardare nell'armadio. «Come mai è aperto?»
«Volevo fare ordine.»
Si gira a guardarlo, un sopracciglio inarcato. «Be', non mi sembra molto ordinato.»
«Stavo cominciando, ma poi sono sbattuto contro il letto...»
Juliet ride e forse crede perfino a quella storia assurda. O forse non vuole semplicemente avere niente a che fare con i disastri che lui stava sicuramente combinando. «Vado a farmi una doccia,» annuncia, aprendo i suoi cassetti e infilandosi la biancheria pulita sotto il braccio. «E poi preparo la cena, ok?»
Lui sorride. «Ok.»
«Faccio subito.»
«Prenditi pure tutto il tempo che vuoi, dolcezza.»
Juliet si dilegua, chiudendosi la porta alle spalle e lui si butta sul materasso, gli occhi spalancati rivolti al soffitto.
«C'è mancato un pelo,» soffia, sentendo piano piano tutta la tensione sciogliersi. Si passa una mano sulla faccia, continuando a sospirare e sbuffare, immaginando cosa sarebbe potuto accadere se lei lo avesse scoperto.
Doveva trovare un posto dove nascondere la scatola in cui lei non si sarebbe mai sognata di guardare – quindi no nel suo armadio, né nel suo, né in cucina, in bagno, nelle tasche dei suoi vestiti, nel cassetto della biancheria, tra la roba che usava per radersi, tra i suoi attrezzi... Maledizione alle donne e al loro essere quelle che gestiscono la casa!
Si alza nuovamente, stirando i muscoli della schiena, e raccoglie la scatola da sotto il letto, portandosela in grembo.
Si sofferma un attimo a guardarla, con il capo piegato leggermente di lato, e accarezza distrattamente il coperchio bianco mentre inizia a sorridere di nuovo: glielo avrebbe chiesto al momento giusto, avrebbe solo dovuto aspettare un altro po'.
Solleva lo sguardo e i suoi occhi si soffermano sul cassettone che giusto una settimana prima avevano piazzato sotto la finestra. Un'idea inizia a farsi strada nella sua mente e, proprio in quel momento, sente lo scroscio dell'acqua della doccia.
Il suo viso si illumina e, risoluto, si alza in piedi alla ricerca di qualcosa che possa essergli utile, prima di iniziare, delicatamente, per non far troppo rumore, a spostare il mobile strapieno.
Lì sotto non sarebbe andata a guardare. Doveva solo far piano mentre sollevava le assi di legno o, in alternativa prepararsi una buona scusa.
Ancora un altro po', e sarebbe stato tutto perfetto.


  
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