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Autore: Bad Girl    12/02/2010    5 recensioni
“ogni decisione che prendiamo, lascia dietro di sé una traccia…” Ed Edward lo scopre a sua spese... [Storia dedicata al mio amore -Roy Mustang sei uno gnocco- per il suo compleanno]
Genere: Romantico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Edward Elric, Roy Mustang, Un pò tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Haloa! Bene bene, allora, sono qui per un’occasione particolare.
Anzi, direi speciale.
Questa storia è dedicata ad una delle persone più importanti del mondo per me, perciò spero vi piaccia.
Spiegazioni a fine storia.
Buona lettura!

 

 

Era passato un anno da quando Edward aveva fatto ritorno a casa Rockbell.
Nessuno aveva fatto domande su quella bizzarra inversione di marcia, ma quando se lo erano visto arrivare sotto la pioggia, Pinako, Winry ed Alphonse non avevano avuto il coraggio neppure di immaginare cosa gli fosse capitato.
Il biondo, ovviamente, non si era neppure sognato di dare spiegazioni, figurarsi, non era il tipo…
E per giorni non aprì bocca, non un fiato.
Si limitava a fissare il vuoto oltre il vetro della sua finestra che, casualmente, puntava, in linea d’aria, verso Central City.
Lì aveva preferito lasciare la sua vita, lasciare tutto ciò che aveva di più caro, persino i suoi ricordi.
Bruciavano troppo per poterli sopportare.
Era passato un anno da quando Edward era tornato il solito strafottente di sempre, tanto da sembrare spensierato come un tempo.
Sembrava si fosse ricostruito da solo, pezzo per pezzo, e probabilmente rinforzato con una recinzione difficile da superare persino per il fratellino.
La depressione nella quale era caduto era stata troppo grave da non avere ripercussioni sul suo futuro… e quello era il risultato.
Nessuno ancora conosceva le motivazioni di tutto ciò, ma quando videro un viso famigliare bussare alla loro porta, la famigliola Rockbell riuscì, per la prima volta, a capirci qualcosa.

 

-Buongiorno, Edward è in casa?-

 

 

 

Il vento, quel giorno, era pungente, tanto da far male alla pelle e provocare un acuto bruciore.
Il biondo si sfregò le mani tra loro, soffiandoci sopra, nel disperato tentativo di portare un po’ di sollievo alle falangi congelate.
Come tutti i giorni, da un anno a questa parte, quella mattina, era tornato a far visita alla tomba della madre e stava per congedarsi.
Restava lì per un’oretta o due, nel più totale silenzio, a fissare quella lapide di fredda pietra, gli occhi dorati come … vuoti .
Dopo essersi scostato per l’ennesima volta i lunghi capelli biondi dal viso, prese a scendere la collinetta che riportava al sentiero per casa, quando scorse, da lontano, villetta Rockbell… ed un’elegante automobile nera parcheggiata nello spiazzale antistante la porta.
Inarcò un sopracciglio, mentre un’inquietante curiosità s’impossessava di lui, tanto che le gambe si mossero velocemente da sole.
Il sentiero non gli era mai sembrato così lungo e sofferto, il freddo, oramai, neppure lo sentiva.
A fargli mantenere un passo costante e rapido, solo quell’insensata voglia di scoprire chi fosse venuto a far visita.
Mano a mano che si avvicinava, però, il proprio cuore prese a fare capriole, come se avesse capito, come se avesse avvertito il proprio gemello battere poco distante da lui e fosse impaziente di raggiungerlo.
Chi era?
Chi era venuto a disturbare la sua quiete?
Chi era venuto a disturbare la sua quiete proprio ora che l’aveva ritrovata?
Inconsciamente lo sapeva, ma si rifiutava di crederlo.
Piuttosto si sarebbe fatto del male fisico, ma non avrebbe mai accettato una cosa simile.
Non poteva accettare una cosa simile.
Il suo cuore non avrebbe retto una seconda volta, non avrebbe potuto rincollare i pezzi questa volta.
Perché stavolta sarebbero svaniti per sempre.

 

“ogni addio richiede una preparazione, ma il più delle volte, la vita ci coglie impreparati”.

 

E lui, per l’ennesima volta, non era pronto.
Arrivò con il fiato corto nello spiazzale, le iridi di oro fuso puntate su quella porta che gli avrebbe svelato la verità.
Ma era proprio sicuro di volerla sapere?
Senza che nemmeno se ne accorgesse, la mano si era appoggiata sul pomello e la chiave era già nella toppa.
Un profondo respiro prima dell’oblio…

 

-sono a casa- annunciò con voce grave ed affannata, un po’ tremante per paura di risentire i pezzi del proprio cuore scollarsi e polverizzarsi .
-Edward, siamo in salotto- fu l’accorata risposta di Pinako

 

Il biondo avvertì chiaramente di deglutire a vuoto.
La salivazione era a zero, completamente a secco.
Le gambe si mossero da sole, come negli ultimi minuti, dirigendo l’intero corpo verso il salotto.
Avvertiva il peso del proprio cuore farsi più pesante ed insopportabile, la colla sciogliersi ad ogni passo, i battiti aumentare freneticamente, tanto che temeva il cuore gli sarebbe uscito dal petto e saltellasse per ogni dove nella stanza.
Gli occhi si serrano un secondo prima di vedere per intero salotto e li riaprì in un solo istante.
Un forte senso di nausea lo colse improvviso, insieme ad un capogiro, tanto che dovette appoggiarsi, con la schiena, allo stipite della porta.
L’uomo accorse per soccorrerlo, preoccupato.

 

-cosa ci fa qui, signor Hughes?- fu la domanda che uscì dalle labbra pallide del biondo alchimista, mentre tentava di riprendersi.
Il suo cuore, nel mentre e lentamente, tornava a ricomporsi, un po’ più malmesso di prima, ma fortunatamente intero.

-Edward… io… sono qui per un motivo che puoi ben comprendere…-
-no, non lo comprendo-
tagliente, la recinzione si era ricoperta di pericoloso filo spinato.
L’uomo sospirò pesantemente, prima di sorridergli con immensa dolcezza.
Era come un figlio, quel ragazzo, non l’avrebbe lasciato allo sbaraglio.
Estrasse, dalla tasca sinistra della lunga giacca nera, una lettera senza mittente.

-questa è per te… e… riprendi fiato, perché mi sa che ti verrà voglia di correre- gli consigliò, facendogli un tenero occhiolino, prima di andare a tranquillizzare i tre spettatori di quel bizzarro avvenimento.
Nel mentre, le mani tremanti dell’Alchimista d’Acciaio, avevano raccolto da quelle di Maes, quella busta con solo segnato il destinatario.
Ed avvertì chiaramente il vuoto sotto i propri piedi, quando riconobbe quella calligrafia…
Dovette respirare diverse volte, prima di riuscire ad aprirla.
Poche righe, sinteticità tipica di quel bastardo…

 

“ogni decisione che prendiamo, lascia dietro di sé una traccia…”

 

-Edward!- fu l’ultima parola che avvertì chiaramente provenire dalle labbra di Winry, prima di sbattere la porta di casa e cominciare a correre.
Correre, correre.
Correva a perdifiato, ignorando il polmoni che bruciavano e chiedevano vendetta al cospetto del cielo, ignorando le gambe tremanti ed il dolore alla milza.
Ignorava il suo corpo che si ribellava a quella sua disperata corsa verso la stazione di Resembool.
Maledetto, maledetto, maledetto!
Perché tornava proprio adesso?
Chi si credeva di essere?
Nessuno sottostava ai suoi comodi! …
… Ma allora perché stava correndo come un forsennato da lui?
Perché le gambe non rispondevano al suo comando e si arrestavano?
Perché il suo cuore lo spingeva a continuare?
Troppe domande gli tormentavano la mente, tanto che le tempie pulsavano con immenso fastidio.
In meno di venti minuti, fu all’ingresso della stazione.
Il fiato corto, il corpo un fascio di nervi doloranti, gli occhi a cercare quasi con disperazione la figura di quell’uomo che lo aveva condotto lì, le mani a stringere quel pezzo di carta dalla calligrafia elegante.

 

-sei venuto…-

 

E fu come se il tempo si fermasse ed il resto scomparisse.
In quegli attimi, solo l’urlo straziante del proprio cuore.
La colla brucia le ferite…
Dalle labbra di Edward non un suono.
Solo un gancio sinistro, che partiva e raggiungeva, diretto, lo zigomo destro dell’uomo, che cadde pesantemente a terra.

 

“A volte, le parole non bastano ad esprimere un sentimento…”

 

E poi un bacio, sofferto, disperato, vorace, ardente come una stella.
Due forti braccia a cingere quello che, a confronto, sembrava il corpicino fragile di un bambino.

 
-perché sei tornato?- la lecita domanda di due occhi colmi di lacrime trattenute e la rabbia di un sentimento che, invece di affievolirsi, è tornato sempre più prepotentemente a crescere giorno per giorno.
-perché mi sono accorto che senza di te non vivo-
-e la vita normale che tanto volevi?-
-tu sei la mia vita-

 

“vorrei starti vicino per sempre senza farti soffrire”

 

-stupido di un colonnello…-
-felice di averti ritrovato, FullMetal…-

  

 

 

 
Tanti Auguri di Buon Compleanno al mio Colonnello personale.
All’amore della mia vita
Tanti Auguri ad Ely, con tutto il mio cuore^^



ps: tra " " ci sono alcune vecchie frasi che mi appuntai e che ho ritrovato pochi giorni fa, che mi sono sembrate particolarmente appropriate alla storia^^inoltre la storia può essere considerata come una continuazione di "Anno Nuovo, Vita Nuova"
  
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