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Autore: Annina88    12/02/2010    1 recensioni
New York. Robert Pattinson non avrebbe mai pensato che un cappuccino di Starbucks avrebbe cambiato per sempre la sua vita...e quella di January. Ma nessuno dei due avrebbe mai potuto immaginare che quella giornata sarebbe stata segnata da un altro tragico evento...Riuscirà Robert a restituire la felicità alla dolce January? Se volete saperlo, leggete pure! E mi raccomando, commentate!
Genere: Romantico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO I

Sono arrivato da due giorni, e già amo New York. E’ il simbolo dell’America, eppure è una metropoli quasi europea. Forse la amo proprio per questo, perché mi ricorda tanto Londra. La mia Londra…quanto mi manca…Mi manca il cielo plumbeo, l’aria fresca mattutina, mi manca la costante nebbiolina di pioggia. Mi manca l’atmosfera artistica e creativa per le strade. Mi mancano i pub con la musica dal vivo. Mi mancano le birre e le nottate con gli amici. Mi mancano le serate trascorse sul tetto della mia casa a strimpellare la chitarra. Mi manca il disordine del mio appartamento e l’ordine caloroso che trovo ogni volta che vado a trovare la mia famiglia. Mi manca il tè caldo di mia mamma e le pacche sulla spalla di mio padre. Mi mancano persino le continue prese in giro delle mie sorelle. Ma questo, oltre alla totale mancanza di privacy, è il prezzo da pagare per essere diventato quello che sono. Fino ad un anno fa non ero nessuno, ora sono “il vampiro più sexy del mondo”. Per la verità, lo è Edward Cullen. Io gli ho solo dato vita nel mondo di celluloide. Mi domando per quanto ancora mezzo mondo mi vedrà solo come “quello che ha fatto Edward” e non come quello che sono, ossia Robert Pattinson. Cerco sempre di nascondere il fastidio quando la gente per strada mi riconosce e mi chiama Edward. Certe volte ho l’istinto irrefrenabile di gridare “Ma basta!Io non sono Edward, sono Rob!”. Spesso mi sento così ridicolo a mettere gli occhiali da sole quando piove e coprimi la testa col cappuccio della felpa quando ci sono trenta gradi. D’altra parte, dovevo aspettarmelo, ma non si è mai sufficientemente preparati. E poi non è il desiderio di fama che mi ha spinto a diventare un attore, ma solo l’amore per l’arte del cinema. L’unica cosa che mi auguro, è riuscire a diventare davvero un bravo attore.

Ma adesso, ciò di cui ho bisogno è un litro di caffè. Stamane mi sono dovuto svegliare presto per girare a Central Park e stasera mi aspetta una bella scazzottata notturna, con tanto di visita alla centrale di polizia. Fortunatamente, è un film, perché date le mie “qualità fisiche” non credo uscirei vivo da un’autentica rissa.

Getto il mozzicone della mia Lucky Strike e m’incammino verso Starbuck’s. Se non sbaglio dovrebbe essercene uno qui nei paraggi…E infatti eccolo, proprio all’incrocio. Dubito che basteranno i miei Ray Ban a passare inosservato, ma vorrei cercare di godermi un caffè con calma. Mi siedo al bancone, così da attirare meno attenzioni su di me da parte degli altri clienti. Fortunatamente, c’è poca gente. Cerco di tenere un profilo basso, mantenendo il capo chino e l’aria indifferente.

“Prego, mi dica!”

Una voce giovane e femminile attira la mia attenzione. Alzo lo sguardo. Una bella ragazza vestita da cameriera mi sorride attendendo la mia ordinazione. I suoi capelli castani sono legati in una coda. Due ciocche le scivolano delicatamente sul viso. I lineamenti sono dolci, armoniosi. Gli occhi scuri e profondi. Lo sguardo garbato, solare, gioioso, non invadente. Le piccole labbra rosa sono tese in un sorriso timido ma gentile. Nessun velo di trucco decora il suo viso di per sé perfetto.

“Ehm…un cappuccio grazie”

“Lo porta via?”

“No, lo bevo qui”

“Perfetto, arriva subito!”

Perfetto? Cosa significa perfetto? Cosa sarebbe cambiato per lei se non fossi rimasto? Forse mi ha riconosciuto ed è contenta che Robert Pattinson rimanga a bere un cappuccino nel luogo dove lavora…Però stranamente non mi ha detto nulla. Di solito, ogni volta che entro in un bar vengo immediatamente “aggredito” dalla solita domanda “Ma lei è Robert Pattinson…?”. Tante volte avrei voluto rispondere “No, non sono io”, ma di fronte a quei visi speranzosi non posso mentire e dar loro certe delusioni.

“Ecco a lei…un bel cappuccio! Se lo gusti, che questo mi è venuto particolarmente buono”

L’entusiasmo di questa ragazza è incredibile. Parla del cappuccio come se fosse un’opera d’arte. Senza rendersi conto che l’opera d’arte è lei…

Istintivamente sorrido.

“Ok, lo gusterò attentamente”

Mentre bevo quel delizioso – effettivamente lo è – cappuccino, osservo la ragazza. Corre avanti e indietro con l’abilità di chi conosce ogni centimetro dell’ambiente. Non è molto alta, ma ha un corpo pressoché perfetto. E quel sorriso perennemente impresso sul suo volto. Scambia due parole con tutti i clienti a cui porta i caffè e le ciambelle. Devono essere clienti affezionati, perché molti li chiama per nome. Osservo e ammiro quella sua solarità e gentilezza, quel suo modo di illuminare se stessa e le persone con le quali parla. Avrà la mia età, e un carisma davvero invidiabile. Quando mi accorgo che sta per tornare dietro il bancone, distolgo lo sguardo, cercando di nascondere la mia attenzione.

“Lei non è di queste parti, vero?” mi domanda, mentre sistema dei bicchieri nel lavandino.

Non mi ha riconosciuto. Dovrei offendermi, e invece mi sento stranamente e incomprensibilmente sollevato.

“Non ti sembro un po’ giovane per darmi del lei?”

“Siamo stati abituati così qui dentro. E’ la regola: dare sempre del lei ai clienti…e al capo”

“Be, se infrangi questa regola almeno con me non penso ti licenzieranno…”

Sorride, scoprendo una fila di denti bianchi e perfetti.

“No, credo proprio di no…”

Sento la porta alle mie spalle aprirsi. Un uomo sulla sessantina si avvicina al bancone.

“Buongiorno signor Philips!” lo saluta, con il suo solito entusiasmo. “Solito espresso da portar via, lungo con uno spruzzo di caramello, schiuma e cacao?”

“Esatto, tesoro!”

Si volta e inizia a preparare quel particolare caffè con l’ardore di un bambino. Dopo pochi secondi, quella meraviglia calorica è pronta, bella fumante nel suo bicchiere di carta.

“Ecco a lei!”

“Ah tesoro…se avessi trent’anni in meno ti avrei chiesto di sposarmi!”

“Me lo dice tutte le volte, signor Philips…” risponde, arrossendo.

“E tu cosa mi rispondi tutte le volte?”

“Che le avrei detto si…Ora vada, prima di far ingelosire sua moglie…”

“Ci vediamo venerdì tesoro!”

“Arrivederci, signor Philips!”

Ho assistito a quella deliziosa scena cercando in tutti i modi di trattenere le risate. Evidentemente, quella ragazza ha davvero il potere di incantare tutti.

“Be, simpatico il tuo pretendente...”

“Oh, è solo un uomo che vuole ritrovare la sua giovinezza…comunque, cosa dicevamo?”

“Che preferirei mi dessi del tu…”

“Ah già…allora, non sei di queste parti vero?”

Mentre parla, adempie ai suoi compiti di cameriera preparando caffè e ciambelle e pulendo il bancone con uno straccio color porpora.

“Come lo hai capito?” domando, incuriosito ed affascinato dalla sua intuizione.

“Be, lavoro qui da un po’ di tempo e non ti ho mai visto. E poi, il tuo accento non è di certo americano…”

“Hai indovinato, sono inglese.”

“Mmm…Londra?”

“Esatto.”

Sorride di nuovo, assumendo un’aria sognante.

“Mi ha sempre affascinata quella città…”

“Mai stata?”

“No, un giorno spero di andarci. Dev’essere bellissima…”

“Si lo è…”

E vorrei aggiungere che anche lei è bellissima e che la porterei volentieri nella mia città appena possibile. Vorrei, ma non sono sufficientemente pazzo ed avventato. Non ancora, almeno…

“Come mai qui a New York?”

Certo che la timidezza non è il suo forte…Ma quella sua “mancanza di discrezione” non mi irrita minimamente, anzi. E’ così ingenua, innocente, semplice. Emana libertà e spensieratezza, e forse era proprio quello che mi ci voleva, da un po’ di tempo a questa parte.

“Motivi di lavoro” rispondo, cercando di tralasciare quale lavoro.

“Quindi ti fermerai per molto…”

“No, non per molto. Un paio di mesi.”

Noto una lieve sorpresa nel suo sguardo.

“Ah, peccato…”

“Perché?”

“Perché non credo che due mesi le basteranno per scoprire tutte le meraviglie della Grande Mela. Vivo qui da un anno e quasi metà città mi è del tutto sconosciuta”

“Dunque nemmeno tu sei di qui…”

“Scusami, devo servire questi al tavolo, torno subito” dice, reggendo un vassoio con tre tazze di caffè e quattro ciambelle.

Mi è piaciuto il modo in cui mi ha detto “torno subito”. Suonava come una promessa, una promessa che andava oltre a questa caffetteria…Dio Rob, ma che vai farneticando? La conosci da cinque minuti e già vedi chissà quali assurde promesse in due paroline insignificanti...Stai proprio messo male, la fama ed il desiderio di normalità ti hanno fuso il cervello!

“Eccomi qua. Ti sono mancata immagino…”

Le rispondo con un sorriso imbarazzato, ma sincero. Si, in effetti mi è mancata. E chissà quanto mi mancherà quando lascerò questa caffetteria. E questa città…

“Oregon”

La sua voce mi riporta alla realtà.

“Scusa?”

“Vengo dall’Oregon.”

“Uhm…non sono molto ferrato in geografia, ma se non sbaglio è sulla costa ovest.”

“Si esatto”

“Però, anche tu sei lontana da casa…”

“Si, lo sono…e sono passata da mungere le vacche della mia fattoria e preparare cappuccini nel cuore di New York…bizzarro eh? Pensa, può darsi che il latte che ho munto sia lo stesso che viene usato qui per preparare i cappuccini e i caffè macchiati…”

Assume un’espressione riflessiva, mentre parla. Come se stesse prendendo sul serio le sue assurdità. E’ lei ad essere bizzarra, in modo assolutamente eccezionale e attraente.

“Ma non hai attraversato tutti gli Stati Uniti solo per preparare cappuccini, immagino…”

Sorride, quasi con timidezza. Eppure, ho l’impressione che questa parola le sia del tutto ignota.

“E immagini bene. Studio legge alla Columbia, lavoro qui giusto per mantenere l’appartamento. Sai, qui a New York gli affitti costano…”

“Ti piace vivere qui?”

“Certo! Adoro questa città…Ah, com’era il cappuccino?”

“Oh, delizioso. Il migliore che abbia mai bevuto!”

Sorride, come se le avessi detto la cosa più bella del mondo. Evidentemente ci tiene a far bene il suo lavoro. In effetti, non sono mai stato più felice di bere un cappuccino in vita mia. Prendo il bicchiere e finisco di bere, gustando il sapore amaro di caffè misto alla dolcezza del latte e la morbidezza della schiuma rimasta.

Poi alzo di nuovo lo sguardo ed incontro di nuovo i suoi occhi scuri e buoni. E senza una spiegazione, scoppia a ridere.

“Cosa c’è?”

Non risponde. Continua a guardarmi e a ridere come se fossi un buffone. Inizio quasi ad irritarmi.

“Mi vuoi dire che c’è?”

Senza smettere di ridere, si avvicina a me. Prende un fazzoletto e lo passa delicatamente sulla punta del mio naso. Quel quasi-contatto mi provoca un leggero brivido. Sento le mie guance avvampare. Vedo nei suoi occhi, fissi sui miei, il riflesso rosso delle mie gote. Quel suo sguardo è così penetrante, ma lo è in modo cortese, dolce.

“Avevi un po’ di schiuma sul naso”

“Oh…grazie…”

Si volta e getta il fazzoletto nell’immondizia. Inizia a preparare un nuovo caffè.

“Di niente, signor Pattinson”

Quasi mi strozzo con la mia stessa saliva. Signor Pattinson…Ma allora mi conosceva…Perché non me lo ha detto? Perché tutte quelle domande delle quali già conosceva le risposte? Perché mi ha trattato come uno sconosciuto qualunque?

Mi guarda con un sorriso beffardo ed orgoglioso.

“Ma…sapevi già chi sono…?”

“L’ho riconosciuta non appena ha aperto la porta”

La mia bocca dischiusa e la mia fronte aggrottata di certo non nascondo il mio stupore.

“Ma allora perché…”

“Perché ho fatto finta di nulla?”

Annuisco.

“Perché ero curiosa di vedere come reagisce un divo come lei di fronte ad un presunto non riconoscimento e come si comporta in una conversazione normale. In fondo, nonostante lei sia l’attore del momento, l’uomo più bello e sexy del mondo, e mi creda se le dico che ora avendola qui davanti a me posso assolutamente dire che è così, lei è pur sempre una persona, giusto? Immagino che debba essere frustrante essere sempre trattato come un fenomeno da baraccone, se mi passa il termine…”

Non che avessi molti dubbi, ma ora ho l’assoluta certezza che mai e poi mai dimenticherò questa giornata. E soprattutto questa ragazza straordinaria.

“Diciamo pure che l’ho presa in giro…spero solo che ora non si sia offeso…”

“No, no…mi è piaciuto…”

Si volta di scatto, stupita da quella mia affermazione che poteva anche suonare indiscreta ed inappropriata. Mi sento un po’ stupido e decido di spiegarmi.

“Voglio dire…essere trattato come una persona normale…”

Sorride ancora e concentra di nuovo la sua attenzione sui caffè.

“Be…quindi tu sai il mio nome e chissà quanto altro…ma io non so il tuo…”

Si gira verso di me e si avvicina al bancone, appoggiandosi sopra esso.

“Davvero le interessa il mio nome?” mi chiede, fissandomi intensamente negli occhi.

“Ma non ci davamo del tu?”

Sorride, lievemente imbarazzata.

“E comunque si, mi interessa”

“Perché?”

Questa ragazza non finisce di stupirmi. Perché? Che razza di domanda è? Di sicuro non ho mai incontrato una persona così, una persona così totalmente priva di schemi prefissati e convenzionali. Ma è proprio questa sua diversità che mi attrae inesorabilmente ed inevitabilmente.

“Perché mi piacciono le conversazioni alla pari e perché se dovessi tornare qui e non ti trovassi saprei almeno come chiedere di te…”

Forse questa mia ultima motivazione la imbarazza un po’, ma sicuramente la lusinga. Il suo sorriso è timido ma i suoi occhi brillano.

“January”

“Come?”

“E’ il mio nome, January”

Lo dice con l’espressione di chi sa già quali reazioni aspettarsi. Reazioni di stupore, data l’assoluta particolarità di quel nome.

“January…”

“Già, e ora di certo mi chiederai da dove viene questo nome…” dice rassegnata.

“No, non ancora…”

Sgrana lievemente gli occhi.

“Che significa non ancora?”

“Significa che almeno ho una scusa per rivederti…”

Mi guarda con un’espressione buffa, di chi è rimasto senza parole. Considerando quello che ho visto, devo essere riuscito in un’impresa piuttosto ardua…

“Ehy January! Smettila di flirtare e portami il caffè!”

La voce di un ragazzo attrae l’attenzione di January, riconducendola alla realtà, rubandola dal mondo in cui si era immersa per qualche secondo.

“Ehm…si arrivo Billy…”

“Senti January, io ora devo scappare…e per dimostrarti che non ti voglio obbligare a fare nulla che tu non voglia, ti lascio il mio numero così se avrai anche tu voglia di rivedermi mi puoi chiamare quando vuoi. Che te ne pare?”

“Mmm…mi pare un’idea ragionevole…”

Prendo un tovagliolo ed una penna da un contenitore accanto alla cassa e scrivo il mio numero.

Mi alzo dallo sgabello.

“Allora…a presto, spero…”

“Vedremo…” risponde, simulando un tono ed un’espressione sicura.

“Ciao…January”

“Ciao…Robert”

Le sorrido ed esco dalla caffetteria. Felice. E con il cuore pieno di speranze. Guardo il cielo azzurro e limpido sopra la mia testa. Forse questo viaggio a New York si scoprirà più interessante di quanto non lo sia già. Di una cosa sono certo: Londra inizia a mancarmi un po’ meno…

  
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