Angolino dell’autore:
Non so bene cos’è ad essere onesti.
E’ no-sense e depressiva, ma questo ho sognato, e questo vi ho scritto.
Prendetevela col mio inconscio xD
E siate buone,che oggi è il mio compleanno!!
(Lo so, i compleanni non mi fanno un bell’effetto xD)
Just let me make some time to take you back a little
Il cemento sotto i suoi piedi era freddo, gelato quasi, ma Quinn sembrava non
accorgersene.
Il suo sguardo si perdeva nelle luci della città che da lontano sembravano un
tutt’uno, solo una strano alone giallognolo.
Ma forse erano solo gli occhi di Quinn a
vedere così
Forse erano solo i suoi occhi persi a non distinguere più i contorni delle
cose.
La portafinestra che dava sul balcone era stata aperta con un gesto brusco
e nervoso, aveva fatto un rumore sordo quando la maniglia di metallo aveva
cozzato contro la parete bianca, ma nemmeno di questo Quinn si era accorto.
Il vento era tiepido e faceva svolazzare la sua maglietta leggera che si alzava
e si abbassava con un bizzarro movimento, quasi come se seguisse una specie
di musica muta
Jeph era rimasto paralizzato, le parole urlavano nella sua testa senza che lui
fosse capace di tirarle fuori, come se una colata di ghiaccio avesse
anestetizzato
i suoi movimenti, anche quelli più semplici come respirare
Quinn in piedi su quel muro era immobile, i capelli che si muovevano a scatti
intorno al suo viso per il vento, la testa alta a guardare lontano
Forse in un posto così lontano che
avrebbe potuto portarlo via da sé
Sotto di lui non c’era niente, per metri e metri.
Vuoto, e buio, quasi quanto il suo
sguardo
Quel pensiero era stato come una scossa dolorosa, i piedi di Jeph si erano
mossi
in avanti di qualche passo, si era sforzato di parlare, ma per diversi secondi
l’unico suono che aveva lasciato la sua bocca era stato quello dei suoi
singhiozzi
L’aveva chiamato piano, anche se avrebbe voluto strillare
Aveva ripetuto il suo nome come una preghiera, ancora e ancora senza fermarsi
Ma gli occhi di Quinn erano fissi sul quel posto inesistente
L’aveva pregato di scendere, mentre le parole uscivano dalla sua bocca disperate
e spezzettate dai singhiozzi
Ed era come se stesse piangendo da solo
Come se l’altro non fosse lì con lui
Ed era bello Quinn, col vento che muoveva
delicatamente le cose intorno al suo
corpo, come una specie di angelo stagliato davanti a tutte quelle luci
Aveva paura di avvicinarsi Jeph, di infrangere quell’immagine bella e
terrificante insieme
E se fosse caduto giù?
Quell’idea gli aveva fatto mancare le forze, il bassista era caduto in
ginocchio, ed aveva urlato
Aveva urlato così forte che la gola gli aveva fatto male
Il suo urlo era rimbombato nel silenzio intorno, come se fosse cento, mille
volte
più forte ancora
E gli occhi di Quinn finalmente si erano mossi, tutto il suo corpo si era
mosso, voltandosi verso il suo amico
Jeph l’aveva chiamato ancora
“Quinn, per favore scendi di lì. Ti prego, vieni giù. Quinn ti prego”
E solo allora, in quel momento, il chitarrista si era accorto della sua
presenza
Aveva guardato Jeph in lacrime davanti ai suoi occhi, e non capiva
Non capiva perché stesse piangendo
Quinn voleva spiegargli, voleva che Jeph comprendesse che c’era qualcosa,
qualcosa che lo chiamava silenziosamente senza emettere nessun suono
E Quinn desiderava solo aprire le
braccia, aprirle più che poteva e lasciarsi
andare, lasciarsi cadere e cullare da quel vento caldo che in realtà non
riusciva a sentire sulla pelle
Ma gli occhi di Jeph erano pieni di lacrime, e sembravano più grandi così
bagnati
Quinn si chiedeva cosa si provasse, cosa si sentisse dentro quando un’ emozione
così forte ti scuoteva e l’unico sbocco possibile diventavano i tuoi occhi
Si sforzava di ricordare come fosse, ma non ricordava, non sentiva
Niente, eccetto quel vuoto che lo
chiamava
Si era voltato ancora una volta verso quello sciame di luci confuse, aveva
aperto
un po’ le braccia
Se qualcosa lo chiamava doveva andare no?
E quel richiamo era così calmo, così dolce che per un attimo gli era sembrato
di sentirne il sapore di zucchero sulla lingua
Ma stavolta qualcosa si era sovrapposto a quell’esortazione
La voce di Jeph era più forte, aveva urlato, urlava il suo nome e Quinn era
trasalito
perdendo per un attimo l’equilibrio
E Jeph aveva corso, si era alzato ed aveva corso fino a lui
Quinn non l’aveva visto, aveva solo sentito la sua mano afferrarlo, e poi il cemento
del balcone graffiargli la pelle
E poi era stato tutta una confusione di bruciore e pianti, o almeno così gli
sembrava
Supponeva che la sua pelle dovesse
bruciare per i graffi, ma non sentiva
Così come non percepiva le parole di Jeph e i suoi tocchi tremanti
Jeph lo stringeva, l’aveva stretto più forte che poteva
Terrorizzato all’idea che potesse allontanarsi dalle sue mani
E quando Jeph l’aveva abbracciato Quinn aveva visto i gomiti dell’altro graffiati,
attorno al suo collo
Ci aveva passato le dita sopra e Jeph aveva tremato ancora più forte
Quinn aveva assottigliato gli occhi e si era sforzato di cogliere le parole di
Jeph
affogate in mezzo alle lacrime
“Quinn, perché? Perché? E se tu fossi caduto? Perché?”
E le sue parole non avevano senso per lui
Eppure quei bisbigli confusi e quei
pianti gli sembrano belli dopo tutto
Forse lui poteva dargliene un po’, forse poteva prendere da lui quello che
sembrava
non avere più dentro di sé
Aveva toccato le lacrime di Jeph con le dita e poi si era bagnato il viso
Le desiderava così tanto, ma non erano sue
Quando aveva parlato la sua era una voce che non aveva mai ascoltato prima
“Jeph, fammi sentire, solo...qualcosa. Io non sento niente, fammi sentire”
E Jeph l’aveva baciato, con tutta la disperazione e la paura
La paura di tutto quello che non gli aveva mai detto, che se fosse arrivato
solo un minuto più tardi forse non avrebbe potuto dirgli mai più
Aveva eliminato ogni impedimento che si sovrapponesse tra le sue mani e
la pelle di Quinn
Perché lui doveva sentire. Jeph doveva
riuscirci.
Aveva toccato la sue pelle ancora e ancora, per poi seguire quello stesso
percorso
con le labbra
E Quinn si sentiva come se qualcosa lo stesse scorticando, come se ogni tocco
di Jeph eliminasse uno strato di quel nulla che l’aveva reso come morto
E quando finalmente le aveva sentite quelle mani, quando dopo tutto quello
scavare
finalmente erano riuscite ad arrivare alla sua pelle, alla sua vera pelle,
Quinn aveva
sentito i suoi occhi bagnarsi di lacrime
Ed erano le sue stavolta
“Mi senti Quinn? Per favore, dimmi che mi senti”
Quinn non era stato in grado di parlare mentre Jeph continuava a muoversi dentro
di lui, ma sentiva.
Le sue mani,i suoi sospiri, il proprio piacere, il sudore che creava una
strana, calda
frizione tra i loro corpi
Ed era una valanga di emozioni così grossa e inaspettata che per un attimo
si era sentito schiacciare, soffocato sotto tutte quelle cose che stavano
tornando
indietro, spaventato
Quinn aveva voltato il capo, come se quel vuoto lo rincorresse ancora, come se
lo trascinasse lontano
Ma Jeph lo teneva ancorato, a quel pavimento freddo, al suo corpo, a sé
“Mi chiamavano Jeph, mi chiamavano forte”
Il bassista aveva preso il suo viso tra i palmi delle mani
Piangeva Quinn, ma per una volta le lacrime dell’altro l’avevano fatto sentire
bene
Come se per una volta fossero giuste, come se lo stessero salvando
“Si, ma io ti chiamavo più forte. Io ho bisogno di te, la mia voce era più
forte di
tutto il resto, è così?”
“Si, più forte”
“E’ perché dovevi tornare da me. Ogni volta, ogni volta che ti sei perso chiudi
gli
occhi e torna da me Quinn. Prometti”
E la sua promessa era stata spazzata via da quell’orgasmo così forte che gli
aveva
tolto il respiro
Quinn non aveva detto una parola, ma
aveva promesso comunque
Perché era giusto così
Perché non c’era nessun altro posto dove sarebbe dovuto andare
Perché doveva tornare da Jeph