~Una
giornata diversa~
Non
si era mai ritrovato in una situazione bizzarra come
quella: sì certo, ne aveva passate di tutti i colori
cercando di salvare la
pellaccia a quell’esemplare maschio ritardato quale era il
suo principe, ma mai gli era
capitata tale assurdità in
vita sua.
Era
rannicchiato come un povero scoiattolino indifeso
all’interno di un piccolo carretto di legno e non si sarebbe
certo stupito se
quello avesse ceduto da un momento all’altro; ogni secondo
che passava era uno scricchiolio in
più per la sua povera
schiena che, ne era sicuro, ancora qualche minuto e si sarebbe spezzata
in due.
Quella
vecchia volpe di Artù, d’altro canto, se ne stava
irrequieto –ma almeno più comodo di lui-, e si
rigirava i lacci delle scarpe
tra le dita.
«Sapete
quando vi ho detto che siete un asino reale?» se
ne uscì fuori Merlino con voce strozzata, cercando di
mantenere la calma. Artù
sghignazzò.
«Come
dimenticare il tuo primo giorno di umiliazione a
Camelot?» sospirò sognante l’altro,
nascondendo a stento un briciolo di ilarità
nella voce.
«Si,
bè..» riprese Merlino incenerendolo con lo
sguardo,
«Mi sbagliavo. Di grosso pure.. Voi non siete un asino reale, semplicemente siete un mulo abbastanza tonto da escogitare
piani così idioti!».
Con
suo sommo stupore, il principe non si degnò nemmeno
di fulminarlo guardandolo come al solito ed esibendo una delle sue
espressioni
sadiche che, solitamente, sottointendevano:
“gogna”.
«Che
poi» riprese il giovane mago cercando invano di
assumere una posizione più comoda –ma come diamine
faceva Artù?- che almeno non
gli recava danni permanenti al suo fisico già deboluccio,
«Nella posizione più
scomoda ci devo stare io.. Tutto per la vostra incredibile mancanza di organizzazione».
Artù
sbuffò, fissando Merlino con una strana luce
divertita negli occhi che gli davano un’aria assolutamente
comica.
«Suvvia,
Merlino, sei sempre che ti lamenti» soffiò il
giovane principe, «Hai anche avuto l’onore di
rientrare a far parte del mio
piano assolutamente perfetto».
«Io
faccio sempre parte
dei vostri subdoli piani perché altrimenti voi non sapreste
nemmeno a chi
rivolgervi» boccheggiò Merlino in preda ad una
crisi di astinenza dall’aria,
che ormai pareva mancare. «E comunque vi avevo avvertito che
qualcuno al
villaggio vi avrebbe certamente riconosciuto anche conciato
così..».
Artù
sorrise sotto i baffi e si sporse appena entrando
nel cono di luce che proveniva da una fessura del carretto; a dire il
vero era
conciato così male che Merlino pensò che anche
suo padre avrebbe faticato a
riconoscerlo: il volto sporco di terra, i capelli scompigliati con
qualche filo
d’erba.. Per non parlare dei vestiti! Artù aveva
abbandonato il suo
abbigliamento da principe per indossare i vestiti di seconda
–o di
duecentesima, fate voi- mano che gli aveva procurato il suo servo.
Il
piano di Artù, se così si poteva chiamare,
consisteva
nel passare una giornata da semplice contadino abbandonando i suoi
privilegi da
regale: Merlino l’aveva trovata un’ottima idea se
così il principe voleva farsi
trattare come un normale cittadino almeno per un giorno, fin quando non
gli
aveva riferito che sarebbe andato in giro con lui
e senza cercare di sabotare la sua immagine. A quel punto
Merlino lo aveva avvertito che sicuramente l’avrebbero
riconosciuto, d’altronde
era il principe!: così
Artù, su
consiglio del mago, aveva deciso di sporcarsi la faccia di terriccio.
Idea
alquanto idiota
rendere la
sua faccia un letamaio
vivente, aveva pensato Merlino.
A
maggior ragione quando un bambino aveva deciso di
rincorrerli perché non aveva mai avuto l’onore di
conoscere il principe di Camelot
e, da quanto avevano capito i due delle strilla del ragazzino,
desiderava
ardemente diventare un Cavaliere: i due baldi giovani furono costretti
così a
nascondersi per evitare che qualcuno notasse Artù.
«E
comunque» riprese Merlino per l’ennesima volta, in
tono scherzoso, «Potevate dirlo che volevate rinchiudervi da
qualche parte con
me».
Inutile
dire che si guadagnò un’occhiata a dir poco intimidatoria da parte di
Artù.
«Mi
domando se ci sei o ci fai» sibilò
quest’ultimo
ghignando, «Se quella tua testolina bacata spara baggianate a
caso o se le
pensa veramente.. Non ti capirò mai, Merlino».
Meglio
così si
ritrovò a pensare Merlino, arrossendo lievemente.
«Dici
che se ne sia andato?» domandò Artù ad
un tratto,
alludendo al bimbo, «Non so che direbbe mio padre se mi
vedesse in questo
stato.. Gli ho accennato che io e te saremmo andati a
caccia!».
«Non
saprei..» sussurrò Merlino in preda agli spasmi di
dolore che ancora lo colpivano, «Però non nego che
l’idea di uscire da qui per
scoprirlo mi alletta molto».
Artù
lo strattonò per un braccio, che gli fece scappare
un mugolio.
«Tu
non vai da nessuna parte! Se quel marmocchio è
ancora qua fuori ci seguirà!» esordì
Artù.
«Se
sto ancora qualche secondo qua dentro divento come
un’acciuga!» esclamò Merlino cercando di
scrollarsi dalla stretta di Artù: Dio
solo sapeva quanto non lo sopportava quando faceva così!
«Bè,
ti sarai sacrificato per salvarmi la vita, Merlino»
lo canzonò il principe sorridendo, «In tal caso ti
sarò devoto per sempre».
«No,
sarete devoto per sempre al mio cadavere» rispose
Merlino, sarcastico. «Sarò attento».
Senza
nemmeno far caso alle continue proteste di Artù,
Merlino scoperchiò il carretto e finalmente uscì
da quella topaia sentendosi
improvvisamente le articolazioni fare dei grandi festeggiamenti; si
stiracchiò
e scese dal carretto, non facendo caso alla vasta gamma di epiteti con
i quali
Artù lo stava apostrofando.
Si
guardò intorno e non c’era nessuno,
fortunatamente:
bussò dalla parte in cui dovrebbe esserci stata la testa di
Artù, sperando malvagiamente
di averlo un po’ intontito con il tonfo.
«Potete
uscire» disse, «Non c’è
nessuno qui nel raggio
di, ehm.. Cinque miglia?».
Con
uno scossone Artù saltò fuori dal carro in legno,
esibendo la sua figura del tutto trasandata e, anzhe lui, contento
finalmente
di poter respirare aria pulita: puntò un dito minaccioso
contro Merlino
dedicandosi ad un’espressione seria e malevola.
«Se
quel bambino, per
caso, fosse ancora nei paraggi sarà
l’ultima persona che vedrai!».
Merlino
storse il naso e fissò il padrone con uno
sguardo a dir poco divertito.
«Ehm,
sire..» cominciò indicando prima Artù
poi
portandosi una mano alla bocca, in segno di disagio. «Sire, i
vostri.. I vostri
pantaloni».
Artù
abbassò il capo e, quando vide la
cosa per cui il suo servo si stava sganasciando dalle
risate,
chiuse gli occhi cercando di mantenere la calma; prese entrambi i lembi
dei
pantaloni strappati e si coprì.
«Ti
scandalizzi per questo?» disse seccato tenendosi
stretto il suo amico. «Per
un paio di
mutande?».
Merlino
continuò a sorridere. «Per un paio di mutande lilla vorrete
dire» rispose Merlino soffocando
ancora una risata. «Veramente il fatto divertente siete
proprio voi.. Non so
spiegarvi, ma in queste condizioni fate estremamente ridere».
Artù
finse un ghigno divertito, prima di voltarsi e
cercare di sistemarsi laddove i pantaloni gli si erano lacerati
scoprendo un
paio di mutande color lilla, probabilmente uscendo violentemente dal
carretto.
«Non
è colpa mia se questo era l’ultimo
paio!» sbottò il
principe quando, voltandosi nuovamente, aveva scoperto che il suo servo
era
ancora preso dalle risa.
Fu istintivo il
gesto che fece Artù poco dopo: preso dalla voglia di rendere
omaggio alla sua
umiliazione, raccolse con finto interesse una delle quattro spade che
erano
posizionate sopra al carretto in cui avevano alloggiato
fino a pochi minuti prima e, con disinvoltura,
lacerò i
pantaloni di Merlino con un gesto netto.
Il
giovane mago, preso alla sprovvista, volse lo sguardo
ai piani bassi per controllare i danni, quando vide che il taglio nei
pantaloni
scopriva pure le sue mutande, si coprì con un rapido gesto
della mano. Artù,
preso dalle risate questa volta a suo favore, roteò la spada
e la riconficcò
dove l’aveva presa.
«Mmmh,
verde »
disse fingendo di essere interessato, «Non mi piace molto il
verde..»
«Ehi,
non è giusto!» si agitò Merlino
cercando di non
mostrare il verde acido dei suoi mutandoni, «Non sono stato
io a rompervi le
brache!».
«Merlino,
è sempre
colpa tua» si giustificò Artù
on tono autoritario, «E di certo io..» ma
s’interruppe
quando vide l’espressione attonita appena comparsa sul volto
del ragazzo moro,
sbiancandolo.
Il
principe si voltò alquanto seccato e ciò che vide
sbiancò anche lui: il bambinetto di prima, quello che ambiva
a diventare un
Cavaliere di Camelot.
«Principe
Artùùù!» strillò
il bambino cominciando a
corrergli incontro.
Artù
si voltò verso Merlino con espressione cadaverica.
«Merlino-comincia-a-correre »
sillabò, ma il ragazzo rimase a fissarlo senza capire.
«Corri!» tuonò più forte
il principe sorpassando Merlino e dirigendosi verso il castello.
Merlino
rimase qualche secondo fermo, come pietrificato,
poi cominciò a correre seguendo Artù, con le mani
ancora strette a coprire i
suoi bei mutandoni verdi.
~The
End~
Spazio Autrice:
Ma buonasera a tutti** Ebbene, eccomi uno dei miei lavori durante gli, come amo chiamarli io, sclero-time! Sono dei momenti in cui mi vengono in mente storie assurde e senza senso logico ò.ò
Ebbene ho deciso di postarla così, perchè non so che fare xDD
Che dire, spero vi sia piaciuta e vi abbia strappato un sorriso, come i tanti sorrisi che ho sfoggiato io durante la stesura^^ Mi sono divertita molto a scriverla! Poi ho messo avvertenze slash perchè io l'ho scritta pensando a quello, anche se non si accenna molto nella shot..
Ho postato questa storia, anche come omaggio alla fine della seconda stagione di Merlin ç____ç *corre contro il muro e sbatte la testa* Dio solo sa quanto io sia triste per il fatto di dover aspettare mesi e mesi per la terza serie .-.
Beh, ora basta.. Vi prego di lasciarmi un commento, che fa sempre piacere^^
Buona serata a tutti, alla prossimaaa <33
P.s. Per chi volesse, sto scrivendo una storia con piaring diversi dal solito, ovvero con l'introduzione di un nuovo personaggio^^ The Cult of the Damned - La Setta dei Dannati