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Autore: _Pulse_    16/02/2010    6 recensioni
«Mi chiedevo… Non c’è modo di poter contattare questa ragazza? Vorrei fare due chiacchiere con lei.»
«Sì, c’è la sua e-mail… In che senso vuoi fare due chiacchiere con lei?», chiese scettico.
«Mi sembra forte!»
«Sì, ma… Tu sei Bill Kaulitz! Si scatenerebbe il putiferio se –»
«Sì, lo so, lo so», sbuffò annoiato.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NdA: Buonasera a tutti! ^___^ Come state?
Questa sera posto una one-shot della quale non mi ricordo quando ho avuto l’illuminazione, ma poco importa a questo punto (:
Spero che vi piaccia almeno un pochino, quel che basta per far sì che sprechiate due minuti del vostro tempo per lasciarmi una recensione, anche piccola, giusto per sapere che ne pensate! ;D
La canzone che ho usato è Who I am, di Nick Jonas & The Administration.

I Tokio Hotel non mi appartengono e questa storia non è scritta con scopo di lucro!
Ora vi lascio, ci si rivede alla prossima! Buona lettura! *-*

_Pulse_

_______________________________________________

@ Love Web @

«Tom?»

«Che c’è?»

Mike, il tecnico che si occupava della gestione del loro sito internet, gli fece segno di avvicinarsi con un dito, un sorrisetto sulle labbra che gli fece corrugare la fronte. Sospirò e si trascinò da lui, seguito dal gemello incuriosito, le mani nelle tasche e un’espressione spazientita.

«Che è successo?»

«Niente, volevo solo dirti che ti ho aggiornato il blog: ho messo il trailer del film che mi avevi chiesto.»

«Hai scritto che non vedo l’ora di andarlo a vedere?»

«Certo. Ma andrai davvero al cinema?»

«Uhm…», si portò un dito sul mento, ridacchiando. «Aspetterò che uscirà in dvd.»

«Come immaginavo.»

«Ok, allora posso andare?»

«No!», lo prese per il polso e gli fece fare retrofront, poi lo fece abbassare di fronte allo schermo del computer su cui c’era raffigurata la pagina del suo blog.
«Ti ho chiamato soprattutto per farti vedere questa», gli indicò una risposta con la punta del tappo della penna, portandosi una mano sul sorriso divertito che gli era spuntato sulle labbra.

Anche Bill si chinò a leggere, accanto al fratello.

Ciao Tom!
L’ennesimo blog sulle auto, eh? Che cosa vuoi che ti dica… Quand’è che metterai qualcosa di veramente interessante? Per carità, io ti stimo molto, suoni divinamente la chitarra, ma a volte proprio mi fai venir voglia di sbattere la testa contro lo schermo del mio laptop.
Che poi, mi sono sempre chiesta… Li leggi mai tutti i commenti che io e tutte le altre fan ti scriviamo? E soprattutto, chissà se li scrivi tu i blog! Magari se non fossi tu l’artefice mi sentirei anche più sollevata :D
Kisses, Delilah.

P.S. L’auto non mi piace affatto! (:

Tom lesse silenziosamente quelle parole nella sua testa, gli occhi stretti, e una volta finito si mise di nuovo in posizione eretta e incrociò le braccia al petto, scrutando ancora lo schermo.

«Allora? Nulla da dire?», chiese Mike, che a stento tratteneva le risate, come Bill. «Questa ragazza commenta sempre e non si risparmia mai, è davvero uno spasso.»

«Sai che non mi tocca minimamente?», scrollò le spalle.

«Non ci credo.»

«Davvero. Sarà una di quelle ragazze senza nulla da fare che scarica la propria noia sui miei blog magnifici.»

Magnifici è una parola grossa… pensò Bill, sollevando il sopracciglio.
«Però è vero… Non sei tu che aggiorni il blog e –»

«Ehi, Bill! Le idee sono mie! Mike fa solo la parte tecnica.»

«Ok, va bene. Ma sicuramente non ti metti a leggere tutti i commenti!»

«No, quello no. Sarebbe anche un tantino impossibile, sai? Ci vorrebbe tantissimo tempo e io non ce l’ho», fece un sorrisetto, schioccando la lingua. «Andiamo, ora?»

«Sì», mormorò Bill seguendolo fuori dalla stanza.
Si chiuse la porta alle spalle e poi rientrò di soppiatto, facendo spaventare a morte Mike, che non l’aveva visto.
«Scusa, non l’ho fatto apposta», ridacchiò Bill. «Mi chiedevo… Non c’è modo di poter contattare questa ragazza? Vorrei fare due chiacchiere con lei.»

«Sì, c’è la sua e-mail… In che senso vuoi fare due chiacchiere con lei?», chiese scettico.

«Mi sembra forte!»

«Sì, ma… Tu sei Bill Kaulitz! Si scatenerebbe il putiferio se –»

«Sì, lo so, lo so», sbuffò annoiato. «Ovviamente non le dirò che sono io: mi creerò un indirizzo di posta solo per parlare con lei.»

«Ok, la cosa può anche sembrarmi sensata.»

Mike fece qualche operazione sul pc e in un attimo ottenne l’e-mail della ragazza in questione, la scrisse velocemente su un foglietto e lo porse a Bill, guardandolo serio negli occhi: «Mi raccomando, non combinare disastri; o David mi uccide.»

«Non ti preoccupare, andrà tutto liscio come l’olio!», sorrise.

***

«GUSTAAAAAAAAV!»

«Bill», chiuse gli occhi il batterista, al limite della sopportazione: doveva mantenere i nervi saldi, se non voleva compiere un omicidio, ma gli ci voleva uno sforzo quasi sovraumano ormai. «Che cosa vuoi, adesso?»

«E adesso che mi hai creato l’indirizzo e-mail con nome falso?»

Ci era voluta un’eternità per scegliere un nome che soddisfacesse il frontman: ogni opzione che Gustav gli proponeva, lui la scartava perché non era di suo gradimento, fino a quando Tom non era sceso giù dalle scale di corsa e solo con un asciugamano intorno alla vita, strepitando:

«Bill, mostriciattolo nero che non sei altro, mi sta venendo un esaurimento pure a me! Gustav è un santo! Chiamati… chiamati Macky Schwarz!» Calò un pesante silenzio e Tom sospirò, calmandosi.
«Tom…», mormorò
Bill.
«Che
c’è

«TU SEI UN GENIO!», gridò con gli occhi brillanti, alzandosi e stritolandolo in un abbraccio.

«Scrivi l’e-mail!», sgranò gli occhi, aprendo le braccia, come se dovesse essere scontato: dimenticava che a volte con Bill nulla era scontato.

«Ah, così?»

«Che cosa avresti voluto fare, ancora?!»

«Non mi aggredire, Gusti», tremolò mostrando gli occhietti dolci e il labbrino a cui non era ancora riuscito a resistere in anni ed anni di convivenza.

«Hai ragione, scusa», sospirò. Ma con te ci vuole fin troppa pazienza!

Andò a sedersi al suo fianco sul divano e guardò lo schermo del pc portatile che teneva sulle gambe, aperto su una nuova e-mail che doveva ancora essere iniziata. Bill aveva un’espressione confusa, quasi disorientata, ma allo stesso tempo concentrata e pensierosa.

«Qualcosa che non va, Bill?»

«Sì», mugugnò, girandosi verso di lui. «Cosa le scrivo?»

«Ah, non me lo chiedere. Sei tu che hai voluto a tutti i costi contattarla, non mi mettere in mezzo!»

«Ma ci facciola figura dell’imbecille! Che cosa faccio, mi presento e… Se mi chiede dove ho preso la sua e-mail? Forse è più difficile di quanto credevo, iniziare un’amicizia sul web.»

«Soprattutto se bisogna mantenere l’anonimato», si intromise Georg, che seguiva tutto dall’inizio, seduto al tavolo del salotto, senza la minima intenzione di aiutare il batterista. Per la sua sanità mentale, non per altro.

«Uffi», sbuffò. «Aiutatemi, ragazzi!»

«Dai Bill, presentati e chiedile come va, tanto al massimo non ti risponde.»

«Ok, va bene», si decise.

Ciao! Mi chiamo Macky, tu? Come stai?

Cliccò su invio e si girò a guardare i compagni di band: «Mi sento parecchio patetico.»

«Forse perché lo sei?», canticchiò Tom scendendo dalle scale, ora vestito, per poi dirigersi verso la cucina e tirare fuori una lattina di Red Bull dal frigorifero. «Che cosa speri di ottenere, me lo spieghi?»

«Non lo so nemmeno io. Però è tanto che non conosco una ragazza veramente, e questo mi pare un buon metodo perché non sa chi sono! Non sa che sono Bill Kaulitz, sono una persona qualunque!»

«Uh, emozionante. Complimenti per la scelta, innanzitutto: fra tutte le ragazze carine e simpatiche che commentano il mio blog, proprio quella che mi insulta dovevi sceglierti?!»

«Mi ispirava simpatia», ridacchiò. Tom gli fece una linguaccia e bevve un sorso di bibita fresca, mettendosi seduto accanto a Georg.

«E una volta conosciuta, che farai?», gli chiese indicando il pc.

«Beh…»

«Sarà un’amicizia sul web, non potrete mai vedervi se hai nascosto la tua identità… Capisci? Sarà tutto complicato e… metti caso che questa voglia vederti in foto? Che farai? O ancora peggio, se vorrà incontrarti?»

«Tom, non correre!», fece un sorrisetto nervoso. «Non è detto che diventiamo amici! Tanto non mi risponderà nemmeno all’e-mail, ne sono certo.»

«Beh… questo è da vedere», disse Gustav.

«Uhm?» Bill abbassò lo sguardo sullo schermo e fece un urletto stridulo quando vide che c’era un nuovo messaggio sulla posta in arrivo.

Ciao, io mi chiamo Delilah.
Sai, non mi è mai capitato che uno sconosciuto scovasse la mia e-mail e mi scrivesse. Dunque, la mia domanda è molto semplice: dove hai preso o chi ti ha dato la mia e-mail?
Ah, e perché mi hai scritto senza nemmeno conoscermi?
Comunque molto piacere di conoscerti, Macky. Anche se non ho ben capito se sei un maschio o una femmina.
E sto bene, più o meno, anche se sono parecchio perplessa dalla situazione in cui mi trovo. Tu?

«Ha risposto, oh mio Dio, ha risposto!», strillò ancora alzandosi in piedi e improvvisando uno dei suoi balletti da palcoscenico.

«Sì, Bill, c’era questa possibilità», disse Tom, una mano sulla guancia. «Ma perché sei così felice, se ti ha risposto con quel tono arrogante?»

«Già il fatto che abbia risposto mi fa piacere, non so perché.»

***

«RAGAAAAAZZI!»

Tom, Georg e Gustav sobbalzarono e si guardarono in faccia impauriti, cercando di nascondersi prima che Bill finisse di scendere la rampa di scale e sbucasse in salotto, pronto a sequestrarli per chissà quanto tempo per l’ennesima full immersion sui computers.
Almeno che prendesse qualcuno che ne sapesse davvero qualcosa!

«Ragazzi?», chiese con un tono di voce in meno, trovandosi in un salotto troppo silenzioso.

Scrutò l’ambiente intorno a sé fino a quando non vide la punta di un piede uscire da sotto la tenda della porta finestra. Si avvicinò sogghignando e lanciò un urlo una volta di fronte al corpo nascosto dietro di essa. Georg uscì allo scoperto quasi traumatizzato, gli occhi spalancati dalla paura e il fiato mozzato.

«Mi rifiuto di avere un gemello che ha preso le sembianze di una scimmia urlatrice», mugugnò Tom facendosi vedere insieme a Gustav, che sbucò da dietro il divano. Ormai non c’era più pericolo, Bill aveva già catturato la sua preda: quella volta era toccato al povero Georg che se non fosse stato così attaccato ai propri capelli se li sarebbe strappati con le sue stesse mani dalla disperazione.

«Posso sapere, per curiosità, per quale motivo ora hai deciso di rovinarci la serata?», chiese Gustav alzando la mano.

«Perché io e Delilah non ne possiamo più del mio msn che si sconnette in continuazione: non riusciamo mai a fare una conversazione decente, senza che io perda dei pezzi di discorso», rispose Bill distrattamente, cercando di trascinarsi dietro Georg che si era steso a terra.

Delilah… Ma che nome è Delilah?! si chiese Tom con una smorfia di disapprovazione sul volto. E poi, chissà che discorsi che fanno quei due… Da uscirci pazzi!

Non gli era mai piaciuta quella ragazza, anche dopo aver saputo che lei e Bill avevano abbandonato l’uso della mail, che lui si era creato un account in msn solo ed esclusivamente per parlare con lei e che ormai si sentivano con regolarità ogni giorno.
Suo fratello ne era entusiasta, diceva che era una persona dolce e disponibile dopo aver rotto la sua corazza di umorismo cinico – che a lui faceva saltare i nervi solo al pensiero; che era una persona alla quale poteva raccontare tutto (nei limiti dell’anonimato), che riusciva a capirlo perfettamente e con la quale riusciva persino a confidarsi quando poteva.
Ormai era diventata un’ossessione, Bill parlava di lei ventiquattr’ore su ventiquattro ed era arrivato a conoscere vita, morte e miracoli di quella ragazza.
Lui non era geloso, no… Nemmeno per scherzo, suo fratello poteva sentirsi con tutte le ragazze che voleva, ma era un po’ preoccupato. Bill era sempre stato il tipo di ragazzo affettuoso con le persone a cui voleva bene, ingenuo e molto, molto sensibile: se quell’amicizia sul web fosse finita di colpo, o peggio se fosse nato qualcosa di più di una semplice amicizia… Cosa avrebbe fatto, come si sarebbe comportato? Ne avrebbe sofferto, se fosse successo qualcosa di sgradevole?

«E dunque, a che ti serve Georg?», chiese ancora Gustav.

«Magari lui sa come si fa a non farlo più disconnettere!»

«Ne dubito fortemente!», gridò il diretto interessato, aggrappandosi alla gamba del tavolo con la mano libera dalla presa ferrea di Bill.

«Magari il problema non è di msn, ma della linea che non prende bene visto che hai il modem senza fili…», pensò Tom con una mano sul mento.

Si accorse di aver pensato ad alta voce solo quando sentì lo sguardo del gemello addosso, illuminato da una scintilla di perversione.
Oddio, pensò terrorizzato, che cos’ho fatto? Non fece in tempo a muovere un muscolo che Bill lo prese per il braccio e se lo trascinò dietro, fino in camera sua. Sul letto c’era il pc portatile e Tom si schiaffò una mano in fronte, per poi guardarlo severo.

«Che cosa c’è?», chiese Bill con il viso da angioletto.

«Quante volte ti ho detto che non devi mettere il portatile sul letto?! Non passa l’aria dalle ventole e prende fuoco!»

«Ah, sì! Scusa Tomi!», disse frettolosamente, come un bambino colto in flagrante. Lo prese e lo appoggiò sulla scrivania, osservando lo schermo da lontano, un sopracciglio alzato.

«Che è successo?», chiese Tom facendo un passo verso di lui.

«Delilah si è disconnessa», rispose secco.

«Uhm. Sì. Avrà una vita fuori da msn. Spero.»

Bill si girò lentamente verso di lui e strinse gli occhi, in un espressione così arrabbiata che a Tom fece quasi paura, tanto che tornò subito sui suoi passi.

«Vedi che non capisci nulla, Tom?! Poteva anche salutarmi! E invece… Niente.» Abbassò il viso, intristito e demoralizzato.

«Dai Bill, non te la prendere. Vedrai che avrà avuto un valido motivo per andare via senza salutare», mormorò, posandogli una mano sulla spalla.
Prese un cavo che doveva essere quello della connessione e collegò il modem con il pc, poi osservò l’opera, fino a quando non sentì Bill sospirare e sedersi sul letto, il viso retto dalle mani.
«Ne vuoi parlare?», gli chiese, il cuore stretto in una morsa. Vedere il gemello in quello stato non era mai bello, soprattutto se non poteva fare nulla per tirarlo su di morale.

«No, ma… Mi abbracci?», mugugnò stendendo le braccia verso di lui, proprio come un bambino. Tom sorrise dolcemente e lo abbracciò, stringendosi a lui.

Forse, quello che davvero lo rendeva triste era il fatto di non poter avere un contatto fisico e visivo con lei… Forse, tutto ciò che aveva previsto all’inizio stava accadendo… E ora Bill come l’avrebbe presa?

***

«Finito!», gridò Bill alzandosi da tavola, dopo aver svuotato il bicchiere, e correndo verso le scale.

«Ehi, fermo, dove vai?!», gridò Tom, rincorrendolo. Riuscì ad acchiapparlo e incrociò i suoi occhi con i propri. «Che cosa ti prende, Bill?»

«Devo… devo andare a vedere se Delilah si è connessa…»

«Adesso

«Adesso.»

«Io…», sospirò abbassando lo sguardo. «Non pensi sia un po’ troppo? Tutto il tuo tempo libero ormai lo passi su quel maledetto computer… Non stai trascurando qualcosa… Qualcuno

Bill sbiancò a quelle parole e guardò gli amici ancora seduti al tavolo, le espressioni serie e anche un po’ dispiaciute. Davvero si era attaccato così tanto a quella trappola? Davvero si stava dimenticando delle persone che fisicamente gli stavano accanto?

«Io… Tom, io non l’ho fatto apposta!», gridò allarmato, gli occhi che gli pizzicavano. «Non me ne sono reso conto!»

«Lo so, mostriciattolo», sorrise affettuoso, passandogli una mano fra i capelli. «Ho capito che questa Delilah ti ha preso, forse ti sei persino preso una cotta, ma… vedi di non esagerare, ok?»

«E magari è ora di finirla con questa storia, se davvero tieni a lei e alla sua amicizia… Pensa come reagirebbe se scoprisse che l’hai solo presa in giro per tutto questo tempo», aggiunse Gustav.

«E poi… non sarebbe male se vi vedeste di persona, di tanto in tanto. Abita dall’altra parte della città, non dall’altra parte del mondo», concluse Georg, stringendosi nelle spalle.

Forse aveva davvero accantonato i suoi amici, quando invece erano le persone a cui si era sempre affidato, quelle più importanti della sua vita.

«Grazie, ragazzi», mormorò.

Li guardò negli occhi uno per uno, incontrando sorrisi rassicuranti, e con un peso in meno nel cuore salì le scale di corsa, chiudendosi poi nella sua camera. C’era ancora il portatile acceso, si mise seduto sulla sedia di fronte alla scrivania e si passò le mani fra i capelli sciolti, facendo un respiro profondo.

Doveva dare ragione a loro… Quella storia di anonimato doveva finire, non poteva nascondersi dietro un falso nome solo per sentirsi normale… Doveva dirglielo, ora che era ancora in tempo, se non voleva perderla del tutto.
Non avrebbe mai immaginato che Internet potesse influenzarlo in quel modo, né che potesse affezionarsi così tanto ad una persona che non aveva nemmeno mai visto di persona. Sapeva solo che aveva i capelli biondi, gli occhi castani… grazie alla foto che aveva come immagine personale su msn.

Sentì un trillo provenire dal proprio schermo e abbassò lo sguardo: era stata aperta una nuova icona sulla barra degli strumenti, che lampeggiava di arancione. Era lei, era arrivato il momento della verità.
O la va o la spacca, Bill, si disse sospirando, poi aprì la conversazione.

Delilah: Macky…

Macky: Delilah.

Delilah: Tutto bene?

Macky: Alla grande.

Delilah: Dai, seriamente.

Macky: Mai stato più serio di così.

Delilah: Ah! Ho capito.

Macky: Capito cosa?

Delilah: Ti sei offeso perché ieri sera me ne sono andata senza salutarti?

Macky: Potrebbe anche essere.

Delilah: Su dai, non fare il permaloso. Avevo un motivo più che valido.

Macky: Sarebbe?

Passarono diversi minuti e Bill non ricevette nessuna risposta, controllò che il cavo che gli aveva messo Tom fosse ancora attaccato, che non fosse andata via la linea e quando si convinse che tutto stava andando perfettamente, si grattò la testa, confuso. Che fosse successo qualcosa che la faceva soffrire?

Macky: Tutto ok?

Chiese titubante, sbuffando. Non voleva fare la figura dell’impiccione, non voleva farla soffrire, però voleva sapere… Se si fossero visti di persona sarebbe stato tutto più semplice! Però… Aveva paura. Lui, Bill Kaulitz, aveva paura. Proprio a causa del suo nome, sì.
Delilah lo conosceva come Macky ormai da due mesi, come avrebbe reagito se avesse scoperto che in realtà lui era Bill Kaulitz? Sicuramente non bene, perché stava a significare che le aveva solo mentito, aveva sempre indossato una maschera. E sapeva che lei odiava le persone false.
Cazzo!

Delilah: Sì, tutto ok.

Macky: Sicura? Se è successo qualcosa, potemmo parlarne…

Delilah: No.

Macky: No? Non ne vuoi parlare?

Delilah: Che senso ha parlare con una persona che… Ah, lasciamo perdere.

Macky: Troppo facile. Adesso mi spieghi!

Delilah: Insomma, se avessi avuto il tuo numero di cellulare ti avrei chiamato ieri, avevo bisogno di parlare con te, di sentire la tua voce…
Ma no, tu non hai voluto.
E non hai voluto nemmeno che ti vedessi in webcam, in foto… Niente! Non so nemmeno com’è la tua faccia!
A questo punto mi chiedo se c’è un motivo…
Non sono una persona che giudica dall’aspetto fisico, anche se fossi un cesso assurdo ti vorrei bene come te ne voglio adesso, Macky…

Bill, Bill, Bill! Io mi chiamo, Bill!, gridò una vocina dentro la sua testa, facendolo sentire male ed infinitamente in colpa. Un nodo si strinse intorno al suo stomaco e solo in quel momento si rese conto dell’enorme casino in cui si era andato a ficcare.
E ora?

Macky: Delilah… Mi dispiace…

Delilah: Uhm, vabbè.

Macky: No, non “vabbè”… Che ne dici se ci vediamo, domani?

C’era voluta un’immensa fatica per scrivere quelle sette parole, senza contare la virgola e il punto interrogativo. Soprattutto perché un misto di sentimenti, fra cui la gioia di poterla finalmente vedere negli occhi e la paura di una sua reazione di fronte alla verità, gli erano crollati addosso senza preavviso, schiacciandolo quasi su quella sedia che sentiva scomoda più che mai.

Delilah: Stai dicendo sul serio?

Macky: Sì.

Delilah: Oddio Macky *___* Non ci posso credere! Ma davvero? Non mi stai prendendo in giro, vero? Perché se è uno scherzo ti prendo a testate!

Macky: No, non è uno scherzo (: Lo conosci il Melody?

Delilah: Sì, sì! Bel locale!

Macky: Ci vediamo lì alle quattro, allora.

Delilah: Perfetto!

Macky: A domani, Delilah. Buonanotte!

Delilah: Aspetta! O.O Come farò a riconoscerti? A sapere che sei TU?

Macky: Non potrai sbagliarti.

Chiuse il portatile, facendo calare il buio nella stanza, una strana sensazione in mezzo al petto.
Non ci sarebbe più stato un pc a dividerli, il giorno dopo si sarebbero incontrati, finalmente avrebbero parlato faccia a faccia.

Sospirò e guardò fuori dalla finestra la luna nel cielo buio punteggiato di stelle, perdendosi a fissarla senza pensare a qualcosa in particolare, spogliandosi da qualsiasi maschera, svuotando la mente.

Bussarono alla porta e si girò di scatto, trovando il volto sereno del proprio gemello sulla soglia, con una ciotola di popcorn caldi fra le mani, dei quali si stava espandendo il profumo in tutta la stanza, facendogli venire l’acquolina in bocca.

«Tutto ok?», chiese, inarcando il sopracciglio.

«Più o meno», sollevò le spalle, un piccolo sorriso sulle labbra. «Domani mi vedo con Delilah.»

«Ti vedi

«Sì, le ho chiesto se ci possiamo vedere. E lei ha accettato.»

«Cioè… Voi due… Domani vi vedete in faccia? E come… Insomma… Come stai, Bill?»

«Ho un po’ di paura, ma sto bene. È la cosa giusta da fare.»

Tom fece un sorriso dolce e gli diede una pacca sulla spalla, porgendogli i popcorn:
«Stavamo per vederci un film, ci fai compagnia?»

Bill tirò su col naso e annuì, sorridente.
Perché a volte nulla era più importante di loro, capaci di farlo sorridere anche quando avrebbe solo voluto piangere.

I want someone to need me
Is that so bad?

***

Parcheggiò l’Audi di fronte al locale e fece un respiro profondo prima di uscire dall’abitacolo, all’aria fredda di quella giornata di metà inverno. Si mise le mani in tasca e si calò meglio gli occhiali e il cappellino nero sul viso, per non farsi riconoscere.

Ci siamo, ci siamo, ci siamo!

Con il sangue che gli circolava a velocità folle nelle vene si avvicinò alla porta a vetri e spinse, quando una ragazza sbucata dal nulla lo sorpassò velocemente e con modi anche un pochino bruschi, gridando:

«Permesso, scusa, sono in ritardo!»

Vide di sfuggita il suo viso, ma ormai, tanto aveva studiato quella foto, lo avrebbe riconosciuto ovunque.
Deglutì quel nodo che gli si era fermato in gola e tenne aperta la porta, osservando il corpo alto e slanciato di quella ragazza che mai prima d’ora aveva visto dal vivo, sentendosi tutto un brivido.

«Delilah.»

La ragazza si immobilizzò sul posto e si girò verso di lui, togliendosi gli occhiali da sole – rossi e quadrati – dal viso e facendo scivolare la frangia dorata su quegli occhi castani, grandi come quelli di un cerbiatto, incastonati in un viso chiaro e delicato.
Non l’avrebbe mai immaginata così, di persona era dieci volte più bella! Non era di certo una modella, ma era bella. Si perse ad osservarla e con un fremito di paura tolse anche i propri occhiali dal viso, scoprendosi del tutto.
Ormai hai tolto la maschera, non tornare indietro… si disse.

«Tu… Macky?», chiese la ragazza, portandosi sulla difensiva, il viso contratto in una smorfia di delusione mista a disprezzo, gli occhi lucidi.

«Sì… Io», mormorò.

«Come… Come hai potuto…»

Anche la sua voce era bellissima, nonostante in quel momento fosse rotta da singhiozzi che stava tentando inutilmente di sopprimere in profondità.
Non avrebbe mai voluto che si sentisse male per colpa sua, ormai si era affezionato tantissimo a quella ragazza… Non voleva perderla, no.
No!

«Mi dispiace, Delilah!»

«Ti dispiace?», assottigliò gli occhi, avvicinandosi a lui. «Ti dispiace?! Ma ti rendi conto di come io mi possa sentire in questo momento?! Mi sono confidata con te, ti ho detto cose di me che nessuno sa, io credevo di potermi fidare di te! E invece… invece mi hai solo presa in giro!», gridò, spingendolo fuori dal locale tirandogli deboli pugni sul petto.

«No! Io non ti ho mai presa in giro! Macky infondo è il mio soprannome!»

«Che cosa cazzo c’entra!? È… è il gesto, cazzo! Tu ti sei nascosto! Quando io… Io sono uscita completamente allo scoperto con te!» Ormai le lacrime le graffiavano le guance già arrossate, trascinandosi dietro un po’ di mascara. «Infondo… dovevo sospettarlo, dovevo immaginarlo… Era tutto troppo bello per essere vero, Macky», sottolineò il suo nome con una punta di odio, prima di tirare su col naso, di sistemarsi la sciarpa a righe rosse e verdi sulla bocca e di rinfilarsi gli occhiali da sole sul viso per celare gli occhi gonfi di pianto.

«Delilah, aspetta!», la prese per il polso. «Io non volevo farti soffrire! Cerca di metterti nei miei panni!»

Lei fece un sorrisetto amaro e schioccò la lingua, le mani sui fianchi: «Se io fossi nei tuoi panni mi vergognerei a morte.»

Bill mollò la presa e mortificato abbassò lo sguardo, sentendola andare via con il suo passo veloce e deciso.
Forse aveva sbagliato con lei fin dall’inizio, forse aveva sottovalutato quel gioco: ora lui non era più il vincitore della partita, era il vinto… Lei aveva fatto scaccomatto, buttando giù il re.
Ma non poteva lasciarla andare via così, non poteva. Doveva dimostrarle che teneva davvero a lei, e quello era il momento più adatto, ora che ce l’aveva ad un passo.

Sollevò lo sguardo e urlò il suo nome, per poi correrle dietro, visto che come aveva previsto non si era fermata né girata.
La raggiunse e la prese per le spalle, tentando di guardarla negli occhi, ma lei abbassò il viso e si guardò la punta delle scarpe.

«Ok», sospirò Bill. «Se mi ascolti bene, se no pace. Ti giuro che io non volevo farti del male, se non ti ho detto da subito la mia vera identità è stato solo perché… insomma, non ti conoscevo e non sapevo se potevo fidarmi! Quando mi sono reso conto che stavi diventando importante, non ho avuto il coraggio di dirti tutto. Questo è vero, lo devo ammettere. Ho sbagliato e ne devo pagare le conseguenze; sono pronto a questo, ma non voglio perderti. Tu… tu sei diventata importante, sul serio. E anche se ho cambiato il nome… quello che ti parlava ero sempre io, sempre Bill.»

«Bill», digrignò fra i denti.

Sospirò e stese la mano verso di lei: «Dammi il tuo cellulare.»

«Eh?», alzò di scatto il viso, sorpresa.

«Ho detto: dammi il tuo cellulare.» Delilah sollevò il sopracciglio, incerta, e lui roteò gli occhi al cielo: «Ti fidi di me?»

Tentennò, ma poi annuì lievemente con la testa e glielo porse, guardandolo incuriosita mentre scriveva velocemente il proprio numero.
Bill la guardò di sottecchi e fece un sorrisetto quando mancava solo il nome con cui salvarlo: «Scegli tu, come preferisci chiamarmi?»

Delilah gli strappò il cellulare dalle mani e bofonchiò: «Idiota», poi se lo rimise nella tasca dei jeans, aggirando il corpo immobile di Bill e riprendendo a camminare nella direzione opposta, senza rivolgergli più uno sguardo.

Si girò e la osservò allontanarsi, un sorriso amaro sulle labbra e la speranza che lo chiamasse un giorno, o che almeno… non lo dimenticasse.

***

«BIIIIIIIIIIILL!»

«Che c’è?», mugugnò da sotto le coperte, ancora mezzo addormentato.

Tom era alla porta, gli occhi fuori dalle orbite, sconvolto, solo in boxer: «Il tuo cellulare continua a fare quegli irritanti bip bip e si da il caso che io voglia dormire! Quindi, alza il culo e guarda chi cazzo è che rompe i coglioni a quest’ora di mattina!»

«Ma… è mezzogiorno ormai», gracchiò, schiarendosi la voce.

«Oh signore, è ancora l’alba», piagnucolò coprendosi il viso con le mani.

Bill ridacchiò e si sporse per raggiungere il telefono sul comodino, che suonava ad intermittenza ormai da qualche ora.

La sera prima avevano avuto un concerto, forse era anche per quello che Tom era così suscettibile e si era addirittura alzato per dirgli di spegnere il telefono, che aveva lasciato suonare a vuoto per pura pigrizia, quando avrebbe potuto benissimo rispondere perché era sveglio.

Lo prese in mano ed esattamente in quel momento partì una nuova chiamata, che li fece sobbalzare entrambi.

«Perché non rispondi?», chiese Tom indicando il cellulare. «Chi è?»

«Numero sconosciuto…»

«Magari hanno sbagliato», sollevò le spalle, concedendosi ad uno sbadiglio.

Erano circa tre settimane che non sentiva Delilah, il pc portatile era rimasto spento per più del novanta percento del tempo, accantonato in un angolo della scrivania, e sembrava assurdo, ma… gli mancava. Gli mancava davvero tanto.

Animato da una scossa di trepidante speranza, decise di rispondere a quella chiamata, rischiando il tutto per tutto, perché se non fosse stata lei avrebbe mandato a quel paese chiunque ci fosse stato dall’altra parte.

«Pronto», disse nonostante il nodo che gli si era formato in gola.

«Dimmi, tu al posto mio ti saresti arrabbiato… Bill

I want someone to love me
for who I am

   
 
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