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Autore: keli    17/02/2010    1 recensioni
[...]Forse spera solo che lo sia. Inconsciamente, piano, senza far rumore. Una speranza piccola piccola, che si insinua fra i suoi pensieri quando non è abbastanza concentrata per scacciarla via e chiudere la mente.Si ritira contro il muro, le gambe strette al petto e le braccia a cingerle, come in un abbraccio che voglia proteggerla dal mondo, o forse solo da se stessa.Il viso sulle ginocchia, aspetta pazientemente che quel rumore ovattato si fermi.[...]
[Accenni: Raven/Alice; Gil/Oz ]
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok, allora, prima di iniziare permettetemi di spendere due paroline in mio favore(?)
Siate clementi, è la prima fic su Pandora che elaboro (ovviamente, che sia venuta fuori per colpa di un sogno non c’entra niente °°)
Avrei voluta dedicarla a Giulia, Ucchan o come cavolo si fa chiamare adesso ( ti assicuro quel Pralinacosanonricordo è troppo lungo per essere ricordato dalla mia povera, semplice mente çç) Ma non lo faccio. Non lo faccio perché l’ha già letta xD E perché abbiamo una sfida in corso è.è
Quindi la dedico a Già il mio Mad Hatter personale, l’uomo convinto di essere un gatto °O°.
Probabilmente non la leggerà mai, ma se non mi avesse rotto le scatole con la storia di Break probabilmente non avrei mai saputo dell’esistenza di Pandora Hearts ( lo so, c’entra sempre anche la Collega in questo … chi sa perché >.> xDDD)
Che altro dire?
Nonsense, e lo devo a Giulia e a me stessa perché io si, scrivo scrivo, ma alla fine non ci capisco un tubo di quel che viene fuori.
Ovviamente un pizzico di Gil/Oz non fa mai male *smile*
Ma questa doveva essere leggermente Raven/Alice ( o Alice/Raven, fate un po’ voi °°) quindi eccola qua.
Mi convince?
Naaaa, ma del resto sarebbe strano il contrario

Chuu-<3






Il Rumore del Silenzio










I passi di Raven sono inconfondibili.
Risuonano uguali lungo i corridoi, rimbombano nelle stanze vuote.
Dopo un po’ si ci è abituata. Lentamente, giorno dopo giorno, è riuscita a intercettarli, capirli, distinguerli dagli altri suoni
Guardare Raven camminare è uno spettacolo. L’ha fatto, qualche volta, di nascosto, quando lui credeva che stesse dormendo. L’ha spiato, ha guardato quei movimenti che fa, poggiando prima la punta del piede sul terreno, aspettando un secondo e poi accompagnando il tallone.
Nessun suono.
Ecco cos’è che rende tanto speciali i suoi passi.
Sembrano non produrre alcun rumore.
Spesso si è chiesta perché si impegni così tanto per risultare inudibile. Alle volte si è persino spaventata della sua presenza quando era convinta che fosse sola.
Ha il dono di apparirti alle spalle, silenzioso come un fantasma, presenza rassicurante nei momenti di pericolo.
Non gli ha mai chiesto il perché. D'altronde loro due sono conosciuti per detestarsi cordialmente a vicenda.
Non possono stare nella stessa stanza per più di qualche minuto, perché poi inevitabilmente un banale commento può scatenare litigi e scontri senza precedenti.
Alle volte invece si domanda se l’odio nei suoi confronti apertamente dichiarato dal Nightray celi qualcos’altro. Se non sia solo semplice disprezzo il suo.
Infondo non gli ha mai fatto nulla di male. Non di troppo importante, comunque.
Ha come la sensazione che la cosa sia collegata a Oz.
Se non faccia tutto questo per lui. E’ stato il suo servitore dopo tutto, e anche ora che è un Nobile, rimane dello stesso avviso. Oz sarà sempre il suo Boocchan, qualunque cosa ne dica.
Può capirlo?
No.
Lei è stata per troppo tempo lontana dal mondo, rinchiusa nelle profondità dell’Abisso, per poterlo fare. E d’altronde è solo una Chein. Cosa mai potrebbe saperne, dell’amicizia, dell’affetto …
… gli è l’ha detto anche Lei quella volta, nel maniero dei Vessalius.
Qualunque cosa faccia, per quante persone la circondino, rimarrà sempre s o l a.
Ma c’ha provato, davvero.
E in questi giorni, con loro, è riuscita a sentirsi un po’ più … più umana, ecco. Da quando ha stipulato il Contratto con Oz si è sentita diversa.
All’inizio la cosa le dava fastidio. Ora la incuriosisce.
Forse deve provare queste “cose” se vuole ritrovare i suoi ricordi. E’ uno dei modi.
Può essere un modo.
Forse spera solo che lo sia. Inconsciamente, piano, senza far rumore. Una speranza piccola piccola, che si insinua fra i suoi pensieri quando non è abbastanza concentrata per scacciarla via e chiudere la mente.
Si ritira contro il muro, le gambe strette al petto e le braccia a cingerle, come in un abbraccio che voglia proteggerla dal mondo, o forse solo da se stessa.
Il viso sulle ginocchia, aspetta pazientemente che quel rumore ovattato si fermi.
Oz dice che l’unico motivo per cui adora stare in quella posizione oltremodo scomoda è perché vuole allontanare tutti da se.
Solo lei, e il resto fuori.
Ma Oz dice tante cose, e la maggior parte delle volte si tratta solo di fesserie. Almeno è quello che pensa lei.
Trattiene il respiro, per un secondo, mentre la maniglia della porta si abbassa lentamente.
E’ per questo motivo che ha imparato a distinguere i passi silenziosi di quello che un tempo era Gilbert da quelli caotici del giovane Vessalius:
Per poter abbandonare la stanza prima che si crei qualche pretesto per un litigio dei soliti.
Ed è quello che prova a fare ora. Si alza, piano, il viso alto, l’espressione fiera, a passi di marcia verso quella porta ora aperta che può condurla alla salvezza pace.
<< Continui a scappare Bea Rabbit … mi chiedo perché >>
La sua voce è un filo sottile di fumo che sembra evaporare nell’aria tiepida.
Malgrado gli dia le spalle può vederlo, lì, dietro di lei, puntargli a dosso i sottili occhi d’oro pieni di disprezzo nascosti dalla larga falda del cappello nero che non si toglie mai –o quasi- con la stessa sicurezza con cui le punterebbe fra le scapole una delle sue pistole.
Distrattamente la Chein si chiede perché non lo faccia. Malgrado le occasioni ci siano state non ha mai provato realmente a farla fuori.
Quasi quasi le dispiace.
Vorrebbe sentire il freddo della bocca di ferro dell’arma sulla pelle. Vorrebbe sentirsi q u a l c u n o, per una volta, e non solo una fastidiosa presenza.
Ma sono solo pensieri i suoi, che di certo non spera vuole che diventino realtà.
<< Il mio nome è Alice stupido >>
Butta fuori, scocciata da quella farsa che va avanti da troppo tempo.
E si sa, il tempo è prezioso. Il suo almeno.
-e quello di Oz che si consuma lentamente allo scorrere di quella dannata lancetta-
Raven sorride, piega leggermente le labbra verso l’alto lasciando ondeggiare pigramente la sigaretta accesa, catturato dall’evanescente spirale di fumo bianco davanti ai suoi occhi.
Un tempo forse avrebbe reagito diversamente. Ma Gilbert era morto dieci anni prima durante la cerimonia. O molto più probabilmente quando aveva permesso al Chein di quella Baskerville di prendere possesso della sua volontà e aveva rischiato di uccidere il Padro-
Oz.
Si ripete mentalmente con rabbia.
Vessalius non era più il suo adorato Boocchan, e doveva farsene una ragione. O per lo meno doveva provarci.
Le cose erano cambiate e l’unico modo per non sentirsi in colpa è cercare un altro da incolpare.
Il Coniglio Nero si era rivelato il capro espiatorio perfetto. Prendersela con lei riusciva ad attenuare lo squarcio che sentiva farsi giorno dopo giorno più profondo nel cuore.
Niente a che vedere col dolore fisico come quello procuratogli dalla Spada della Benedizione quel giorno.
La lama gli aveva solo lasciato una scura cicatrice sulla pelle.
Le cicatrici di quell’altro dolore invece erano invisibili e per quanto facesse –ne era sicuro- non avrebbero mai smesso di sanguinare. Non del tutto.
Abbassa lo sguardo prendendo la cicca fra pollice e indice e allontanandola dalle labbra, osservando distrattamente la cenere cadere sul pavimento lindo come i granelli di sabbia in una clessidra.
<< Già, Alice. Ma non hai risposto alla domanda >>
B-Rabbit sente come un fremito scorrerle lungo la schiena.
Sgrana leggermente i grandi occhi viola, sorpresa e spaventata da quella sensazione del tutto nuova. Non l’ha mai chiamata col suo vero nome.
La sorpresa aumenta, mescolandosi al sapore salato del panico, quando sente il suo cuore mancare di un battito.
Il silenzio è stato così forte in quell’istante che sarebbe potuto passare per rumore.
Ha ferito l’udito più di qualsiasi botto, comunque.
Il braccio trema mentre avvicina la mano al petto, artigliando la stoffa proprio sopra il cuore. Sente la ruvidità del tessuto contro le dita, e questo la calma un po’.
Forse … forse se ne è accorto anche il Nightray ma non ha dato segno di averlo fatto. E lei non ha la forza necessaria per voltarsi e guardarlo in viso, anche se è sicura che la sua espressione e il suo sguardo basterebbero a svelarle tutto.
<< Non sto scappando da nessuno Raven >>
Taglia corto, gelida, anche se la voce tradisce l’emozione tremando un po’.
L’appartenente alla Pandora abbassa con una mano il cappello, calandolo sugli occhi. Anche se è girata non vuole che veda. Non può permettersi che quello stupido coniglio percepisca l’inquietudine nascosta nell’oro del suo sguardo.
Non può, né vuole.
In realtà sa di aver esagerato in tutto quel tempo. Alice ha dato dimostrazione più di una volta di non essere pericolosa.
Non per loro, e non in quel senso.
Eppure non può fare a meno di trattarla da nemica. E’ come un balsamo per le sue ferite dolenti.
Forse perché lei ha Oz. E Oz ha lei.
Invece lui … lui è solo.
Il coniglio probabilmente non se ne accorgerà mai, ma le cose stanno esattamente cosi. Loro hanno se stessi e sembrano escludere il resto.
Lui invece fa da terzo incomodo, sempre.
E si è stancato, davvero, di guardare Oz e vedere lei riflessa nei suoi occhi. L’ha capito, non è mica uno stupido. Conosce il giovane Vessalius più di se stesso.
L’ha capito da come la guarda, da come le parla. Fa ogni cosa per lei. Ma Alice è troppo cieca per vederlo. Lo ignora, limitandosi a trattarlo da amico, forse –lei lo chiama servitore-
Scrolla il capo, piano, sentendolo pesante. Cerca nella tasca della giacca un'altra sigaretta.
E’ l’ultima cosa che gli rimane.
L’ultima cosa da fare.
<< Uh … invece io credo di si stupid- >>
Le spalle della Chein tremano impercettibilmente, tiene il braccio ancora alzato, la mano che l’ha colpito sopra il capo. Lo guarda, a occhi sbarrati, forse domandandosi perché l’ha fatto.
Raven tiene il capo voltato di lato, lo sguardo alla sigaretta che è volata via, rotolando dall’altra parte della stanza.
Fa male. Deve far male.
Lentamente porta la mano fasciata al viso, posandola sulla guancia arrossata.
Non la guarda. Evita di farlo.
Non vuole vedere le lacrime che le velano lo sguardo e che premono per scendere giù, lungo il viso. Si chiede perché si sente così male, un essere schifoso, se è questo che voleva.
Alice abbassa lentamente la mano, stringendosi convulsamente il polso con l’altra. Non voleva. Non voleva colpirlo veramente.
Ma oramai è stanca delle sue parole. Feriscono più di una pallottola nello stomaco, anche se lei non lo da a vedere. Si stupisce, di quelle gocce che scivolano silenziose sulla pelle.
Non sa cosa siano le lacrime.
Non ha mai pianto, lei è forte.
<< Lasciami in pace R a v e n >>
Mormora, atona.
Quello che un tempo era Gilbert – ora solo una misera copia, poco più che un ricordo perché il tempo cambia le persone, checché se ne dica- si riaggiusta il cappello con l’indice, lasciando scivolare la mano lungo il corpo, sentendo il braccio pendere inerte contro il fianco.
La sorpassa, con pochi movimenti, appoggiandosi alla cornice e fermandosi per qualche istante.
Esita, appena un secondo.
<< E’ giusto così >>
E va via, perdendosi nei corridoi della tenuta, lasciandola sola nella stanza.
Ancora una volta.
La porta si chiude, e un sospiro si libera nell’aria.
Domani sarà lo stesso di sempre, dopo questo nulla sarà cambiato perché niente deve cambiare.
Il Rumore può far male.
Ma mai quanto alcuni Silenzi. E lei aspetterà sempre quei passi dietro la porta. E sorriderà a Oz, perché è così che deve essere.
Come ha detto qualcuno …
… lo spettacolo deve continuare.
  
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