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Autore: marziaaadm    17/02/2010    1 recensioni
Ci sono tre tipi di segreti:
I segreti che teniamo ben nascosti per proteggere il nostro cuore.
I segreti che vorremmo rivelare, ma siamo obbligati a non farlo.
I segreti che teniamo nascosti nella speranza che qualcuno ci chieda di parlarne.

Gettate le barriere. Se qualcuno è importante per voi fidatevi e pogiatevici con tutto voi stessi. Non siete soli.
Genere: Fantasy, Suspence, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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secrets

SECRETS


Cadeva, agile e repentina, assassina sul terreno spoglio.

Tagliava l’aere tutt’intorno, lacerava ogni resistenza, sminuzzava ogni barriera.

Ogni goccia era come una lama indistruttibile.

Pioveva…come sempre del resto.

Fredde figlie iridescenti di luce propria, glaciali fanciulle dalla vita di qualche frazione di secondo solcavano il cielo osservando il mondo circostante:la sua bellezza è oramai sfiorita, il sole non oltrepassa il folto manto di nubi con i suoi caldi raggi donatori di vita.

Fiumi, laghi, oceani di profonde acque scure dall’apparente aria serena, ingannevoli flutti maligni, liquidi ingannatori di ingenui temerari.

Assassini composti di sangue e lacrime.

Foreste e selve denudati dal loro vigore smeraldino. Flora arida, grezza, ruvida rivestita di un pungente odore di desolazione.

Terreni deserti e colli sublimi di ceneri sparse dal vento seduttore.

Un mondo morto già in partenza, questo osservavano le figlie del cielo discendendo come Valchirie.

Urla sorde.

Alcune si infransero sulla sterile terra genitrice, sulla vegetazione spenta, sulle case di anime erranti; altre finirono di inumidire una bagnata chioma corvina, scendendo sul viso puntinandolo di minuscoli punti trasparenti. Camminava sotto l’acqua, infreddolito, il respiro si condensava una volta emanato. La testa bassa, i vestiti sporchi di sangue trascinandosi sugli zoccoli come portasse un peso invisibile.

Si guardava intorno con la coda dell’occhio, alla ricerca di un solido riparo, quando si accorse che in quella solitaria strada sdrucciolosa e sabbiosa, vi era solo lui.

Il mondo girava, viveva, ma nessuno era con lui.

Quanto aveva camminato? Dove era diretto?

Non lo sapeva nemmeno lui, ma continuò a proseguire. Non riuscì a finire un passo, che un grido metallico e lancinante divise lo spazio, trafiggendogli l’udito.

Tintinnii crescenti, simili a gemiti si spargevano tutt’intorno, come gli stesse una presenza accanto.

Girò la testa di scatto in varie direzioni, muovendosi su se stesso costruendo semicerchi sul terreno spoglio. Gli occhi aperti e spaventati, il ritmo cardiaco accelerato. Non vi era nessuno, era solo.

Silenzio.

Il dolore sembrava cessato.

Percepiva: il vento seduttore sibilargli in un orecchio accarezzandolo col delicato tocco di un’amante, distante e veloce, avvolgendolo in un freddo abbraccio.

Sentiva: l’umido dell’acqua insipida sulle labbra.

Annusava: le polveri sparse per l’aria, pesanti e granose riempirgli i polmoni.

Ascoltava: un live tintinnio metallico crescente, simile ad un lamento.

Camminò in direzione del suono, affascinato, spaventato, ma notevolmente attratto, come un magnete verso il suo opposto.

Davanti a lui, nascosta dietro una rupe, si nascondeva una caverna dalle grigie pietre spesse. Non riusciva a vederne la fine, risucchiata in un nero oblio. Deglutì rumorosamente pensando a quale mossa fare: tornare indietro e continuare verso una meta ignota o proseguire verso quel meraviglioso e straziante suono?

Si voltò indietro osservando ogni particolare. I rami marci e spogli degli alberi, la pioggia battente, il vento gelido che faceva danzare le foglie secche, la fanghiglia appiccicosa sotto i piedi.

Aveva vissuto lì per tutto quel tempo, con quale risultato? Era sempre stato lui a correre per quel mondo, ma non era mai stato ripagato. Guardò l’interno della grotta e silenzioso, prese coraggio entrandovi, verso quel suono così seducente e misterioso. Ad ogni passo sentiva il battito del metallo su altro metallo sempre più intenso come un cuore pulsante e vivo e delicatamente l’oscurità della caverna andava diradandosi.

Una calda e tiepida luce avanzava rapida e chiara avvolgendo la cavità della caverna dalla quale era sprigionata. Non era un chiarore fortissimo, ma nella tetra caverna, anche una lucciola sarebbe sembrata il sole.

Avanzava sempre più affascinato, abbandonandosi al chiarore ed avvicinandosi sempre più audacemente. Sentiva il rimbombo del metallo battuto sempre più forte e deciso, impassibile ed inevitabile.

La luce si stava facendo sempre più vicina e la cavità sempre più stretta. I piedi rallentarono il passo, strusciando lievemente tra i sassi, la mano sinistra poggiava sul muro, graffiandosi mentre accompagnava lievemente il movimento delle gambe.

Si fermò davanti ad una fornace in pietra, scavata a mo di nicchia, dalla quale come fosse una fontanella sgorgava fuoco ed un’intensa rosata lava. Batteva incessantemente in ginocchio al di sotto della nicchia rialzata rispetto il terreno grullo, un vecchio gobbo e rattrappito, coperto solo con uno straccio consumato e sporco al livello dell’inguine. L’uomo aveva abituato i suoi occhi a quel chiarore, seppure con fatica e scorgeva da quella figura le ossa delle esili braccia sorreggere un martello più grande e pesante di lui, nero e feroce ed a ogni battito prendeva fiato mostrando le costole sotto la pelle olivastra bruciacchiata. Era calvo e rughe profonde sul viso, che gli dipingevano una continua smorfia mista di dolore, odio e rassegnazione.

- Non col dardo ferirla, ma colpirla, colpirla, colpirla.- ripeteva fra sé e sé stentatamente, come a trasmettere al suo operato un che di magico ed arcano.

L’uomo osservava stupito il fragile vecchio forgiare con una gran forza di volontà e maestria una lama nera e spenta come carbone. Non era ferro, né un metallo conosciuto. Non rifletteva la luce, né sussultava ad ogni rintocco dell’aguzzino sulla sua figura, bensì urlava muta facendo proprio il silenzio e cercava qualcosa, annaspando.

L’uomo era incantato da quell’oggetto così misterioso e grezzo allo stesso tempo da sentire l’inaspettato desiderio di stringerlo fra le mani e farlo proprio, possederlo e mostrarlo a quel mondo così lontano da lui per renderlo oggetto di invidia: era cosa tanto bella da non essere degna di esistere.

- Cosa forgi vecchio?- si rivolse all’anziano senza staccare gli occhi scuri e luccicanti dalla lastra spenta. La poteva sentire, viva e desiderosa di vivere, ma sofferente nella sua prigionia.

- Cieco! A te che sembra?- gli rispose scontroso senza degnarlo di uno sguardo. Con una pinza prese la lama, stranamente non incandescente e la intinse in un secchio arrugginito colmo d’acqua, nascosto tra varie ombre.

Dall’acqua uscì inspiegabilmente del vapore.

- Una…lama?- sussurrò insicuro il giovane domandandosi come potesse uscire del fumo da una lama teoricamente non incandescente immersa in un liquido. Se non fosse stata incandescente non si sarebbe potuta forgiare, ma erano tanti i misteri che erano intorno quell’oggetto.

Il vecchietto lo guardò storto prelevando la lamina scura dall’acqua. Quella era ancora atona e spenta. Non emanava più nulla, né grida, né attrazione.

Come fosse morta.

- E’ una spada bello mio.- spiegò il vecchio esaminando la sua opera alla luce del fuoco. La vedi così, perché non ha ancora trovato un compagno che sappia portarla.- ridacchiò.

- Io sono un guerriero.- altezzoso il ragazzo si riempì di arie.

- E perché non porti nessuna spada al tuo fianco?- il vecchio parlava senza guardarlo, come se già fosse a conoscenza delle risposte. Lustrava il frutto del suo lavoro, adornandola e rifinendola. Era una lama spoglia e grezza, ma tra le sue mani sembrava una bellissima dama adorna di eleganza o ancora meglio, non apparteneva a quel mondo terreno, bensì poteva essere figlia di un dio.

- Un guerriero non ha bisogno di una spada per combattere. Un guerriero se forte combatte da solo. Un guerriero muore da solo. Una spada è un oggetto, non può aiutarlo.- ma le sue parole non corrispondevano a verità. Continuava a fissare l’arma come incantato.

- Io non credo caro ragazzo. Una lama è come una donna, solo una è quella giusta. Un guerriero che non impugna la sua spada non è da considerarsi tale ed una lama che non ha un guerriero è solo un ammasso di metallo. Vedi la mia creazione, ad esempio. Ora è vuota, priva di vita eppure tu sei qui. Forse è stato il destino, chissà, ma una lama è un’amica, una compagna, con cui dividere ostacoli ed emozioni. Credi in lei, amala e rispettala. Lei non ti tradirà. Non fuggire dietro i tuoi pugni.- detto questo il vecchio posò la lama a terra e rimase nell’ombra in silenzio.

Il guerriero la guardò e sentì una forte adrenalina crescere in lui. Non era amore, passione, mistero o altro… una nuova sensazione si faceva strada nel suo essere più recondito e segreto. Qualcosa di simile alla fiducia ed il rispetto, ma più forte e trascendente.

 

Prese la lama in mano e quella gli diede un’impugnatura per non ferirlo e brillò, più del sole e delle alte stelle.

- Ora cosa farai?- gli domandò il vecchio.

- Continuerò il mio cammino. Non sono più solo.-

E come se n’era venuto se ne andò.

Lui prima portava con sé segreti.

Ci sono tre tipi di segreti:
I segreti che teniamo ben nascosti per proteggere il nostro cuore.
I segreti che vorremmo rivelare, ma siamo obbligati a non farlo.
I segreti che teniamo nascosti nella speranza che qualcuno ci chieda di parlarne.

Gettate le barriere. Se qualcuno è importante per voi fidatevi e pogiatevici con tutto voi stessi.

Non siete soli.


  
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