NdA:
Buongiorno a tutti! ^______^ Sì, in questo periodo vanno le
one-shot xD Ma non
vi preoccupate, sto scrivendo e mandando avanti anche le altre ff, non
le ho
abbandonate!
Spero
che questa storia vi piaccia, anche se non è niente di
ché. Ma è molto particolare
e ci ho provato (:
Ci
sentiamo alla prossima! Buona lettura! *-*
_Pulse_
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Deserve
Sono fortunato.
Sì, lo sono davvero e c’è chi lo
sa, ma solo io posso capire quanto
lo
sia in realtà.
Conosco diversi amici
che sono
stati maltrattati, trascurati, abbandonati sul ciglio della
strada…
L’elenco
delle cose brutte è molto lungo, ma per fortuna ci sono
anche tante cose belle.
Bisogna solo essere molto
fortunati. Come me.
A volte mi chiedo se me
lo merito,
perché sono stato scelto proprio io fra tanti altri.
Tutte le domande che nelle notti
mi assillano, con una carezza affettuosa sulla testa svaniscono.
Non posso di certo lamentarmi, devo solo ringraziare la sorte e poi, è scontato… devo ringraziare loro.
Ricordo benissimo quel giorno, uno fra i tanti chiuso in quella specie di cella che mi metteva sempre una tristezza infinita addosso. Mi sentivo soffocato, avevo voglia di correre in mezzo ad un prato verde, di seguire chi mi avrebbe reso di nuovo libero e felice…
La porta si aprì dopo diversi
giri di chiave e rizzai le orecchie come
il mio vicino, Black – chiamato così per il colore
del suo pelo – che si
avvicinò alle sbarre e incastrò il muso fra di
esse, negli occhi un velo di
speranza.
Lui era lì ormai da tre anni.
Dopo essere stato abbandonato in autostrada dal suo precedente padrone,
aveva fatto il vagabondo per un po’ di tempo, era stato al
fianco di un barbone
e aveva persino rischiato di morire a causa di un incidente stradale,
quando
una signora lo aveva accolto in casa sua, lo aveva medicato, nutrito e
il
giorno seguente lo aveva portato in quel canile perché non
poteva occuparsi di
lui.
“Che succede?”, chiesi
annoiato, senza sollevare nemmeno il muso dalle
zampe.
“Sono arrivati due ragazzi. Magari
è la volta buona che me ne vado da
qui!” Iniziò ad abbaiare per attirare
l’attenzione dei due, come stavano
facendo più o meno tutti gli altri coinquilini.
Io mi avvicinai soltanto alle sbarre perché incuriosito.
«Gran parte di questi cani sono
stati abbandonati dai loro padroni,
sono stai trovati da persone che li hanno portati qui oppure erano dei
randagi», spiegò la donna che si occupava di noi
alla mattina.
«Come si fa ad abbandonare dei
cani?», bofonchiò il ragazzo con i rasta
biondi, le mani dentro le tasche degli enormi pantaloni, sotto una
maglietta
che sembrava più una tenda.
«Bisogna essere davvero
crudeli», disse invece l’altro, con i capelli
neri e lisci sulle spalle, magro e con gli occhi truccati di nero.
“Che strani che sono”,
dissi a bassa voce a Black, ridacchiando.
“È vero, ma sembrano
simpatici.”
“Sicuro”, scodinzolai.
“Spero ti prendano, amico.”
“Lo spero anch’io, sono
stufo di stare qui! Tu no?”
“Non puoi immaginare
quanto…Però…”, abbassai il
muso, grattando il
pavimento con le unghie.
“Vedrai che ce la
farai”, mi rassicurò.
“Come fai ad esserne
sicuro?”
“A volte l’amore degli
esseri umani sa essere davvero un’ottima cura,
te lo assicuro.”
Stirai un sorriso e mossi la testa
acconsentendo, ma chissà se era
davvero così.
Non ero mai stato con degli umani, ero nato in strada e ci avevo sempre
vissuto, con la mia compagna che purtroppo non ce l’aveva
fatta a sopravvivere.
Ero stato parecchio male dopo la sua morte, piangevo sempre, ma poi
avevo
ripreso a respirare arrivato qui. Ma era stata una pace temporanea,
perché
quando capii che non sarei più uscito da lì fin
quando qualcuno non mi avesse
preso con sé, tutto era tornato grigio ai miei occhi.
Guardai con più interesse i due
ragazzi, piegando la testa leggermente
di lato e alzando un’orecchia, divertito dai loro battibecchi
da bambini,
nonostante non lo fossero più. Erano davvero simpatici,
sì.
«Guarda quello, Tomi! È
bellissimo!»
«Ma che ci vuoi fare con quello,
Bill?! È un coso minuscolo, rischierei di
pestarlo!»
«Non essere cattivo!»
«I cani piccoli lo sai che non mi
piacciono tanto!»
Mi girai verso Black e gli dissi:
“È il tuo momento, bestia!”,
ridacchiando e rotolandomi a terra, mentre lui faceva una smorfia e
riprendeva
ad abbaiare, riuscendo finalmente ad attirare la loro attenzione.
«Guarda questo, Tom! Ti
piace?» Il ragazzo dai capelli corvini indicò
Black con il dito e l’altro, Tom, si girò e si
portò una mano sul mento,
pensieroso.
«Non so, non mi
convince…»
“Come non ti convince,
idiota!”, gridai forte, muovendo la coda
nervoso. “È uno dei migliori cani che ci sia qui
dentro! Se lo merita di
uscire!”
«Perché non questo
qui?», mi indicò Tom entusiasta, avvicinandosi e
chinandosi
proprio di fronte a me, dall’altra parte delle sbarre.
“Ma sta dicendo a me?”,
chiesi a Black, che annuiva con un sorriso
rassegnato sul volto.
Una sensazione di disagio mi avvolse lo
stomaco a quello sguardo, come
se mi sentissi in colpa, e guardai gli occhi di quel ragazzo,
sorridenti e
pieni di vita, chiedendomi perché avesse scelto me e non
Black. Lui… lui doveva
uscire prima di me! Lui se lo meritava, io…
«Quello?», chiese Bill,
scrutandomi per qualche secondo, per poi
aprirsi in un sorriso felice. «Sì, mi
piace!»
«Ciao cucciolone»,
mormorò Tom, avvicinando la mano al mio muso.
D’istinto arretrai, poi mi avvicinai lentamente e annusai le
dita, fino a
quando non crollai a delle piacevolissime carezze sulla testa e sulla
gola.
«È deciso, prendiamo
questo», disse, sorridendo alla donna.
“Sii felice”,
sussurrò Black rivolgendomi uno dei suoi sguardi
più
caldi. Chiuse gli splendidi occhi gialli e si accucciò
nell’ombra della
celletta, dandomi le spalle.
Da quel giorno ho
pensato molto a
lui, a come sia stato un semplice caso il fatto che abbiano scelto me e
non
Black. È stata pura casualità, anche se a volte
mi sento ancora in colpa.
Chissà ora dov’è, se anche lui ha
trovato dei padroni buoni che finalmente gli danno solo ciò
che ogni
cane desidera: un po’ d’amore.
«Ehi cucciolo, che ci fai qui da solo?»
Riconobbi la voce di Bill e tirai subito fuori la lingua, scodinzolando felice, quando si chinò per farmi un po’ di coccole.
Io sono stato davvero
fortunato,
perché Bill e Tom sono davvero dei padroni perfetti, anche
se viaggiano molto
per lavoro. Quando sono a casa, però, non ci fanno mai
mancare nulla.
Dico ci
perché non sono solo: la mia famiglia, la mia nuova
famiglia, è
composta da altri tre cani che al mio arrivo mi hanno accolto felici,
come se
ci conoscessimo da sempre.
Forse è vero quel proverbio umano che dice che i
cani somigliano ai propri padroni.
Strusciai il muso contro la gamba magra di Bill e mi portai sulle zampe posteriori, quelle anteriori appoggiate al suo petto e lo sguardo rivolto verso suo viso, abbaiando tutta la mia gioia di essere lì.
Se solo potessi parlare il linguaggio degli umani non potrei far altro che ringraziarli, dalla mattina alla sera, perché loro mi hanno riportato alla vita. Sono stati capaci di farmi ricominciare, ho potuto essere di nuovo felice… Mi hanno dato una famiglia, senza la quale ora mi sentirei perso.
«Dai, vieni con noi in studio oggi, va bene?», mi chiese sorridente, conducendomi in salotto, dove c’era anche Tom, seduto sul divano, che coccolava quello che era diventato presto il mio compagno di giochi.
Mi avvicinai trottando e saltai sul divano, dall’altra parte del mio padrone, e sorrisi iniziando a leccargli la faccia, abbaiando contento.
«Ehi!», ridacchiò accarezzandomi il collo con entrambe le mani. «Ti ho già detto di non leccarmi la faccia, sei appiccicaticcio!»
“Ecco, lascialo stare”, sghignazzò il mio amico, dandomi dei colpetti con il muso sulla pancia, facendomi il solletico.
«Dai Tom, dobbiamo andare!», lo chiamò Bill, infilandosi la giacca.
«Sì, andiamo.» Mi diede una pacca sul dorso e scesimo insieme dal divano.
Vidi Scotty accucciato alla fine della rampa di scale e mi soffermai a guardarlo: era grande, con due profondi occhi scuri e mi ricordava tantissimo Black con la sua tranquillità e la sua semplice saggezza. Era il più anziano fra noi quattro, il primo che avevano preso Bill e Tom.
Aprì un occhio e mi guardò, facendo un sorrisino, non alzando il muso dalle zampe anteriori: “Perché mi guardi così, ti sei innamorato per caso?”
“No, sei matto?”, mi avvicinai e gli diedi una leccata sulla testa scherzosamente. “Vado con Bill e Tom in studio oggi.”
“Divertiti”, sbadigliò e richiuse l’occhio.
“Che c’è, sei geloso?”
“Perché dovrei essere geloso di te?”
“Non lo so…”
“Bill e Tom ci vogliono bene a tutti allo stesso modo. E se scelgono te piuttosto che me o gli altri, oggi, c’è un motivo.”
“Ossia?”, chiesi incuriosito, la testa di lato.
“Te lo meriti.”
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NdA:
Il protagonista di questa storia è proprio il bel cagnolone
che vediamo nel
video di Lass
uns laufen/World behind my
wall, sì *-*
E nemmeno Bill e Tom mi appartengono, ahimè, e questa storia
non è scritta a scopo di lucro!!
Mi
raccomando, non abbandonate mai i cani e amate tutti gli animali in
generale,
perché loro non si meritano di soffrire per colpa nostra!