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Autore: MissFalco    17/02/2010    2 recensioni
Un'oasi nel deserto, ottimo spunto per un racconto. Da lì, tutto era iniziato. Anzi, no. Tutto aveva avuto inizio con quel ritrovamento. Un ciondolo antico, risalente all'epoce dei faraoni; una maledizione scritta in ebraico sul cofanetto di ebano dove riposavano gli Occhi del Gatto. David sorrise, accarezzando con la punta delle dita il sibolo di Ra che portava al collo.
Genere: Generale, Malinconico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un tramonto rosso sangue calava su di una giornata decisametne strana. Seduto sulla sabbia, David pensava. Pensava a ciò che aveva visto, in quelle poche ore passate in quel magnifico piccolo Eden.
Un'oasi nel deserto, ottimo spunto per un racconto. Da lì, tutto era iniziato. Anzi, no. Tutto aveva avuto inizio con quel ritrovamento. Un ciondolo antico, risalente all'epoce dei faraoni; una maledizione scritta in ebraico sul cofanetto di ebano dove riposavano gli Occhi del Gatto.
David sorrise, accarezzando con la punta delle dita il sibolo di Ra che portava al collo.
Il sole era scomparso al di là delle dune e il freddo avanzava rapidamente.
"Forza allora! E' ora di andare via." pensò il ragazzo, alzandosi con agilità.
Erano passati appena due mesi dalla morte di suo padre, dal suo cambiamento. Ridacchiò al ricordo di se stesso. Uno stupido ragazzino viziato, incurante di tutti, in particolar modo del suo povero padre. Che rimorso, era, quello.
- Ma ora farò in modo da farmi perdonare papà...vedrai, per una volta sarai fiero di me. - mormorò il giovane, entrando rapido nella sua tenda. Raccolse le poche cose che aveva portato con se in quella follia e le infilò nella bisiaccia. Il cofanetto di ebano stava al sicuro tra la stoffa del suo vestito. Quel peso era un avviso costante del pericolo che correva.
Ma anche di quello, David se ne infischiava. Per la prima volta la sopravvivenza degli altri veniva prima della sua.
Il ciondolo di Ra bruciava a contatto con la sua pelle, e gli indicava la via da seguire.
I suoi compagni dormivano, ignari. David sorrise e li guardò con affetto. Gli volevano così bene che non avevano esitato a seguirlo in quell'impresa da pazzi.
- Grazie... - bisbigliò, chinando il capo. Era sicuro che non li avrebbe rivisti.
Uscì. Non era tardi, e di solito a quell'ora erano ancora in viaggio. Ma quella sera aveva aggiunto un ingrediente speciale al cena. Una piccola bottiglia di vodka, con sciolto dentro un potente sonnifero, aveva fatto crollare tutti in pochi minuti, anche se David dubitava del effetto della droga. Era anche possibile che gli altri fossero semplicemente stanchi.
Sorrise al pensiero delle faccie che avrebbero fatto il giorno dopo. Sperava che nessuno si svegliasse prima della mezza giornata, e che anche nel caso in cui uno di loro avesse provato a seguirlo, le sue traccie sarebbero appartenute ormai al ricordo della notte.
Elegante come un felino, balzò vicino i cavalli, che rimasero mansueti come sempre. Quelle bestie erano l'ultimo capriccio che si era concesso come figlio di una famiglia modestamente ricca. A passo sicuro si diresse verso il suo preferito, Phoenix, un purosangue arabo di 4 anni. Ribelle e non facile da domare, era l'animale più pericoloso del branco. Il suo manto nero-grigio era lucidissimo.
- Amico mio...sei pronto? - sussurrò David, accarezzando il muso della bestia. Phoenix chiuse gli occhi una sola volta, e rimase immobile, pronto per essere montato.
David sorrise e salì in groppa, spronando subito l'animale al galoppo.
La direzzione era facile da seguire, gli bastava stringere il ciondolo che aveva al collo. Più diventava incandescente, più si avvicinava alla meta.
Phoenix non diede segno di cedimento, e continuò a correre veloce come il vento. Per un po' David si divertì a spronare sempre di più il cavallo, che rispondeva sempre con un nitrito infastidito.
- Sì, veloce!! Come la luce! - gridò al vento il ragazzo, ridendo. Phoenix nitrì, e ridusse la corsa, andando al trotto. David accarezzò il suo bel collo, dandogli lievi pacche.
- Ben fatto...ora posso anche scendere, se ti va torna indietro. Da solo conosco la strada. - disse, mormorando. Gli occhi color cioccolato della bestia lo guardarono misteriosi come sempre e il trotto aumentò di poco.
- Stupido. - sorrise il giovane, raddrizzandosi. Phoenix scrollò il capo, sbuffando. Poi nitrì e scattò di nuovo a correre, puntando verso est.
"Il sole mi è alle spalle...eh già. E' proprio una giornata strana..." pensò David, tirando le redini.
Il trotto presto divenne passo, e Phoenix avanzò fiero verso un palazzo apparso dal nulla.
Era antico...molto antico. Risalente alla stessa epoca del ciondolo di Ra.
Il simbolo del dio del Sole era ritratto sulle pareti color sabbia, ormai corrose dal tempo.
- Oh...! - fece David, fermando la sua cavalcatura. Phoenix parve non voler ubbidire, ma ad un nuovo ordine del suo cavaliere si fermò, sbuffando.
- Sono arrivato...ora per piacere, vattene. Posso continuare da solo. - sospirò il giovane, scendendo dalla schiena nuda del cavallo.
Un nitrito furioso lo fermò, e David portò le mani al muso di Phoenix per zittirlo.
- Silenzio! Non devono scoprirmi! - supplicò, guardando ansiosamente il palazzo.
Ma in quel mausoleo regnava ancora il silenzio oscuro che tanto spaventava il piccolo uomo del deserto.
- Va bene, ho capito, vuoi venire con me, ma ora basta. Andiamo, e fai silenzio! - ordinò David, conducendo l'animale al passo.
Quel cammino gli sembrò eterno. Ogni falcata era più lunga della prima, e ben presto David si ritrovò a correre, con Phoenix davanti che galoppava libero che non scappò e arrivato all'entrata del mausoleo si fermò, attendendo il suo arrivo.
Il respiro del giovane era affannoso, ma non per la corsa. Ora la paura stava abbatendo le difese che con tanta cura aveva eretto attorno al suo cuore.
- Dannazione...! - imprecò, piegandosi in due. Chiuse gli occhi per un momento, cercando di scacciare i demoni che si erano insinuati tra le sue certezze.
- Via, lontano da me!! Non è ora il momento di cedere! In futuro, tra qualche ora mi avrete tutto per voi! Ma adesso appartengo ancora a me stesso!!- sibilò, sfoderando la sciabola di suo padre. Arma antiquata, ma in quel viaggio ciò che era antico e consumato salvava dalla morte.
Phoenix gli si era avvicinato e aveva chinato il capo per poterlo osservare con quei suoi occhi di cioccolata. Sbuffando, gli diede del colpetti con muso.
Sembrava dire "Ehi, credi di essere solo?".
David sorrise, e con un solo fluido movimento gli fu di nuovo in groppa.
- All'attacco! - rise, dando briglia sciolta al suo destriero.
Phoenix nitrì ed entrò a tutta birra in quell'oscurità fitta.
- Ra!! - gridò David, mostrando il ciondolo al soffito pieno di buchi. E una luce, abbagliante come il sole, illuminò tutto. Davanti ai suoi occhi apparve un tempio, dedicato alle glorie dell'Egitto del passato.
Una figura, vestita di bianco, sedeva sui gradini del altare maggiore. Capelli neri accarezzavano il volto di quella sacerdotessa, e un ghigno era dipinto sulle sue labbra.
- Bentornato, Amir. - disse, alzandosi. David fermò Phoenix, e scese dal suo dorso.
- Come mi hai chimato? - chiese, rinsalndando la presa sull'impugnatura della sciabola.
- Amir. Tu che porti Ra nella casa degli dei, sei l'unico che può essere chiamato così. Altri simboli sono stati donati a voi, anni addietro, e tu solo sei tornato per restituire ciò che è stato rubato. Dammi gli occhi di Bastet e il simbolo di Ra. -.
David la guardò male, ma non potè fare a meno di notare che era davvero bello il suo volto.
- Mi lascerai andare, poi? -.
Lei sorrise. - No. -.
- Chissà perchè lo sapevo già. -.
- Allora non dovevi chiedere. -.
- Non voglio restare qui. -.
- Tu sei un Amir. Devi restare qui. -.
- Cosa significa Amir? - chiese esasperato David, facendo comparire il cofanetto di ebano da sotto le vesti.
La donna sorrise. - Principe. -.
David ricambiò il sorriso. - Ecco gli Occhi del Gatto. Ma il sibolo di Ra è mio. E' un ricordo troppo caro, non posso cedertelo. -.
- Sei sicuro? - fece la sacerdotessa, avvicinandosi. Il suo passo era quello di una danza silenziosa e ritmica. Ancheggiava e la veste bianca frusciava come musica ai suoi movimenti.
- Bastet ti ringrazia. - disse, prendendo il cofanetto di ebano. L'aprì e sorrise, afferrando i due enormi zaffiri che giacevano al suo interno.
- La dea mi chiede una cosa. Sapevi della maledizione che venne posta su i suoi occhi? - sussurrò, chiudendo di scatto il cofanetto.
- No. Non so cosa dice. -.
- Impavido. E' scritto che gli occhi della dea posso essere maneggiati solo da coloro i quali sono suoi prescelti. Tu non lo eri, eppure hai riportato a lei ciò che di diritto le apparteneva. Bastet ti è grata, e dice che non sarai colpito dai suoi figli. Ra, che ora riposa, è fiero del suo Amir. Le leggi che comandando qui mi proibiscono di lasciarti andare via, ma gli dei vogliono essere giusti con te. - disse la donna, andando a posare le pietre su una statua di gatto. La dea Bastet.
- Cosa vogliono che faccia? - chiese David, abbassando lievemente la guardia.
- E' una scelta quella che ti propongono. Restare qui, e regnare assieme a me sul tempo. Oppure combattere contro il figlio di Bastet. -.
David rimase a bocca aperta.
- Stai scherzando! - esclamò, balzando all'indietro.
La sacerdotessa sorrise, sadica. - No, Amir, non scherzo. Ma ti darò un vantaggio. Mi piaci, Amir del Sole, e desidero che tu vinca. Il tempo è il mio padrone, ma come io servo lui, lui serve me. Ti farò dono di un mio pegno. Avvicinati, e abbassa la tua arma. Io non sono tua nemica. -.
Con la movenza di una pantera, la donna gli si fece più vicina, ammiccando. I veli che le coprivano il corpo suonavano una melodia dolcissima, e David si fidò.
Lasciò cadere la sciabola, e tese le mani verso di lei. Il tocco di quella leggiadra figura era come la sabbia del deserto: caldo e morbido.
- L'immortalità è parte di me da sempre, e ora ti dono un po' della mia vita. Affronta il prescelto della dea gatto, e vivi. Io ti aspetterò, perchè so che un giorno tornerai qui per restare al mio fianco. - e con il suono delle sue parole una piccola scintilla rossa abbandonò i suoi occhi di tigre, per posarsi sul petto del giovane che aveva di fronte.
Una sensazione nuova e bizzarra s'impadronì di David, che emise un verso quasi animalesco.
La sacerdotessa sorrise a quel suono. - Eri convinto di non rivedere più i tuoi amici, ma tornerai da loro cambiato nel fisico. La tua anima è più pura di quello che pensavo, il mio dono è più gradito di quello che pensavi. Buona fortuna Amir del Sole. -.
La luce andò via di colpo, e David restò immerso in un'oscurità completa. Chiuse gli occhi per un momento e sospirò, provando a recuperare il sangue freddo che fino e poco prima l'aveva aiutato.
Quando riaprì gli occhi, il mondo era cambiato. Anche se era ancora buio pesto, lui vedeva benissimo.
Udì il nitrito di Phoenix e prima ancora di poter reagire si ritrovò in groppa al cavallo.
- Che mi succede? - mormorò, stringendo le redini. Phoenix sbuffò e fece per portarlo via, ma David era risceso per recuperare la sciabola di suo padre. Poche erano le cose che gli erano rimaste di lui, e non aveva intenzione di perderne una.
Balzò in sella a Phoenix, e lo spronò al galoppo. I suoi nervi erano tesi come le corde di un violino, e attendeva quasi con paura l'attacco del figlio di Bastet.
Ma quella creatura non arrivò, e David si ritrovò al campo al sorgere del sole. Frenò l'animale, che impennò, e si guardò alle spalle.
Il sole cresceva al di là delle dune. Nasceva alle sue spalle. David sorrise.
Il dono di quella donna era molto più bello di quello che si era aspettato. Si sentiva forte come non mai in vita sua, e la bestia non l'aveva attaccato.
Un leggero vento si alzò in quel momento, e la voce della sacerdotessa accarezzò di nuovo il volto del ragazzo.
Il mio dono è molto più di quello che ti ho accennato. Non sei immortale, non soltanto. Tu sei il figlio di Ra...come può il figlio di Bastet attaccarti? Va, e fa ciò che tanto desideri. Torna dai tuoi amici. Alla fine della tua storia, è qui che tornerai. E assieme a te, tutti coloro che sono stati scelti dagli dei.
Un urlo di gioia si liberò dalla gola di David, che lanciò nuovamente Phoenix in corsa verso il campo.
Saltò via dalla sua sella, e si lasciò andare a grida di vittoria.
Sodata in parte la follia che ancora sentiva in corpo, David s'inchinò al sole.
- Non ti ho deluso. E non lo farò mai più. Giuro! - sussurrò, sorridendo.
Il silenzio lo circondava, ma era sicuro che da quel momento in poi non avrebbe patito mai più la solitudine. 
  
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