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Autore: AcrossTheUniverse    17/02/2010    2 recensioni
Elisa è innamorata del suo giovane professore di matematica ma è convinta di non avere speranze; il giorno di Natale avrà una grossa sorpresa...
Seconda classificata al concorso "INCANTESIMI, MAGIA E MISTERI II – LA MAGIA DEL NATALE" indetto da Nefer su EFP forum.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Autore

Autore: HermioneForever92
Titolo della storia: Crazy Little Thing Called Love
Genere: Romantico, Commedia
Rating: Giallo
Totale pagine: 8
Trama: Elisa è innamorata del suo giovane professore di matematica ma è convinta di non avere speranze; il giorno di Natale avrà una grossa sorpresa...

Elementi facoltativi: Mamma, ragazzo, papà, nonni, sorella, angelo, decorazioni di Natale, palle di neve, pranzo di Natale, vigilia di Natale, compere, amica.

Link del concorso: http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8867932&p=1

 

Crazy Little Thing Called Love

Fondamentalmente mi sentivo una stupida. Sì, mi sentivo decisamente stupida. Aspettare la vigilia di Natale per comprare il regalo alla mamma non era stata una buona idea e adesso avrei dovuto subirne le conseguenze, ovvero una ricerca disperata fino all’ultimo negozio. Se solo ci fosse stata anche la mia migliore amica Ilaria avrei sicuramente avuto qualche idea, e invece brancolavo nel buio più totale.

Come se non bastasse mi sentivo a pezzi anche dal punto di vista sentimentale; ero completamente depressa al pensiero che non avrei visto l’uomo che amavo per circa due settimane. Perché io non potevo essere innamorata di un mio coetaneo, no di certo, sarebbe stato troppo normale... una come me doveva distinguersi e andarsi a innamorare non solo di un adulto, ma di un professore. Era giovane, non aveva più di trent’anni, ma ero comunque un mio professore, che sicuramente non mi avrebbe mai visto se non come una delle migliori alunne della classe; avrebbe avuto stima di me, ma mai come donna, sarei sempre stata solo una ragazzina.

Sospirai, entrando nell’ennesima profumeria alla ricerca di un regalo decente. Mi misi a maneggiare alcune boccette di profumo, pensando in realtà a tutt’altro; per la precisione, i miei pensieri vagavano verso un certo professore. Del resto non era colpa mia se mi piaceva tanto: adoravo il modo in cui spiegava, come si rapportava con gli studenti, e lo trovavo assolutamente affascinante. Da quando c’era lui la matematica mi sembrava cento volte più interessante, così come a molte mie compagne... ma nessuna provava per lui quello che sentivo io. Erano attratte dal suo fisico, infatuate da un bel sorriso, mentre a me piaceva lui, quello che diceva e pensava, come lo comunicava.

Mi riscossi dalle mie fantasticherie e mi diressi verso la cassa, con il primo profumo che mi era capitato a tiro; non avevo più voglia di cercare dappertutto e di solito la mamma si accontentava di tutti i miei regali. Pagai e uscii, cercando di camminare più in fretta che potevo. Faceva decisamente freddo e volevo tornare a casa alla svelta; i miei genitori stavano organizzando il pranzo di Natale e tutti gli anni mi impegnavo per dare una mano. Teoricamente avrei dovuto farlo anche quell’anno, se solo non avessi dovuto comprare d’urgenza il regalo, e volevo tornare il prima possibile; mi dispiaceva lasciare tutto il lavoro a mia sorella e ai miei genitori, sapevo quanto ci tenevano!

Mi sistemai alla fermata dell’autobus, pregando di non congelare, e iniziai ad ascoltare l’iPod per ingannare il tempo, ma sembrava che quel maledetto autobus non volesse passare mai. Ero sul punto di andarmene, quando intravidi dall’altra parte della strada l’oggetto che occupava costantemente i miei pensieri. Sul marciapiede dall’altra parte della strada c’era il professor Marco Rossi, e veniva verso di me. Stava venendo verso di me, e io ero impalata sul punto di morire assiderata, con il naso rosso degno di Rudolph, la renna di Babbo Natale, i guanti bucati e degli stivali imbottiti da sciatrice che mi rendevano decisamente poco aggraziata. Insomma, la situazione che tutti sognerebbero. Mi sorrise leggermente e mi salutò con la mano; ricambiai cercando di nascondere i buchetti sui guanti.

“Buonasera!” dissi arrossendo, togliendo le cuffie dalle orecchie. “Ciao! Cosa fai qui? Non sei a fare l’albero di Natale?” scherzò avvicinandosi. Notai come, anche con quella tormenta, riuscisse ad essere incredibilmente bello; cinque secondi dopo averlo pensato pregai di non aver assunto espressioni imbarazzanti o compromettenti, e conoscendomi non mi sentii tanto tranquilla. Per fortuna Ilaria non c’era, altrimenti avrebbe finito col farmi fare una figuraccia come succedeva sempre.

“A dire la verità l’ho già fatto, sono uscita solo per comprare un regalo.” spiegai imbarazzata, mostrando il sacchetto della profumeria. “Ah, i regali dell’ultimo minuto... ti capisco, fare regali mette sempre in crisi anche me. Beh, adesso devo proprio andare! Auguri, Elisa.” mi disse sorridendo. “Auguri, professore.” replicai mentre si allontanava.

****

Entrai in casa e mi fiondai in camera; sentii che mia sorella mi urlava qualcosa ma non le feci caso. Ero completamente assorbita da quell’incontro che avevo fatto; per uno strano caso del destino lo vedevo ovunque. Sembrerebbe impossibile, ma avevo la capacità straordinaria di incontrarlo veramente dappertutto, e informandomi con le mie compagne di classe avevo scoperto che ero l’unica; le altre non lo vedevano quanto me. Non ero un tipo da credere nel destino, ero troppo razionale, ma iniziavano a venirmi dei dubbi. Scossi la testa sorridendo amaramente; ero sempre stata fin troppo brava ad illudermi, forse avrei dovuto decisamente darci un taglio con tutte quelle fantasie!

Scesi al piano di sotto e appoggiai il regalo per la mamma sotto l’albero, insieme a tutti gli altri; entrai in cucina e trovai i miei genitori intenti a iniziare i preparativi per il pranzo. “Come va?” chiesi mettendomi un grembiule. “Insomma, c’è così tanto da fare... Elisa, per piacere, perché non inizi a risistemare camera tua? Sai che dev’essere in ordine!” mi disse la mamma con una faccia che non ammetteva repliche. Sbuffando tornai in camera e fui bloccata da mia sorella Francesca.

“Ti ho chiamata prima!” protestò ferita, e si gettò sul mio letto. “Scusami, non ci avevo fatto caso.” dissi sedendomi accanto a lei. Era più piccola di me di un anno e sapeva tutti i miei segreti; avrei potuto dirle che avevo visto Marco, ma chissà perché non me la sentivo. Mi sembrava quasi superfluo, ecco, una cosa privata.

“Domani viene un sacco di gente, la mamma è intrattabile.” m’informò con aria cospiratoria, e alzai gli occhi al cielo. I miei avevano questa mania assurda di fare pranzi di Natale faraonici, invitando non so quanti parenti mai visti prima o amici di amici... una cosa abominevole, che mi costringeva ad emigrare in camera mia poco dopo la fine del pasto per sfuggire ai convenevoli di turno, ai quali ero assolutamente allergica.

“Me lo immagino, conosco bene le sue reazioni...” commentai cupa. Francesca si alzò e mi gettò uno straccio per pulire. “Hai sentito la mamma? Devi fare le pulizie!” mi prese in giro ridendo. Scoppiai a ridere e passai un dito sul comodino; sì, effettivamente una ripulita era necessaria. “Crede che gli invitati vengano in camera mia?” chiesi sarcastica, iniziando il mio lavoro. Francesca si strinse nelle spalle. “Non lo so, ma credo che debba venire davvero tanta gente, anche amici di famiglia... credo che voglia fare bella figura.” rispose, uscendo e lasciandomi in balia della polvere.

****

Io odiavo la neve. Odiavo il freddo che portava con sé, non sapevo come camminarci sopra e mi sentivo terribilmente ridicola vestita con abiti pesanti per ripararmi dalla bufera; dunque non fui particolarmente contenta quando la mattina di Natale svegliandomi scoprii una coltre bianca sulla città. Francesca invece era a dir poco entusiasta; non perse tempo, e tentò di coinvolgermi senza successo in una battaglia a palle di neve. A dire la verità stava pensando di portarne un po’ in casa, ma decise di non mettere ulteriormente alla prova la pazienza della mamma, che dal canto suo era in cucina e sfogliava freneticamente un ricettario.

“Mamma, sarà tutto buonissimo come al solito...” dissi gentilmente per tranquillizzarla, ma mi zittì con un gesto della mano. Papà mi guardò scuotendo la testa, e capii che avrei dovuto lasciarla stare. “Giacomo, la salsa dei crostini è pronta?” sentii chiedere mia madre, con voce leggermente isterica.

“Neanche dovesse venire il papa in persona... o hai invitato anche lui?” chiesi sarcastica. “C’è mancato poco, forse lo aveva anche preso in considerazione.” borbottò mio padre, e uscii dalla stanza perché non volevo che la mamma mi vedesse ridere .

****

Neve voleva dire freddo tremendo, dunque potevo dire addio al vestito che avevo pianificato di indossare. Tirai fuori dall’armadio un maglione, un paio di jeans e degli stivali; non era proprio quello che avrei voluto mettermi, ma in fondo non avrebbe dovuto importarmi granché di come sarei sembrata a quegli ospiti. Tanto l’unica persona per la quale non avrei voluto apparire sciatta o cretina non ci sarebbe sicuramente stata, quindi tanto valeva stare caldi. Sentii il campanello suonare e la mamma mi urlò di andare ad aprire; scesi giù e feci entrare i miei nonni, che venivano sempre un po’ prima dell’inizio del pranzo per aiutarci.

Mi accorsi che erano arrivati anche alcuni amici dei miei genitori con il loro figlio Filippo, che aveva due anni più di me e mi tormentava da secoli perché uscissi con lui. Eravamo amici, ma quando iniziava a insistere non sapevo veramente come fargli capire di desistere senza ferirlo, e mi dovevo sempre scervellare per trovare motivazioni gentili. Dopo un po’ arrivarono altri invitati, fino a quando non aprii la porta a un ennesimo suono del campanello e rischiai di morire d’infarto sulla soglia di casa mia.

Perché diavolo Marco Rossi era sulla mia porta? Dovevo avere una faccia a metà tra il comico e il patetico, perché mi lanciò un’occhiata abbastanza strana. “Buongiorno.” balbettai facendomi da parte. Marco mi salutò ed entrò, seguito da una persona che non conoscevo e dal mio cugino preferito nonché unico, Andrea, che effettivamente aveva sui trent’anni. Mio cugino mi baciò e mi scompigliò i capelli, senza accorgersi di quanto fossi sconvolta. Com’era possibile? Doveva essere un sogno, era l’unica spiegazione possibile! Andai subito in cucina e presi da parte mia madre.

“Mamma, di là c’è il professor Rossi, ma chi l’ha invitato?” chiesi sbalordita, e la vidi lanciare un’occhiata fugace in salotto. “Tesoro, tuo cugino Andrea mi ha chiesto se poteva portare due suoi amici e gli ho detto di sì, non immaginavo...” disse confusa, e capii che anche lei era stata presa alla sprovvista. Non doveva essere gradevole per lei avere un professore della figlia a pranzo, la potevo capire benissimo.

“Mi dispiace, Elisa, non vorrei che questo ti rovinasse il Natale...” aggiunse preoccupata, e scossi la testa. “No, figurati, ero solo molto sorpresa... per il resto nessun problema, sai che il professore mi è simpatico e che è molto alla mano, sono sicura che ci divertiremo.” dissi sorridendo.

Ritornai in salotto, e Andrea mi bloccò. “Elisa, ma è vero che Marco è un tuo professore? Non ci credo!” esclamò incredulo, e arrossii. “Sì, mi sembrava di avertene anche parlato.” gli feci notare un po’ in imbarazzo. Marco sorrise e Andrea aggrottò le sopracciglia. “Non mi ricordo... e come insegna?” mi chiese con falsa espressione angelica. “Andrea, se non la smetti subito...” minacciai paonazza, divincolandomi.

“Ehi, sto scherzando! Come mai così nervosa?” chiese offeso, lasciandomi andare. “C’è la neve.” borbottai tra me, rimpiangendo subito dopo di averlo detto. Ecco, questo era il modo giusto per farsi considerare una pazza psicopatica. “Ah, è vero, tu odi la neve.” osservò mio cugino con un sorrisetto.

“Davvero? Non lo sapevo.” commentò Marco interessato, e mi sentii sprofondare. “Vado a dare una mano...” mi scusai allontanandomi. “Che brava bambina!” mi prese in giro Andrea, e dovetti tirargli una botta per farlo smettere.

****

Dalla faccia di Francesca capii che aveva incontrato il nuovo ospite; mi limitai ad alzare gli occhi al cielo e a sedermi a tavola cercando di comportarmi come una persona dotata di un quoziente intellettivo abbastanza decente. “Allora, cuginetta, hai dato una mano a fare l’albero?” mi chiese Andrea con aria canzonatoria. Mi chiesi cosa gli stesse prendendo; di solito non mi trattava mai in quel modo, voleva all’improvviso assumere un atteggiamento di superiorità solo perché era con i suoi amici?

“No, e tu piuttosto hai poi utilizzato quegli angioletti di vetro che hai comprato l’altro giorno?” gli chiesi con aria tranquilla, e alcuni dei presenti risero vedendo diventare mio cugino rosso. Mi accorsi che Francesca lanciava occhiate di soppiatto ora a me ora al professore; io, del resto, faticavo a tenere lo sguardo basso sul piatto.

Il fatto era che Marco era semplicemente fantastico quel giorno, più di quanto non lo trovassi normalmente; forse era l’aria del Natale, ma mi sembrava irresistibile.

****

Dopo un po’ stavo già iniziando ad annoiarmi. Filippo aveva cominciato a farmi complimenti con grande divertimento di tutti i presenti e mio enorme imbarazzo, non sapevo come reagire e Marco mi stava osservando con un’espressione che non riuscivo assolutamente a decifrare.

“Elisa, cara, come va a scuola?” chiese una mia lontana parente ripescata appositamente per il pranzo. Mi sentii avvampare, e trovai solo la forza di balbettare un flebile “bene”, ma quando intervenne Marco diventai decisamente bordeaux. “Sono un suo professore e posso garantire che è bravissima.” disse sorridendomi, e cercai a mia volta di sembrare tranquilla e serena, senza riuscirci. “Con tutto quello che studia...” commentò Francesca dandomi una pacca su una spalla.

“Sì, beh, non è che stia proprio tutto il giorno sui libri...” aggiunsi cercando di sminuirmi. Non volevo passare per una ragazza fissata con la scuola, visto che non lo ero nemmeno! “Sei sempre stata molto sveglia, e anche brava a rifilare rispostacce.” fece notare Andrea, che era ancora un po’ stizzito per la figura che gli avevo fatto fare prima.

****

Stava andando tutto come in qualsiasi altro Natale passato; finito il mega pranzo la mamma e le altre risistemavano, mentre i ragazzi e gli uomini si mettevano in salotto a parlare. Incrociai Francesca con dei piatti sporchi in mano e decisi di aiutarla; sparecchiavo il tavolo e ogni tanto gettavo lo sguardo verso l’albero di Natale, vicino al quale si erano seduti Marco, mio padre e altri miei parenti.

Mi sentivo triste; avrei dovuto essere felice di avere la persona che amavo con me per il Natale, eppure la consapevolezza di non essere nulla per lui mi uccideva. Mi diressi in cucina a capo basso, cercando di pensare ad altro e non alla mia incredibile cocciutaggine che mi teneva legata a lui. Salii al piano di sopra; avevo voglia di stare un po’ sola, e con la casa piena era praticamente impossibile. Stavo per entrare in camera mia, quando sull’ultimo gradino incontrai Filippo.

“Dove vai?” mi chiese con un sorriso speranzoso. “Un po’ in camera, sono frastornata...” gli dissi passandomi una mano sulla fronte. “Mi dispiace, bevuto troppo?” s’informò premuroso. “No, dev’essere la confusione, quest’anno siamo veramente in tanti... e giù c’è troppo caos, ci sono alcuni che guardano la tv, altri che parlano, altri che ridono, altri che ascoltano musica... non mi sento a mio agio.” rivelai con una smorfia.

“Elisa, hai pensato a quella proposta che ti avevo fatto?” mi chiese serio. Sospirai; erano anni che mi faceva sempre la stessa proposta, ovvero uscire con lui, ed erano anni che riceveva sempre la stessa risposta, ovvero no. “Filippo, tu per me sei un grande amico, ti voglio bene, ma non posso vederti come nulla di più. Credimi: se potessi sceglierei te, sarebbe più semplice anche per me, ma non posso!” dissi cercando di non ferirlo. Lo vidi abbassare gli occhi.

“Non ti piaccio?” domandò ferito, e mi sentii un mostro. “Mi piaci come amico. Sono solo masochista, non riesco mai a semplificarmi le cose e devo per forza non essere interessata a chi lo è a me. Ti prego, credimi. Se potessi uscirei con te, ma non voglio rovinare la nostra amicizia illudendoti.” spiegai sincera.

Ci avevo riflettuto molto; Filippo sarebbe stato la scelta più facile, un porto sicuro, ma su quali basi avremmo fondato la nostra unione? Per quanto mi riguardava sarebbe stato un ripiego, e con tutto il bene che gli volevo non avrei mai potuto fargli una cosa simile. Ci sarebbe stato malissimo, e io mi sarei sentita troppo cattiva. Se solo non fossi stata innamorata di un altro Filippo sarebbe stato perfetto: un ragazzo che mi voleva bene, mi era simpatico e mi rispettava.

“Sei proprio sicura?” azzardò avvicinando il volto al mio. Sorrisi e appoggiai le labbra sulla sua guancia destra. “Sì.” mormorai, tenendogli il viso tra le mani. Tutte le mie amiche mi ritenevano una grande stupida a rifiutarlo, visto che era decisamente bello e simpatico, ma del resto io non avevo mai brillato per furbizia. Filippo mi dette un bacio sulla fronte e scese le scale; lo seguii con lo sguardo e quasi svenni quando mi accorsi che a metà rampa c’era Marco.

Rivolsi lo sguardo prima a lui e poi a Filippo, e dall’espressione di quest’ultimo seppi che aveva capito; forse si era accorto di come lo guardavo. Filippo lanciò un’occhiata carica di gelosia a Marco, che sembrava confuso; probabilmente, pensai con orrore, era rimasto ai piedi della scala da chissà quanto tempo e aveva sentito tutto senza nemmeno che noi ce ne accorgessimo. Rimasi immobile sull’ultimo gradino, quasi senza notare che Marco ormai era accanto a me e si era bloccato.

“Tutto bene? Mi sembri un po’ provata.” osservò gentilmente, e mi appoggiai al muro. Era incredibile, ma avevo paura. Sarei riuscita a controllarmi? “Sto bene, grazie.” sussurrai squadrandomi le scarpe. Marco si avvicinò. “Ne vuoi parlare?” mi chiese, e lo guardai terrorizzata. “No!” bisbigliai in preda al panico. Non avrei potuto trovare un confidente peggiore. Marco si ritrasse, dispiaciuto.

“Mi scusi. E’ solo che sono così confusa... non so più cosa fare.” confessai sull’orlo delle lacrime. “Prima ho sentito tutto. So che ho sbagliato, ma stavo salendo le scale, voi non mi avete visto e non vi volevo interrompere...” si scusò a disagio. Mi sentii svenire; era molto imbarazzante sapere che un professore sapeva tutti i tuoi affari sentimentali.

“Non era niente di particolare...” balbettai. “Direi il contrario se sei così scossa! So che sono un tuo professore, ma vorrei aiutarti. Io vorrei che ti aprissi con me.” mi disse avvicinandosi. Indietreggiai fino a quando non incontrai il muro e fui costretta a guardarlo negli occhi, consapevole che rischiavo seriamente di annegarvi e di perdere la ragione.

“Perché fa tutto questo?” mormorai confusa, con il respiro affannato. Marco sembrò preso in contropiede. “Non lo so. Non so neanche perché sono qui, a dire il vero. Sapevo che questa era casa tua, ma ho accettato lo stesso l’invito di tuo cugino, e devo ancora capirne il motivo. Non so cosa mi succede.” confessò, e per la prima volta mi sembrò tormentato. Fui io ad avvicinarmi. “Sono felice che abbia accettato.” rivelai lentamente, e mi guardò meravigliato.

“Credevo che non ti facesse piacere.” osservò serio. “Lei non ha idea di quanto sia contenta.” sussurrai, e una lacrima mi scese sul viso. “Ma stai piangendo.” disse portando una mano sulla mia guancia e asciugandola. Continuò a massaggiarmela, mentre mi trovavo in uno stato di trance. Non poteva essere vero, forse era tutta finzione.

“Io sono innamorata di lei. E’ un bel problema, vero?” mormorai all’improvviso, e quando mi resi conto di quello che avevo detto desiderai scomparire. Marco mi guardò decisamente sorpreso. “No, non è un problema dal momento che provo la stessa cosa per te.” mi disse tranquillamente. Calò il volto sul mio, e mi baciò.

Lo strinsi a me con tutta la forza che avevo, ancora incapace di credere a quello che stava succedendo, e sentii che si trovava veramente tra le mie braccia, che era reale, che era sua la lingua che giocava con la mia, che le mie dita erano davvero affondate tra i suoi capelli ribelli, che mi stava veramente stringendo a sé. Sempre attaccati, ci rifugiammo sul pianerottolo ed entrammo in camera mia. Chiusi la porta dietro di noi e continuai a baciarlo con furia, mentre entrambi sembravamo non essere mai sazi l’uno dell’altra.

“Elisa! Scendi, è arrivata Ilaria!” sentii mia madre chiamare dal piano di sotto. “Mi ero scordata che Ilaria passa tutti gli anni a salutarci!” bisbigliai in fibrillazione, detti un bacio veloce a Marco e filai di sotto. Entrai in salotto cercando di apparire composta e tranquilla, e non frenetica come ero stata fino a due secondi prima; sorrisi a tutti e abbracciai Ilaria.

“Vieni di là.” le sussurrai all’orecchio. La trascinai in bagno, chiusi la porta a chiave e iniziai a raccontarle tutto. Alla fine della storia aveva gli occhi sgranati. “Fammi capire... il professore adesso è in camera tua?” chiese scandendo bene le ultime parole. Annuii soddisfatta. “Il professore è in camera tua e stai perdendo tempo qui con me? Sali immediatamente su, cretina, io vado via!” esclamò ridacchiando, e schizzò in piedi.

“Non posso comunque stare sempre su, se ne accorgeranno.” le feci notare saggiamente, e assunse un’espressione pensierosa. “Beh, trattienilo con una scusa. Intanto io me ne vado.” concluse spiccia, e schizzò in salotto. La seguii e sentii che stava salutando il professore; non riusciva a restare seria, e Marco aveva sicuramente capito che le avevo già raccontato tutto. Gli sorrisi con aria colpevole e accompagnai Ilaria alla porta; quando ritornai indietro mi accorsi che Andrea era seduto in disparte vicino all’albero e sembrava taciturno.

Mi avvicinai e lo abbracciai da dietro, e cercò di divincolarsi. “Cos’hai? Non avevi mai reagito così.” dissi turbata, costringendolo a guardarmi. Sbuffò e poi fece una strana smorfia. “Perché lui? Di tutti quelli che ci sono, proprio lui?” sibilò arrabbiato. Mi prese un infarto, ma decisi di fingere di non aver capito.

Lui chi? Andrea, non capisco...” dissi velocemente. “Hai capito benissimo! Marco.” replicò Andrea. Restai in silenzio, e mio cugino sbuffò. “Allora è vero! Diavolo, ma perché proprio lui?” ripeté, quasi in una sorta di litania. “Non lo dirai a nessuno, vero?” chiesi disperata, e lo vidi tentennare.

“Ma allora anche lui lo sa... ecco perché era così soddisfatto poco fa! Ma io lo ammazzo!” borbottò cercando di alzarsi, e mi sedetti sulle sue ginocchia. “No, fermo, ti prego! Questa è una mia faccenda, ti prego!” supplicai a bassa voce, sperando di non dare troppo nell’occhio. Andrea mi scrutò torvo per un po’, poi si rilassò.

“Lo sai che lo faccio perché ti voglio bene. Sono sempre stato pronto a proteggerti. So che Marco non ti farebbe mai soffrire, mi fido di lui, ma sono comunque... geloso.” mi spiegò un po’ più calmo. Sorrisi e lo baciai su una guancia. “Tranquillo. Io ti voglio bene, ma devi rispettare le mie scelte. Adesso questa mi sembra la migliore e devi fidarti di me. Però ti prego, ti prego, non dirlo a nessuno.” supplicai di nuovo, quasi con le lacrime agli occhi.

Andrea sospirò, poi mi scompigliò i capelli. “Se per te è importante rispetterò questa tua scelta e manterrò il segreto, anzi cercherò di aiutarvi.” promise, e lo abbracciai.

****

“Professore, so che le piacciono i Beatles, sa che ho tutta la loro discografia?” domandai con finta noncuranza, avvicinandomi a Marco con le mani dietro la schiena. Marco smise di parlare con mio cugino e mi guardò un po’ sconcertato. Lo guardai in un modo che sperai fosse abbastanza eloquente. “Ah, davvero? Posso vederla?” chiese allora, e mi accorsi che mio cugino si stava agitando sulla sedia; probabilmente non era entusiasta all’idea di me e Marco da soli in camera mia.

“I dischi sono su, venga...” dissi precedendolo, e pregai che Andrea sapesse contenere la sua gelosia. Salimmo in camera; chiusi la porta, misi un cd allo stereo ma la nostra attenzione non andò certamente alla mia collezione musicale. Mi abbracciò da dietro e provai un brivido nel sentire il suo respiro sul mio collo, nel sentire le sue mani calde che stringevano le mie irrimediabilmente fredde.

“Andrea sa.” sussurrai voltandomi. Marco barcollò, incerto su cosa dire. “E allora?” chiese poi un po’ intimidito. “Non è stato facile, ma lo accetta. E’ l’unica cosa che potrebbe fare...” mormorai strusciandomi contro il suo collo. Avevo proprio bisogno di stargli accanto, la sua presenza mi faceva decisamente bene.

Marco mi strinse a sé  e mi ritrovai a pensare a cosa sarebbe successo una volta svanita la magia del Natale; sarebbe stato possibile vivere una relazione simile nella vita di tutti i giorni? Era stato il clima natalizio a farla sbocciare o sarebbe comunque emersa prima o poi? A scuola come ci saremmo comportati, durante le spiegazioni e le interrogazioni? E come avremmo fatto per frequentarci? Probabilmente avrei dovuto chiedere ad Andrea di coprirmi. Sarebbe stato ugualmente semplice all’infuori di quella giornata di Natale un po’ particolare, in cui il professore andava a pranzo dall’alunna, in cui potevamo infilarci in camera mia e stare un po’ insieme solo con la scusa di ascoltare alcuni dischi?

Sinceramente non ne avevo idea. L’unica cosa che mi importava era che in quel momento ero con lui e mi teneva stretta tra le sue braccia, ed ero sicura che entrambi avremmo fatto il possibile per far funzionare quella storia al massimo delle nostre forze.

“E’ il miglior Natale che abbia mai passato.” mormorai sorridendo felice. “Sì, anche per me.” mi rispose Marco ricambiando il sorriso. E la sua risposta mi rendeva appagata e mi bastava.

 

...ed eccoci arrivati alla fine! ^^ Spero che la storia vi sia piaciuta, personalmente mi sono divertita tanto scrivendola; vi ringrazio per avere letto, e se commenterete e/o aggiungerete la storia tra le preferite/seguite. Riporto di seguito il giudizio della giudice:

Originalità (1-10) 6. La storia dell’amore tra studentessa e professore è un classico e il finale era abbastanza scontato, anche l’arrivo del professore a pranzo. Purtroppo non pecca di originalità!
Grammatica (1-10) 9. Ottima grammatica, complimenti! A parte qualche microscopica svista che si può benissimo trascurare.
Stile (1-10) 9. Lo stile è ottimo e scorrevole. La lettura è piacevole e le descrizioni la rendono migliore.
Attinenza al tema (1-10) 6,5. Qui perdi un po’ di punti. Purtroppo gli elementi obbligatori vengono trattati poco, a parte quello della neve. Tutti e tre dovevano avere una loro importanza, ma l’albero viene appena nominato e il regalo è dell’ultimo momento e fatto in fretta e in furia.
Caratterizzazione dei personaggi (1-10) 8,5. Molto buona la caratterizzazione dei personaggi. Elisa ha una sua psicologia ben definita, da cui possiamo dedurre il suo carattere. Poco definito è il professore, ma dato che è Elisa la protagonista, la storia va bene anche così come é.
Giudizio personale (1-5) 4. Il racconto mi è piaciuto, anche se ho immaginato fin da subito come sarebbe finita. Ho apprezzato molto il fatto che fosse scritto così bene. Unica pecca è la trattazione degli elementi obbligatori.
39+4
TOTALE: 43

   
 
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