Autore: Bad Devil
Fandom: Yugioh!
Pairing: Yami Bakura x Marik
Genere: Romantico, Malinconico,Introspettivo. Yaoi.
Rating: R
Avvertenze:
Questa storia non vuole essere particolarmente lunga o complessa. Non ha pretese.
Sono rimasta per circa un anno senza scrivere qualcosa di pubblicabile, e quindi in vista di un contest ho deciso di riprovarci. Ecco cosa ne è uscito.
Il contenuto potrebbe sembrare un po' forzato, ma ho fatto del mio meglio nei pochi giorni che avevo. Pur essendo una storia leggera e facilmente digeribile mi ha causato non pochi problemi, soprattuto legati al genere.
Una storia per San Valentino (ormai passato), ergo romantica e con l'uso di un'immagine a scelta. Ne stava uscendo una completamente diversa e di stampo angst.
Fondamentalmente volevo solo analizzare come una storia di tipo romantico potesse evolversi dal nulla, o meglio da una situazione iniziale completamente opposta, e così con i relativi sviluppi...
Beh, ho detto fin troppo. Buona lettura.
L'immagine è di proprietà di chi l'ha creata, non mia.
Chiunque li avesse visti insieme per un periodo superiore ai cinque minuti avrebbe capito e giurato che tra Marik e Bakura vi era odio profondo.
Non rispetto, non indifferenza e tanto meno complicità.
Il loro “rapporto” era precipitato quando gli Yami di entrambi avevano scoperto di volere esattamente la stessa cosa (gli oggetti millenari e la morte dolorosa di Atem) scoprendosi quindi rivali di quella folle battaglia al punto da mettere al primo posto l’ostacolarsi a vicenda piuttosto che il raggiungimento del fine.
Fallirono miseramente entrambi, perché si sa: il Faraone è duro da uccidere, quindi dovettero rimandare i loro propositi omicidi al prossimo torneo di Magic and Wizard.
Nel frattempo avrebbero dovuto adattarsi a vivere una vita pseudo normale, cosa non difficile visto che lo Yami di Marik era stato ormai confinato altrove e Bakura non era così stupido da fare passi falsi in tempo di pace.
La
storia finiva lì... O meglio…
Lì terminava la parte a
conoscenza degli altri.
[ ~ † ~ ]
17 Gennaio
Bakura
aveva l’abitudine di saltare le lezioni e recarsi sul tetto
dell’Istituto, ogni giorno.
Se ne stava seduto o sdraiato a
terra a guardare il cielo pensando alla propria vita passata come
Touzoku, a quella di Ryou che aveva preso e rovinato per i propri
fini, e quella in cui ora era confinato per inseguire una vendetta
antica millenni.
Non avrebbe mai creduto che una mattina di quelle la sua solitudine sarebbe stata interrotta proprio dal rivale ormai dimenticato.
Era
alquanto improbabile, eppure accadde: si erano guardati con cipiglio
scazzato e insofferente, decidendo però in comune accordo di
tollerarsi a vicenda.
Dopotutto quell’odio ormai apparteneva
solo a Bakura, e non all’altro ragazzo che a stento aveva
memoria
del periodo vissuto dal suo Yami.
Il Sennen Ring non reagiva nemmeno più in sua presenza, e quello fu il primo passo per iniziare a capire che forse tra loro avrebbe potuto esserci almeno semplice cortesia reciproca.
La situazione col tempo si sarebbe stabilizzata, e con lentezza si sarebbe evoluta.
Il
secondo passo lo compì Marik pochi mesi dopo, durante i
quali i due
ogni giorno avevano condiviso il silenzio e la noia di quelle fredde
mattinate. Gli offrì i biscotti preparati da Isis il
pomeriggio
prima, chiedendogli quindi di tenergli compagnia in quel nuovo
modo.
Azzardò anche una conversazione, e dopo i monosillabici e
disastrosi inizi, quella ebbe buon fine.
L’albino ormai non era
più così restio alla sua presenza.
Accadde anche per i per i giorni successivi.
Saltavano
le lezioni della mattinata praticamente ogni giorno, e se prima era
solo per sfuggire a delle noiose ore scolastiche, ora era per poter
stare
insieme, abituandosi
l'uno alla presenza dell'altro al punto da sentirsi soli in caso di
assenza.
La situazione sembrò precipitare quando in un attimo di follia Marik aveva sfiorato le labbra dell'altro ragazzo.
Accadde
due volte.
La prima volta lo fece perché ne fu talmente attratto
da perdere il senso con la realtà.
Bakura gli parlava, ma lui non
lo ascoltava minimamente, concentrato solo sui movimenti di quelle
sottili labbra invitanti.
La seconda volta accadde perché
l'albino gli catturò il mento tra le dita costringendolo ad
approfondire.
Dal dolce al famelico condivisero così il primo
bacio per entrambi.
Il primo per Marik, e così anche per Ryou.
Per
Bakura fu solo l’ennesimo.
Dopo
quel momento ricominciarono i silenzi, che questa volta vennero
spezzati dall’albino che divertito gli chiese il
perché di quel
repentino cambiamento.
Non ricevette risposta, e notando che
l'egiziano non lo guardava nemmeno, decise di osare.
Lo baciò
nuovamente, e non incontrando resistenza gli confessò di
volerlo
ancora.
Quello che però per Marik era amore, per Bakura era solo
un interessante passatempo.
L’egiziano
era sempre stato solo, fin da piccolo.
Nessuna compagnia al di
fuori di quella del padre, che gli aveva sfigurato la schiena; quella
dell’amorevole ma autoritaria sorella e quella del taciturno
Rishid.
Non aveva mai avuto contatti col mondo esterno fino a
quando la sua rabbia non aveva preso una forma e un nome.
Fu per
quel motivo che, come ebbe un primo approccio con Bakura, se ne
invaghì.
Lui era così fiero e sicuro di sé, intoccabile
nella
sua magnificenza, e nonostante la sconfitta contro lo Yami del
biondino non era crollato e aveva continuato a inseguire il suo scopo
fino alla rovina.
Lo
trovava eccentrico, particolare, esteticamente bello e assolutamente
irraggiungibile, almeno fino a quel momento.
<<
Devo sentirmi in colpa? >>
Chiese con un pizzico di
ironia l’albino, dopo quel bacio affrettato.
La
colpa era una sensazione che Bakura non era in grado di provare.
Lui
viveva in bilico su quel senso distorto di realtà che si era
creato,
e che, visto il passato cercava di difendere con tutto sé
stesso.
S’era visto portar via da sotto gli occhi amici e
famigliari in quello che fu un vero e proprio massacro, indetto al
solo scopo di forgiare gli oggetti millenari.
Allora decise che la
sua vendetta sarebbe stata il mezzo di riscatto degli abitanti di Kul
Elna contro il faraone che ne aveva deciso la sorte.
Ottenne il
Millennium Ring e così anche il potere, a scapito
però della sua
salute mentale.
La sanità dopotutto fu un fastidio che ebbe il
piacere di togliersi, e del quale non sentì la mancanza,
nemmeno
quando per puro sfizio faceva cose indicibili alle sue vittime, che
se venivano derubate e nulla più potevano solo ritenersi
fortunate.
Per quanto folle e insensato quello era il suo modo di
vivere, a lui andava bene così.
Aveva
sempre creduto di star bene da solo, e che gli altri fossero una
perdita di tempo, almeno fino al momento in cui Marik aveva fatto
vacillare le sue convinzioni.
Dapprima mostrandogli un lato più
squilibrato e forse motivato di lui, e in seguito riscattandosi in
quella forma benevola che era l’Hikari dell’Ishtar.
Una contrapposizione perfetta.
Bakura cedette e si illuse di aver trovato un giocattolo che non doveva rompere.
Il ragazzo semplicemente si conosceva troppo bene, e sapeva che una volta costruito un legame forte con un'altra persona avrebbe dato la vita per esso.
Se lui si innamorava, lo faceva profondamente, e quello voleva evitarlo.
Stava bene con Marik, a volte con lui vicino riusciva a non pensare al proprio passato, ma non poteva permettersi di provare un sentimento scomodo nei suoi confronti, così per quanto non fosse corretto l'albino vedeva l'altro ragazzo come un piacevole passatempo.
Le cose gli sfuggirono però di mano...
Il loro rapporto col tempo mutò e si approfondì al punto da poter quasi essere definito una relazione.
Si
vedevano, si baciavano, uscivano insieme, e col tempo diventarono
più
intimi.
Dopo il silenzio e il calore, avrebbero condiviso
il piacere...
[ ~ † ~ ]
Quella mattina pioveva, e di conseguenza la temperatura si era notevolmente abbassata, al punto che nonostante l'albino avesse solo quell'ormai consunto spolverino in ecopelle e una sciarpa di morbida lana grigia poteva sentire distintamente il freddo penetrargli nelle ossa.
Avrebbe
aspettato Marik, come d'abitudine, e attese fiducioso per ben due ore
sotto quel diluvio prima di poter vedere la porta aprirsi per lasciar
posto alla sua figura.
Il ragazzo si scusò per aver fatto tardi
anche se non l'aveva fatto intenzionalmente.
Era stato trattenuto dal professore che lo aveva minacciato di sospensione per le ripetute assenze, cosa della quale non si preoccupò minimamente, limitandosi a osservare l'albino bagnato fradicio che gli aveva sorriso tristemente prima di tornarne a fissare il vuoto innanzi a lui.
Era durato un istante soltanto.
<< Bakura...? Cosa fai...? >>
<<
Sto guardando la pioggia cadere... >>
“Aspetto che lavi
via la mia colpa.”
Marik in qualche modo capì che qualcosa non andava, ma scelse di non fare domande.
Bakura non si muoveva, troppo preso da quella muta contemplazione per rendersi conto per tempo che l'egiziano in attesa di una sua qualche reazione stesse congelando.
Si
riprese, e sfilandosi la sciarpa la avvolse intorno al collo di
Marik, baciandolo poi delicatamente, con le labbra umide di
pioggia.
Deliziose.
<< Andiamocene... >>
[
~ † ~ ]
La
casa di Bakura, essendo vuota per molte ore del giorno, divenne il
luogo dei loro incontri.
Le prime volte parlarono e giocarono,
limitandosi ad capirsi.
Durante le altre iniziarono a
conoscersi.
I baci erano diventati più spinti, e le mani
avevano imparato la strada da seguire per condurre l’altro
sul
sentiero del peccato.
Questo prima di fare l’amore.
Marik ci impiegò un po' a lasciarsi andare a quel modo, e paradossalmente quasi si abbandonò tra le braccia dell'albino.
Se fosse stato possibile avrebbe preferito stringersi a lui e baciarlo per non pensare a nulla.
Non
alla vergogna che provava nell'essere spogliato e preparato;
non
alle orribili cicatrici che gli sfiguravano la schiena, facendolo
sentire a disagio;
non alle mani perennemente fredde di Bakura che gli congelavano il corpo, facendolo fremere, e nemmeno alla mancanza di sguardi tra loro.
Marik aveva deciso che non lo avrebbe guardato, reclinando il volto e provando a concentrarsi solo su quelle sensazioni, quasi come se quel rapporto da lui voluto in realtà fosse un’imposizione.
Tutto era a causa dell’imbarazzo.
Marik lo desiderava con tutto sé stesso, e Bakura d’altra parte aveva fatto di tutto per evitare di fargli pesare la situazione.
Lo
aveva baciato e poi fatto distendere con delicatezza sotto di
sé per
iniziare a privarlo degli abiti, unica difesa di quel ragazzo che era
già un libro aperto per lui.
L'albino nella sua vita aveva già
conosciuto il piacere, diverse volte a dire il vero, ma viverlo di
nuovo e in un corpo diverso dal proprio gli sembrò quasi
strano.
Avrebbe voluto soffermarsi su quei pensieri, ma sapeva di
non poterlo fare: Marik aveva bisogno di lui.
Non aveva smesso di
baciarlo; non mentre lo spogliava o lo accarezzava.
Gli aveva sorriso rassicurante nel sentirlo tremare di freddo e voglia tra le sue braccia, e stringendo la sua mano lo aveva illuso promettendogli di non fargli male: sarebbe stato inevitabile, almeno un po'.
Soprattutto
Bakura sarebbe stato delicato con lui nel momento in cui
l’avrebbe
reso suo, poiché Marik aveva tentennato con poca
convinzione,
indeciso se calmarsi e continuare o chiedergli sul serio di
fermarsi.
Lo aveva rilassato semplicemente dicendogli che era
stupendo, e che voleva solo lui.
Ebbe con Marik tutte le premure che a lui furono negate.
Non usarono protezioni per quella prima volta insieme; non furono necessarie, e quando quel rapporto fu consumato Bakura marchiò come proprio il corpo dell’altro ragazzo.
Stanchi e appagati rimasero stretti su quel letto fino l’indomani, avvolti solo dalla calda trapunta del ragazzo, e quando il giorno dopo si svegliarono Marik per prima cosa vide le ciocche albine dell’altro confondersi col candore del cuscino.
Il suo
viso rilassato e dormiente.
Non aveva mai visto un’espressione
così pacifica e quieta sul volto di Bakura.
Splendida nella sua
rarità, e che purtroppo ebbe breve durata.
Gli occhi d’ametista
dell’egiziano furono catturati da quelli color sangue
dell’altro.
<< Scusa ... >>
Sentì il bisogno di mormorare, colpevole con i propri movimenti di averlo svegliato.
L’albino però fece un mezzo sorriso, sfiorando le sue labbra e ricordando la splendida notte passata insieme, anche se gli costava ammetterlo.
Quasi
non se lo spiegava... Non che l'antico Bakura fosse troppo
pretenzioso, anzi tutt'altro, però non riusciva a spiegarsi
come del
sesso che era stato solamente appagante
l'avesse fatto stare così bene.
Si erano appartenuti, ed
era quasi felice
di quello.
<< Stai bene? >>
Si preoccupò di chiedere con un leggero ghigno, imbarazzando forse il biondino che subito colse il senso mirato della domanda. Pacatamente, distogliendo lo sguardo, Marik annuì.
<< Si. >>
Bakura era stato delicato con lui, ma forse di amore non ce ne aveva messo nemmeno un po’, e probabilmente fu quello a spingerlo ad alzarsi per primo per preparare la colazione all'egiziano, che lo aveva aspettato nel letto.
Mangiarono
insieme, e ben presto l'imbarazzo per il ricordo di quanto fatto fu
cancellato.
L'albino dovette ammettere di star proprio bene in sua
compagnia.
Ebbero poi tutto il tempo e la calma sufficienti per alzarsi e stare insieme ancora un po’ prima di separarsi e tornare alle mansioni quotidiane di ognuno.
L'esperienza vissuta non li aveva cambiati, ma forse era riuscita ad avvicinarli un po' di più, al punto che Marik giurò a Bakura di essere disposto a fare qualsiasi cosa per lui.
S'era
innamorato ed era in suo potere, ma nella mente dell'albino, dopo
l'iniziale paura, vi furono ben diverse preoccupazioni.
Presto un
nuovo torneo di Magic and Wizard avrebbe avuto inizio e non poteva
permettersi distrazioni.
Era disposto davvero a tutto pur di
riuscire nel suo intento, e Marik era intenzionato ad aiutarlo.
In fondo fu quella la causa della loro rottura.
Messo
alle strette, Bakura, in un impeto di follia si dichiarò
pronto a
dare l’anima dell’egiziano in pasto alle ombre, e
fu solo per un
caso di incapacità dell’avversario che quello non
avvenne sul
serio.
L’albino quasi non se n’era reso conto, ormai con
un un
unico pensiero in mente, accorgendosi però troppo tardi di
aver
ferito il proprio amante in maniera terribile.
Ne scaturì una
lite furibonda, durata ore, durante la quale si rinfacciarono di
tutto.
Dai gesti d’affetto che Bakura non concedeva più, al modo in cui Marik lasciava i vestiti in giro dopo aver passato la notte da lui.
Si appellarono con insulti pesanti, continuando ad offendersi per ogni minima stupidaggine capitata durante la loro relazione, ma sulla quale erano passati su.
Ogni maledettissima cosa.
La fiducia tra di loro era crollata, e ogni accusa di Marik veniva semplicemente smorzata da una frase sterile.
<< Lo sapevi. >>
Avrebbe
dovuto sapere che era disposto a dar via tutto ciò che aveva?
Non
conosceva già la sensazione?
Marik sapeva che il suo ragazzo con tutta probabilità aveva dei seri problemi psichiatrici, ma non lo credeva capace di perdere anche lui, che in fondo era tutto ciò che avesse.
<< Mi hai deluso. >> Sibilò.
Dopo accadde qualcosa che Bakura non seppe spiegarsi.
La sua indifferenza divenne dolore quando vide il bel viso di Marik sporcato da due cristalline lacrime silenziose.
Non lo sopportava. Non di essere la causa di altro dolore.
Del
suo dolore.
Aveva capito cosa provasse, ed era una sensazione con
cui non era pronto a fare i conti.
Marik voleva chiudere la loro relazione, e in preda alla rabbia gli urlò le parole che più lo avrebbero fatto soffrire l'albino, spezzandolo.
<< Ti sto lasciando. >>
Bakura
perse la testa, e non pronto a una simile evenienza,
colpevolizzandosi per aver giocato troppo con i sentimenti altrui, si
sentì in dovere di difendere il proprio orgoglio
più che le proprie
ragioni.
Quella
frase gli sorse così spontanea che non ebbe nemmeno il tempo
di
formularla mentalmente che si rese conto di averla già detta.
Non era vero, o almeno non del tutto, e forse nemmeno lo pensava.
Il rapporto tra lui e Marik per ora poteva essere solo definito come strano e piacevole, era presto per dire che fosse amore, ma anche non troppo per capire che Marik aveva smesso di essere solo un passatempo già da un po'.
Nella vita aveva imparato che più si faceva del male agli altri, minore era la colpa che ci si riversava addosso.
“Ho bisogno di tempo” replicò quindi Marik, accortosi dell’errore e ferito dalle parole dell’albino, ma quello invece che fermarsi rincarò la dose.
<< Tempo per capire chi vuoi? Lo so che dormi nel mio letto ma scaldi quello di un altro. >>
Si era
avvicinato a lui e gli aveva catturato il volto tra le dita,
stringendolo appena.
In realtà non era sicuro di ciò che
affermava, ma le voci oramai erano troppe, e più lui voleva
metterle
a tacere più esse si alimentavano nella follia della sua
mente al
punto da convincerlo che fosse la verità.
Che
Otogi avesse iniziato ad essere carino nei confronti di Marik se
n’erano accorti in molti...
Dalla semplice cortesia erano
passati a gesti d’affetto, e poi vi fu un bacio.
Un contatto non voluto e che Marik non aveva ricambiato, ma che alla vista di uno spettatore casuale risultava un pettegolezzo da diffondere in ogni forma distorta possibile.
L'errore del biondino fu quello di non parlarne subito con Bakura, per paura che facesse del male a Otogi, lasciando però che lo scoprisse per caso.
Marik
non avrebbe mai potuto immaginare in che modo la notizia lo avrebbe
ferito, e per quel motivo non si sentì di replicare alle sue
parole.
Probabilmente Bakura stava male quanto lui in quel
momento.
La lite degenerò al punto che entrambi decisero di troncare ogni rapporto con l’altro.
Nessuna chiamata.
Nessun
messaggio.
Nemmeno si guardavano in faccia se si incrociavano per
i corridoi della scuola, arrivando al punto da non andare
più sulla
terrazza, quasi avessero paura di rincontrarsi casualmente...
Ne
erano usciti entrambi distrutti.
Nessuno
di loro ne fu realmente capace, anche se combattevano entrambi con la
feroce voglia di cercarsi di nuovo, di sentire l'uno il calore la
voce e il profumo
dell'altro.
Non l'avrebbero mai ammesso.
Passarono così i mesi, e prima che se ne rendessero realmente conto fu un quasi un anno.
[ ~ † ~ ]
Quella
mattina Marik si svegliò stanco, ma di buon umore.
Mancava da
scuola da ormai due settimane, ma nessuno pareva più farci
caso.
Quell'anno sarebbe andato perso, e a dire il vero nemmeno
gli interessava: aveva voluto provare la scuola pubblica per capire
cosa significasse andarci, non perché realmente avesse
qualcosa da
apprendere.
Si rigirò pigramente dal letto, certo di essere solo in casa come consuetudine, visto che Isis era uscita presto la mattina per lavorare.
Cosa vi era di più bello di una fredda e piovosa mattinata invernale?
La possibilità di restare a casa al caldo.
Si coprì fin sopra alla testa nel tentativo di riaddormentarsi, ma la sua quiete venne scossa da uno squillo del cellulare.
Si trattava di un messaggio.
Curioso
si alzò per prendere il telefono e guardare chi gli avesse
scritto,
ma come lesse il nome gli mancò un battito.
Bakura.
“Osservo
la pioggia cadere.”
Per
un istante Marik rimase come sconvolto.
Non si aspettava di venir
cercato da qualcuno, e tra tutti proprio lui, protagonista indiscusso
dei suoi desideri più inconfessabili: uno tra tutti il
riaverlo con
sé.
La
frase se la ricordava fin troppo bene...
Gliel'aveva detta Bakura
il giorno in cui aveva preso la sua innocenza...
Come scordarla?
Non ci pensò due volte e mise a soqquadro l'intera stanza alla ricerca di qualcosa di pulito da mettere. Nel caos generale riuscì persino a trovare la sciarpa grigia che l'albino gli aveva regalato quel giorno... La strinse tra le mani e si fiondò fuori di casa per correre da lui.
[ ~ † ~ ]
Nonostante
tutto Marik conosceva Bakura troppo bene per non sapere dove
trovarlo.
Non a scuola, non al cimitero.
Lo trovò seduto sui
gradini del portone della sua palazzina, intendo a fumare una
sigaretta completamente fradicio di pioggia come quel fatidico
giorno.
L'albino
lo osservò, cercando di saziarsi anche solo di quella
visione.
Lui,
e il suo sguardo che non aveva avuto più l'occasione e il
coraggio
di incrociare.
Lui
che aveva condiviso parte della sua pena.
Lui che ora gli stava di
fronte, col fiatone; ugualmente fradicio.
Marik si sentì felice dentro di sé...
Non si era sbagliato... Bakura l'aveva voluto con sé, e questo significava che l'egiziano aveva imparato ad interpretarlo e a conoscerlo anche nel suo ermetismo.
“Sto osservando la pioggia”
“Ti
sto aspettando”
“Ti
sto chiedendo scusa”
“Mi manchi”
Bakura
lasciò cadere la sigaretta a terra, ormai consumata fino al
filtro,
per poi alzarsi e fronteggiare Marik.
Doveva fare la sua parte, in
quello.
La presenza del biondino significava già che era disposto a perdonarlo, e da parte sua Bakura aveva passato un anno a colpevolizzarsi per averlo lasciato andare via.
Forse
da qualcuno migliore di lui; probabile.
Forse da qualcuno che
l'egiziano meritava di più...
Ma non qualcuno che lo amasse quanto lui.
Quello
non era possibile, anche se l'aveva capito troppo tardi.
Inclinò
il volto e lo guardò dritto in quelle pozze d'ametista.
Il suo
viso era più bello di quanto lo ricordasse...
Dolce e dai lineamenti aggraziati; pelle bronzea, labbra sottili e occhi stupendi.
Si
fissarono a lungo e infine Bakura si decise.
Lo baciò cingendogli
il collo con un braccio, in attesa della conferma finale.
Marik ricambiò quel soffice contatto tra le loro labbra, finendo poi con l'allontanarsi da esse per sorridere.
Bakura
si ritrovò inspiegabilmente a sorridere a propria volta.
Era
quella la dinamica stupenda tra di loro... Non avevano bisogno di
parole per capirsi.
Si appartenevano.
<< Mph... >>
L'albino infilò una mano in tasca estraendone una piccola scatolina rossa con un fiocco di raso bianco. La porse al ragazzo.
<< L'ho trovato... E' per te. >>
E
Marik si ritrovò a ridere nel comprendere che probabilmente
quel
trovato
significava che aveva
passato almeno un giorno in giro per cercarlo, considerando in
aggiunta il timore che non si sarebbero rincontrati.
Era un cuore di cioccolata.
Nessuna scritta, o incisione. Del
semplice e fine cioccolato al latte.
Marik era più che felice così.
<< Ti ringrazio... >>
Gli sorrise sinceramente,
spontaneo,
notando poi che stava tremando di freddo.
Questa volta sarebbe
toccato a lui ricambiare...
Si sfilò la sciarpa grigia e
l'avvolse al collo di Bakura per poi prenderlo per mano ed entrare
con lui nel palazzo.
Era stupendo e rassicurante capire che tra di loro, effettivamente, non era cambiato nulla.
Si
intendevano con poche parole e pochi sguardi, conoscendosi
così
profondamente l'un l'altro da essere completamente uguali e
indifesi.
Non dovevano più ferirsi.
Non dovevano commettere
più gli errori del passato.