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Autore: ZeparFurfur    18/02/2010    0 recensioni
"Era difficile da comprendere, ma per me Alfred era un'ancora di salvezza: non ero io ad insegnargli a crescere, era lui che mi insegnava a vivere." Arthur Kirkland, giovane rampollo inglese, frequenta una ricchissima Accademia frequentata da giovani da tutte le parti del mondo. Attorno a lui gireranno vortici di amori ed incomprensioni, tali che anche lui stesso sarà vittima di un amore non corrisposto verso una persona della sua infanzia, che non ha mai dimenticato. E farà di tutto pur di riconquistarla... Anche calpestare tutte le sue amicizie.
Genere: Romantico, Commedia, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Anche quella mattina, quando mi svegliai, dalla finestra non entrava il minimo raggio di sole. D'altronde c'era ben poco di cui stupirsi, sarebbe stato il caso di sorprendersi se si fosse presentato un sole abbagliante. L'Inghilterra è famosa per essere un posto piuttosto grigio e triste. Mi alzai pigramente dal letto, spegnendo la sveglia che mi aveva costretto a svegliarmi, stiracchiandomi un poco, rimettendo poi a posto le lenzuola. Mi diressi immediatamente in bagno, posizionandomi davanti al lavandino, sbadigliando. “Che faccia orribile”, pensai, vedendo il riflesso del mio viso stanco e ancora semi-addormentato. Mi sciacquai immediatamente la faccia con dell'acqua gelida giusto per farmi ulteriormente del male e svegliarmi completamente, passando immediatamente a lavarmi i denti. Sarebbe probabilmente stato un altro di quei giorni noiosi e ripetitivi dei quali io, il presidente del Consiglio Studentesco della scuola, ne ero ormai già stufo. Tutti i giorni era la stessa storia: alzataccia la mattina presto, giro per le camere a controllare che nessuno stia saltando le lezioni senza motivo, poi ore ed ore di spiegazioni dei professori, riunioni con il Consiglio Studentesco e infine compiti. Sempre la solita noiosa storia di tutti i giorni, che si sarebbe ripetuta per i prossimi anni di scuola. Evidentemente nella mia vita non ci sarebbero mai stati risvolti interessanti, visto che vengo io stesso reputato una persona “noiosa” da fin troppe persone, tra cui pure gli individui della mia famiglia. Io in compenso reputo tali persone banali, e non alla mia altezza. Si tratta di una reciproca critica, diciamo. Una volta finito tutto ciò che dovevo fare in bagno, mi precipitai verso l'armadio, prendendo la divisa dell'Accademia. Già, l'Accademia. Io, Arthur Kirkland, mi iscrissi non molti anni fa in questa prestigiosa Accademia, situata nei pressi di Londra. La mia scuola si chiama “Academy of the World”, e come da nome ospita studenti provenienti da ogni parte del mondo. E' una cosa piuttosto curiosa, e pure molto interessante. Ritrovarsi in mezzo a persone provenienti da ogni dove è un'esperienza molto utile, direi. Peccato che la maggior parte di essi siano persone irritanti, scansafatiche e ben poco normali. La calma e tranquillità che avevo sperato di trovare in questo ambiente che reputavo perfetto per un gentleman come me, era stata distrutta già subito dal primo istante in cui misi un piede dentro al cortile. Meglio non ripensare al passato, mi dissi, mentre mi mettevo a posto la cravatta. In poco tempo riuscii a preparare anche la borsa con i libri che mi sarebbero serviti in giornata e sbuffando uscii dalla porta.

Nel corridoio del dormitorio non trovai nessuno – fortunatamente – e quindi mi diressi automaticamente nell'ufficio del Consiglio Studentesco. Non appena entrai nella stanza, fui accolto da un caloroso commento di Francis Bonnefoy, il vicepresidente.

«Sono arrivato prima di te, questa volta~», cantilenò con la sua voce profonda.

Francis è quel tipo di persona che non riesco assolutamente a tollerare: un francese. Già, proprio un francese. E della peggior specie: è un lascivo, stupido, cascamorto, irritante francese di Parigi. L'ho sempre reputato una persona mediocre, e nonostante lui continui a dichiarare di essere il mio migliore amico, io continuo a cercare di ignorarlo. Migliore amico, che cosa stupida. Non credo in queste sciocchezze da ragazzini, non esistono i migliori amici. Tanto meno le amicizie fra inglesi e francesi. Oltretutto, oltre ad essere un dannatissimo dongiovanni, Francis è anche una delle persone con le quali spreco di più il mio tempo.

«Complimenti, vuoi un applauso?», gli risposi, sarcastico.

«Ahah, ti sei svegliato di cattivo umore per caso?», rise lui, facendomi la stessa domanda di sempre.

Risposi con una smorfia, andando a sedermi dietro la mia scrivania. Stare seduto dietro quel grosso tavolo mi faceva sentire quasi più tranquillo – e quasi più potente e importante. Continuai a guardare male quel dannato biondo, che mi sorrideva scrutandomi a sua volta coi suoi occhi azzurri. Mi faceva salire il nervoso anche solo il sapere che fosse lì. Presi a sistemare dei fogli a caso sulla scrivania, cercando di non dargli troppo peso.

Ad un tratto la porta si spalancò, ed una testolina castana sbucò da dietro essa. Eccola, era arrivata anche l'altra piaga della mia vita: Sesel.

«Buongiorno.», le dissi, continuando a mettere a posto i fogli, mentre Francis le volava addosso letteralmente, per accoglierla come solo lui poteva.

«'Giorno.», disse lei, sbadigliando ancora.

Sesel era una delle nuove studentesse che avevano iniziato l'Accademia quest'anno, ma per qualche strano motivo mi ero ritrovato con l'obbligarla a farmi da aiutante nel Consiglio. Ovviamente Francis non aveva avuto nulla in contrario, poiché, oltre a conoscerla da anni ed anni, era una ragazza ed era carina. Qualsiasi cosa lui reputasse carina si ritrovava automaticamente nel suo mirino, e questa era una cosa molto negativa. Ho sempre detestato Francis e i suoi attacchi molestatori, soprattutto sulle ragazze. Va contro la mia natura di gentleman approvare certe cose. Sesel comunque, oggettivamente parlando, si può davvero reputare carina. Magra, capelli scuri e lisci, sempre raccolti in quei due codini con dei grossi fiocchi rossi, grandi occhi color nocciola e pelle abbronzata, tipica delle Seychelles – luogo da cui proviene. Sì, era carina. Ma non era il mio tipo, assolutamente. La cosa probabilmente era ricambiata, siccome litigavamo ogni due minuti anche per le cose più banali.

«Muovetevi e aiutatemi a mettere a posto questi fogli.», sbottai, irritato.

«Ma non possiamo farlo dopo?», sbuffò lei, sedendosi su un divanetto.

Già, avevo dimenticato di dire che Sesel era una grandissima scansafatiche. Il suo carattere viene spesso paragonato al mio da Francis, e probabilmente è per questo che non andiamo d'accordo: io non andrei mai d'accordo con uno come me. Anche se molto spesso mi ritrovo ad adularmi per le mie brillanti idee, il mio intelletto e il mio atteggiamento da gentiluomo. In qualche modo però riuscii a convincerla ad aiutarmi con quei documenti, trascinando anche Francis a farlo.

Le lezioni iniziarono alle otto precise, come ogni giorno, ed io e Francis corremmo nella nostra classe abbandonando la ragazza nella sua. Qui all'Academy of the World le classi sono divise in base al continente. So che è una cosa molto strana, ma oltre a dividerle per anno le dividono anche in base alla provenienza. Ovviamente, essendo io inglese originario di Londra, ho sempre frequentato la classe dell'Europa. Insieme a me, in classe, c'erano davvero persone strane, a iniziare da quella coppia di italiani, i fratelli Vargas. Lovino, il maggiore, era un tipo scorbutico e aggressivo, ma questo soltanto per quanto riguardava i ragazzi; con le ragazze era gentile e amichevole. Feliciano, il minore, era completamente diverso da lui, ma non migliore di sicuro. Oltre ad essere uno scansafatiche – quasi al pari di Sesel – era distratto, fin troppo allegro ed eccessivamente stupido. Entrambi i fratelli avevano capelli castani – Lovino scuri, Feliciano chiari – e un ciuffo molto strano che faceva capolino tra di essi, arricciandosi. Un tratto caratteristico dei due italiani, decisamente. Insieme a loro, spesso si trovavano Ludwig Weillschmidt e Antonio Fernandez Carriedo. Il primo era un omaccione grande come un armadio, coi capelli biondissimi sempre portati all'indietro e con gli occhi azzurro chiaro. Un tedesco perfetto, diciamo. In quanto al carattere, sicuramente doveva avere una pazienza immensa per sopportare Feliciano. A differenza dell'amico, però, era decisamente più intelligente e furbo. L'altro invece se ne stava sempre in compagnia di Lovino, per sua sfortuna. Infatti l'italiano non si faceva problemi a picchiarlo, prenderlo a testate o ad insultarlo quotidianamente, con tutta la grazia e la delicatezza di cui disponeva. Antonio era piuttosto alto, capelli corti e castani abbastanza spettinati, grandi occhi verdi e pelle leggermente abbronzata, con sempre un sorriso smagliante dipinto in volto. Francis e lui sono molto amici, ed insieme al fratello di Ludwig fanno un eccezionale trio che non posso minimamente sopportare. Ah giusto, il fratello di Ludwig. Si chiama Gilbert, e pur essendo il fratello maggiore di Ludwig, ha un comportamento immensamente più infantile rispetto a lui. E' viziato, stressante, irritante, incredibilmente narcisista e rumoroso, oltre che rozzo e ben poco intelligente. Il tipo di persona la cui presenza riesce ad irritare chiunque in questo mondo. Fortunatamente non è nella nostra classe, altrimenti avrei probabilmente cercato di far evaporare sia lui che Francis. Nemmeno Lovino e Antonio sono nella nostra classe, poiché sono più grandi di un anno. Ma la nostra classe si compone praticamente solo di persone curiose e ben poco tranquille, quindi anche non avendoli con noi c'è sempre qualcuno che attira fin troppo l'attenzione. A cominciare da quello strano polacco chiamato Feliks, che ogni tanto si presenta a lezioni vestito da ragazza. Dice che gli piace vestirsi così, e che il suo colore preferito è il rosa. Meglio tralasciare le altre informazioni.

La prima ora di lezione fu la solita noiosissima ora di matematica, ed io da bravo studente modello cercai di prendere appunti e di capire, ignorando Francis e i suoi stupidi scherzi – sempre rivolti al sottoscritto, ovviamente. L'ho detto che francesi e inglesi non possono essere amici – e cercando di non farmi distrarre dal continuo chiacchierare delle ragazze.

Le ore passarono lentamente come sempre, ma finirono al suono della campanella, ed in poco tempo la classe si svuotò completamente, tranne per me e quel dannato francese.

«Andiamo, dobbiamo finire delle cose.», sbuffai, rimettendo i miei libri nella borsa di pelle.

«Perché abbiamo sempre del lavoro da fare?», si lamentò Francis «Je ne comprende pas!»

«Non parlare in francese, mi dà fastidio.»

«Potrei dire lo stesso dell'inglese, allora~», cantilenò, punzecchiandomi con un dito.

«Francis, siamo in Inghilterra, tu devi parlarlo l'inglese, qui!», sbraitai, uscendo dalla classe insieme a lui.

Tornammo nuovamente a prendere Sesel, che per tutto il cammino fino all'ufficio non fece che lamentarsi dei compiti. Mi nauseava sentire lei e Francis discutere in francese, nonostante avessi avvertito quel dannato stupido proprio poco tempo prima.

«La volete finire, voi due?!», tirai un codino a Sesel, come mio solito.

«Ahia! Piantala, sopracciglione!»

Sesel amava chiamarmi in quel modo. Lo faceva sempre, e ovviamente Francis rideva ogni volta. Lanciai un'occhiataccia a entrambi, tornando a torturarla per bene, finché non arrivammo nell'Ufficio. Sospirai, aprendo la porta con la chiave – tutti i membri del Consiglio ne avevano una copia – e notando una nuova pila di fogli poggiata sul tavolino di fronte ai divanetti. “Perfetto, altro lavoro” pensai subito. Evidentemente qualche insegnante o bidello aveva ben pensato di consegnarci altre cose da mettere a posto. Era incredibilmente splendido il modo in cui il Consiglio Studentesco servisse a scaricare su noi poveri studenti il lavoro che avrebbero dovuto svolgere gli insegnanti. Mi ritornai a sedere dietro la scrivania, con Sesel e Francis al seguito, che rimasero ugualmente contenti di vedere quella catasta di fogli da riordinare.

«Ma perché così tanti, dannazione..?», sbuffò lei, prendendo una parte dei fogli e mettendosi su un divanetto, iniziando a dividerli.

«Ma che ne so, si divertiranno a farci lavorare così tutti i giorni.», le risposi io sbuffando.

«Mon dieu, per fortuna che siamo in tre!», esclamò Francis, seguendo Sesel e iniziando anche lui a lavorare.

Per fortuna quando quei due lavoravano, c'era silenzio. Il silenzio mi è sempre piaciuto, mi fa pensare. Purtroppo però, pensare non mi piace affatto, lo faccio anche fin troppo spesso. Ogni volta che mi metto a pensare troppo succede sempre qualcosa di negativo, o semplicemente vado a pensare cose così assurde che mi rovino da solo le giornate. Me l'hanno sempre detto: “Arthur, tu pensi troppo”. A dirmelo erano sempre persone che non pensavano mai, però. Presi altri fogli, dandogli uno sguardo giusto per sapere di cosa trattavano. Uno di essi attirò la mia attenzione. Un nuovo studente sarebbe presto arrivato all'Accademia. Un ragazzo proveniente dal Canada, a quanto sembrava. “Fantastico”, pensai “Un nuovo studente che parlerà in francese. Manderò Francis ad accoglierlo, quando arriverà”. Non c'erano foto, nemmeno il suo nome, era una cosa abbastanza anonima. Lasciai perdere, continuando nel mio lavoro, controllando anche cosa stavano facendo quei due scansafatiche sui divanetti.

Finimmo di mettere a posto i documenti e dopo un'ora fummo finalmente liberi. Uscimmo dalla scuola, continuando coi nostri splendidi battibecchi quotidiani. Mentre continuavamo a vagare senza meta, incontrammo anche Jin Wang, un ragazzo della classe dell'Asia. E' originario di Hong Kong, ed è il fratello di Yao Wang, un mio coetaneo sempre della classe asiatica. E' un tipo abbastanza silenzioso e tranquillo – o così sembra – e come ogni asiatico che rispetti ha gli occhi a mandorla e i capelli scuri, portati corti e abbastanza disordinati. Mi salutò con un cenno della mano, al quale risposi allo stesso modo. Lo conoscevo abbastanza bene, ma questo solo perché mio fratello aveva il brutto vizio di infiltrarsi nella mia scuola e fare amicizia con gli studenti più grandi. Già, ho un fratello minore, che si chiama Peter. E' la mia più grande pena, viene anche prima di Francis forse. Forse, eh. Parlando di Peter, indovinate chi arrivò proprio in quel momento?

«Ehi, fallito di un fratello!», mi salutò, correndoci incontro.

«Vattene, sgorbio.», ricambiai con lo stesso amore.

Come lo definiva Sesel, Peter era una mia miniatura. Sì, certo, come no. In realtà le uniche cose che avevamo in comune erano le sopracciglia, in parte. I suoi capelli erano di una tonalità diversa di biondo, e i suoi occhi blu, mentre i miei sono verde smeraldo. Anche i nostri caratteri completamente diversi, quasi opposti. Ritengo che lui sia molto più stupido e incapace di me, anche se la gente è sempre pronta a ribattere. Probabilmente stanno dalla sua parte perché è un marmocchio delle scuole medie.

«Peter perché non te ne torni nella tua scuola?», lo ripresi dandomi un'aria severa.

«Ma mi annoio! E poi ora c'è la pausa!», sbuffò «Perché non te ne vai tu, fallito? Stai respirando l'aria del grande Peter!»

Dopo quella sua stupida uscita, iniziammo a litigare come nostro solito. Ma proprio mentre stavo per tirargli uno schiaffo in testa, vidi qualcosa che mi fece rabbrividire e impallidire. Deglutii, continuando a fissare in quella direzione, mentre Peter sbraitava contro di me e Sesel e Francis mi guardavano interrogativi.

  
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