Scusatemi per
l’enorme ritardo
nel postare!
Comunque
ragazze ovviamente ecco
a voli il dodicesimo capitolo..spero vi piaccia!Baci
Ada!
Capitolo 12
Ottobre era passato e Novembre
sembrava non giungere mai a termine. Finalmente la data per la mia
partenza era
stata stabilita. Avrei preso l’aereo per Londra alle 13 di
pomeriggio
dall’aeroporto di Roma. Dire che ne ero entusiasta era un
eufemismo. Ero
eccitata,felice e mi sentivo un'altra persona. Il rapporto con Rob era
diventato sempre più importante e intenso. Ogni giorno
appena poteva mi
telefonava. Parlavamo per ore,cercando di colmare la distanza che ci
teneva
lontani.
“Franci dobbiamo studiare,su”
urlai dal corridoio mentre lei si divertiva su face book.
“E dai.. uh uh ma guarda un
po’,visiti ancora il sito di twilight?”chiese
divertita.
“A dire il vero è un po’ che non
ci entro..” dissi riflettendo.
“Eh immagino,hai Rob che ti dice
tutto..” continuò ridendo.
Infatti da quando io e Rob
stavamo insieme avevo evitato di entrare nel forum in cui ero iscritta
o
leggere le varie notizie che stesso Rob mi dava ore prima.
Sentivo però anche di tradire
quelle ragazze che erano diventate mie amiche. Non sapevano di me e Rob
e mi
sentivo una vera str…za quando parlando con loro,dovevo
nascondere tutto.
Entrai in camera e trovai
Francesca immobile davanti al pc.
“Ei,hai visto un fantasma?” le
dissi ridendo.
La vidi sobbalzare e,guardandomi,sbiancare.
“Tesoro,tutto ok?”
“Si..” tentai di avvicinarmi al
pc e capire cosa avesse visto ma mi bloccò chiedendomi di
sedere.
“Ah Franci per
favore,muoviti,non ho tempo da perdere..” dissi sbuffando. Lo
studio ci
chiamava da un pezzo.
“Sono entrata sul sito di
twilightitalia..” disse abbassando lo sguardo.
Quando la spronai a continuare
il mio cuore già batteva forte e l’ansia mi aveva
investita. Sapevo che spesso
ci fossero varie notizie riguardo una presunta storia di Rob e
Kristen,anche
per questo evitavo di leggere.
“ci sono delle foto,di Rob mano
nella mano con lei..” continuò scrutandomi.
Ero immobile,davanti a lei,senza
tentare nemmeno di muovermi e guardare il pc. Mi ero sempre fidata di
Rob,come
se fosse impossibile una cosa del genere,ma nel mio animo sapevo che
lei era
più bella,più in gamba e più simpatica
di me. Apparteneva al suo mondo e poteva
dargli cose che io non potevo. Vidi Francesca avvicinarsi e
abbracciarmi.
Ero comunque immobile,non
sentivo il calore di quell’abbraccio. Mi alzai,la scostai e
vidi le foto. Erano
vicini,lei gli sfiorava la mano. Erano intimi,si vedeva. Nel paragrafo
che
accompagnava la foto c’era scritto che stavano per prendere
l’aereo per Londra
e che non erano consapevoli della presenza del fotografo. Chiusi le
finestre
del pc e lo lasciai acceso.
“Studiamo?”
Francesca mi guardava turbata.
Cercai di convincerla che sarei riuscita a concentrarmi senza problemi.
Acconsentì e iniziammo a prende i libri.
Erano due ore che cercavamo di
ripetere per bene tutta le letteratura inglese,ma sembrava un impresa
impossibile. Decidemmo che una pausa faceva al caso nostro.
Mentre prendevo i succhi di
frutta sentì il telefono squillare. Sapevo chi era. Ignorai
la chiamata e mi
diressi di nuovo in camera.
“Ti ha chiamata già tre volte..”
“Lo so..” dissi indifferente.
“Non puoi..”
“Sono fatti miei” la interruppi
urlando. Mi fermai. Non era colpa sua.
“Scusa..” dissi per poi
scoppiare in un pianto liberatorio.
7chiamate e
3messaggi.
Rob,Rob,Rob.
Guardai la
mia immagine nello
specchio. Occhi gonfi,rossi,ancora pieni di lacrime. Capelli indomabili
come
sempre. Guancie graffiate dalle tante volte che avevo strusciato sulla
lampo
del peluche.
Rob. Schiacciai il pulsante
verde. Uno squillo. Chiusi.
Dopo neanche cinque secondi una
chiamata. Lui,sempre Rob.
Respirai,guardai di nuovo
l’immagine nello specchio e risposi.
“Pronto..” il mio tono di voce
era ancora roco dal pianto.
“Ciao,ma cosa è successo? Mi hai
fatto spaventare.” Disse serio
“Nulla. Ho studiato con
Francesca.” Continuai. Non sapevo se volessi dirgli che
sapevo. Volevo
continuare ad illudermi che nulla fosse successo.
“Ah e il telefono? Avevi il
silenzioso?” continuò,sempre serio. Come se fosse
arrabbiato. Lui.
“No.” dissi solo. Le lacrime
iniziarono a scendere,senza sosta.
“Ada?”
“Mh”
“Cosa succede? Dimmelo.” Era
nervoso,arrabbiato. Ma lo sentivo,era anche spaventato,insicuro del suo
tono.
Come se sapesse che non gli apparteneva.
“Nulla.. nulla”
“Sicura? Per favore..”
“Si,devo andare a dormire. Ci
sentiamo.”
“Domani,ci sentiamo domani.”
Stavo per riattaccare quando mi
chiama.
“Si?” risposi,volevo solo
riattaccare,non chiedevo molto.
“Sei importante..” un
colpo,forte,silenzioso,doloroso.
“Si Rob.. Ciao”
Un mese
dopo..
“Possibile che non riesci a far
entrare tutto in quella valigia?” mia mamma davanti la porta
della mia camera
sembrava disperata. Aveva assistito in silenzio alla mia crisi di
panico. Erano
ore che cercavo di far entrare gli abiti invernali nella valigia a mia
disposizione,ma a quanto pareva era necessario ricorrere ad una piccola
valigia
per le scarpe.
“Mamma secondo me sono le
scarpe..”
“No,decisamente no Ada,sono
tutte le cose che vuoi portarti. Ma scusa è necessario
portare con te tutti
questi vestitini? E tutti questi completi intimi?”
La mia espressione la portò a
correggersi “Scusami, ma non bastano due o tre
vestitini?”
“No mamma,non bastano e non ho
intenzione di togliere i miei completi intimi. So che lo hai
pensato”continuai
“ma questi li metto qui e li metterò anche a
Londra!” avevo il viso sicuramente
rosso dalla rabbia e dalla agitazione. Solo 12 ore e sarei salita su un
aereo
per Londra. Tutto lì sarebbe stato chiarito. In silenzio
avevo aspettano un mese,30giorni,prima
di parlare e di chiarire. Ero fredda con lui e lo aveva capito,non era
stupido.
Tante volte aveva chiesto cosa stesse accadendo,mai gli aveva dato un
risposta.
Dicevo sempre “Nulla”.
Le note di “Never Think”
riempirono la mia camera. Sapevo che fosse lui.
“Pronto” dissi irritata. Mi
stava disturbando e molto.
“Ei, come procedono i
preparativi?” Era contento,ma il mio tono sempre
più freddo lo fece tacere.
“”Male,molto male.”
“Oh,ma vieni,vero?” Era speranza
quella che sentivo? Speranza che io lo raggiungessi?Forse,o forse no.
“Si” risposi.
“Bè qual è il problema?”
“Il problema sta nel fatto che
non va tutto nella valigia. Ecco dove sta il problema. Ti rendi conto?
Non so
proprio come devo fare!” sbottai piagnucolando. Ero nervosa e
le lacrime
minacciavano di uscire.
“Calmati Ada,tranquilla”
“Eh,certo”.
“Va bè,io intanto sono arrivato
a Londra. Ci sentiamo dopo,ok?” Sembrava offeso e irritato.
Andava avanti da un mese. Mi
chiamava sperando che il mio tono fosse meno freddo,più
dolce,ma ogni volta non
era mai così. Stavo male per quel mio comportamento,ma non
riuscivo a
comportarmi diversamente. Non volevo. Sapevo che se mi fossi lasciata
tutto
alle spalle,se avessi fatto finta di niente e lui mi avesse detto che
Kristen
era per lui importante, sarei stata peggio. Ma la cosa che veramente
non riuscivo
ad evitare era raggiungerlo a Londra. Non riuscivo a pensare che quel
viaggio
potesse essere cancellato. Potevo dirgli di no,potevo trovare una
scusa. Ma non
ne avevo il coraggio. Anche se stavo male,se mi sentivo tradita sapevo
anche
che volevo sentire le sue braccia stringermi,sentire le sue labbra
sulle
mie,sentirmi dire che mi voleva,che ero importante. In quel mese lui
aveva
continuato a dirlo,anche se mai aveva sentito la stessa frase uscire
dalle mie
labbra. La cosa che ancora di più mi faceva male era che non
capisse il motivo
del mio comportamento.
Quelle poche ore in auto
sembravano non trascorrere mai. Mio padre e mio zio mi stavano
accompagnando
all’aeroporto di Roma..
Tra le mani il libro di Robert.
“Mansfield Park”.
“Ei lettrice,che leggi?”
“Niente di che zio,un classico
inglese. Voi parlate di politica..” risposi scocciata. Le
loro chiacchierate
riguardavano o il lavoro,che condividevano,oppure la politica,a cui si
interessavano sin da giovani. Mio nonno li aveva sempre costretti a
seguirlo
nei suoi viaggi e nelle sue campagne e così ora si
ritrovavano a continuare
loro il suo operato.
“Eh bè,capita” rispose ridendo.
Sapeva che odiavo quei tipi di discorsi.
Chiusi il libro e mi immersi nei
miei pensieri.
Solo 8 ore e sarei stata a
Londra. Fino ad un mese fa avevo lasciato libero sfogo alla mia
immaginazione
pensando a cosa sarebbe successo durante questa vacanza. Sarei stata
nella sua
città,avrei visto i posti in cui era cresciuto,avrei vissuto
tutto di lui,come
lui aveva vissuto tutto di me. Gli avevo fatto conoscere i miei luoghi
preferiti,gli avevo fatto visitare la mia città,lui avrebbe
fatto lo stesso. Si
sarebbe aperto come io avevo fatto con lui. Avrei toccato con mano il
Robert
che tanto desideravo conoscere. Io avevo conosciuto bene
l’attore,il divo che
scappa per incontrarmi,ma del vecchio Rob,di quel ragazzo che prima,a
detta
sua,non aveva successo con le ragazze,era un buon a nulla,era un
personaggio
dedito solo alla musica e che si era quasi arreso
all’esaudire il suo sogno di
diventare attore non sapevo nulla. Volevo conoscere anche quella parte
di
lui,che sicuramente era ancora parte del suo essere.
Dopo quelle foto tutte queste
immagini le avevo nascoste e rifiutate. Guardai il libro. Lì
dentro avevo messo
una nostra foto scattata nella mia camera. Era bellissimo. Il suo
sorriso
mentre gli stampavo un bacio sulla guancia era dolcissimo. Il pensiero
che
mancava poco e avrei rivisto quel sorriso di nuovo mi faceva battere
forte il
cuore,mentre un coltello però minacciava di colpirlo e
fermare quel battito
incessante. Ero innamorata e non potevo più nasconderlo. Mi
faceva male solo il
pensiero. ma anche quel pensiero era stato nascosto. Ora,più
mi avvicinavo a
lui,più i pensieri nascosti uscivano dal loro nascondiglio
per farmi ricordare
di loro. Erano dolorosi,forse più di prima.
Avevo immaginato addirittura di
donare a lui la parte più preziosa di me. Pensavo che fosse
lui la persona
giusta,lo pensavo ancora,ma volevo negarmi anche questo pensiero.
volevo
salvarmi.
“Siamo arrivati,finalmente!” mio
padre era felicissimo di essere uscito dal traffico che rendeva odiosa
Roma.
“Si..” sussurrai. L’ansia mi
stava travolgendo. Robert aveva chiamato mentre ero in auto e mi aveva
avvisato
che al mio arrivo avrei trovato un suo amico e non lui. Le guardie del
corpo
non lo avrebbero lasciato tornare all’aeroporto e lui
comunque ne era
terrorizzato. Sorrisi della sua paura pensando alla reazione delle
ragazze se
lo avessero visto arrivare all’aeroporto poche ore dopo
esserne uscito. Mi
rabbuiai al pensiero di ciò che avrebbero potuto fare a me
quando avrebbero
scoperto che Rob era lì per me.
“Si,zio certo..” lo baciai sulla
guancia e mi avvicinai a papà.
Gli rivolsi uno sguardo
accigliato prima di salutarlo. Gli colpì la testa con uno
schiaffetto.
“Ciao,ci vediamo tramite webcam.
Ti raccomando,non dare fastidio a Vito in continuazione. Per problemi
chiamami.” Lo avrebbe fatto impazzire se la webcam avesse
creato problemi.
“Chiama quando arrivi” disse
sorridendo dandomi un calcio.
“Si si,certo..”
Mi avviai ridendo verso il check
in e infine salii sull’aereo.
“Wow” dissi sorridendo mentre
osservavo l’aeroporto di Londra. Immenso. L’unico
termine che riuscivo a
trovare adatto per quel luogo. Fuori dalle immense finestre si vedeva
una
Londra illuminata dalla luce artificiale dei lampioni,mentre la luce
del sole
si spegneva per cedere spazio alla luce lunare. Era quasi sera.
Cercai di guardarmi intorno per
capire chi fosse l’amico che sarebbe venuto a prendermi. Una
mano sulla spalla
mi fece voltare. Sorrisi davanti alla persona che mi trovai innanzi.
Il cappello e i grandi occhiali
da sole,inutile per quell’ora,nascondevano
l’identità dell’amico di Rob. Per
me,che avevo visto tante volte il suo volto sulle foto,era facile
scoprire chi
fosse.
“Ciao!”
dissi sorridendo.
Mi guardò sorpreso per poi
sorridere e rispondermi “Ciao,Ada”
“Ora andiamo?” disse con un
accento inglese molto marcato. Era una caratteristica che mi
affascinava molto.
Gli inglese avevano un accento molto gentile e sensuale e Rob ne era la
prova.
Guardai di nuovo intorno a me e mi accorsi che quella città
mi aveva fatto
sorridere di nuovo,la sua città.
In auto Londra era splendida. Le
luci le davano un tocco di eleganza,i passanti sembravano venire da un
altro
pianeta. Era diverso dall’Italia,da Roma. Era monotona,ma non
stressante. Piena
di pace,tranquillità,niente in confronto al caos cittadino
italiano. Tom mi
fece parlare molto e pensare pochissimo. Parlammo del più e
del meno. Mi chiese
come avessi conosciuto Rob e cercai di rispondergli cercando di non
ricordare.
Stavo ricominciando a sorridere,volevo farlo ancora un po’.
Ci fermammo davanti ad uno
stabile di circa setto o otto piani. Casa di Tom,lo aveva specificato
lui
durante il viaggio. Scendemmo e scaricammo le mie valigie.
“Scusa se te lo dico,ma hai
portato con te tutta la casa?”
“No,solo l’essenziale..” dissi.
Non c’era noia o fastidio nelle sue parole,né nel
tono usato.
“Oh bè,l’essenziale per te è
l’intero mondo per il sottoscritto” disse con un
cenno affermativo del capo
mentre cercava di non ridermi in faccia. Fui io quella che rise di
quell’affermazione. Tom era come Rob,ora ne avevo la conferma.
Mentre salivamo le scale mi resi
conto che le mie gambe non reggevano più. Il palazzo non era
munito di
ascensore,così ci ritrovammo a salire le valigie a piedi.
Eravamo alla settima
rampa di scale,quando mi girai verso Tom
“Quanto manca ancora?” Ero molto
stanca per il viaggio e non ero abituata a salire le scale a piedi.
Vidi Tom
guardare dietro di me,sorridente.
“Direi che sei arrivata” disse
una voce. Non era stato Tom a parlare,lui era davanti a me e continuava
a
guardare le mie spalle sorridente. Mi voltai immediatamente e trovai il
suo
volto vicino al mio. Si avvicinò vedendomi immobile.
Una ciocca di capelli era
davanti al mio viso. La prese tra le dita e me la sposto.
“Hai tagliato i capelli” disse
serio scrutandomi. Non riuscivo a muovermi,ero sconvolta dai suoi
occhi,da ciò
che lasciavano leggere.
“Si..” sussurrai.
“Stai bene..” continuò. Lo
guardavo. Senza dire nulla. Sentì le sue braccia stringermi
in un abbraccio
forte. Stavo respirando. Di nuovo,tra le sue braccia. Anche se quel suo
abbraccio avrebbe dovuto farmi mancare il respiro tanto era intenso e
forte.
Dopo un eternità,dopo averlo stretto anche io a me,come se
la paura di perderlo
ora fosse più forte,mi allontanai da lui e lo guardai. Era
più bello di quanto
ricordassi. Le labbra rosse,i capelli più corti,la barba di
un paio di giorni. Un
paio di jeans scuri gli fasciavano le bellissime gambe mentre un
maglione nero
gli copriva l’intero torace. Era bellissimo. E quella
bellezza mi faceva male
perché non sapevo se potevo dire che era mia.
“Ehm ragazzi..” Tom sembrava
imbarazzato
“Rob,che dici.. mi aiuti con le
valigie o le porto solo io?”
“E secondo te perché ti ho
chiesto di andare a prenderla in aeroporto?”
“Ma vedi questo idiota” sussurrò
Tom offeso.
Rob scoppiò a ridere. io
continuavo a guardarlo. Quella sua risata quanto mi era mancava.
Troppo. E la
volevo sentire ancora,per sempre.
“Dai Ada vieni,ti faccio vedere
la mia casa..” disse Tom scocciato dalla risata di Rob.
L’appartamento era abbastanza
grande,accogliente,se non fosse stato per il disordine che la
caratterizzava.
Decine di cartoni sistemati qua e là nel salone,mentre
coperte e maglie erano
lasciati sparsi per le stanze,sui divani,sulle sedie della cucina.
Sorrisi di
quel luogo così comune. Mi piaceva anche se la mattina
successiva ci saremmo
dovuti organizzare con le pulizie.
Sentì due braccia stringermi e
una testa poggiarsi sulla mia spalla. Mi irrigidii.
“Sono contento che tu sia qui”
Sorrideva. Un brivido intanto mi attraversò la schiena. Il
cuore batteva,forte.
“Mi sei mancata” continuò vicino
al mio orecchio. “Tanto..” sussurrò
toccando con il labbro il lobo
dell’orecchio. Mi baciò il collo per poi
accarezzarmi la pancia. Un nuovo
brivido percorse i nostri
corpi. La mia
sicurezza stava lasciando posto all’insicurezza di quel
momento. Sentii le sue
mani allacciarsi alle mie e ricordai le foto.
mi spostai da lui, sciogliendo ogni contatto tra i nostri
corpi. Continuavamo
però a guardarci senza riuscire a staccare gli occhi
l’uno dall’altro. Ci
scrutavamo. Lui mi guardava cercando di capire cosa avessi. Lo aveva
capito,aspettava
di vedermi per scoprire cosa mi stesse accadendo.
“Rob la valigia aspetta che noi
la portiamo in camera,pesa e sinceramente voglio posarla subito al suo
posto”
disse guardandomi per provocazione. Decisi di stare al gioco.
“Mamma Tom,sei insopportabile,lo
sai? Se parli ancora te la faccio trovare di nuovo
lì” risposi guardandolo con
gli occhi ridotti a due fessure. Lo vidi far finta di rabbrividire e
poi
scoppiare a ridere.
“Mi piace,Rob,devo proprio
dirtelo. Ci darà filo da torcere la bimba” disse
avviandosi verso una delle
stanze della casa,forse la sua camera da letto.
Sentii Rob ridere. Intanto presi
la borsa poggiata all’ingresso e chiamai i miei genitori.
Tranquillizzai mia
madre dicendole che il viaggio era stato tranquillo e che mi ero
perfino
addormentata. Erano a casa della nonna così salutai tutti
velocemente.
Chiudemmo la chiamata solo quando mi ricordò di salutarle
Rob.
“Cosa hai fatto in questi mese?”
Rob mi aveva attirata di nuovo a se facendomi poggiare il capo sul suo
petto.
“Niente di che..” risposi ovvia.
Da un mese non gli raccontavo più cosa facevo nelle mie
giornate. Prima evitavo
anche i contatti fisici con i miei amici,sapevo che avrebbe potuto
irritarlo.
In quel mese invece avevo ricominciato a comportarmi come prima. Ogni
mio
atteggiamento era come prima che lo conoscessi. Facevo finta di nulla.
Solo due
cose erano cambiate. La sera la trascorrevo a telefono con lui e la
notte
piangevo perché stavo male.
“Non hai niente da aggiungere?”
disse serio.
Alzai il viso per guardarlo
negli occhi.
“No,direi di no.”
“Ok..” spostò lo sguardo.
“Dobbiamo parlare,lo sai?”
“Si.” Risposi.
La stanza in cui eravamo appena
entrati era molto spaziosa. Il letto da una piazza e mezza era al
centro,mentre
una libreria piena di libri lo affiancava. L’armadio,invece
molto ampio era
stato posizionato di fronte al letto. Notai le mie valigie a terra
davanti
all’armadio.
“Questa è la tua stanza”
sussurrò tranquillo Rob.
Rimasi meravigliata da quella
affermazione. Quando eravamo in Italia era difficile per noi separarci
per la
notte. Entrambi avremmo volto dormire insieme,ma non era mai stato
possibile.
“Ah”
risposi a quell’affermazione.
“Allora ti lascio disfare le
valigie,intanto vado a fare una doccia” continuò
dandomi un bacio sulla guancia.
“Ok..” aggiunsi prima che
uscisse.
Mi sedetti sul letto e osservai
per bene la stanza. Mi piaceva e molto,ma mancava qualcosa. Mancava la
sua
presenza. Era inutile mentire. Anche se era arrabbiata con lui,anche se
mi
doveva delle risposte,quella sua richiesta di dormire separati mi aveva
fatta
sentire poco desiderabile.
Disfai pian piano le
valigie,sistemai le mie cose e indossai una tuta.
Avviandomi in cucina notai Tom
davanti alla porta mentre pagava delle pizze.
“Ei,la cena?” dissi sorridendo.
“Si si.. mi aiuti?” disse
porgendomi le pizze.
“Certo” risposi.
In cucina provai ad ordinare un
po’ la tavola prima di poggiarci le pizze e intanto che
aspettavamo Rob lasciai
che i pensieri mi riempissero la mente.
Le pizze era abbastanza buone,ma
il mio stomaco non ne voleva sapere di mangiare. Ero nervosa,agitata.
Pensavo continuamente
a quella situazione.
La voce di Rob mi fece tornare
al presente.
“Ada?Tesoro?” era la prima volta
da quando ero lì che mi chiamava così.
“Si,dimmi..”
“Non mangi più?”
“Oh,no. non ho fame.” Risposi.
“Non ti senti bene? C’è qualcosa
che non va?” lo sentii preoccupato.
“No,no niente.” Risposi cercando
di tranquillizzarlo.
“Sarà lo stress del viaggio
Rob,ricordi come tornavi te a casa?” disse Tom afferrando
anche la mia pizza e
portandosela alla bocca.
“Si,infatti. Sarà quello.”
Risposi tranquilla,mentre dentro di me si facevano spazio paure e
dubbi.
Sapevo molto
bene che Londra
fosse una città molto piovosa,ma non immaginavo che proprio
quella pioggia
potesse essere la causa dell’insonnia. Non avevo mai avuto
paura della pioggia
violenta che si infrange prepotente sui vetri delle
finestre,né tanto meno dei
tuoni che spaventano tanto i bambini con il loro boato,ma quella notte
sembrava
che non riuscissi ad addormentarmi. Ero seduta in mezzo al letto,con le
spalle
poggiate alla testiera e con gli occhi che non accennavano a chiudersi.
Però ci
avrei giurato,sotto i miei occhi erano presenti delle occhiaie. Sapevo
benissimo che la mattina successiva sarebbero state la prova della
notte insonne.
Un forte tuono mi fece sussultare nel letto. Decisi che era il caso di
fare
qualcosa. Avevo contato le pecore,avevo provato a leggere,come tante
volte
facevo per stancare gli occhi e facilitare l’avvento del
sonno,ma nulla,era
impossibile.
Mi alzai dal letto e piano uscì
dalla mia camera. Nella stanza accanto c’era Rob. La osservai
attentamente,senza entrare. Mai come quella notte avevo timore di
entrare e di
guardarlo. Durante la piccola vacanza in Italia,a casa mia,ogni mattina
lo
guardavo dormire per imprimere nella mia memoria il ricordo del suo
volto,il
ricordo di ogni piccolo particolare di lui. Ma proprio quella notte,in
cui
avevo più bisogno di sentirlo vicino,di osservarlo,non avevo
il coraggio di
farlo. Di corsa mi diressi verso la cucina. Aprì il cassetto
e vi trovai solo
del tè,niente camomilla. Intanto l’orologio della
cucina segnava le 3e45.
Un altro tuono,altra pioggia che
sbatteva sulle finestre. La luce dei lampi illuminava delle mani che
sembravano
forzare la finestra,erano lunghe,come quelle di Rob,sembravano violente
a
differenza delle sue. Il buio tornò a farla da padrone,le
mani sparirono,la
paura però era ancora lì,come la consapevolezza
era ancora lontana.
Presi a correre verso le stanze,senza
fermarmi fino alla camera di Rob. Senza accorgermene entrai e lo trovai
dormire
serenamente. Solo io sentivo quei rumori,vedevo quelle mani,che niente
altro
erano che rami. La consapevolezza ora mi apparteneva,in quel momento mi
avvolse.
Una stupida.
La porta era quasi aperta quando
la sua voce mi chiamò.
“Ada”
Sobbalzai,di nuovo.
“Scusa,ero andata a bere e..
bè.. io..bè ecco, ho sbagliato stanza..
Dormi,tranquillo”
Aprii velocemente la porta,ma
prima che uscissi mi richiamò. Mi voltai e lo vidi
sorridermi sereno mentre con
la mano mi invitava ad avvicinarmi.
“Vieni qua..” sussurrò piano.
Quel sussurrò,quelle parole mi
attirarono a lui come calamite.
“Scusa” sussurrai.
“Di cosa?” continuò spostando le
coperte e invitandomi a stendermi con lui.
“Di essere entrata nella
camera.”
“non preoccuparti. Da te lo
facevi sempre..” disse stringendomi a se e portando le mie
gambe tra le sue.
Sorrideva.
“ma tu non volevi che io
venissi..mi hai chiesto di dormire di là” dissi
piano,non sicura che mi avesse
sentita.
“No,Ada. Non è così”
“E allora com’è?” mi ero
voltata
verso di lui e lo guardavo. Volevo sapere e nulla poteva fare per farmi
cambiare idea.
“Io,vedi.. diciamo che non so se
riesco a resisterti. Mi piaci troppo,e non solo intellettualmente.. non
so se
mi sono spiegato” era imbarazzato. Il viso basso per non
guardarmi. Gli alzai
il volto.
“Rob,tu sei attratto da me?”
“Bè,diciamo che il tuo corpo..
mi mette,come dire.. ehm,diciamo a dura prova.” Il suo viso
di nuovo basso.
“Oh”
“Da quando non hai rapporti?”
chiesi a bruciapelo.
“Da un po’ di mesi,ormai..”
“Oh..Rob?”
“Si?”
“Io non l’ho mai fatto”
“Lo so” rispose per poi
stringermi forte.
Le sue labbra incontrarono le
mie in un bacio dolce e sensuale.
Mi allontanai.
“Dobbiamo parlare” disse serio.
“Si”
“Cosa sta succedendo?” sillabò.