La mia, è una storia che probabilmente a nessuno interesserà. Non è una storia che lascerà il segno, che verrà ricordata, e magari, in futuro, studiata nelle scuole. E’ la storia di come io, e un ragazzo con la passione per la cioccolata, siamo diventati amici. Di come ci siamo conosciuti, abbandonati, traditi, ritrovati. Come se non riuscissimo, anche volendo, a stare lontani. E’ una storia incisa su queste pietre semibruciate, qui in periferia, di quella che una volta era una chiesa enorme e splendidamente decorata e arredata. Quella che non era altro che una piccola chiesa sperduta in campagna, era tutto il nostro mondo, e nella testa ci facevamo succedere di tutto. Avevamo imparato a vedere oltre quelle vetrate colorate e quel forte odore di legno impolverato. Quello era il luogo che ci legava, il luogo che potevamo davvero chiamare ‘casa’. Il luogo che sarebbe sempre stato lì ad accoglierci… o, almeno… quasi per sempre. Pertanto, se è una storia di azione, di amore, di amicizia, di morte e resurrezione, potete continuare a leggere. Ma se volete una storia per rilassarvi, una storia da leggere per poi dire ‘è solo un libro’, vi prego, voltate pagina, e dedicatevi ad altro. Non scrivo per commuovervi, o per trasmettervi un messaggio, o per convincervi di qualcosa. Questo, come probabilmente lo definirebbe quel mio caro vecchio amico, è ‘il mio testamento, un messaggio in punto di morte da parte di qualcuno che non sono io, rivolto a un luogo che non è questo mondo’. A chi troverà a leggerà queste pagine, consunte dal tempo, voglio lasciare i miei, piacevoli o meno, ricordi di quella che è stata la mia vita. Qualcuno disse che essere dimenticati è peggio di morire. Bella frase, vero? E’ per questo che l’ho scritta. Intento nobile, un po’ meno se vi ricordo che è una citazione di Freija di Final Fantasy IX. Spero che qualcuno legga queste parole, sparse nel vento in questa sera di autunno, mentre guardo il mio ultimo tramonto. Spero che qualcuno mi ricordi, ricordi quello che è stato Mail Jeevas. Ma è stato molto tempo fa, quando il mondo era ancora questo, quando si continuava la competizione epr imitare una persona che nessuno aveva mai visto davvero, quando un uomo senza volto e senza nome risolveva casi con il nome dei tre più grandi investigatori al mondo. Quando ragazzi orfani da tutto il mondo venivano chiusi insieme in una stessa costruzione, per studiare e incrementare il proprio QI già spropositatamente alto. Mi andrebbe di citare Sephiroth: I will… never be a memory, ovvero, non sarò mai un ricordo. Ma dato che neanche quei santi che lavorano alla Square Enix hanno capito cosa intendessero realmente dire, credo che eviterò di ripetere quella famosissima frase. Invece, scrivo velocemente questi fogli, che ora nascondo sotto le macerie, in attesa che qualcuno li trovi. Sono i ricordi di un ragazzo che si è visto strappare la propria vita e il tempo scorrere davanti a sé senza riuscire a fermarlo, o le fantasie di un vecchio sognatore, realizzate in quello stato di dormiveglia degli incalliti giocatori di Videogames? Ai posteri l’ardua sentenza. Io mi limito a raccontare. Probabilmente vi chiederete ‘chi è questo ragazzo, che ci sta facendo una premessa tanto lunga?’ Ebbene, un tempo, c’era qualcuno che mi chiamava Matt, e quel qualcuno era un ragazzo biondo di nome Mello. Questa, è la nostra storia…