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Autore: Candy Floss    23/02/2010    5 recensioni
Quarta classificata CONTEST OF DOUJINSHI - II° EDIZIONE
Gli anni sono passati, e oramai il mio posto non è più fra le sue braccia, ma ci sono giorni in cui viene da me e mi guarda intensamente, come ipnotizzato dalla mia pelliccia rosa ormai, -ahimè devo ammettere- piuttosto spelacchiata.Forse ricordando.Ricordando un bambino biondo, fonte di tutti i suoi guai.
Genere: Romantico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Mello, Near
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa che vi apprestate a leggere è la prima fanfiction che io abbia mai fatto gareggiare in un contest. Perdonate la mia poca modestia, ma davvero ne vado molto fiera. Non tanto per il piazzamento (più che ottimo, e mi dedicherò ancora di più per riuscire ad arrivare prima), ma per tutta una serie di altri fattori, come l'impegno che le ho dedicato, o i giudizi delle ragazze che hanno indetto il contest e che l'hanno valuta. Amo questa storia e amo la doujinshi da cui è stata tratta. Tra l'altro, se vi facesse piacere vederla, inserisco il link del video che ho creato e messo su youtube. Spero che vi piacerà tanto quanto è piaciuto a me scriverla. 

Dedicata ai Wammy's boys.

http://www.youtube.com/watch?v=qaJEknByy7c

Autore: WindOfTheNight
Titolo: A Pink Bunny’s Tale –Chocolate Kiss
Rating: Verde
Genere: Triste, Romantico
Doujinshi e Frammento/Citazione scelta: Un bacio al cioccolato (Chocolate Kiss) cit. n°11
Avvertimenti: Shonen ai (yaoi molto implicito), spoiler
Introduzione: Ci sono due cose a cui Mello non può resistere. Una è avere il controllo su Near. L’altra è il cioccolato. La tentazione è troppo forte, e Near non può non approfittarne e così il prezzo per una dolce leccornia è qualcosa di ancora più dolce…


“Posso resistere a tutto, tranne che alle tentazioni.” [Oscar Wilde]

Ritengo di aver sempre svolto il mio lavoro in maniera eccellente.
Qualcuno potrebbe affermare, a torto, che essere un coniglio di peluche sia un compito semplice.
Non è così. Esso infatti non è un semplice oggetto.
E’ un simbolo e, più di questo, è una missione.
L’umano a cui appartengo non si può definire una personalità semplice da comprendere. Ma, in fondo, io che non sono altro che il suo coniglio di peluche, che diritto ho di giudicarlo?
Eppure, in tanti anni di servizio ho avuto modo di osservarlo cambiare, vedere le sue attenzioni spostarsi.
Gli anni sono passati, e oramai il mio posto non è più fra le sue braccia, ma ci sono giorni in cui viene da me e mi guarda intensamente, come ipnotizzato dalla mia pelliccia rosa ormai, -ahimè devo ammettere- piuttosto spelacchiata .
Forse ricordando.
Ricordando un bambino biondo, fonte di tutti i suoi guai.
In una notte in cui nessuno, neppure quella furia infernale, poteva sentire i suoi pensieri, mi sussurrò nell’orecchio: “E’ la mia tentazione, Oscar.”
Povero, povero il mio padroncino!
Lui, così gentile, così premuroso, così imperturbabile, tentato da quel demonio villano e irascibile!
Erano solo dei bambini quando tutto cominciò.
Gli fui regalato il primo giorno in cui mise piede in quell’istituto pieno di piccole pesti urlanti, capaci di fare di un coniglio di peluche rosa come me miseri brandelli al primo tocco.
Ma lui no.
Lui mi prese, mi strinse e mi portò con sé nella sua camera, dove si prese cura di me.
Altri giocattoli si susseguirono, alcuni di fattura molto più pregiata della mia, che non ero altro se non un coniglio di peluche rosa con occhi di bottone, ma lui non mi mise mai in un angolo, mi tenne sempre stretto a sé, restandomi tanto fedele quanto io lo ero a lui.
Poi un giorno accadde il fatto.
Credo che quella fosse una scuola in cui agli studenti era richiesto un certo grado di intelligenza. Fino ad allora il re indiscusso del posto era stato quel cataclisma semovente dagli occhi blu e dalla voce penetrante. Mello. Così si chiamava, lo ricordo bene ancora oggi.
Piombò nella stanza del mio padroncino senza neppure bussare, puntandolo con un dito accusatore, lo sguardo gelido e acuto.
“Tu” sibilò come una serpe “hai finito di vivere.”
Ma il mio caro padroncino non si fece intimidire da una simile dimostrazione di maleducazione.
E’ come se fosse successo ieri.
Non mosse un muscolo, non cambiò espressione, non fece assolutamente niente. Solo io, che ero premuto contro il suo petto, potei sentire il suo cuore accelerare come mai era accaduto prima di allora.
Quello fu l’inizio della fine.
Quel dannato ragazzino faceva di tutto per rendere impossibile la vita del mio adorato Near. Una volta dovettero recuperarmi dalla cima del campanile della chiesa dell’istituto. Uno dei momenti più brutti della mia esistenza.
 
Tentava di denigrarlo, di deriderlo, di umiliarlo. Più falliva, più si infuriava. Più si infuriava, più Near restava affascinato dal suo comportamento.

“Secondo te perché fa così?” mi chiedeva nella solitudine della nostra stanza.
Ne era seriamente incantato. Passava ore a parlarmi di lui, quando al di fuori di quelle quattro mura non emetteva verbo. Mi metteva al corrente delle sue teorie, delle sue ipotesi, dei suoi esperimenti. Io lo ascoltavo in silenzio, da bravo coniglio di peluche rosa quale ero, ma non riuscivo a scrollarmi di dosso quel senso di catastrofe imminente che mi sentivo nell’imbottitura.
Il tempo scorreva, lasciando segni al suo passaggio. Near cresceva, diventando sempre più bello e sempre più chiuso in sé stesso. Non amava la compagnia di nessuno se non la mia e quella dei miei colleghi giocattoli. Anche Mello si stava facendo grande, assumendo sempre più un aspetto affascinante, attraente, carismatico. Non era più il ragazzino isterico di quel primo incontro.
O meglio.
Aveva imparato che darsi a scenate pubbliche nei confronti di Near, che dimostrava di non esserne toccato, almeno apparentemente, non faceva che renderlo ridicolo agli occhi adoranti dei suoi compagni di scorribande. Così probabilmente aveva deciso di tentare di ignorarlo, cercando al contempo di batterlo negli studi. 
Ma il mio bambino non gli era indifferente. A volte, nel bel mezzo della notte, lo vedevo fissare il soffitto, sempre più pensieroso, sempre più tormentato.
E infine una notte me lo disse: “E’ la mia tentazione, Oscar.”
Io non ero, e non sono tuttora, uno coniglio di peluche rosa ingenuo. Sapevo benissimo cos’era l’adolescenza. E sapevo pure che in quel periodo poteva accadere un fenomeno che viene definito “primo amore.”
Nel mio cervello di cotone continuavo a domandarmi: “Perché di lui? Con tutti i ragazzini e le ragazzine di cui poteva andare a prendersi una cotta, perché proprio di Mello?”
Ma il mio compito non era quello di dare consigli. Era quello di raccogliere le lacrime.
Eppure il mio padroncino non è mai stato tipo di persona che subisce le situazioni piangendosi addosso. Era molto furbo e soprattutto molto attento. Sapeva perfettamente quale fosse il punto debole di quel mostriciattolo impazzito. E soprattutto, cosa che io ignoravo, era consapevole che neppure il biondino gli era completamente indifferente.
Una volta mi disse di averlo sorpreso mentre lo fissava incantato. Io pensavo che il mio povero Near si stesse ingannando con vane speranze.
Eppure, con il senno di poi, mi rendo conto che ci aveva visto più che giusto.
Dopo aver tirato le sue conclusioni e dopo aver elaborato un piano che era, come lo definì lui con un linguaggio che non gli si addiceva, “a prova di bomba”, decise di fare la sua mossa.
A due cose Mello non poteva assolutamente resistere.
La prima era avere il controllo su Near.
La seconda era il cioccolato.
Il suo metabolismo delicato e la sua innata tendenza a mangiare il minimo indispensabile avevano portato il mio bambino a non consumare le tavolette che ogni domenica venivano distribuite dopo la messa. Ora che aveva scoperto la debolezza del suo obiettivo tutto questo poteva giocare a suo favore.
Doveva essere primavera inoltrata, poiché fuori dalle finestre della sala comune l’albero di ciliegio aveva cominciato a tinteggiarsi di bianco. Era una domenica tranquilla, per nulla diversa da tutte le altre. All’uscita della cappella Roger, l’anziano direttore, se ne stava in piedi con varie scatole di cioccolata, distribuendone una a ciascun bambino.
Dopo aver preso la sua razione, Near si era diretto verso la sua stanza.
Ora, per dovere di cronaca, vi spiegherò a grandi linee la disposizione delle camere nell’istituto: ogni piano, eccettuato il primo in cui si trovavano l’ingresso, la sala comune e la mensa, era composto da venti camere singole, disposte in ordine alfabetico. Questo faceva sì che la camera di Near si trovasse attigua a quella di Mello, al terzo piano.
Era una bella giornata di sole, ma il piccolo demonio, stranamente, non si trovava fuori a giocare. Era poggiato con fare indolente allo stipite della porta della sua camera.
“Ce l’hai?” gli aveva chiesto con un ringhio.
Da come Near mi strinse al suo petto, capii che Mello si rivolgeva proprio a lui.
“Sì.”
“Bene.” si staccò dall’intelaiatura in legno e si diresse a grandi passi verso di noi. Io sinceramente non capii la conversazione fino a quando Near non tirò fuori da una tasca del pigiama la barretta rettangolare e non gliela porse.
“Lo sai che tutta questa cioccolata non ti fa bene, vero? Ti verrà la carie, se non peggio!”
“Sta zitto, moscerino, che alla mia salute ci penso da solo!”
“Mello! Near! Che state combinando?!”
In quel momento pensai che il vecchio Roger fosse capitato proprio a fagiolo e che sarebbe stato bello vedere come Mello si sarebbe tolto d’impaccio.
“Mello, stai rubando la cioccolata di Near?”
“No, Roger, non me la sta rubando. Gliel’ho data io.”
“E’ così! Lui non la voleva, così me l’ha data!”
“Near, non devi coprirlo, il comportamento di Mello è scorretto e riprovevole!”
“Ehi! Ascoltaci!”
“E’ così, Roger. Non sto mentendo.”
Aaaah… Come poteva resistere allo sguardo dolce di Near? E sì che Mello si sarebbe meritato una bella punizione.
Seppur di malavoglia e con un certo stupore, compresi che tutta quella messinscena era opera del mio padroncino. Il povero direttore non poté far altro che sospirare e lasciare la situazione come l’aveva trovata, sperando che Mello non avrebbe alzato le mani contro il suo pupillo.
Con un ghigno sarcastico e un’aria soddisfatta, Mello scartò il suo dolce e lo addentò.
“Non riesco a capire perché non mangi la tua cioccolata!” disse con la bocca piena.
“Perché non mi va. Cos’è, non la vuoi?”
“No no, al contrario. Anche se il vecchio continua a rompere le scatole.”
“Già. Roger si preoccupa per noi. Mi dispiace solo che la tua reputazione peggiorerà.”
“Eh, se non si può fare diversamente…”
“Mello…”
“Mh?”
Near lo guardava fisso. Sembrava pensare attentamente a cosa dire.
“Ringraziami.”
Nulla di più. Impercettibilmente mi strinse ancora più forte a sé, come cercando il calore che aveva abbandonato le sue dita. Mello ricambiò il suo sguardo, con un misto di disappunto e curiosità negli occhi cerulei e magnetici.
“E cosa vorresti in cambio?”
Sembrava attendere una risposta, che però non arrivò. Near si limitò ad avvicinarsi di due passi, venendosi così a trovare a meno di dieci centimetri di distanza dalla sua tentazione.
Troppo, troppo poco!
Mello lo guardò un attimo basito, poi sembrò riprendersi.
“Niente lingua, però, ok?”
“Ok…”
“E non qui in corridoio. Vieni in camera mia.”
Mello aprì la porta di legno chiaro, infilandovisi rapidamente, seguito a ruota da Near. Il suo cuore sembrava stare per scoppiargli nel petto, e se avessi avuto le costole probabilmente me le avrebbe rotte.
Mello si voltò e lo guardò un momento, poi gli si avvicinò fissandolo negli occhi. Il mio povero piccolo era incollato al muro e ricambiava il suo sguardo come un animaletto spaventato abbagliato dai fanali di un’auto, anche se dalla sua espressione impassibile non si sarebbe detto che era nervoso.
“Non svenire, eh?” gli disse il biondo a poco più di un soffio dal suo viso. Sentii il profumo leggero di cioccolato della sua bocca.
Non fu niente più che un lieve sfiorarsi di labbra. Durò una decina di secondi, durante i quali pensai veramente che Near sarebbe svenuto. Mi parve che per un secondo il suo cuore si fosse fermato.
Quando Mello si staccò da lui, restò imbambolato alcuni istanti, prima di prendere la porta senza neanche salutare il ragazzino che lo guardava. Ebbi pochissimo tempo per poterlo osservare, ma vidi chiaramente che era rosso come un peperone.
Appena entrato nella stanza si buttò a peso morto sul letto, si nascose sotto il lenzuolo e tuffò la faccia nelle mani. Lo sentii tremare e inizialmente pensai che stesse piangendo. Invece ridacchiava convulsamente in modo isterico, tentando di non fare rumore, poiché le pareti che lo separavano dall’oggetto dei suoi pensieri erano fin troppo sottili.
Giuro, non lo avevo mai visto ridere. Figurarsi ridacchiare.
E così andarono avanti per le seguenti settimane.
Ogni domenica Mello si faceva trovare davanti alla porta della sua camera, e dopo che Near gli aveva dato la sua barretta, lui lo prendeva per le spalle per poter controllare i suoi movimenti e poggiava delicato le labbra sulle sue. Anche se non approvavo assolutamente quella storia, dovevo ammettere che Mello non fu mai violento né tentò di far del male a Near, anche se erano soli nella sua stanza e in una situazione che poteva degenerare in qualunque momento.
Accadeva che Near tentasse di trasgredire alle regole.
La tentazione era troppo forte, o forse era solo l’odore pungente del cioccolato a dargli alla testa.
Ogni volta Mello lo colpiva e se lo scrollava di dosso furibondo. A mio modesto avviso credo che a lui non dispiacesse affatto che il mio piccolo si avvinghiasse alla sua maglietta e tentasse di approfondire il loro bacio, perché dopo aveva sempre le guance tutte rosse e il respiro corto. Immagino fosse una mera questione d’orgoglio. 
Ma il mostriciattolo non era affatto stupido e sapeva che presto la situazione sarebbe potuta sfuggirgli di mano.
“Near, i patti sono chiari, per una barretta niente lingua.” gli inveì contro con tono irato. “Devi portarmene due per quel tipo di bacio!”
Erano entrambi avvampati e col fiatone. Il mio padroncino era a terra e lo guardava con gli occhi leggermente lucidi per il calore.
“Mi pagherai meglio la prossima settimana per questo. Mi hai rotto.” E ciò detto alzò i tacchi e sparì per andare chissà dove, probabilmente a fare danni in giro per l’orfanotrofio.
Quando Mello gli aveva voltato la schiena e se ne era andato, mi aveva sollevato e mi aveva fatto un gran sorriso. Quello fu uno dei momenti in cui lo vidi più felice.
“La felicità è sfuggente come una piccola rondine pellegrina. Può fermarsi in un luogo per il tempo di una stagione: quando il sole è caldo, e i pensieri tristi sono ben lontani dalla tua mente. Ma presto arriva il freddo, e la piccola rondine deve andarsene, portandosi via il sole.”
Questo mi disse Near una volta. Era un giorno d’inverno e faceva molto freddo. Avevo visto Mello uscire dalla porta della stanza di Near pochi momenti prima, lasciandolo solo su un letto troppo piccolo, ma ormai troppo grande, in una città sconosciuta, lontana dalla loro casa. Erano passati molti anni da quel giorno in cui il profumo del cioccolato aveva inebriato i loro sensi e quel bacio innocente ne aveva portato il gusto nelle loro bocche.
Il compito di un coniglio di peluche non è dare consigli, ma raccogliere le lacrime. Vidi Near piangere solo una volta in tutta la mia esistenza e fu quando mi disse quella frase.
Non si piange quando ci si sente tristi. Si piange quando ci si sente impotenti.
Non lo rivide mai più. Tutto ciò che gli rimase di lui fu un bacio, dolce come la cioccolata.

 

Note dell'autore: E’ stato bello aver potuto lavorare su una doujinshi dolce come “Chocolate Kiss”. Ho deciso di non copiare pedestremente i dialoghi dell’opera, nonostante alcune parti siano uguali, ma di riadattarlo per renderlo più leggibile per un racconto totalmente scritto (e poi non mi pareva giusto non fare nemmeno lo sforzo di lavorarci un po’ su!)
Inizialmente avevo pensato di far prendere alla storia un tono un po’ più allegro, ma poi, forse complice il compleanno di Mello caduto in un momento di ispirazione creativa, ho virato verso sfumature più tristi e malinconiche. Effettivamente, la scena finale è leggermente ispirata a “January” di Akane. 
Il coniglio di peluche era veramente troppo tenero ed è stato simpatico immedesimarmi in quel pupazzo che borbottava fra le braccia del suo padroncino. Me lo immaginavo come un personaggio leggermente burbero, con un suo orgoglio conigliesco, ma comunque candido in quanto giocattolo. Il Near della fan fiction è più dolce rispetto al personaggio originale del manga, in quanto come modello ho usato quello della doujinshi, che è evidentemente meno ermetico e freddo, anche se comunque schivo e timido e ovviamente intelligentissimo, con gli occhioni brillanti ed entusiasta per il bacio di Mello.
La considerazione sul fatto che non si pianga quando si è tristi ma quando si è impotenti non è mia, anche se non ricordo davvero dove l’ho letta.

GIUDIZIO DÌ MY PRIDE

Devo ammettere che, al principio, avevo classificato la tua one-shot quasi come una no-sense, probabilmente per il semplice fatto che, anziché venir raccontata da uno degli altri due protagonisti, viene narrata sul punto di vista di Oscar, il peluche di Near.
Ma questo, in seguito, ha incrementato abbastanza il punteggio dell’originalità.
Sei riuscita a dotare un semplice oggetto di pensieri, di ricordi legati alla vita del suo padroncino, facendomi persino sorridere un po’ in alcuni punti.
Era, difatti, come esser tornati per un attimo bambini, proprio in quei momenti della vita in cui i segreti venivano raccontati ai propri pupazzi.
Ma il punto centrale di tutta la storia era proprio quello su cui si basa, ovvero l’episodio che richiama la doujinshi che hai scelto, “Chocolate Kiss”.
Anche se devo ammettere di avere dei vuoti per quanto riguarda Death Note (Se teniamo quindi conto degli episodi in cui ci vengono presentati gli altri tre esponenti della Wammy’s House), per quel poco che la mia mente è riuscita a rammentare, sia Mello che Near, comparsi nei ricordi di Oscar, mi sono apparsi abbastanza IC.
Quel che più mi è piaciuto, però, era il modo in cui la storia veniva pian piano articolata: hai utilizzato uno stile chiaro, semplice, uno stile che va dritto al punto senza il bisogno di troppi giri di parole e che riesce a fare in modo che il lettore, soprattutto per la narrazione in prima persona, riesca ad immedesimarsi maggiormente nel personaggio che racconta lo svolgersi degli eventi.
La seconda parte della storia, poi, richiama molto ciò che viene raccontato nella doujinshi, visto che hai utilizzato anche, sebbene sotto tua rivisitazione, le parole ivi presenti.
Anche l’uso della citazione (“Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni”) è stato ben congeniato, così come quell’ultima frase tratta anch’essa dalla doujinshi.
Una storia composta dai pensieri di quel coniglietto di peluche e dai fatti accaduti in “Chocolate Kiss” che, pur essendo dolce come il cioccolato, nelle note finali lascia un vago senso d’amarezza e d’abbandono.

Originalità: 8,5/10
Caratterizzazione dei personaggi: 9/10
Stile e lessico: 9/10
Coerenza della storia e aderenza alla doujinshi e alla citazione/frammento scelta: 8,5/10
Apprezzamento personale: 5/5

TOTALE: 40/45


GIUDIZIO DÌ VALERYA90

Ho adora la tua one-shot , semplice,dolce e tenera come “Chocolate Kiss” , la doujinshi da te scelta. Inoltre, pur rimanendo molto attinente alla doujinshi scelta, hai saputo rendere la fic davvero originale grazie alla impostazione narrativa che hai scelto.
Per quanto riguarda l' originalità, come ho detto, mi ha colpito moltissimo l' impostazione narrativa della fic , cioè il fatto che la storia è raccontata in prima persona da Oscar , il coniglio di peluche di Near , che , nonostante apparentemente sia un oggetto inanimato , è dotato di propri pensieri e di un proprio carattere . Infatti., la storia è narrata come se fosse un ricordo di Oscar , anzi, un insieme di ricordi (che ricorda vagamente il “flusso di pensieri”), riguardanti principalmente il rapporto tra Near e Mello , dei quali quello “centrale” (o principale) è l' episodio su cui si basa la doujinshi “Chocolate Kiss” . Complimenti.
I tre personaggi principali (Near, Mello e , soprattutto, Oscar) erano caratterizzati davvero molto bene , tanto da farli sembrare “vivi” . Mello e Near mi sono sembrati molto IC sia rispetto alla doujinshi che all' anime di Death Note , nonostante Near a tratti mi sia parso leggermente OOC anche se , come tu giustamente hai scritto, il Near di “Chocolate Kiss” era un po' più dolce di quello che conosciamo, quindi questi tratti OOC sono più che giustificati . Comunque , non è facile caratterizzare bene, facendoli sentire vicini al lettore, e ,allo stesso tempo, rendere perfettamente IC i personaggi di Death Note , a causa della loro complessità caratteriale , ma tu ci sei riuscita alla perfezione .Inoltre, anche il personaggio di Oscar, il narratore della storia, aveva un ottima caratterizzazione psicologica , anzi , secondo me , era il personaggio meglio caratterizzato della fic , quello più reale, quello in cui il lettore può più facilmente identificarsi . Hai saputo donare un carattere perfettamente credibile e realistico ad un oggetto che , nella doujinshi originale, è , ovviamente , inanimato rendendolo quasi una persona reale . Infatti, come una persona reale, ha propri sentimenti, proprie opinioni , proprie idee . Insomma, è come se avessi dotato quel pelouche inanimato, che nella doujinshi originale quasi non si nota , di un anima e l' hai reso narratore e protagonista della tua storia . Complimenti davvero.
Anche lo stile era ottimo . Uno stile colloquiale, semplice e chiaro che ,rendendo la narrazione scorrevole , è molto adatto alla narrazione in prima persona . Mi è piaciuto molto anche il modo in cui hai saputo ben alternare le parti narrative (o , per meglio dire, i pensieri di Oscar) ai dialoghi . Anche la grammatica era perfetta (l' unico errore era “guancie” invece di “guance” ) e ho notato anche un ottimo uso della punteggiatura e un lessico adeguato allo stile che hai usato.
Ho trovato la fic molto aderente alla doujinshi, specialmente nell' ultima parte della fic che è quasi uguale a “Chocolate Kiss”, la doujinshi da te scelta . Comunque ho apprezzato molto (ma credo che lo abbia fatto anche l' altra giudice) che tu abbia deciso di non riportare “pari pari” nella fic i dialoghi della doujinshi ma di “metterci del tuo” (cioè di riscrivere parzialmente i dialoghi adattandoli di più alla fic e rendendoli anche coerenti con la citazione da te scelta). La fic era anche molto aderente alla citazione da te scelta (e non perché il coniglietto/narratore si chiama Oscar come Oscar Wilde , l' autore dell' aforisma da te scelto XD... ehm, perdona questa mia stupidissima divagazione ^^”) . Infatti , hai saputo ben sviluppare l' intera fic dalla frase da te scelta . Infatti, il tema centrale della tua one-shot è proprio quello della “tentazione “ (la tentazione di Mello è la cioccolata mentre quella di Near è lo stesso Mello) che è anche il tema centrale dello stupendo aforisma di Wilde da te scelto (“Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni” ). Bravissima.
In conclusione: Ho adorato la tua one-shot, sopratutto per quanto riguarda l'idea di raccontare tutto dal punto di vista del coniglietto Oscar , ma anche per l'ottimo stile e l' ottima interpretazione della citazione da te scelta . Complimenti, sei stata davvero brava. Spero che in futuro, indipendentemente da quale sarà il risultato di questo contest, scriverai altre fic stupende come questa ^^.

Originalità: 9/10
Caratterizzazione dei personaggi: 8,5/10
Coerenza della storia e aderenza alla doujinshi e alla citazione/frammento scelta: 9,5/10
Stile e lessico: 9/10
Apprezzamento personale: 5/5

TOTALE: 41/45
  
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