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Autore: Irishkoala    24/02/2010    10 recensioni
Quello che può scattare nella mente di un uomo, preso dalla gelosia e dalla frustrazione di essere, forse, battuto da una semplice donna che può portargli via l'unico che desidera davvero. A volte certe situazioni e certi comportamenti non sono proprio quelli più giusti anche se si pensa il contrario e non solo lo proverà sulla propria pelle, ma la paura di aver commesso l'errore da cui non troverà ritorno si insinuerà dentro di lui molto presto. [HolmesxWatson]
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'In London'
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Holmes sbatté violentemente la porta dei suoi appartamenti dietro di sé con un verso di rabbia e frustrazione, gettando a terra il bastone da passeggio e la sciarpa attorno al collo. Dio quanto avevano litigato! Sentiva ancora la sua voce nelle orecchie, il suo sguardo carico d’ira e allo stesso tempo la paura che aveva provato nel notare quanto fosse stata grande la sua convinzione.

Non riusciva a crederci, dannazione, non poteva essere vero! Non riusciva nemmeno a stare fermo, sentiva l’impulso di rompere qualcosa, di far saltare tutto, di distruggere ogni singolo oggetto ci fosse in quella stanza…e ne avrebbe avuto di che stancarsi visto che ormai non sapeva più cosa avesse accumulato in quegli anni.

Allo stesso tempo, si sentiva a pezzi, abbattuto, vuoto, come se gli avessero tolto le energie e gli scopi sufficienti per vivere per andare avanti, per farsi strada in quelle miriadi di cloache nascoste e pullulate da persone di ogni tipo, della Londra malsana, corrotta e in decadenza.

Gli venne un verso di scherno, se quel dannato dottore pensava che sarebbe riuscito a toglierselo dai piedi così, solo presentandogli una donnetta qualunque che, nonostante i bei vestiti e la famiglia d’alta classe, poteva benissimo trattarsi di un’altra puttana attaccata solo ai soldi, si sbagliava di grosso.

Non aveva ancora imparato a conoscerlo fino in fondo, vero? Beh gli avrebbe fatto cambiare idea, gli avrebbe fatto vedere cosa voleva dire stargli lontano…anzi no, sarebbe stato molto più semplice. Ben presto il caro Watson si sarebbe reso conto che non poteva stare senza di lui, perché era ovvio, palese, al più scontato e Holmes sapeva bene che per quanto il suo collega tentasse di affermare il contrario, non ci sarebbe stato nulla che avrebbe tenuto, o giustificazioni sufficienti per affermare il contrario.

Era indissolubilmente legato a lui, senza alcun dubbio, presto si sarebbe reso conto che quella, come diavolo si chiamava, non era la giusta per lui, come nessun altra lo sarebbe stata d’altronde, e senza remore o indugio sarebbe tornato da lui come sempre….come sempre…

Sì? Vero?

Forse…

Accidenti…le due settimane successive perso nella più totale apatia e rinchiuso dentro a quelle quattro mura però avevano cominciato a fargli cambiare idea, piano piano, facendolo sprofondare sempre di più, rendere vulnerabile, insicuro, e anche a chiedersi se avesse fatto bene a comportarsi così a quella cena che alla fine per Watson era importante.

Insomma l’aveva invitato perché, oltre che colleghi, erano anche amici in un certo qual modo, quindi aveva cercato di fargli capire che gli avrebbe fatto piacere poter avere il suo parere sulla donna che avrebbe dovuto sposare.

Mentre lui, come al solito, aveva dato sfoggio del suo meglio, o peggio a seconda dei punti di vista, non solo rimanendo completamente nella parte dell’insopportabile, viscido e anche inopportuno, forse segnando definitivamente il loro rapporto.

No, diamine, non poteva essere così! C’era ancora quella lieve speranza in lui che quella porta si sarebbe aperta e non avrebbe visto la classica ombra di Mrs Hudson, che tutti i giorni tentava di entrare per pulire, oppure per fargli mangiare qualcosa di decente, ma quella alta e piazzata del suo collega, il suo dottore…il suo amico.

Invece la polvere continuava ad accumularsi ovunque, sugli scaffali, sugli armadi, sui mobili, sul pavimento, ricoprendo di grigio ogni angolo visibile, rendendo l’ambiente praticamente irrespirabile e umido, ammuffito anche dalla scarsa luce e aria che non entrava mai dalle uniche due finestrine presenti, inevitabilmente chiuse.

Una mattina uggiosa e cosparsa di nuvole che annunciavano solo pioggia, si sentii il cigolare della maniglia e la voce nasale della cameriera nonché proprietaria entrò con un vassoio pieno di caffè, thè, qualche pastiglia per mal di testa o dolori ossei, uova e bacon e toast appena sfornati.

“Signor Holmes? Buongiorno!” disse allegra come cercava sempre di essere anche se ogni giorno di più tendeva a perdere la pazienza con tempi sempre più brevi e non riuscii nemmeno ad arrivare alla poltrona dove l’investigatore vi era sprofondato perché lanciò un urlo nel vedere quel povero cane, nemmeno suo ma di Watson, steso a terra con mezza lingua fuori.

“Oh santo cielo! Ma questo cane è morto! Holmes, non poteva dirmelo prima che me ne sarei liberata? Porta malattie e fa anche una discreta puzza!”

Holmes si rigirò nella poltrona scocciato, odiando ormai profondamente quella donna, la sua civetteria e la voce che gli trapanava i timpani, e tutte le sue prediche sul fatto che non mangiava, che non si cambiava, non usciva, non la lasciava pulire e nemmeno toccare un singolo oggetto nella stanza e tutto il resto.

“Si calmi signora! Il cane non è morto! E’ solo sedato..sa esperimenti del mestiere e se non le dispiace vorrei tornare a dormire!” rispose con astio udibile guardando la donna nello stesso modo.

Lei si fermò dopo aver appoggiato il vassoio con un po’ di fatica sul tavolo di mogano, ricolmo anch’esso di ogni cianfrusaglia e gli restituì lo sguardo con le mani sui fianchi.

“Beh sa che le dico invece? Se lei adesso non si da una pulita, non esce, e non mi lascia fare il mio lavoro io la faccio uscire di qui a forza e con ciò intendo dire che dovrà cercarsi un altro appartamento, mi ha sentito? Soprattutto la smetta di suonare quel dannato violino alle tre di notte, il resto dei coinquilini si è già lamentato anche troppo, e non faccia più prove di spari qua dentro! L’altra mattina ho perso due famiglie per le sue trovate, perché si erano spaventate dopo aver sentito odore di polvere da sparo e qualcosa di acido…e sempre per causa sua i clienti sotto di lei anno le crepe nel soffitto perché dicono che scende roba liquida da sopra che rompe tutto quanto, le sembra normale?”

“Mhh ma no la smette mai di parlare lei?” la interruppe un istante coprendosi entrambe le orecchie con i cuscini e gli occhi con un braccio.

“Sono stufa di tutto questo, non mi sono mai dovuta preoccupare per la retta perché ha sempre pagato, anche se non capisco dove trovi i soldi per farlo, ma devo tenere conto anche della buona convivenza con gli altri clienti e famiglie e mi dispiace doverlo dire ma lei qui non può starci se non si da una regolata una volta per tutte!” sbottò ancora, con lo stesso cipiglio iniziale e le mani ancora sui fianchi.

Holmes sbuffò, odiava anche il modo in cui parlava, poi non si fermava mai, in un certo senso era persino peggio di lui con le parole, ma non gliene fregava niente. Avrebbe anche potuto buttarlo fuori che non sarebbe cambiato nulla, quello era solo uno dei tanti posti in cui avrebbe potuto essere in quel momento.

Quello, quest’altro, un pub, una locanda…erano tutti uguali, non avevano importanza.

“Mrs Hudson ci penso io…grazie per la sua pazienza” disse improvvisamente una voce che lo fece ritornare in sé, tolse il braccio dal volto e allungò solo un po’ il collo per controllare che non fosse la sua immaginazione a giocargli brutti scherzi.

“Oh fortuna che è arrivato lei dottore! Lo faccia ragionare o entro sera lo butto fuori, parola mia!”

“Sì certo…vada ora…grazie ancora”

Era lui! Ahah, era tornato! Lo sapeva, l’aveva sempre saputo, anche  se un po’ in ritardo rispetto al previsto.

Era vestito con il suo classico completo grigio, elegante, la bombetta in mano appena tolta, il bastone sotto l’ascella che aveva appoggiato sull’entrata e l’espressione contrariata, scettica e quasi arrabbiata allo stesso tempo di quando parlava con lui o lo guardava. Sì era decisamente il solito.

Holmes fece finta di niente, evitando di guardarlo direttamente, tanto sapeva che gli avrebbe detto che gli dispiaceva, che non avrebbe voluto comportarsi così, che era stato insensibile e poco educato far quella cena e dirgli che si sarebbe sposato perché sapeva che invece non l’avrebbe mai fatto……

“Si può sapere cosa sta facendo?” cominciò distruggendogli le aspettative.

“Si guardi è….è un disastro! Che diavolo è successo qui dentro? E….ehh cosa ha fatto ancora la mio cane? Dio Holmes non può comportarsi come tutte le persone normali per una volta? Andiamo si alzi, si vesta, la porto al circolo, almeno vedrà un po’ di gente e poi…diamine, apra la finestra non si respira qui dentro!”

No forse non era proprio quello che si era aspettato ma almeno era lì, gli stava parlando, sgridando a voler essere precisi, e questo gli piaceva.

“Non è con la sua donna dottore? Perché preoccuparsi di me?” rispose con palese vittimismo, evitando il discorso del collega.

Watson alzò gli occhi al cielo, roteandoli, mentre aprì le tende facendo entrare quella poca luce che proveniva dall’esterno, così come le ante delle finestre in modo che un pò d’aria fredda rigenerasse l’interno e lo rendesse più vivibile.

Sapeva perfettamente perché Holmes si stava comportando così anche se, forse, nessuno dei due l’avrebbe mai ammesso verbalmente, ma era talmente ovvio, dai gesti, dagli atteggiamenti e dagli sguardi che tutti e due non erano altro che stupidi che continuavano a girare intorno a un qualcosa che prima o poi avrebbero dovuto affrontare.

Watson era consapevole che tutta quella scena proveniva ancora da quella fatidica cena che, si era reso conto, non avrebbe mia dovuto organizzare. Holmes era geloso, voleva che lui non fosse di nessun altro e quella notizia del matrimonio doveva averlo sconvolto per bene.

Ma un motivo c’era, o almeno il dottore, aveva cercato di utilizzarla come scusa per convincere se stesso ma anche per avere un contatto con la normalità, visto che a stare praticamente sempre con lui c’era da impazzirne sul serio.

Se avesse sposato Mary almeno si sarebbe fatto un nome, preso un posto nella società “normale”, il suo lavoro già gli fruttava parecchio rispetto e denaro e costruirsi una famiglia con una figlia ricca e di alta classe non era di certo un’opportunità che un qualsiasi uomo per bene avrebbe disdegnato.

Ma già dal primo momento in cui si erano seduti a tavola aveva capito che sarebbe finita male, che non sarebbe più riuscito a liberarsi di quella tortura, di quel “legame”, che non avrebbe potuto farne a meno e, per quanto avesse tentato di stargli lontano per due settimane, anche se una parte ce l’aveva messa la rabbia provata dopo quell’incontro, non ce l’aveva fatta e il problema era che era disposto a perdonarlo, come sempre.

“Senta  veda di finirla con questa storia! Se ne faccia una ragione. Mary diventerà mia moglie e lei la smetta di comportarsi come un bambino capriccioso! Si sta mettendo in ridicolo e lì fuori ci sono un sacco di casi che farebbero al caso suo”

“Nostro!”

“Suo!”

“Nostro..”

Watson sbuffò guardandolo scettico “ Mi sto trasferendo, non potrò più aiutarla nel suo lavoro”

“Ahh questa è bella, certo me la racconti un’altra volta!” ribatté alzandosi, barcollando leggermente per poi arrivare al vassoio e versarsi una tazza di caffè.

“Non sto scherzando”

“Mh..” tolse la tazza dalle labbra “..no nemmeno io!” asserì con il suo solito sguardo sornione, ironico e beffardo allo stesso tempo e Watson si ritrovò a sospirare, sia perché stava perdendo la pazienza ma perché si rese conto che gli stava succedendo di nuovo.

Tutte le volte era sempre la stessa storia. Holmes gli faceva capire di aver bisogno di lui, e così era: lui c’era, battibeccavano quel po’, ma poi il dottore capitolava non riuscendo a fare altro che assecondarlo.

Era più forte di lui e, allo stesso tempo, aveva già capito da troppo tempo di essere in totale balia di quell’uomo, che mai nella sua vita sarebbe più riuscito a toglierselo dalla testa, che non gli avrebbe mai detto di no e che quando avrebbe avuto bisogno ci sarebbe sempre stato.

Come ora, che cercava in tutti i modi di apparire indifferente, senza necessità di aiuto, il solito investigatore sbruffone dalle menate facili, i ragionamenti sempre lucidi e perfetti, l’intuito impeccabile.

Invece sotto ci vedeva perfettamente quella parte fragile che solo quando erano insieme si colmava, come la mancanza reciproca che dopo solo poche ore diventava quasi insopportabile.

“Non mi mandi la partecipazione, mi raccomando!”

Non aveva nessuna intenzione di andarci e comunque non ci sarebbe stato nessun matrimonio, Watson doveva essere solo suo, erano una cosa sola, indistruttibili, una vera forza e non l’avrebbe lasciato a nessuna sciacquetta borghese.

“Holmes ne abbiamo già parlato! E’ inutile che continui a usare la scusa del matrimonio! Starà benissimo anche senza di me!” gli costarono oro quelle parole ma era l’unico modo che aveva per riuscire a convincersi che stava facendo la cosa giusta e che per vivere nella normalità doveva assolutamente allontanarsi da lui.

I loro sguardi s’incrociarono un istante, in silenzio, affrontandosi. Gli unici che potevano esprimere la verità. Per uno erano completamente false quelle parole, per l’altro era palese che fosse così perché bastava guardare come si era ridotto lui stesso e quel posto dopo solo dei giorni di non averlo avuto la suo fianco, con il terrore poi di perderlo davvero se quella proposta fosse andata in porto.

Watson lasciò cadere le braccia lungo i fianchi con un gesto stanco, anche perché quello sguardo lo lasciava sempre a pezzi, incapace di fare o dire altro e senza remore ci ricadeva per la gioia dell’altro che otteneva quello che voleva e la vittoria, ma anche per se stesso perché, alla fine, era quello che anche lui voleva.

“Mi dica cosa fare allora! Non è lei il dottore? Magari sono malato, ho preso una brutta malattia e non posso più uscire da qui!” ribatté mentre il collega cominciò a scuotere la testa con un mezzo sorriso avvicinandosi a lui e togliendogli la tazza di mano per appoggiarla di nuovo sul vassoio.

“La pianti! Lei sta terribilmente bene, non ha niente che non va”

In un attimo si ritrovarono sulle labbra dell’altro, con un sollievo crescente nel petto, la sensazione di oppressione provata da entrambi nei giorni precedenti cominciò a scemare lentamente e appena si resero conto che stava accadendo di nuovo si afferrarono per le spalle e la schiena, approfondendo il contatto mentre Holmes lo spinse fino al letto, inutilizzato da giorni, su cui caddero continuando a rimanere assiduamente attaccati.

Era così che doveva essere. Nessuna Mary, Sarah, Julia, Stephanie o qualsiasi altra sarebbe mai stata nella vita del suo dottore. Quel corpo era suo, come quegli occhi, quelle labbra, quella voce e gliel’avrebbe fatto capire in un modo o nell’altro.

Continuarono a rigirarsi portandosi dietro l’uno o l’altro in moto vorticoso mentre le lingue esploravano le reciproche bocche, la foga del bacio aumentava e diminuiva quando dovevano riprendere fiato, mentre all’interno dei pantaloni qualcosa già non andava e Holmes si fermò improvvisamente lasciandolo sotto di sé e bloccandogli i polsi con le mani.

“Lo sa che dovrebbe smetterla di trattarmi male?” disse con ironia e senso ambiguo.

Watson alzò un sopracciglio, il respiro accelerato e l’unico desiderio che andasse avanti “Lei invece dovrebbe smetterla di essere così  prevedibile!” ribatté.

L’altro si mise a ridere per poi annuire “Giusta osservazione Watson!”

Cercò di riportarselo contro per riavere le sue labbra, ma la posizione imprigionata in cui lo teneva non glielo permise.

“Non parli diamine, faccia quello che deve!”

Per Holmes non fu che un semplice invito perché aveva già tutta l’intenzione di renderlo completamente sottomesso e sotto al suo controllo, infatti non ci volle niente per entrambi cominciare ad ansimare, poi gemere profondamente quando la presenza dell’investigatore si fece sentire all’interno del collega, spingendo a fondo e sfregando piano il membro turgido dell’altro con una mano che sentiva il bisogno di venire in essa, di sentirsi parte di lui.

Quei fugaci incontri erano l’unica cosa che li rendeva completamente estranei a tutto il resto, che facevano capire a Watson che fino in fondo non avrebbe mai potuto amare realmente una donna anche se l’avesse spostata perché l’unico che voleva era solo quel pazzo, fuori di testa che però lo rendeva terribilmente lucido, e ad Holmes che nessuno sarebbe mai stato così importante nella vita del suo dottore come lui.

Non dissero altro per il resto dell’amplesso, troppo impegnati a tentare di continuare a respirare, il fiato quasi ridotto a zero, gli ansiti sempre più frequenti e un po’ troppo rumorosi…se fosse entrata la cameriera sarebbe stata la ciliegina sulla torta, ma i due corpi non riuscivano a fermarsi, per sentirsi, per essere l’uno parte dell’altro.

Stretti convulsamente e in modo particolare quando l’orgasmo sopraggiunse contemporaneamente e Watson strinse le spalle del compagno che si era fermato con un gemito dentro di lui liberandosi e aiutandolo a fare lo stesso con una mano.

Si lasciò andare sul suo corpo, appagato, finalmente in sé, consapevole che era ciò che voleva più di ogni altra cosa e che la presenza di quell’uomo nella sua vita era fondamentale, così come nel suo lavoro. Non poteva stare senza di lui, era troppo importante.

Ripresero a respirare piano ancora a fatica, le braccia del dottore ancora circondate attorno alla schiena dell’altro, entrambi a occhi chiusi, con solo la sensazione di liberazione, pace, e gioia.

“Questo come lo spiegherà a Mrs Hudson?” fece il dottore con divertimento.

Holmes fece una mezza risata “Che stavo facendo esperimenti su di lei!”

Watson lo guardò incredulo, ma avrebbe dovuto aspettarselo e sorrise con espressione ovvia ricambiato. Lo prese per una guancia tirandoselo contro in un bacio molto più tranquillo di quelli precedenti ma al termine Holmes si alzò legandosi in vita il lenzuolo per recuperare i vestiti.

“Su si vesta, abbiamo del lavoro da fare!” asserì con tono allegro, con la sua solita carica di quanto aveva il dottore intorno.

Watson si voltò, guardandolo scettico e ironico allo stesso tempo, sollevandosi seduto sul letto e appoggiando la schiena al muro dietro di sé.

“Holmes gliel’ho già detto, non lavoro più con lei!”

“Sìsìsì come vuole…per prima cosa dobbiamo fare un salto dal caro vecchio tenente Lestrand, poi un giro nella città bassa non farà male…qualcosa salterà fuori” rispose di nuovo ignorandolo.

Il dottore fece una mezza risata ironica tra sé e sé, spostando lo sguardo avanti, poi sospirò rendendosi conto che dopotutto non poteva mentire a se stesso, non sarebbe stato giusto, e comunque qualche soldo in più non faceva mai male….se erano le giustificazioni che sapeva darsi.

“Chiamo una carrozza” propose.

“Oh non ce ne sarà bisogno! Le va una passeggiata?”

 




******


Altra piccola shot su questo fantastico film e la coppia di cui mi sono perdutamente innamorata XD
Non si ricollega a nessuna parte partclare del film, se non la cena con la "futura" signora Watson da cui partono le imprecazioni mentali di Holmes, il resto è naturalmente preso spunto da altre scene del film, poi riarrangiate da me.
A proposito, per chi non fosse afferrato con l'inglese e non abbia voglia di cercare sul dizionario, "Dejected" significa "dimesso", nel senso di incasinato. xD
Grazie a
 EugyChan Birbabirba sS_FrA_Ss HelenaAvenged Only_a_Illusion Atharaxis harderbetterfasterstronger che hanno commentato "Only a Chamber" , di cui ogni recensione mi ha fatto un piacere immenso e spero che apprezziate anche questa e
grazie a
bibilala 
Birbabirba 
DarciaSama
EugyChan
HelenaAvenged 
keiko_chan86 
maRgariNa 
VallyHeartOfWater
che hanno aggiunto la storia tra i preferiti.

E naturalmente grazie a tutti i lettori.

Ancora una volta potete rimanere sintonizzati perchè non sarà l'ultima, mi piace troppo scrivere di questa coppia e sono altamente slashiosi come piacciono a me, e c'è anche un progetto che vaga nella mia testa sui veri "personaggi", ossia Rob e Jude, che ben presto finiranno sotto le mie grinfie ihihihihihihihi

Quindi alla prossima e grazie a chiunque leggerà, recensirà o aggiungerà tra i preferiti!
Baci
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