Intro
La
pesante scatola le premeva sulle gambe, riuscendo a far perdere loro la
sensibilità, tuttavia non smise e con le dita schiacciò ancora di più il
contenitore contro di sé, nel vano tentativo di scaricare la rabbia.
Le
sembrava assurdo che fosse successo proprio a lei. Lei che aveva creduto di
trascorrere il resto della vita in quella che, fino a poche ore fa, era stata
la sua città e la sua casa.
Se
ne stava andando, probabilmente per sempre, da quella che era una delle città
più grandi dello stato per dirigersi in quelli che, nella sua mente, dovevano
essere i confini del mondo.
Shangri-la
si chiamava, come le aveva detto suo padre, tuttavia quel nome non le diceva
niente, a parte che doveva essere una città molto povera di fantasia se avevano
scimmiottato il nome di una delle grandi città mitiche del mondo e di cui,
molto probabilmente, la stragrande maggioranza dei cittadini ignorava
l’esistenza.
Shangri-la,
il suo futuro inferno. Non riusciva a credere che suo padre potesse essere
entusiasta di aver ricevuto un incarico, sebbene ben pagato, in un posto così
sperduto tra le montagne.
-
l’aria sarà senza dubbio più buona di qui – aveva detto, esaltato, quando le
aveva spiegato senza troppi giri di parole che da lì a due settimane si
sarebbero trasferiti – inoltre vi farà bene crescere in un ambiente sano e così
attaccato alle tradizioni.-
A
lei delle tradizioni non le aveva mai potuto fregar di meno, tuttavia, sebbene
in lacrime, aveva avuto la forza di accendere il PC e controllare in che razza
di posto volevano portarla. E l’aveva visto, dato che il paese era così
avanzato da avere addirittura un sito internet. L’aveva visto ed era
rabbrividita: le scarne foto mostravano quello che era poco più che un
agglomerato di case, interamente circondate da boschi.
Una ridente cittadina di montagna diceva il
sito, un’autentica fregatura aveva aggiunto lei.
Lei:
Silvia De Alisia, diciassette anni, bionda, pallida, informe e adesso anche
futura montanara. Già si vedeva fra qualche anno, con la camicia di flanella a
quadri rossi e un piccone in mano mentre abbatteva un albero.
-
Silvia per favore, non fare quella faccia che deprimi anche me. -
Al
suo fianco suo fratello maggiore, Sirius, la guardava nervoso. Sapeva che
odiava quanto lei l’idea di trasferirsi, tuttavia sembrava affrontare la cosa
in maniera più stoica, anche se i continui lamenti della sorella mettevano a
dura prova la sua pazienza.
-
scusa Sirius.- sbuffò lei smettendo di premere la scatola contro le sue gambe e
poggiando la schiena contro lo schienale – quando pensi che manchi?-
-
poco spero – sbuffò questo, mettendosi una lunga ciocca di capelli, anch’essi
biondi, dietro l’orecchio – non so quanto ancora potrò sopportare tutte queste
curve.- mormorò portandosi le mani alle labbra.
Si
somigliavano molto lei e Sirius, per lo meno fisicamente. Entrambi biondi,
avevano gli stessi occhi blu e la stessa carnagione pallida, tuttavia le
somiglianze finivano lì: Sirius era un esteta, un artista. Amava dipingere,
comporre poesie e aveva un gusto nel vestire che gli valeva molte invidie.
Silvia, invece, era semplicemente strana. Irascibile, violenta, non era certo
l’emblema della femminilità, tuttavia era sempre riuscita a vivere della luce
riflessa del fratello, arrivando a una certa notorietà. Notorietà sparita in un
soffio quando si era diffusa la notizia che i due fratelli De Alisia si
sarebbero presto trasferiti.
-
tranquillo Sirius, oramai siamo arrivati.- li interruppe la madre, indicando
con un dito qualcosa di rosso che spuntava fra le varie chiazze smeraldo.
Allibita,
Silvia si sporse oltre i due sedili anteriori, mentre osservava una grossa
villa ottocentesca farsi sempre più grande davanti a loro – mamma ti prego,
dimmi che quella non è la nostra futura casa!-
Ma
non ci fu bisogno di risposte, perché la ghiaia dell’ingresso scricchiolò sotto
le gomme della station wagon scura proprio in quel momento.
(angolo autrice)
Che bello, che bello!
Oggi sono riniziate le lezioni e io ancora non ho
finito di postare tutti i capitoli vecchi. Che gaudio!
Va beh che oramai posto
per me stessa, in sostanza, ma se questo è il mio destino lo accetto e continuo
a postare a ufo, giusto per far calare il livello del fandom.
Della fic c’è poco da
dire: è un tentativo di thriller ( e sottolineo tentativo, non ho la presunzione
di dire sto facendo Thriller), è più recente rispetto agli altri capitoli
postati ( anche se non so definirla una cosa buona o no) e boh, non so, la mia
mente è totalmente ( uao, ho fatto la rima) affollata
di Bauhaus,Wiener Werkstätte
e scuola di Ulm.
Mmh, quasi quasi lancio un quiz: indovinate che lezione ho seguito
oggi?^O^
Via, basta idiozie
Baci
Laica