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Autore: Tynuccia    26/02/2010    2 recensioni
[Gundam SEED]Dall'altra parte lei roteò gli occhi viola, stringendo il nodo della cravatta verde come una moglie premurosa. "Yzak, è inutile che ci provi ancora. Ti ho già detto di no."
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Yzak Joule
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sentenza

 

*

 

Con immensa tristezza, Yzak Joule aveva aperto gli occhi, quella mattina.

Si era trascinato fuori dal letto e si era infilato in bagno con la speranza che una doccia ghiacciata avrebbe potuto calmarlo e fargli affrontare l'intera vicenda con un atteggiamento più rilassato e coraggioso.

Invano.

Mentre infilava la camicia bianca che aveva preparato sulla sedia la sera prima, insieme ad un completo scuro, il suo sguardo andò a posarsi sulla figura che ancora dormiva, beata, sotto le coperte. Sospirò e si sedette sul materasso, andando ad accarezzarle la schiena nuda. Si aspettava di sentirla borbottare e mandarlo al diavolo per averla svegliata, ma la ragazza si mise a sedere a sua volta, avvolgendosi il petto con il lenzuolo candido.

 "Buongiorno," sussurrò, avvicinandosi per un rapido bacio.

 "Shiho…" pronunciò il suo nome contro le sue labbra piano, quasi timoroso della sua reazione e, per l'ennesima volta da quando si erano scoperti innamorati l'uno dell'altra a bordo della Vesalius, si maledì mentalmente, constatando con quanta facilità potesse farlo cambiare quella donna.

Dall'altra parte lei roteò gli occhi viola, stringendo il nodo della cravatta verde come una moglie premurosa. "Yzak, è inutile che ci provi ancora. Ti ho già detto di no."

Il suo volto, sempre privo di espressioni o scarlatto a causa della rabbia, si contrasse, deluso. Posò una mano sulla sua e la fissò con aria grave.

 "Shiho, quell'uomo non è un estraneo. È tuo padre."

La giovane sbuffò, scocciata, ed uscì dal letto, incurante di non indossare nulla. Si gettò addosso la vestaglia e scese in cucina con gli occhi ridotti a due fessure. Preparò la macchina del caffè e la mise sul fuoco, per poi appoggiarsi al ripiano di legno con le braccia incrociate sotto al seno.

Yzak si sedette al tavolo, sfogliando distrattamente il giornale che aveva ritirato qualche minuto prima e neanche per un secondo credette che la sua sottoposta si fosse alzata per seguirlo in tribunale. La ringraziò con voce roca quando gli mise una tazzina fumante davanti.

 "Non verrò," annunciò stoicamente mentre prendeva posto di fronte a lui e zuccherava eccessivamente la sua colazione. "Immagino che tu non ti sia fatto l'idea sbagliata in questi ultimi secondi."

 "No," replicò l'albino con un sopracciglio alzato. "Per chi mi hai preso?"

 "La prudenza non è mai troppa."

Yzak scosse il capo, buttando giù il caffè in un sorso solo. Avrebbe preferito che fosse stato cognac. Sentendo la gola ancora calda e secca, allungò la mano e sfiorò le dita della sua fidanzata con fare gentile. "Non voglio forzarti ancora. Se questa è la tua decisione l'accetto, ma sappi che non la condivido."

 "Per chi mi hai preso?" le fece il verso la giovane con un sorrisetto vittorioso da bambina capricciosa. Che, nonostante tutto, il neo-Consigliere trovava adorabile.

La situazione era grave e lui si odiava per non essere riuscito a farle cambiare idea. Forse avrebbe dovuto essere meno rabbioso e più razionale, scegliendo accuratamente le parole da usare ed adottare un modo di porsi più dolce e delicato; eppure sapeva bene di aver provato il tutto per tutto e che lei si era innamorata della bestia per niente paziente che era e non di una copia venuta male di Zala. Semplicemente, mentre la baciava ancora sulle labbra prima di uscire, si chiedeva con che faccia avrebbe guardato Theodore Hahnenfuß in tribunale.

 

*

 

Ezalia Joule e Theodore Hahnenfuß erano stati compagni di vita sin dalla più tenera età ed avevano condiviso tutto, meno il letto, ed il fatto aveva rallegrato oltre ogni limite Yzak quando aveva realizzato di essere infatuato della figlia del tedesco.

Sopra ogni cosa, comunque, i due erano stati alleati politici, punte di diamante della propaganda e del governo dell'ex-Presidente Patrick Zala.

Erano entrambi ostili nei confronti dei Naturals, fervidi sostenitori delle idee del loro leader ed affezionati oltre ogni limite ai loro cari.

La sorte era stata avversa quando aveva strappato loro il rispettivo consorte in una missione suicida nello spazio, un decennio prima, ed ancora quando la guerra era terminata ed il loro punto di riferimento si era ritrovato a fluttuare, senza vita, in una stanza illuminata solo dalla luce dei monitor con due pallottole in corpo.

Forse era stato l'ennesimo scherzo del destino quando il neo-Presidente, Eileen Canaver, aveva unito i loro due processi; o forse erano stati il pessimo senso di umorismo della donna con l'orgoglio a pezzi ed anni di tormenti sulle spalle.

Quel giorno di novembre i due avrebbero scoperto a cosa sarebbero andati incontro e cosa il Consiglio aveva in serbo per loro.

Yzak entrò nel tribunale con la coda tra le gambe e, mentre sua madre lo abbracciava con gli occhi colmi di lacrime spaventate, lanciò un'occhiata dispiaciuta all'uomo seduto nervosamente su una panca di legno.

Theodore Hahnenfuß scosse il capo e gli sorrise, comprensivo. "Conosco mia figlia, Yzak. Quando ti ho chiesto di convincerla non avevo neanche un briciolo di speranza in corpo. Neanche ora ne ho per quanto riguarda il mio destino."

Ezalia lo fulminò con lo sguardo mentre il tedesco continuava il suo mesto discorso.

 "Shiho ha sempre assomigliato alla mia Kokoro, caratterialmente. Testarda, cocciuta e capricciosa, ma animata dalle migliori intenzioni e con il cuore grande. Un soldato fatto e finito.

 "Quando ho tradito i suoi ideali e le sue aspettative, dentro di me già sapevo che non mi avrebbe mai perdonato."

Il più giovane dei tre aprì la bocca per ribattere, ma un uomo con la divisa viola di ZAFT li chiamò con voce fredda, annunciando che il processo doveva cominciare.

 

*

 

Yzak non sapeva se gioire o soffrire come un cane. Nel dubbio si limitò a bestemmiare mentalmente mentre usciva dall'aula di tribunale colma di mormorii e persone che non conosceva. Trascinò i piedi sul marmo dell'ingresso, quasi controvoglia.

Sua madre era stata condannata ad un tempo indefinito di arresti domiciliari e per nessuna ragione avrebbe potuto lasciare la villa dei Joule su Martius City. Solo in caso di un nuovo processo che l'avrebbe scagionata;

completamente diversa e peggiore era stata la sentenza che era gravata sulla testa di Theodore Hahnenfuß. Letteralmente.

L'uomo era colpevole quanto Ezalia per quanto riguardava l'esortare le truppe allo sterminio incondizionato dei Naturals in quanto esseri inferiori e terribili nemici di PLANT, ma le sue mani si erano anche sporcate con il sangue di Siegel Clyne in quanto era stato proprio lui a premere il grilletto contro il mite ex-Presidente.

L'accusa si era aggrappata all'omicidio ed il giudice aveva condannato il tedesco a morte tra una macabra mescolanza di proteste a mezza bocca ed urla poco educate, ma tanto gioiose.

Decidendo che rimanere fermo non avrebbe portato a niente, il Consigliere si risolse ad uscire finalmente dal tribunale, insicuro su cosa l'avrebbe aspettato una volta tornato a casa da lei.

Non dovette attendere a lungo, comunque, perché, nonostante la piccola folla di curiosi e di mass-media sul piazzale di fronte all'edificio, riconobbe immediatamente Shiho, appoggiata ad una colonna, avvolta nel suo cappotto nero e con il volto rigato dalle lacrime.

 "Yzak…" lo chiamò lentamente quando lui la strinse tra le braccia. "Mio padre…"

Non sapendo cosa dire, il giovane si limitò a premere le labbra contro la sua testa mentre le accarezzava i capelli scuri nella speranza di calmarla. Impresa impossibile, comunque.

Udirono le persone che li circondavano urlare e subito si voltarono, vedendo una scorta intorno a Theodore Hahnenfuß, gli occhi sgranati e le manette ai polsi, come se fosse stato un normale ladruncolo.

Shiho si allontanò da Yzak e fece un passo avanti, pronunciando il nome dell'uomo ad alta voce. Lui si divincolò e le guardie lo afferrarono per le spalle, ma la stessa Eileen Canaver, in coda al gruppetto, alzò una mano mentre scendeva i gradini con lentezza estrema. Non volava una mosca.

 "Lasciatelo, sono sicura che non scapperà," disse la donna, gli occhi fissi sulla ragazza mora.

Theodore sorrise, avvicinandosi e senza che se ne accorse si ritrovò nell'abbraccio di sua figlia. "Shiho… cosa c'è? Non hai mai pianto da piccola, vuoi cominciare adesso?"

 "Padre!" singhiozzò lei, stringendo tra le mani la stoffa della sua giacca. "Mi dispiace così tanto, io le voglio bene, non avrei dovuto comportarmi in quel modo! Neanche io sono una santa!"

 "Anche io te ne voglio, Shiho, fin troppo. E, in questo postaccio, nessuno può giudicare gli altri, ma forse non sono nella posizione per sputare sentenze," rise Theodore, allontanandola gentilmente. Posò gli occhi ametista sull'albino dietro di loro. "Mi raccomando, Yzak. Ti affido la mia bambina."

Il ragazzo scattò sull'attenti, infischiandosene per una volta delle regole. Poi, con infinita dolcezza, prese la mano di Shiho e l'attirò a sé, continuando ad accarezzarle la chioma mentre lei singhiozzava ed i soldati in verde spingevano l'ex-Consigliere sulla camionetta parcheggiata a pochi metri da loro.

 "Grazie per essere venuta," fu l'unica cosa che Yzak riuscì a dire, una volta arrivati a casa. Aiutò Shiho a sdraiarsi e si sedette al suo fianco, deciso a vegliare il suo sonno ed obbedire all'ultima volontà di un uomo che aveva sempre stimato e la cui morte non avrebbe sicuramente cancellato quel sentimento radicato profondamente nel suo cuore sanguinante.

  
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