Salve
a tutti,
ebbene
si, sono ancora io u.u.
So
che vorreste che sparissi ma che volete farci??? Mi piace scrivere e mi piace
condividere con voi le mie pazzie! E anche questa volta è così…
Ho
scritto questa one-shot in estate, o meglio l’ho iniziata l’estate scorsa dopo
aver fatto un test su facebook, dove mi è uscito il risultato che leggerete all’inizio
della shot e ci ho ricamato su. Però, ad un certo punto, mi son bloccata, ho ripreso il file la
settimana passata e mi è venuta la brillante idea di continuarla. Beh le idee
arrivano sempre quando meno ce l’aspettiamo, così come le cose belle :). E mi
auguro che questo che ho scritto, possa rientrare nelle “cose belle”…
Ora
io mi dileguo, vado a nascondermi da qualche parte, giusto perché voglio
evitare di ricevere i pomodori in faccia u.u, ma prima di farlo, vi lascio il
link della canzone che ritroverete nel testo http://www.youtube.com/watch?v=FX6ukUfVguU
. Bene, ho detto tutto, ora sparisco dalla circolazione. Un bacio a tutti. Grazie
come sempre a chi mi sostiene sempre e crede in me!
“...Mi lasci senza fiato...
La tua anima brilla e con essa
anche i tuoi occhi, è lei. Eccola! Ti guarda e ti ha marcato, la guardi...
intensamente senza motivo...semplicemente ammirando quale buona creatura di Dio
può essere messa a paragone con lei... lei che ti prende le mani e ti senti in
apnea, lei che è dentro di te, lei che ti guarda negli occhi e ti dice tutto,
lei che è tutto, lei che è niente, lei che è il primo pensiero che ti solleva,
lei che è l'ultimo che ti trascina, lei che ti permette di sognare, lei che ti
paragona con il mare dicendo che tu significhi più della sua stessa esistenza,
lei che ti permette di sentirti un anima libera e leggera, lei che ti permette
di vivere, tutto il tuo vivere si concentra su di LEI, e ti senti di poter sollevare
una montagna, di poter scatenare una tempesta, a te che quando vorresti morire,
perché non hai un senso, basta un suo sospiro per portarti in alto, fra le
nuvole fatte di emozioni e sensazioni che sai vivere SOLO con lei, la persona
che in questo momento popola il tuo corpo, la tua mente, i tuoi respiri, che ti
riempie lo sguardo di cristalli... HAI BISOGNO DI LEI CERCALA, TROVALA,
ABBRACCIALA, GUARDALA E CAPISCI QUANTO TI SENTI FORTE SE è CON TE,
DIGLI...DIGLI TUTTO, ANCHE QUANDO LE LACRIME ATTRAVERSERANNO IL TUO VISO, NON
AVERE VERGOGNA, PIANGERE AIUTA A CRESCERE, PIANGI, SOSPIRA, SOSPIRA INSIEME A
LEI, SUSSURRA, SURSSURRALE QUANTO HAI VOGLIA DI VIVERE, GRIDALE QUANTO HAI
BISOGNO DEL SUO CALORE... Questo è tutto ciò che la tua anima vuole dirti,
seguila, ascoltala, forse un giorno capirai cosa devi fare.”
Bastarono
quelle parole a farmi capitolare!
Mi
alzai con irruenza dalla sedia, facendola cadere per terra, il suo tonfò tuonò
nella stanza vuota, nervosa colpii con i pugni la scrivania e m’inclinai in
avanti, faticando a respirare.
Bum bum bum.
Un
barlume di speranza si riaccese nell’animo. Volevo bloccarlo sul nascere. Mi
premetti violentemente il petto con le braccia, ma fu tutto inutile. Esso
continuò a crescere, diramando la sua luce in ogni piccolissimo angolo di me,
anche quello più insignificante. Strinsi forte gli occhi per trattenere il
pianto.
“Non di nuovo…”
Sapevo
perfettamente che non potevo seguire ciò che mi diceva la mia anima.
Conoscevamo tutti cosa sarebbe successo.
Spalancai
gli occhi spaventata. La consapevolezza di soffrire ancora, mi fece quasi
soffocare, per questo volevo evitarlo.
Ma…
Questo
non riuscì a frenare le mie gambe, le quali presero dapprima a camminare
pigramente, poi a correre da sole, giù per le scale, per gettarsi
successivamente per strada, come delle forsennate. Correvo, correvo. Anzi…quasi
volavo. Ero senza fiato, ma niente mi fermò. Neanche il semaforo.
Un
solo pensiero nella testa:” Alisea, va da
lui. Fa presto!”
“Semplicemente perché
questo amore mi taglia nel petto e poi va dritto al cuore
affondano in lacrime i miei pensieri
è forte il bisogno che ho
di amare te”
<
Stavamo mangiando un gelato
tutti insieme a casa di Tom. Robert aveva insistito affinché ci fossimo tutti.
“Una rimpatriata urgente” aveva detto, come se non ci vedessimo da mesi.
Uscivamo tutti i sacrosanti fine settimana insieme, qualche volta capitava che
anche in settimana, riuscivo ad ottenere dai miei genitori, il permesso per
incontrarmi con lui e Tom e scimmiottare insieme per le vie di Londra.
Io ero impegnata ad affogarmi
nella mega vaschetta “gusto tartufo” strappata prontamente dalle mani di Tom, quando
Robert rivelò lo scopo di quell’incontro: “Ragazzi, io tra due giorni parto per un provino a New York”, il cucchiaio
mi cadde di mano e il suo contatto con il marmo del pavimento, provocò un
rumore assordate per il silenzio creatosi, dopo quella confessione. Lui mi
fissò triste.
Sapeva che ci stavo male.
Sapeva che lo amavo o almeno
credevo.
Sapeva troppe cose di me, in
ogni caso.
“Hai capito il nostro Robert!
Diventerà famoso, non ti dimenticherai di noi, vero?” disse Tom dandogli una
pacca sulla spalla, Robert imbarazzato si passò quella maledettissima mano tra
i capelli, uccidendo un altro mio battito “Ma no. Sapete che non cambierà niente!”
rispose fissando seriamente me. Io voltai il capo di lato, chiudendo gli occhi.
Non credevo assolutamente alle
sue parole. Con gli anni, avevo imparato a non farlo. Non potevo fidarmi di
lui.
Una volta avevamo provato a
stare insieme, ma non aveva funzionato. Io non avevo resistito. Non ero capace
di stargli accanto, troppo bello, troppo dolce. Troppo per me. Io non potevo
essere abbastanza per lui. Troppo sbagliata e non potevo dargli ciò che
auspicava. Poi lui cominciò la sua carriera di modello e attore in piccole
parti e mi tradì più volte. Questo provocò il nostro allontanamento..
Un giorno nel freddo inverno
del dicembre 2006, ci eravamo ritrovati e avevamo imparato a essere amici, ma
lui conosceva troppo bene il mio cuore. I suoi occhi sapevano andare a fondo,
scavando nel giusto posto e smascherando i miei fantasmi. Non avevo avuto più
nessuno dopo di lui. Il mio cuore apparteneva solo a lui e nel profondo speravo
che col tempo potessi imparare a sentirmi alla sua altezza, ma ogni volta che
lo fotografavano con le sue amiche attrici e modelle, mi sentivo
vergognosamente inutile. E una volta glielo avevo rinfacciato: “Quante te ne
sei portate a letto, eh?” gli urlai contro, fuori di me “Tu non capisci un
tubo, Sea!” rispose furibondo e rosso in viso “Ah io. E tu? Pensi solo a fare
il cretino, ma quando imparerai ad essere serio per una volta?” portai le mani
ai fianchi nervosa “Sei troppo coscienziosa!” esclamò cattivo “Lasciati andare
e che cavolo!” aggiunse poi sbuffando e lì i miei nervi partirono “Scusa eh se
non sono come te e come tutta l’altra gente che frequenti! Scusa se hai
un’amica come me e te ne vergogni, tanto da non dirle della festa a casa di
Sam. Ma sai che ti dico, hai ragione!” dissi avvicinandomi a lui, fissandolo
dritto negli occhi “Io e te non siamo fatti della stessa pasta e non possiamo
essere neanche amici. L’illusa sono io che ci credevo!” presi la mia roba e andai via. Successivamente ci eravamo chiariti
e tutto era tornato come prima, o quasi. In me nacque l’esigenza di
allontanarmi da lui, stavo troppo male e sapevo che un giorno quando se ne
sarebbe andato, il distacco sarebbe stato troppo duro da affrontare e ne avevo
appena avuto la prova.
“Sea ci sei?” chiese Tom
scuotendomi, sussultai sorpresa “Si, scusate. Un giramento di testa” Robert mi
scrutò attentamente, celai i miei occhi fissando il pavimento, altrimenti
avrebbe capito che mentivo “Ora scusatemi, devo andare. Ho una questione da
sbrigare per mio padre e se non mi muovo faccio tardi. Non vorrei beccarmi
l’ennesima ramanzina. Buon proseguimento” accennai un debole sorriso, poi mi
alzai e andai via. Immediatamente fuori la porta della casa di Tom, un mano
m’afferrò, bloccandomi. Non volevo voltarmi. Conoscevo a chi apparteneva quella
presa decisa, quelle dita lunghe avevano stretto molte volte le mie mani “Ci
sarai all’aeroporto, vero?” domandò con un tono pacato “Ce-ce-certo” balbettai
quasi in lacrime. Mentii. Non sarei andata a salutarlo, non per perderlo di
nuovo.
Egoista.
Mi lasciò il braccio. “Io ti
aspetterò!” disse prima di rientrare in casa, sbattendo la porta. Io chiusi gli
occhi e mi abbandonai al pianto. Da quel giorno, non l’avevo più voluto
sentito…>>
Ora
correvo, sapevo che l’aereo sarebbe decollato da un momento all’altro,
portandoselo via, ma non conoscevo l’ora. Non mi ero voluta interessare.
Heatrow
era pieno di gente.
Troppa.
Sbuffai spazientita.
Come
una matta, mi feci spazio tra la folla, zizzagando da una parte all’altra senza
meta. Un enorme tabellone, attirò la mia attenzione e mi diressi verso di esso;
quando vi lessi sopra: “New York imbarco
Quante
volte avrei dovuto salutarlo?
Quanto
avrei sofferto la sua lontananza?
Quel
test si sbagliava: la mia anima non poteva volersi gettare in una storia che
l’avrebbe lacerata, maciullata. Lo amavo realmente, non potevo spiegarmi
diversamente ciò che sentivo solo guardandolo, ma non potevo più farlo.
Il
cuore prese a martellarmi troppo forte e rituonò nella cassa toracica,
frantumandosi.
“L’amore che io ti darò
fa volare
più in alto del manto di nuvole che copre il sole
e ti raggiungerò e sarò nel vento
che fa incontrare ogni attimo
del tuo e del mio sentimento”
Robert
mi venne incontro e quando fummo uno dinanzi all’altro, ci stoppammo.
I
cuori in sussulto, l’ansia palpabile.
Paura e amore, terrore e
dolore.
Io
mi appoggiai alle ginocchia con le mani, inspirando ed espirando lentamente,
per riprendere il controllo di me stessa. Quando fui sufficientemente pronta,
alzai la testa e lo guardai. Come non facevo da tempo, alla luce dei miei
sentimenti…
“Hai
pianto” constatò triste, passando il suo pollice sul mio volto, disegnando il
contorno livido dei miei occhi “E’ stata colpa del vento” risposi spostando lo
sguardo di lato, ma continuando a fissarlo di sottecchi, Robert corrucciò la
fronte poco convinto, si passò la mano tra i capelli e poi scosse la testa,
sbuffando “Sei la solita” borbottò posandomi una mano sulla spalla. Io la
squadrai, celando le mie reali emozioni.
“Alla
fine sei venuta” constatò poi serio, guardandomi talmente intensamente da farmi
quasi sentire nuda “Dubitavi?” non rispose e s’allontanò impercettibilmente da
me. “Tom?” chiesi cambiando argomento, sporgendomi di lato, non vedendolo “E’
appena andato via. Aveva un impegno” rispose Robert, poco dopo “Capisco”
mormorai imbarazzata.
Dopo
qualche secondo di silenzio, decisi che dovevo rivelargli ciò che sentivo, non
m’importava delle conseguenze. Doveva sapere, solo così forse un giorno sarei
riuscita a cancellarlo “Rob io…” “Sea, io…” dicemmo all’unisono Ci guardammo
perplessi, poi scoppiammo a ridere, scrollando le nostre teste. “Prima tu”
dissi facendogli cenno con la mano di parlare “Volevo solo dirti che in qualunque
posto io vada, ti porterò sempre nel mio cuore” scandì le parole ad una ad una,
non smettendo un attimo di scrutarmi, il mio corpo vibrò, gli occhi si
sbarrarono e le guance s’imporporarono meccanicamente “Voglio che tu lo sappia”
aggiunse poi, chiudendo per un attimo, gli occhi. “Rob…” soffiai, le lacrime
s’affacciarono sul mio viso, costringendomi a bloccarmi, serrai gli occhi e
sospirai “Non sai quanto è difficile per me” lo guardai, tremando e sentendo il
sangue fluire troppo velocemente verso il cervello.
“le ombre che si toccano
la luce le dipingerà
preziosi desideri
che stretti a me terrò
poi ti racconterò
così per sempre sarai il fuoco che mi fa bruciare
sei la lente che accende per me il colore.”
“Io…non
ho mai dimenticato niente di ciò che ci ha riguardato. Posso sembrare distaccata,
ma è perché non voglio stare male. Pensavo di poter sopravvivere anche senza
soddisfare quel legame indissolubile che mi tiene incatenata a te, ma non ce la
faccio, scusami” singhiozzai forte, lui gettò il bagaglio per terra e mi
strinse tra le sue braccia. Sbarrai gli occhi per la sorpresa, poi sorrisi
“Alisea…non sai quanto desideri portarti con me. Non mi separerei mai da te. Ti
amo, lo capisci?” sussultai a quelle parole. Non credevo potesse essere
possibile. Le aveva dette sul serio o stavo solo sognando? Avevo sempre creduto
che mi considerasse un’amica e niente più. In quell’istante, mi passarono
davanti agli occhi i mille e più ricordi che avevano come protagonisti noi due
in quegli anni “Robert…” mormorai sulla sua spalla, strofinando il naso sulla
sua camicia “Io ti amo da sempre, cosa puoi saperne tu?” dissi stringendomi a
lui, in cerca del suo calore, percependolo appena sotto le dita “Stai con me,
Sea. Donami la felicità del primo amore!” rispose scostandomi e accarezzandomi
le gote con le nocche e immortalandomi con i suoi occhi “Rob, no!” chiusi gli
occhi e sentii il suo corpo tremare “Ci faremmo ancora del male e non è questo
che voglio. Tu sarai sempre costretto ad andare via ed io non ce la faccio. Un
giorno con tutta probabilità, dovrai trasferirti in America e sai benissimo che
io non posso muovermi di qui” mi fermai, per respirare. Non era facile andare
contro ciò che mi dettava il cuore “Voglio dimenticarmi di te, voglio non
amarti più” abbassai la testa sentendomi colpevole. Vittima di me, della paura,
dell’amore, di lui…
“Alisea…”
soffiò “Noi ci amiamo e non capisco perché dobbiamo cancellare i nostri
sentimenti!” confessò con rabbia “Ci abbiamo già provato e guarda com’è
finita!” gracchiai traballante “Non ci siamo impegnati abbastanza!” esclamò,
prendendomi il viso tra le mani, ma io abbassai lo sguardo “Ti supplico e
guardami negli occhi!” m’incitò, feci come mi aveva chiesto e mi persi nel suo
sguardo.
Ancora
una volta. Come sempre…
Mille
sfumature colorate diverse, attraversarono le sue iridi fisse nelle mie. Potevo
voler annegare in quell’azzurro così limpido?
“Amami
Sea, amami!” e posò le sue labbra sulle mie. Trasalii a quel bacio, ma non
potei non cedervi. La tentazione fu forte, la voglia di averlo pulsava nelle
mie vene da quando lo avevo conosciuto e ora lui era lì e mi stava dicendo che
mi amava…
Il
raziocinio però, mi riportò con i piedi per terra e mi staccai da lui a fatica,
con le lacrime che reclamavano di uscire nuovamente. “Rob dovresti andare”
dissi in un sussurro, allontanando il suo corpo dal mio “Non voglio!” rispose
triste, tenendo ferme le mie mani e chiudendole nelle sue “Non voglio separarmi
da te, non ora che ti ho ritrovata” disse giocando con le mie dita, il cuore
balzò in gola e le farfalle nel mio stomaco festeggiarono “E’ giusto che tu
vada. Sarà sempre così e lo sappiamo entrambi…” la voce mi morì in gola e le
lacrime presero il sopravvento “Io tornerò…” quelle parole mi uccisero, facendo
vacillare la mia poca convinzione “Ne riparleremo…” i suoi occhi si fissarono
nei miei e fu ancora più difficile rinunciare a lui “Rob…vai…vai ti prego” mi
allontanai, lasciando le sue mani a mezz’aria “Io non sarò qui ad
aspettarti…non sarò più pronta a rimediare alle nostre incomprensioni.
Perdonami, se non sono così forte” scossi il capo, cacciando le lacrime “Mi hai
ferita troppe volte ed io…io sono stanca…” bisbigliai appena, indebolita “Sea”,
la sua voce atona e i suoi occhi vitrei fissi nel vuoto, mi impedirono di
proseguire.
“L’amore che io ti darò
fa vibrare
i nostri due corpi al ritmo di un unico cuore
e ti raggiungerò e sarò nel vento
che fa incontrare ogni attimo
del tuo e del mio sentimento”
Avrei
voluto dirgli “Addio Rob…” e correre via, lontana da lui, distante dai nostri
sentimenti, ma non vi riuscii. Robert allora ne approfittò e mi attirò a sé,
baciandomi di nuovo. Questa volta fu un bacio pregno di disperazione,
rammarico, tristezza per un sentimento che non era stato “coltivato” come
doveva.
L’amore è un fiore…un fiore
che ha bisogno di continue attenzioni. Se n’è privato, inevitabilmente muore…
Le
sue braccia mi circondarono la vita, facendomi aderire maggiormente al suo
corpo, le nostre labbra si modellarono le une sulle altre. Con la lingua,
Robert tracciò il profilo della mia bocca e quando essa si dischiuse, dandole
il permesso di accedere, fu un intercalare di sensazioni diverse.
Sentivo
perfettamente il calore del suo corpo, nonostante ci fossero gli abiti a
dividerci, per un attimo desiderai che non ci fossero ostacoli, volevo averlo
tutto per me e soddisfare i miei sentimenti.
“Ti
amo” sussurrai inconsciamente, sbarrando gli occhi incredula, portandomi, poi,
una mano sulla bocca, morendomi la lingua. Robert dapprima sorpreso, si sciolse
in un sorriso genuino, quello di cui ero innamorata “Ripetimelo ancora!”
mormorò sulla mia guancia, strofinando la barbetta su di essa “Ti…amo…” soffiai
lasciandomi andare completamente a lui. In risposta le sue mani si strinsero
sui miei fianchi “Vieni con me!” disse, scostandosi di poco da me, per
guardarmi in viso. La faccia stupida che feci, provocò le sue risa “Robert sai
bene che mio padre non mi lascerebbe mai partire” risposi severa “Gli parlerò
io” lo guardai spaesata “Ti voglio con me, punto! Non ammetto repliche!”.
Robert
aveva perso l’aereo.
Robert
era venuto a casa mia ed era rimasto chiuso nello studio di mio padre, per tre
quarti d’ora, mentre io ero in salotto a mangiarmi le mani per la tensione e
mia madre, seduta al mio fianco, mi lisciava la testa per calmarmi.
Robert
era ora davanti a me e mi guardava. Avevo gli occhi colmi di lacrime, vedevo
tutto appannato e mi sentivo male. Il respiro era affannato, la testa mi
pulsava, le mani mi tremavano. Mio padre comparve alle sue spalle e sobbalzai
quando il suo sguardo si posò su di me.
Non
avevo mai avuto un buon rapporto con lui. Gerard Shane, era uno degli ingegneri
più famosi di Londra ed io, Alisea Shane, ero una donna, la sua unica figlia.
Aveva sempre desiderato un maschio per potergli lasciare in eredità il suo
lavoro, ma ero arrivata io e ogni suo piano era fallito. Mi sentivo sempre
totalmente fuori luogo. Avrebbe voluto per me una vita diversa, era arrivato ad
impormi di studiare legge, così da affiancarmi al suo amico, più grande di me,
di dieci anni. Ma mi ero rifiutata, quella non era la mia vita.
Ero
una continua delusione per lui: dopo aver malamente declinato il suo “invito”
ad iscrivermi a giurisprudenza, mi ero rivolta a mia madre in lacrime e le
avevo addossato le colpe di tutto, dicendole che nessuno mi aveva mai capito,
non avevano neanche provato a chiedermi cosa volevo fare da grande.
<<“E sentiamo quale
sarebbe il lavoro che sogni di fare?” gridò mio padre, uscendo dal suo studio,
lo guardai rabbiosa “Voglio cantare, papà! Voglio gridare al mondo intero la
mia passione per la musica!” lo affrontai con lo sguardo “Stupidate!” esclamò
sbarrando gli occhi “Solo a quello sai pensare!” urlò furibondo “A cosa ti
porterà studiare canto? Non puoi vivere di sogni! La vita reale è questa ed è
arrivato il momento che tu la guardi!” aggiunse avvicinandosi “Studiando
Giurisprudenza, avrai la possibilità di inserirti immediatamente nel settore e
di avere un discreto successo. Nick è molto bravo e ti aiuterà” il suo tono
sembrò addolcirsi, ma io mi sentivo ribollire il sangue nelle vene “No!” gridai
fuori di me, dimenandomi “No, no e no! Sono stanca di vivere la vita che voi
vorreste per me! Io voglio studiare al Conservatorio, sono bravissima al pianoforte
e la mia insegnante dice che sono discreta anche nel canto. Ma non hai visto
che successo l’altra sera in quel locale?” gli chiesi, incespicando nelle
lacrime “Possibile che non capiate?” mi portai una mano tremante sulla fronte
“E’ la mia vita ed io sono felice quando faccio quello che amo” i miei occhi si
spostavano da mio padre a mia madre e viceversa, i loro volti sbalorditi,
trafitti dalla delusione “Ma tanto è inutile…siete accecati dal desiderio della
ricchezza, ignorando i miei desideri. Forse era meglio nascere maschio…forse
chissà, avrei avuto più possibilità di essere ascoltata” sorrisi amara,
ricevendo poi un sonoro ceffone da mio padre, che dopo avermi nuovamente
guardata con astio, si era ritirato nel suo studio, non uscendo neanche per
cena. Subito dopo avevo fissato mia madre, per poi correre via ed andare
dall’unica persona che poteva capirmi: Robert.
La disperazione che lui e sua
madre lessero nei miei occhi, fu talmente grande che mi accolsero in casa loro
per qualche giorno. Poi mi avevano riaccompagnato dai miei genitori e avevano
parlato con loro. Alla fine solo mia madre aveva acconsentito alla mia scelta,
pentendosi di non avermi mai dato ascolto, non credeva che io fossi così infelice.
Gerard, invece, non l’aveva mai accettato e ancora oggi, ne pagavo le
conseguenze.>>
“Papà…”
soffiai in un sussurro, i suoi occhi mi scrutarono “Prima mi chiedi di
lasciarti studiare al conservatorio e ora vuoi andare per qualche giorno, negli
Stati Uniti per accompagnare lui ad un provino” proferì duro, io deglutii a
vuoto, la bocca secca, gli occhi umidi. Si portò una mano tra i capelli,
scuotendoli leggermente e districando le sue dita tra i ricci ingrigiti dal
tempo. Sbuffò nervoso “Questo ragazzo” e indicò Robert “Mi ha detto che vi
amate” sussultai, trafiggendo con lo sguardo Robert che sembrava divertito,
infatti ammiccò, facendomi l’occhiolino, trasalii, arrossendo e chinando la
testa “Papà…” cercai di dire, ma lui m’interruppe “Lasciami finire!” disse,
annuii appena “Sono stanco di lottare contro di te” i suoi occhi fissi nei
miei, strinsi i pugni “Ma…hai ragione lui” mormorò a mezza voce “Devi vivere la
tua vita e non sarò io ad impedirtelo” sorrise “Vai e divertiti!” titubante,
incerta, incredula, sorpresa mossi i piedi verso mio padre che, per la prima
volta, mi sorrideva felice. Piansi ancora quando mi accolse tra le sua braccia
e mi strinse forte al suo petto “Ti voglio bene e scusami. Non volevo decidere
per te. Sei una bravissima musicista e ti sosterrò sempre” bisbigliò al mio orecchio
e mi sentii a casa, finalmente, quando anche mia madre si unì in
quell’abbraccio.
“Buon
viaggio” dissero all’unisono i miei genitori, sorrisi ancora scossa e li
salutai con un cenno della mano. Seduta in quel taxi, guardavo Robert, aveva
compiuto il miracolo, non mi sembrava possibile, lui si girò verso di me e mi
mangiò con gli occhi, trapassandomi l’anima, facendomi sentire, ancora una
volta, “nuda” dinanzi a lui.
“A
che pensi?” chiese sfiorandomi il braccio “A te” risposi sincera, l’accenno di
un sorriso, dipinse il suo volto “Grazie” biascicai in imbarazzo, Robert mi
guardò stranito “Per avermi aiutato con mio padre. In tutti questi anni, lui
non ha mai fatto passi verso di me, oggi, invece…” lasciai il discorso in
sospeso, non sapevo neanche che parole utilizzare “Non ho fatto niente. Gli ho
detto semplicemente quello che pensavo…ho visto quanto sei stata male negli
ultimi due anni, anche per colpa mia. Era giusto che facessi qualcosa per te,
non era un obbligo, ma un desiderio. Voglio vederti sorridere…” disse
avvicinandosi e sfiorando la mia fronte con la sua. In nostri sospiri si
incrociarono, le nostre dita si toccarono, gli occhi vagarono alla scoperta di
quei segreti sopiti, nascosti. Volevano amarsi semplicemente, non chiedevano
altro.
“le ombre che si toccano
la luce le dipingerà
preziosi desideri
che stretti a me terrò
poi ti racconterò
al silenzio di candore
delle notti per sognare”
“Benvenuti a Ne York” annunciò una voce gracchiante, facendomi
ridestare dal mio sonno “Siamo atterrati” bisbigliò Robert al mio orecchio,
annuii, sbadigliando e stiracchiandomi “Hai dormito per tutto il viaggio”
constatò sorridendo, arrossii per la vergogna “Scusa, volevo farti compagnia,
ma non ho retto” mormorai abbassando la testa “Non ti preoccupare” disse “E’
stato molto istruttivo vederti dormire” ridacchiò divertito “Ehi” gli diedi una
pacca sulla testa “Che vuoi dire?” domandai curiosa “Ti muovi molto e ti sei
avvinghiata al mio braccio come un koala” sghignazzò di fronte al mio evidente,
sgomento “Oddio!” mi strozzai “Scusami. Che figura!” esclamai, lui continuò a
ridere “E smettila di prendermi in giro!” sbuffai, passandogli davanti e scendendo dall’aereo. Mi guardai attorno
smarrita “Ehm” mormorai a me stessa “E ora?” una
risata cristallina alle mie spalle, mi fece sobbalzare, non per la
sorpresa, ma per l’emozione. Non mi sarei mai abituata alla sua presenza.
Ancora non potevo credere di essere in America con lui, il ragazzo che avevo
sempre amato e desiderato.
“Dove
pensi di andare da sola?” disse malizioso “Da nessuna parte” risposi mesta
“Andiamo, seguimi!” “Dove mi porti?” chiesi “In albergo a posare le valigie,
poi giro turistico per New York, ti va?” chiese teneramente “Certo! Cosa stiamo
aspettando?” esclamai contenta, Robert afferrò la mia mano e mi trascinò tra le
strade colorate, rumorose e affollate di quella grande città.
“Sono
distrutta!” esclamai entrano nella camera, lasciandomi cadere sul letto “Ti sei
divertita sulle giostre e a correre dietro il cow boy per conquistare questo pupazzo”
e indicò l’enorme orso tra le sue mani. Sghignazzai “Visto che non volevi farlo
tu, ci ho pensato io” misi un finto broncio, incrociando le braccia al petto
“Sei proprio una bambina” disse scuotendo la testa “Senti chi parla!
Improvvisamente ti sei accorto di essere cresciuto?” chiesi ironica, lui si
avvicinò minaccioso “Che vuoi fare, Pattinson?” domandai, indietreggiando sul
letto “Vendicarmi!” sibilò sul mio viso, quando mi raggiunse. I nostri corpi si
sfiorarono, lui sovrastava me. Una posizione alquanto ambigua. Deglutii
rumorosamente, mentre tentavo di sfuggirgli, ma non vi riuscii. Mi afferrò per
le spalle e mi fece sbattere contro il materasso “E ora vediamo se hai ancora
tanta voglia di fare dell’ironia” e con le dita iniziò a solleticarmi. Risi
tanto da farmi venire le lacrime agli occhi “Ah ah ah ah ah! Ti prego basta,
basta!!!” cercai di articolare “Ti arrendi?” domandò mentre con le mani
continuava divertito la sua tortura “Si, si, mi arrendo!!!” sussurrai placando
le risa.
D’un
tratto, il silenzio riempì la stanza, l’unico rumore era il mio respiro
ansante.
Robert
era poggiato con le mani sul materasso, i suoi occhi fissi nei miei, le mie
dita stringevano convulsamente il lenzuolo freddo, il cuore batteva furioso e
il mio corpo fremeva, fremeva per un tocco che arrivò presto. Lui si chinò sul
mio viso per baciarmi, inaspettatamente le mie braccia si mossero da sole e si
chiusero dietro il suo collo, spingendolo verso di me invitandolo ad
approfondire quel contatto. Gli succhiai avida il labbro inferiore e lui giocò
con la mia lingua, un’intimità che non spaventò nessuno dei due. Le sue dita si
schiusero sul mio viso e lentamente scesero sul mio collo, dove disegnarono
immaginari ghirigori, poi la mano destra percorse la linea della mia spalla,
fluttuò sul braccio, risalendo e fermandosi sull’incavo dei miei seni. Il mio
petto s’alzava e s’abbassava furiosamente, Robert aveva gli occhi aperti,
l’espressione vacua, fiammeggiante, intrisa di passione, ciò mi fece fremere
maggiormente e un bruciore nel basso ventre, si dilatò in tutto il corpo e
temetti di affogare sotto il peso di quell’amore.
“Stai
bene?” domandò con voce arrochita “Si”, il mio tono irriconoscibile, il mio
affanno fin troppo evidente, così come il nostro coinvolgimento “Scusami”
sussurrò prima di alzarsi. Mi sentii improvvisamente vuota e il freddo mi gelò
sul posto.
“Robert!”
gracchiai, ancora stupita per quello che era successo, lui si girò di scatto
osservandomi stranito “Sea” mormorò appena, vedendo che restavo ferma sul letto.
“Non te ne andare…” soffiai, riuscendo finalmente e muovermi, mi sedetti,
reggendomi con una mano, i capelli ricaddero dinanzi al mio viso, nascondendo
la mia espressione atterrita. Sentii il materasso abbassarsi di colpo e prima
che me ne rendessi conto, Robert comparve davanti ai miei occhi, spostandomi i
capelli, carezzandoli con la mano, fino a sistemarli ordinatamente. Cercai di
sfuggire al suo sguardo, ma non me lo permise, portando il mio viso a contatto
col suo “Non vado da nessuna parte” disse d’un tratto, facendomi rilassare.
Sorrisi.
Sorrise.
Poi
le nostre mani giunte, attirarono la nostra attenzione “Sea…” bisbigliò
spezzando quella finta quiete, lo fissai aspettando che proseguisse
“Perché…perché abbiamo paura dei nostri sentimenti?” domandò quasi più a se
stesso. Sussultai e serrai maggiormente la mia presa sulle sue mani “Paura di
amare” sussurrai “Paura di soffrire…paura di qualcosa di più grande di noi”
risposi schiudendo appena le labbra. Lo sguardo di Robert s’irradiò e qualcosa
mi smosse lo stomaco “Forse hai ragione. Temo di doverti delle scuse” disse
poi, nascondendo il volto dietro le nostre mani intrecciate. Non capii. Non mi
diede il tempo di parlare “Ti ho fatto parecchio disperare in questi anni, ma
credimi: io ti ho sempre voluto bene. All’inizio mi sono lasciato andare, ma
ero piccolo, inesperto e tu così sicura dei tuoi sentimenti, sempre pronta a
donarmi tutto di te e mi sono spaventato. Ho cercato di allontanarti da me,
rifugiandomi in fasulle avventure, non avevo il coraggio di lasciarti. Infondo,
egoisticamente, ti volevo ancora al mio fianco, anche se come amica, poi beh
sai…le cose sono andate in quel modo e quando ti ho rincontrata, m’è sembrato
che tutto potesse ripetersi, come un replay. Ho avuto di nuovo paura, ma non mi
è importato, era giusto chiarire e ricominciare ad essere amici. Ci siamo
divertiti in questi anni, abbiamo condiviso molto, io so praticamente tutto di
te, tu quasi tutto di me e…forse è proprio questo che mi ha sempre spaventato”
mi guardò dritto negli occhi, senza mollare la presa “Mi basta osservarti per
sapere cosa ti accade, cosa provi…non mi è mai successo, è questo il punto! Con
nessuno!” sorrise “Ricordi quando Sam ti faceva il filo?” annuii, arrossendo al
ricordo della sua insistenza “Lì ho capito che provavo per te qualcosa di più
di una semplice amicizia. Non ci legava solo il fatto di aver studiato insieme,
suonato, cantato insieme, ma un sentimento profondo, irrispettoso se vogliamo,
perché ti pretendeva tutta per sé. Quella sera che ho litigato con Sam, l’ho
fatto perché ero infuriato con lui, come poteva permettersi di arrivare così e
avere pretese su di te” strinse la presa “Poi te la sei presa anche con me” gli
ricordai “Non invitandomi alla festa a casa sua” sbuffò “Ci avrebbe provato con
te, non potevo certo rischiare” si passò la mano tra i capelli nervoso, risi
allegra, lui mi fulminò “A te piaceva?” domandò a bruciapelo, lasciandomi
andare le mani “No” accompagnai le parole al movimento del capo “Era l’idea di
piacere a qualcuno che mi lusingava. Io…” inspirai “Ero attratta ancora da te,
ma tu non mi degnavi di certe attenzioni e quando Sam è arrivato mostrando
tutto questo interesse verso di me, mi sono sentita donna per la prima volta.
Mi ha fatto trovare a casa, un gigantesco mazzo di rose rosse, la sera della
festa, per scusarsi, te l’ha detto?”, lui negò, sorrisi “Io lo chiamai per
ringraziarlo e mi disse che sarebbe voluto uscire con me, ma tu gli avevi
vietato ogni tipo di contatto con me. Onestamente non capivo. Ero arrabbiata
con te, non potevi pretendere di comandare la mia vita, i miei sentimenti, per
questo ci uscii una sera, assumendomi tutti i rischi” lo fissai di sottecchi,
vergognandomi come una ladra. Robert aveva la mascella contratta, le mani
chiuse a pugno “Ma…”, mi mossi nervosa sul letto, incrociando le gambe “Ma?”
m’incitò a continuare, annuii guardando fuori la finestra. La luce della luna
rischiarava gli enormi grattacieli di quella città, provando a farsi strada in
un posto dove della natura rimaneva ben poco. “Io non potevo amarlo…” espirai
“Perché…” scrutai Robert e con le nocche gli carezzai il viso, sorridendogli
dolcemente. Amavo il profilo del suo viso, cresceva e cambiava ogni giorno maggiormente,
diventando sempre più <
Il
suono dei nostri baci, riempì la stanza e le nostre mani si accarezzarono,
facendo l’amore, sfiorando i corpi l’uno dell’altra. “Sea…” mormorò sulle mie
labbra, risposi con un gemito strozzato “Ti desidero” la sua voce arrochita,
giunse ovattata alle mie orecchie, la mia mente ormai in standby. Mi bloccai
ansante. Robert mi guardò preoccupato, sorrisi quando razionalizzai le sue
parole e mi gettai su di lui, baciandolo con foga. “Non sai quanto io voglia
te!” ammisi fuori controllo.
Gli
sfilai lentamente la maglietta, baciandogli il petto, man mano che lo scoprivo,
lo sentii trattenere il fiato, quando giunsi sulla pancia, con le dita scesi a
giocare con il bordo dei jeans, risalendo nel frattempo con le labbra verso il
collo. Da dove usciva fuori tutta quella intraprendenza, non mi era dato
saperlo. Sbottonai il primo bottone, poi passai alla cerniera, trattenendo io
stessa il fiato, quando mi chiese di andare avanti. A quel punto infilai la
mano nel pantalone e lo spinsi verso il basso con un solo movimento, fu lui poi
a toglierselo definitivamente. Mi spinse sul materasso, permettendomi di
poggiare la testa sul cuscino e si occupò di me. Le sue mani scivolarono dietro
la mia schiena in cerca del gancio del reggiseno e quando lo trovarono, seppero
abilmente aprirlo. Sospirai sommessamente, quando mi ritrovai il suo sguardo
addosso, gli occhi s’erano scuriti e brillavano “Sei bellissima”, sospirò,
arrossii, ma quando le sue dita si posarono sul mio seno e iniziarono a
giocarci, gemetti “Rob…”, mi baciò dove aveva capito che ero più sensibile.
Succhiò avido e le mie mani tra i suoi capelli, lo invitavano a darmi di più.
Scese verso il basso e con un’agonizzante tortura, mi spogliò, non lasciando
mai il mio sguardo.
“Ti
amo” disse prima che mi togliesse gli slip.
Si
stese su di me, automaticamente allargai di più le gambe, alzandomi di poco con
le mani spinsi via anche i suoi boxer. Lo sfiorarsi delle nostre intimità fece
sussultare tutti e due. Un ultimo sguardo melenso, prima che tutti e due ci
perdessimo nella profondità di quell’abisso dal quale ci sarebbe risultato
difficile riemergere: l’amore…quello vero…
“ah l’amore
che ci fa sentire dolcemente così
uomini, uomini, uomini.”