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Autore: kiku77    02/03/2010    20 recensioni
Al rientro dal Brasile e dopo gli impegni con la nazionale, Tsubasa si concede una settimana alle Hawaii per ultimare la sua preparazione atletica: il suo sogno di andare a giocare in Europa sta per diventare realtà.Cosa succederà a Sanae, invece?
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sanae era al settimo cielo.

Camminava in riva al mare e accanto a lei, Okawa, le stava raccontando di quei primi mesi trascorsi all’università. Quasi sembrava non respirasse dalla fila ininterrotta di parole che uscivano dalle sue labbra.

Lei ascoltava; se gliel’avessero chiesto, lì sul momento, sarebbe certamente stata in grado di ripetere ogni parola del suo amico. Allo stesso tempo però, passeggiando, apriva le mani diradando le dita: le distanziava affinché la brezza marina potesse passarci attraverso e la sensazione era quella di tagliare il cielo, di afferrare il vento. Non era tanto quello a stupirla: piuttosto, riusciva distintamente a sentire che, nonostante la sua attenzione fosse concentrata all’ascolto, il retro del suo cervello stava passando in rassegna tutt’ altri pensieri.

“Sono qui, adesso” si disse, senza far capire ad Okawa, il gioco sottile che stava accadendo dentro di sé.

Ed era vero.

Era lì, sulla spiaggia delle Hawaii. Ancora poteva sentire l’emozione dell’attimo in cui Tsubasa, guardandola, le aveva chiesto di accompagnarlo per una settimana in quel paradiso, al fine di ultimare la sua preparazione atletica con l’aiuto del professor Taishi.

“Ti va di venire con me e Ryo?” le aveva detto.

Rivederlo, al suo ritorno dal Brasile, dopo tre anni di assenza, era stato piuttosto deludente. Sanae non era riuscita a trascorrere neanche un minuto da sola con lui. L’aveva aspettato al terminal degli arrivi, insieme agli amici di sempre, e lui aveva salutato tutti senza distinzione.

Era cresciuto e le era sembrato un gigante: disinvolto, sicuro. Bellissimo.

Lei si era sentita inadeguata, insicura. Piccolissima.

Uno di fronte all’altra, canzonati dai ragazzi della squadra, si erano guardati con imbarazzo e poi Tsubasa era stato trascinato dagli amici fuori, con cori di benvenuto e mille domande.

Lei non era riuscita a spiccicare parola.

Lui, dal canto suo, se era cresciuto fisicamente, di carattere sembrava invece il ragazzo di sempre: perennemente sulle nuvole, con la testa immersa nel suo sogno.

Di ritorno a casa, aveva scaricato la sua tristezza piangendo sul cuscino e calciando il pallone che lui le aveva regalato tre anni prima.

Si era ripetuta quanto fosse stato stupido sperare, illudersi che qualcosa di diverso sarebbe potuto accadere. Alla fine infatti non era mai successo niente; Tsubasa era così e nessuno poteva cambiarlo.

Sanae invece voleva cambiare, voleva trovare un modo per svincolarsi da quell’amore che sembrava definitivo anche se a senso unico.

In quei tre anni aveva provato di tutto. Si era impegnata nello studio e si era lasciata corteggiare. Ma ogni volta che un ragazzo aveva provato sul serio ad invitarla fuori, ecco che lei aveva rifiutato e si era tirata indietro.

Quel giorno, litigando con il suo cuscino, si era promessa di smetterla.

Per sempre.

Ed in parte c’era riuscita; dopo la festa che avevano organizzato per il suo rientro, Tsubasa era partito subito per gli impegni con la Nazionale. Non c’era stato tempo di vederlo, di parlargli e a lei era sembrato tutto sommato “sopportabile” il fatto di non aver ricevuto nemmeno una parola da lui. Aveva continuato a godersi le vacanze estive, auto-convincendosi che “stava bene”, che in “fondo non era poi così innamorata di lui”.

Poi l’aveva visto giocare. Tutti gli equilibri che faticosamente aveva cercato di costruire nella sua testa e nel suo cuore, si erano frantumati. Tsubasa non giocava a pallone: lui con il pallone parlava, cantava, danzava. E Sanae conosceva benissimo quel suo modo di esprimersi. A volte, riusciva quasi a prevedere dove avrebbe tirato la palla o a chi l’avrebbe passata. Il linguaggio del calcio era la via, era il mezzo per capirlo e lei, osservandolo, si sentiva l’unica in grado di poter veramente comprendere quello che gli passava per la testa mentre giocava.

Era giunta alla triste conclusione che, per dimenticarlo, avrebbe dovuto abbandonare la sua passione per  il calcio, il legame con i suoi compagni, i suoi ricordi. Tutto. E questo già diventava più difficile.

Visto da un angolo di bottiglia, il sentimento che provava, pareva un albero che camminasse: impossibile da capire, da giustificare, da immaginare.

Allora aveva rinunciato all’impresa e aveva deciso di restare al solito posto e nell’unica situazione emotiva che avesse mai veramente imparato a gestire: l’attesa.

Sapeva che era pericoloso perché aspettare equivaleva ad illudersi e puntualmente piombare in quell’abisso di delusione che così tante volte aveva provato. Ma si rendeva conto che non poteva lottare contro gli alberi che camminano. Era una lotta impari ed irreale; inutile tentare ancora.

Così l’aveva guardato in tv e aveva di nuovo aspettato il suo rientro.

Si era ripetuta la solita scena penosa di loro due che si guardano mentre gli altri li prendono in giro, ma, invece di piangere e disperarsi, aveva provato a gioire di quel poco tempo che restava da passare con lui.

Essendo stato via così tanto, era impensabile poterlo avere tutto per sé; era mancato molto anche ai ragazzi e Sanae aveva cercato di mettere da parte se stessa mostrando sempre il buon umore e il sorriso. Avevano trascorso molto tempo al campo perché Ryo ogni giorno aveva organizzato una partita a calcio; per il resto erano stati tutti insieme al parco, sotto i ciliegi, ad ascoltare i suoi racconti sulla vita trascorsa in Brasile.

Sanae, attraverso le sue parole, si era immaginata ogni cosa e aveva sognato ad occhi aperti. Insolitamente di poche parole, si era concentrata ad esaltare i suoi sensi: lo guardava molto per notare quanto fosse cambiato, cercava di cogliere il suo buon profumo e di non perdersi neanche una sua parola. Non aveva potuto sfiorarlo e nemmeno sentire che sapore aveva la sua bocca. Ma si era presa tutto il resto in silenzio e pensò che le sarebbe bastato per quando nuovamente si sarebbe ritrovata sola, senza di lui. Anche un solo briciolo di tempo con lui, aveva l’impatto dell’eternità dentro la sua testa.

Considerando quindi la situazione, mai si sarebbe aspettata di ritrovarselo alla porta, quel pomeriggio di sole, per invitarla a partire con lui e Ishizaki.

Non era diverso dal solito. Stesso sorriso innocente, stessa aria un po’ distratta di sempre.

“Ma io…ecco, non posso permettermelo…” aveva risposto timidamente e anche con un po’ di vergogna.

“Scherzi? E’ un regalo per la mia Anego…” aveva risposto lui.

Sanae gli aveva sorriso e dopo aver cercato di rifiutare per l’imbarazzo, notando la sua insistenza, aveva infine accettato.

La sera aveva litigato con sua madre che era contrariata e nervosa. L’ultimo anno era stato particolarmente difficile in casa Nakazawa: suo padre aveva nuovamente perso il lavoro e il rapporto con sua madre sembrava ad un punto di non ritorno.

“Al tuo rientro, dobbiamo parlare”, le aveva detto con freddezza e distacco.

Sanae le aveva accennato un sorriso e si era precipitata di sopra a chiamare Yukari per raccontarle tutto.

“Sanae… è la tua grande occasione!”, le aveva detto l’amica al telefono,”dovrai dirgli ciò che provi. E’ l’unico modo. Se aspetti lui…finirai zitella!” aveva aggiunto con simpatia.

Sanae aveva spalancato l’armadio e si era messa una mano sotto il mento, osservando i suoi vestiti.

 

 

 

“E questo è tutto…” disse Okawa, fermandosi un momento per osservare una conchiglia.

“E tu? Cosa mi racconti, Sanae?”

Al suono di quella domanda, Sanae rientrò nella sua vita reale, di quel momento; sembrava in imbarazzo e senza argomenti.

“Io? Beh…non molto direi. Solite cose. La scuola, gli allenamenti. Tutto come sempre…”

Okawa la osservava: era davvero carina.

“Chissà quanti ragazzi ti fanno il filo…” disse.

“Mah…” fece lei, “non m’importa, anzi…i ragazzi non mi interessano…”

Okawa di nuovo si fermò.

“Volevi dire” gli ALTRI ragazzi” Sanae…”

Sanae abbassò la testa e sorrise. Okawa sapeva bene quanto amasse Tsubasa.

“E’ stato molto carino da parte sua invitarti, non trovi?”

“Certo…è stato un bellissimo regalo…”

“Cosa c’è, avanti…a me puoi dirlo!”

Sanae riprese a camminare porgendogli la mano per farsi dare la conchiglia che intanto Okawa aveva raccolto.

“Niente. E’ solo che mi sto rendendo sempre più conto che per lui sono davvero solo un’amica. Sono semplicemente Anego. Niente di più. Niente di meno. Non è facile accettarlo.”

Questa volta fu Okawa ad abbassare lo sguardo. In effetti Tsubasa in quei giorni, era sembrato soltanto assorto nel potenziare i suoi muscoli e la sua preparazione atletica. Non aveva prestato alcuna particolare attenzione a Sanae. Poteva capire quanto questo le facesse male.

“Tu lo conosci…sai com’è fatto. Prova a pensare quanto dev’essere nervoso all’idea di andare in Europa, al Barcellona. Dovrà conquistare un posto in squadra e ricominciare tutto da solo.”

Sanae strofinò le dita sulla superficie della conchiglia.

“Lo so” rispose.

 

In quel momento sentirono delle voci: in lontananza Ryo e Tsubasa si sbracciavano per chiamarli. Erano rientrati dalla seduta di allenamento.

“Eccoli là”, disse Okawa.

“Sarà meglio tornare indietro…” fece Sanae, salutandoli con la mano.

 

____

 

Ciao!

Vorrei ringraziare Giusyna, Trottola, Miki87, FlaR, Hikarisan, Makiolina, Sanae78, Marychan82 e Hitomichan per aver recensito l’ultimo cap di “Le conseguenze dell’amore”. Grazie per tutto quello che avete scritto…

 

Ecco una nuova storia.

Dopo “le conseguenze” avevo bisogno di riprendere un attimo fiato e di affrontare qualcosa di più “leggero” ( sempre in base ai miei parametri…). Avevo voglia di scrivere ancora qualcosa sulla mia coppia preferita, Sanae /Tsubasa e mentre scrivevo “Le conseguenze”, mi è venuta l’idea.

L’episodio delle Hawai è presente sia nel manga che nella versione anime: nel manga, Sanae e Tsubasa sono già sposati, mentre nell’anime, no e non c’è stata neanche una “dichiarazione”, cioè i due non pare stiano insieme. Inoltre in quest’ultima versione, pur essendo diciottenni, Sanae è ancora all’ultimo anno di liceo.

Di regola a 18 anni in Giappone si va all’università, ma ho preferito “posticipare” anch’io di un anno la situazione temporale.

Come penso si capisca già da questo cap, Sanae sta attraversando una fase delicata della sua vita e darà molto spazio ai suoi pensieri che come un fiume detteranno i tempi narrativi di questa ff…

Cercherò di aggiornare il più frequentemente possibile, ma non riuscirò ogni giorno per i molti impegni di lavoro e studio. Scusate sin da ora…Ah…ho messo la nota OOC, non tanto per Sanae e Tsubasa ma per i persg che a mano a mano saranno introdotti, in particolare uno: Yukari.

A presto!

 

 

   
 
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