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Autore: likeasong    03/03/2010    6 recensioni
Era lì. Abbracciata in mezzo a sei forti braccia. Immobilizzata tra quei ragazzi dai sorrisi ancora innocenti. Quanto tempo era passato? Sei? Sette anni? Non ricordava neppure più. Le sembrava di essere la sua Canon in quel momento: in attesa di tornare ad essere qualcosa per loro, mentre il mondo le girava attorno, disordinato. Alcune volte il peso del passato ci cade addosso improvvisamente, grazie ad una fotografia.
Genere: Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia mi è venuta così, di getto.
Non so neppure io il perchè.
Non è uno scritto a scopo di lucro e i Jonas Brothers non mi appartengono. Claire, in quanto mia creazione, mi appartiene.
Il paese che cito non lo conosco, quindi perdonate gli errori al riguardo.

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- Photograph -


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Era lì. Abbandonata su quel tavolo da lavoro disordinato. Foto, schizzi, matite, obbiettivi per ogni occasione riempivano quel piano in legno di mogano, a cui i deboli raggi del tramonto donavano brillanti riflessi bruni.
La sua Canon Eos, per cui tanto aveva lavorato per riuscire a comprarsela, giaceva immobile insieme a tutti gli altri oggetti in attesa di essere presa in mano. In attesa di tornare ad essere importante per lei, per gli altri. Quel piccolo strumento che chissà come, non immortalava semplicemente delle immagini: immortalava emozioni. Dietro ogni paesaggio, dietro ogni viso sorridente, dietro ogni lacrima che cadeva in una pozzanghera, dietro ogni scatto rubato c’era un ricordo. Un ricordo che forse la sua mente voleva dimenticare, ma lei le diceva di no. Non puoi dimenticare il passato, è parte di te.
Look at this photograph
Everytime I do it makes me laugh
Camminava avanti e indietro per quella piccola stanza dalle pareti bianche. Non le era mai piaciuto il bianco: la rendeva ansiosa. Troppo simile agli ospedali. Ma ogni volta che si ripeteva che le avrebbe finalmente tinteggiate, ecco che le si presentava qualcos’altro da fare e il buon proposito scivolava nel dimenticatoio.
Camminava irrequieta. Il rumore delle sue scarpe sul pavimento era l’unico che si poteva percepire. Passi lenti, passi veloci. Mai costanti. Ogni tanto una pausa davanti alla finestra per osservare il sole scendere lentamente dietro la linea dell’orizzonte del mare, dipingendo il tutto di colori caldi senza chiedere il permesso. Peccato che a Plymouth non faceva per niente caldo. L’inverno era alle porte e tra non molto il sole si sarebbe visto sì e no per poche ore al giorno, perennemente coperto da una coltre di nubi.
Claire sbuffò e si andò a sedere vicino al tavolo e l’occhio cadde nuovamente su quella foto. Le era accidentalmente caduta, mentre cercava il book per il suo nuovo progetto. Forse era stato il destino, forse una coincidenza. Forse non era ancora preparata e per questo si sentiva così scossa, forse avrebbe voluto aspettare ancora un po’ per rivederli. Per ricordare.
How did our eyes get so red
And what the hell is on Joey's head
Era lì. Abbracciata in mezzo a sei forti braccia. Immobilizzata tra quei ragazzi dai sorrisi ancora innocenti. Quanto tempo era passato? Sei? Sette anni? Non ricordava neppure più. Le sembrava di essere la sua Canon in quel momento: in attesa di tornare ad essere qualcosa per loro, mentre il mondo le girava attorno, disordinato.
Prese la foto tra le dita e la sfiorò delicatamente, quasi per la paura di rovinarla.
Guardò Nick con quel sorriso a labbra strette. Sorrise. Quante volte gli aveva ripetuto che non era necessario fare il timido, che lui aveva un sorriso bellissimo e non serviva nascondersi. Ma lui era testardo. E Claire ringraziò il cielo: se non lo fosse stato a quest’ora, loro non sarebbero là dove sono ora. Sulle cime delle classifiche. Spostò lo sguardo verso il ragazzo che da dietro la cingeva e faceva una faccia buffa, aiutandosi con gli occhi e la bocca. Sorrise. Danger. Con quella faccia sbarazzina che non l’aveva mai abbandonato. Neppure adesso che ragazzino non era più. Portava trionfante un cappello del McDonald’s sulla testa: era la prima cosa che saltava all’occhio in quella fotografia. Il cappello giallo. Scosse la testa e posò lo sguardo su di lui. Kevin le stringeva teneramente i fianchi sorridendo, con una guancia appoggiata alla sua. Entrambi erano rossi in volto. Imbarazzati. Sorrise.
Con un mano tremante, la ripose sul tavolo. Quando aveva deciso di inseguire il suo sogno, non avrebbe mai creduto che questo avrebbe significato dimenticarsi di loro.
Era partita una mattina di settembre, quando aveva solo vent’anni, ed era venuta in Inghilterra in cerca di fortuna. Li aveva lasciati là, nel New Jersey, e mai più li aveva rivisti. Non avrebbe creduto, alcuni anni dopo, di ritrovarli su ogni giornale e televisione, non avrebbe mai creduto che anche loro avrebbero realizzato il loro sogno.
It's hard to say it, time to say it
Goodbye, goodbye.
Prese la sua borsa a tracolla e si diresse verso la porta. Aveva decisamente bisogno di prendere un po’ d’aria. Scese di corsa le scale di quel piccolo edificio a due piani, adibito ad uffici. Si era trasferita a Plymouth pochi mesi prima da Londra, dopo aver lavorato per alcuni anni con importanti fotografi della zona. Ora aveva solamente bisogno di un po’ di tempo per sé stessa, per capire a che punto era della sua vita.
Attraversò la cittadina desolata e si diresse verso il faro. Si trovava su un altopiano sopra al porto, circondato da un’enorme distesa d’erba verde smeraldo. Si sedette a pochi metri da esso e lasciò che la brezza marina l’accarezzasse  il viso. I capelli castani a caschetto ondeggiavano sopra le spalle. Chiuse gli occhi e lasciò che la magia di quel posto l’avvolgesse. Le piaceva venire lì ogni volta che poteva; le sembra di isolarsi dal mondo per un poco, abbastanza tanto da riordinarsi le idee.
Un gabbiano emise il suo richiamo poco lontano da lei: uno degli ultimi prima dell’arrivo della notte. Il cielo si stava oscurando, ma lei era decisa a rimanere lì.
I miss that town
I miss the faces
You can't erase
You can't replace it
I miss it now
I can't believe it
So hard to stay
Too hard to leave it
Claire non era mai stata una ragazza che si affezionava facilmente, ma quei tre fratelli erano stati gli unici a rompere il suo cuore di ghiaccio.
Non li aveva mai salutati di persona. Se n’era andata così. Senza spiegazione, lasciando una lettera nella loro cassetta della posta, chiedendo loro di non cercarla. Era stata vile, lo sapeva. Ma non sarebbe riuscita a sopportare un addio. Già, perché lo sapeva che non sarebbe mai stato un arrivederci. Non voleva essere un’ipocrita, consolandoli con solite frasi fatte, con quei soliti discorsi strappalacrime. Claire voleva essere realista. Ma quel giorno, come mai le era successo prima, le mancavano. Le mancavano le loro risate, le loro serate, le loro passeggiate. Le mancava lui. Lui che più di tutti era riuscita a capirla, lui che l’aveva sempre difesa e sostenuta, lui che era semplicemente la persona che non ti aspetti di trovare, ma che incredibilmente capita sulla strada della tua vita. Kevin. Aveva cercato di dimenticarlo, ma era proprio vero che il primo amore non si scorda mai. Nel bene o nel male rimane impresso nella tua mente.
Una lacrima solitaria solcò il suo viso.
Improvvisamente tutto non aveva più alcun senso. Improvvisamente tutti gli sforzi, tutte le soddisfazioni, tutti le delusioni di quegli ultimi anni non erano serviti a nulla. Improvvisamente la sua vita pareva inutile senza di lui.
If I could I relive those days
I know the one thing that would never change
Claire si asciugò le gocce salate che stavano uscendo dai suoi occhi verdi e respirò profondamente.
No. Quello era il passato lei doveva andare avanti con o senza di loro.
Non avrebbe mai negato che voleva tornare indietro per rivivere almeno un istante di quei momenti, ma questo era impossibile.
Il tempo è qualcosa di strano. Tanto quanto il destino. Sono simili questi due meccanismi: non possiamo né toccarli, né cambiarli e segnano il corso della nostra esistenza, in un modo o nell’altro ci influenzano.
Dal passato non si può far altro che imparare e lei lo aveva fatto.
Ora non rimaneva che vivere.
Prese la sua Canon e la posizionò davanti al suo occhio destro. Era una delle poche persone che amava ancora fare una fotografia in quel modo: anche se aveva uno schermo che tutti invidiavano, lei preferiva usare i metodi tradizionali.
Indietreggiò. Regolò lo zoom. Impostò la messa a fuoco.
Clik.
Il faro di notte con il mare scuro che si scorgeva imponente in secondo piano.
Sì, quella foto l’avrebbe decisamente utilizzata per il suo progetto.
Rimise al suo posto la macchina fotografica nella borsa, quando un soffio di vento freddo fece uscire dalla borsa la loro foto. Il turbinio la fece levare verso l’alto trasportandola oltre il dirupo, oltre il faro. Verso l’orizzonte.
Claire l’osservò ancora per alcuni minuti in quella danza immaginaria nel vento, finché sparì dalla sua vista.
Addio.
Look at this photograph
Everytime I do it makes me laugh.
(Nickelback – Photograph)
  
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