- Autore: Akrois
- Titolo: Girotondo ~
- Titolo del Capitolo: Mrs. Bitch
- Personaggi: Genderbender!Francia (Marianne
Bonnefoy), Genderbender!Spagna ( Esperanza Felisa Carriedo).
- Genere: Storico (?), romantico (?)
- Rating: Arancione.
- Avvertimenti: One-short, AU, lieve
turpiloquio.
- Conteggio parole: 740
- Note: Sono Spagna e Francia. Sono donne.
Durante la guerra. A Parigi. In un bordello. Cosa volete che vi dica? Ah,
è scritta con questo stile apposta, eh.
Meno una!
Prompt: Cravatta
04
Mrs.
Bitch
Marianne
fissa il riflesso di un’unghia rosso brillante nel vetro del bicchiere
per qualche minuto, prima di decidersi a prenderlo fra le mani e berlo. Il
liquido dolciastro (troppo dolciastro) scivola nella sua gola rapidamente,
lasciandole qualche secondo prima che l’alcool entrasse in circolo in
tutto il suo corpo.
Si gira
sullo sgabello, voltandosi vero il palchetto coperto di stoffa rossa tarlata, grande
abbastanza da farci stare due uomini ed Esperanza.
Marianne
si chiede spesso cosa ci trovano gli uomini in Esperanza. Ha i fianchi larghi,
il viso rotondo e un seno inutilmente enorme. Eppure nessuno sembra badare al
culo grande come la Groenlandia mentre balla con quell’abito verde acceso
che era tipo un pugno in un occhio ma che stava da Dio con i suoi di occhi.
Poi,
culona o no, dopo cinque minuti di ballo riesce a eccitare abbastanza tutti gli
uomini della platea da farli durare almeno un’ora solo grazie al ricordo
del sudore che scivolava sul suo seno.
Marianne
ride, è di buon umore. Il bicchiere vuoto è sul bancone scuro del
bar accanto a cinque o sei suoi simili altrettanto vuoti. Suvvia, pensa Marianne, posso
anche concedermi di bere e ridere, no? La serata è appena cominciata!
Marianne ferma il proprio cervello prima che questi la avverta che metà
di quegli stranieri sbavanti se li dovrà portare a letto lei.
Sposta
gli occhi azzurri verso quel lampo verde che balla indiavolato al ritmo della
chitarra e delle nacchere il cui suono è quasi sovrastato dal battere
delle mani del pubblico. Eppure Marianne riesce a sentire i tacchi di Esperanza
che battono sul legno (forze scheggiandolo) mentre segue con gli occhi i
movimenti delle mani da gitana di Esperanza, quelle dita affusolate del colore
del bronzo piene di anelli dorati che Marianne adora.
È
bella, Esperanza, è bella davvero e Marianne si torce le mani quando la
vede chinarsi verso uno di quegli allupati in platea e sfiorarlo con una delle
nacchere che tiene in mano. L’uomo quasi sviene come la protagonista di
un romanzo rosa e si accascia sulla sedia ridendo sguaiatamente e allungando le
mani verso Esperanza che sorride ballando.
Quando
spunta l’alba Marianne esce della stanza sbadigliando con la mascella
quasi divelta e sembra un cobra biondo con la guepiere bianca un po’ sfilacciata.
Esperanza
le passa davanti, una cravatta nera che pende sul seno che straborda da un corsetto
nero.
- Ciao, mignotta!-
esclama ridendo e salutandola con la mano. Marianne sorrise e la saluta a sua
volta, ben conscia che quello striminzito cervello ispanico che Esperanza si ritrova non può arrivare
neanche lontanamente a concepire la portata della parola “mignotta”. È quasi sicura
che Esperanza non sappia neanche cosa voglia dire “mignotta”. Sicuramente pensa che loro là dentro facciano
volontariato per i soldati. Dirle che c’era chi in tutto quello ci intascava
dei soldi le sembrava crudele come dire a un bambino moribondo che il paradiso
non esiste. E che chiaramente lui non incontrerà la sua mamma dall’altra
parte.
Marianne
apre gli occhi, calcolando circa le otto del mattino solo grazie all’ombra
della bottiglia proiettata sul muro dai raggi di sole. Esperanza è
seduta tutta allegra accanto a lei. Ha ancora addosso il corsetto troppo
stretto e la cravatta nera – Buongiorno, Marianne!-
Marianne
sorride – Esperanza, la sorellona vuole dormire- e tira le coperte sopra
la testa. Esperanza ride di nuovo, tirandole via il lenzuolo dal viso e infilandosi
sotto con un movimento sinuoso.
- Esperanza
- dice Marianne – se volevi dormire con la sorellona bastava dirlo-
sorride, trovandosi il viso bronzeo di Esperanza davanti agli occhi. Esperanza
ha quell’aria ebete di chi non capisce niente, ma ha un sorriso
adorabile. Le circonda il fianco con un braccio, notando quanto la sua pelle
sembra bianca in confronto a quella di Esperanza. Marianne è a pezzi
e prega che Esperanza non abbia voglia di parlare. Di non parlare molto, almeno. Poi con quel corsetto non
può neanche palparla decentemente (palparla in genere è l’unica
cosa che la fa stare zitta o che almeno le fa dire qualcosa d’interessante).
Esperanza si limita a sfiorarle le guancie sorridendo.
- Vuoi
dirmi qualcosa, Esperanza?- domanda Marianne sospirando. Esperanza la guarda –
Mignotta.- dice allargando il sorriso.
Marianne
la afferra per un fianco e la butta sul letto, stringendola per la cravatta
nera. Esperanza ride davanti alla sua faccia. Marianne si china sulle sue
labbra – Per te è signora Mignotta, va bene?- poi la bacia,
complimentandosi con se stessa per averla fatta smettere di ridere
stupidamente.