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Autore: Akrois    03/03/2010    1 recensioni
01. [Trincea][Un Nibbio] [Prussia;N.Italia]
02. [Calore][Una Gabbia][Oc!Siberia;Oc!Alaska]
03. [Riflesso][Per un milione d'anni -amata- maledetta][Oc!Terni;Oc!Perugia]
04. [Cravatta][Mrs. Bitch][Genderbender!Francia;Genderbender!Spagna]
05. [Mura][Secchi di sassi][Lituania;Polonia;Russia;Oc!Siberia]
Sai quante lingue parlano queste mura?- domandò. Lituania scosse la testa e Siberia lo guardò – Ne parlano più di cinquanta.
- Davvero?
- Già.- Siberia si voltò, dandogli la schiena – Riescono ad urlare anche in lituano, a quanto pare.
Lituania abbassò il capo, osservandosi le scarpe. – Non smetteranno di gridare in lituano finché non smetteranno di farlo anche in polacco.
- Allora grideranno per molto tempo.-
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Autore: Akrois
- Titolo: Girotondo ~
- Titolo del Capitolo: Mrs. Bitch  

- Personaggi:  Genderbender!Francia (Marianne Bonnefoy), Genderbender!Spagna ( Esperanza Felisa  Carriedo).

- Genere: Storico (?), romantico (?)
- Rating: Arancione.
- Avvertimenti: One-short, AU, lieve turpiloquio.

- Conteggio parole: 740
- Note:   Sono Spagna e Francia. Sono donne. Durante la guerra. A Parigi. In un bordello. Cosa volete che vi dica? Ah, è scritta con questo stile apposta, eh.

Meno una!

Prompt: Cravatta

 

 

04

 

Mrs. Bitch

 

 

 

Marianne fissa il riflesso di un’unghia rosso brillante nel vetro del bicchiere per qualche minuto, prima di decidersi a prenderlo fra le mani e berlo. Il liquido dolciastro (troppo dolciastro) scivola nella sua gola rapidamente, lasciandole qualche secondo prima che l’alcool entrasse in circolo in tutto il suo corpo.

Si gira sullo sgabello, voltandosi vero il palchetto coperto di stoffa rossa tarlata, grande abbastanza da farci stare due uomini ed Esperanza.

Marianne si chiede spesso cosa ci trovano gli uomini in Esperanza. Ha i fianchi larghi, il viso rotondo e un seno inutilmente enorme. Eppure nessuno sembra badare al culo grande come la Groenlandia mentre balla con quell’abito verde acceso che era tipo un pugno in un occhio ma che stava da Dio con i suoi di occhi.

Poi, culona o no, dopo cinque minuti di ballo riesce a eccitare abbastanza tutti gli uomini della platea da farli durare almeno un’ora solo grazie al ricordo del sudore che scivolava sul suo seno.

Marianne ride, è di buon umore. Il bicchiere vuoto è sul bancone scuro del bar accanto a cinque o sei suoi simili altrettanto vuoti. Suvvia, pensa Marianne, posso anche concedermi di bere e ridere, no? La serata è appena cominciata! Marianne ferma il proprio cervello prima che questi la avverta che metà di quegli stranieri sbavanti se li dovrà portare a letto lei.

Sposta gli occhi azzurri verso quel lampo verde che balla indiavolato al ritmo della chitarra e delle nacchere il cui suono è quasi sovrastato dal battere delle mani del pubblico. Eppure Marianne riesce a sentire i tacchi di Esperanza che battono sul legno (forze scheggiandolo) mentre segue con gli occhi i movimenti delle mani da gitana di Esperanza, quelle dita affusolate del colore del bronzo piene di anelli dorati che Marianne adora.

È bella, Esperanza, è bella davvero e Marianne si torce le mani quando la vede chinarsi verso uno di quegli allupati in platea e sfiorarlo con una delle nacchere che tiene in mano. L’uomo quasi sviene come la protagonista di un romanzo rosa e si accascia sulla sedia ridendo sguaiatamente e allungando le mani verso Esperanza che sorride ballando.

 

 

 

 

 

 

Quando spunta l’alba Marianne esce della stanza sbadigliando con la mascella quasi divelta e sembra un cobra biondo con la guepiere bianca un po’ sfilacciata.

Esperanza le passa davanti, una cravatta nera che pende sul seno che straborda da un corsetto nero.

- Ciao, mignotta!- esclama ridendo e salutandola con la mano. Marianne sorrise e la saluta a sua volta, ben conscia che quello striminzito cervello ispanico che  Esperanza si ritrova non può arrivare neanche lontanamente a concepire la portata della parola “mignotta”. È quasi sicura che Esperanza non sappia neanche cosa voglia dire “mignotta”. Sicuramente pensa che loro là dentro facciano volontariato per i soldati. Dirle che c’era chi in tutto quello ci intascava dei soldi le sembrava crudele come dire a un bambino moribondo che il paradiso non esiste. E che chiaramente lui non incontrerà la sua mamma dall’altra parte.

 

 

 

Marianne apre gli occhi, calcolando circa le otto del mattino solo grazie all’ombra della bottiglia proiettata sul muro dai raggi di sole. Esperanza è seduta tutta allegra accanto a lei. Ha ancora addosso il corsetto troppo stretto e la cravatta nera – Buongiorno, Marianne!-

Marianne sorride – Esperanza, la sorellona vuole dormire- e tira le coperte sopra la testa. Esperanza ride di nuovo, tirandole via il lenzuolo dal viso e infilandosi sotto con un movimento sinuoso.

- Esperanza - dice Marianne – se volevi dormire con la sorellona bastava dirlo- sorride, trovandosi il viso bronzeo di Esperanza davanti agli occhi. Esperanza ha quell’aria ebete di chi non capisce niente, ma ha un sorriso adorabile. Le circonda il fianco con un braccio, notando quanto la sua pelle sembra bianca in confronto a quella di Esperanza. Marianne è a pezzi e prega che Esperanza non abbia voglia di parlare. Di non parlare molto, almeno. Poi con quel corsetto non può neanche palparla decentemente (palparla in genere è l’unica cosa che la fa stare zitta o che almeno le fa dire qualcosa d’interessante). Esperanza si limita a sfiorarle le guancie sorridendo.

- Vuoi dirmi qualcosa, Esperanza?- domanda Marianne sospirando. Esperanza la guarda – Mignotta.- dice allargando il sorriso.

Marianne la afferra per un fianco e la butta sul letto, stringendola per la cravatta nera. Esperanza ride davanti alla sua faccia. Marianne si china sulle sue labbra – Per te è signora Mignotta, va bene?- poi la bacia, complimentandosi con se stessa per averla fatta smettere di ridere stupidamente.

 

 

   
 
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