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Autore: cassiana    03/03/2010    1 recensioni
[Voy] Ancora una volta la Voyager si trova coinvolta negli intrighi del Quadrante Delta. Ma il Capitano Janeway dovrà preoccuparsi anche della sua relazione con Chakotay. Scegliere diventa sempre più difficile.
Genere: Romantico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Chakotay/Janeway
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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When love ad hate collide

Disclaimer: i personaggi non mi appartengono ma sono dei rispettivi autori. La storia è scritta senza scopo di lucro.



When love ad hate collide

 
          


        Chakotay si appoggiò alla fredda parete di metallo del turboascensore e chiuse gli occhi per un momento. Era stata una giornata lunga e non vedeva l’ora di trovarsi nel suo alloggio e togliersi quella divisa che sentiva soffocarlo. Magari anche chiedere aiuto agli Spiriti. Era stanco, di più: era maledettamente logorato da tutta quella situazione. Il sibilo delle porte che si aprivano lo costrinse a riaprire gli occhi. Perfetto, ci mancava solo Kathryn a rendere un momento infelice ancora più pietoso. Chakotay sorrise suo malgrado: era ingiusto, non poteva prendersela col Capitano per tutta quella situazione, non era colpa sua; non tutta, almeno.
        - E’ stata una giornata terribile, Comandante.
Esordì goffa Kathryn osservando l’uomo: le apparve provato, i lineamenti tirati, il colorito bronzeo come offuscato. Ebbe un’improvvisa voglia di carezzargli il viso, ma si fermò appena in tempo costringendosi a trincerarsi dietro ad un formalismo che odiava. Non sapeva perché o quando quella freddezza aveva cominciato ad insinuarsi nel loro rapporto o forse lo sapeva ma non voleva pensarci per impedire al dolore di sconfinare da dove lo aveva richiuso. I minuti passavano, il silenzio divenne un ospite sgradevole. Chakotay si forzò di sorridere, si chiese perché fossero dovuti arrivare a quel punto, se avessero potuto recuperare in qualche modo il loro rapporto. Ma subito vivide immagini della giornata appena trascorsa vennero ad assalire la sua memoria. S’irrigidì di nuovo, per quanto avesse voluto dimenticare la rabbia ribolliva ancora troppo forte in lui per permettergli di lasciare correre, non questa volta. Kathryn si accorse del cambiamento dell’espressione sul viso dell’uomo, si mordicchiò un labbro. Si rendeva perfettamente conto che Chakotay stava per arrivare al limite estremo della sua pazienza e che a trascinarlo fino a quel punto era stata lei. Ma non poteva permettersi di comportarsi in un modo differente da quello, se solo lui avesse potuto comprenderla! Non era solo perché era un Capitano alle prese con una missione quasi impossibile, ma era il suo modo di essere. Non sarebbe stata Kathryn Janeway altrimenti e non poteva perdere la sua identità solo per far piacere a Chakotay, né a nessun altro. Kathryn si massaggiò la nuca, sospirò mentre le recriminazioni continuavano a punzecchiarle la mente come uno sciame d’insetti fastidiosi. Scosse la testa, così non andava.
        - Computer arresta il turboascensore!
Chakotay la guardò interrogativo. Che diavolo pensava di fare? Non aveva voglia di stare rinchiuso con lei più del tempo necessario, non quella volta. E per un attimo colse l’ironia della situazione: ritrovarsi bloccato nel turboascensore con il suo Capitano era una fantasia in cui indugiava spesso ed ora che si era avverata non aveva nessuna intenzione di trovarsi lì. Si tormentò il lobo di un orecchio, in attesa.
        - Chakotay, penso che dovremmo parlarne.
Esordì Kathryn con un tono tranquillo. L’uomo di fronte a lei grugnì e incrociò le braccia.
        - Non credo ci sia niente da aggiungere - replicò secco - Computer sblocca il turboascensore: ponte tre.
Kathryn s’irrigidì a sua volta ma si costrinse ad usare un tono cauto, voleva davvero cercare di ricomporre la situazione:
        - Chakotay mi rendo conto che abbiamo avuto una discussione piuttosto animata. Ma so anche che tu sei un uomo ragionevole e parlare di quanto è accaduto potrebbe aiutare a ricomporre il nostro dissidio.
Chakotay l’osservò incredulo: animata non era il termine che avrebbe usato per descrivere la lite che avevano avuto, piuttosto espressioni quali azzuffarsi come cane e gatto avrebbero fotografato meglio la situazione. Ma si sforzò di non recriminare dato che sapeva quanto costasse a Kathryn pronunciare quelle parole. Allargò le narici in un piccolo sbuffo.
        - Se vuoi farmi le tue scuse, sai che sarò felice di accettarle.
        - Non è esattamente questo ciò che intendevo dire…
        - E allora non vedo di cosa dovremmo parlare.
Le porte del turboascensore si aprirono:
        - Buona notte Capitano.
Chakotay uscì a grandi falcate senza aggiungere altro. La sua freddezza, il formalismo con il quale l’aveva salutata, colpirono Kathryn come uno schiaffo gelido in pieno viso, si portò una mano alla bocca. Uscì a sua volta dal turboascensore per raggiungere i suoi quartieri mentre i ricordi di quella giornata l’assalivano…

**********

        Sul ponte ferveva la solita attività, Kathryn stava studiando alcuni rapporti mentre Chakotay la ragguagliava sull’ultima esercitazione che aveva programmato.
        - Capitano, rilevo un pianeta di classe M a circa 2.3 anni luce.
Esclamò Kim.
        - Scanner dell’area, vediamo di saperne di più.
        - Ci sono segni d’intensa attività elettromagnetica, senza dubbio è un pianeta abitato e a tecnologia avanzata.
Kathryn si voltò verso il guardiamarina:
        - Ottimo, Signor Kim, continui ad analizzare  le fonti di energia. Sentiamo se Neelix sa qualcosa degli abitanti di questo pianeta.
Il talassiano fornì loro qualche notizia: erano in prossimità del pianeta Acrohn i cui abitanti non erano mai stati famosi per la loro ospitalità.
        - Tuttavia – concluse Neelix – non sono neanche particolarmente ostili. Sembra che abbiamo una tecnologia piuttosto avanzata di cui però sono molto gelosi.
        - Forse riusciremo a convincerli a condividerne una parte con noi.
Intervenne Chakotay con un piccolo sorriso che mascherava la tensione.
        - Capitano rilevo due vascelli in avvicinamento!
Esclamò Kim  mentre le sue dita volavano sulla consolle.
        - Deve essere il nostro comitato d’accoglienza!
Commentò Tom Paris.
        - Vediamo di stabilire un contatto, apra un canale Tuvok.
Quando il volto squamoso di un alieno fu visibile sullo schermo Kathryn si presentò al solito modo cauto, ma amichevole. Non voleva sembrare aggressiva, anche se la Voyager spesso era preceduta da una fama sinistra. L’alieno disse loro che era il Capitano Kertell e che avrebbe contattato il governatore, nel frattempo sarebbero dovuti rimanere sulla Voyager senza tentare di scendere in nessun modo sulla superficie del pianeta. Poi tolse la comunicazione senza aspettare ulteriori repliche.
        - Questo è il massimo della loro cortesia, immagino!
Scherzò Chakotay, Kathryn sorrise e replicò rilassata:
        - Non ci hanno neanche sparato addosso però: è già un passo avanti – tornata seria si rivolse a Neelix – cosa sai dirci riguardo alla loro tecnologia?
Gli acrohniani erano in grado di compiere viaggi molto lunghi in tempi relativamente brevi ma essendo così diffidenti non si sapeva di preciso quale metodo usassero. Kathryn batté le mani ed esclamò fiduciosa:
        - E’ una cosa che spero di riuscire a scoprire non appena qualcuno verrà a contattarci.
Dopo diverse ore un delegato acrohniano fu disposto ad aprire una trattativa con la Voyager a patto che i colloqui si tenessero su una delle navi di Acrohn.
        - Questo ci darà un po’ di tempo: tenente Torres continui ad analizzare le fonti di energia del pianeta. Comandante, signor Tuvok, con me!
Mentre gli ufficiali superiori erano a colloquio con gli acrohniani la Voyager captò una trasmissione proveniente dal pianeta. Janeway fu avvisata immediatamente e approfittando di una pausa nei negoziati si fece teletrasportare sulla Voyager per avere maggiori ragguagli.
        - Si tratta di un messaggio cifrato inviato attraverso pacchetti quantici. Non ce ne saremmo accorti se non avessimo compiuto un’analisi ad ampio spettro.
Le spiegò B’Elanna. La trasmissione proveniva da un gruppo di dissidenti che si diceva disposto a fornire parte della tecnologia e delle conoscenze acrohniane in cambio di armi. Era una offerta allettante per il Capitano che si era già resa conto che i colloqui con gli acrohniani non stavano portando da nessuna parte. Richiamò sulla nave anche Chakotay e Tuvok ed indisse una riunione in sala tattica.
        - Signori, qui ci troviamo di fronte ad un dilemma di difficile risoluzione. Mi sembra che quella dei resistenti sia una di quelle offerte che non si possono rifiutare.
Esordì Janeway. Tuvok prese la parola per primo:
        - Capitano, sappiamo troppo poco riguardo a questo gruppo di ribelli. Consiglio di acquisire maggiori informazioni prima di formulare uno specifico piano di azione.
        - Inoltre Neelix li ha definiti terroristi, credo ci sia una certa differenza e dobbiamo stare attenti a non infrangere la Prima Direttiva.
Fu d’accordo anche Chakotay. Kathryn si era alzata in piedi e passeggiava avanti e indietro ascoltando i suoi ufficiali. Quando si fermò la sua voce era ferma:
        - Quel che è certo è che le trattative col governo acrohniano si sono arenate, è chiaro che i governanti di Acrohn ritengono che non abbiamo nulla che valga la pena scambiare con loro. Mentre quest’altra fazione sembra essere l’unica speranza di accorciare la nostra permanenza nel Quadrante Delta. 
Era chiaro che il Capitano aveva preso la sua decisione, si trattava solo di metterla in atto. Chakotay ebbe un moto di disappunto.
        - C’è qualcosa che vorrebbe dirmi, Comandante?
        - Con tutto il rispetto, Capitano, ma non credo sia lecito intrometterci in una lotta intestina di cui non sappiamo nulla.
        - Prendo nota del suo rilievo, ma non è la prima volta che ci troviamo coinvolti in situazioni del genere. Intanto prenderemo contatto con i ribelli, nulla ci vieta di sentire la loro versione. Per il momento in libertà, signori.
        Per qualche ora Janeway si divise tra la delegazione acrohniana e la plancia della Voyager in attesa di un ulteriore contatto con i terroristi. Quando questo avvenne sembrava certo che fosse l’unica strada percorribile. Il problema era in quale modo potesse avvenire lo scambio, ogni comunicazione da e per Acrohn era infatti controllata. Fu Sette di Nove a trovare la soluzione per quell’inconveniente:
        - Ho analizzato le varie possibilità e ho pensato che potrei riprogrammare i miei nanoidi borg in modo che generino onde di disturbo così da essere invisibile ai loro sensori.
Kathryn aggrottò la fonte riflettendo:
        - Stai proponendo una sorta di sistema di occultamento. E’ possibile farlo in tempi brevi?
        - Con l’aiuto del tenente Torres e del Dottore ci vorranno poche ore.
        - Un minuto. Stai dicendo che invieresti Sette di Nove da sola, senza copertura e protetta unicamente da un dispositivo di occultamento sperimentale?
Chakotay non poteva crederlo, la sua voce era salita di tono ma Sette si voltò verso di lui:
        - Comandante, ho calcolato che il potenziale di pericolo di questa missione ha una percentuale del quarantotto per cento.
        - Inoltre potremmo inviare diversi segnali di varia natura per confondere i loro sensori. Diremo che abbiamo un problema col nostro sistema di comunicazione.
Intervenne B’Elanna. Per qualche tempo ci fu silenzio, gli occhi erano tutti puntati sul Capitano. Kathryn sapeva che era una missione pericolosa e dall’esito incerto. Osservò la borg, il suo atteggiamento sicuro che forse nascondeva l’ansia di essere riconosciuta parte dell’equipaggio, di compiacere il suo Capitano. Kathryn si morse il labbro inferiore:
        - Va bene, facciamolo! Signor Kim inizi a produrre una sequenza di onde subspaziali a frequenza variabile. B’Elanna, Sette, sapete cosa dovete fare.
Chakotay osservò la scena a braccia conserte, le labbra strette in una linea sottile.
        - Kathryn, posso dirti una parola?
Gli occhi di B’Elanna si alzarono brevemente dal suo lavoro, con lo sguardo seguì i due ufficiali allontanarsi. Era l’unica che si era accorta che Chakotay aveva chiamato per nome il Capitano e questo le indicò quanto fosse agitato. Diede un piccolo sbuffo e desiderò per un breve momento che entrambi trovassero il coraggio di agire apertamente, voleva bene a tutti e due ed era in momenti come questo che detestava più che mai i protocolli della Flotta. Un’osservazione di Sette la riscosse da quei pensieri e B’Elanna tornò a concentrarsi sul suo lavoro.
        Chakotay e Kathryn si fronteggiarono, furenti. Era già da qualche minuto che discutevano: il Primo Ufficiale aveva fatto presente che inviare un elemento dell’equipaggio sul pianeta quando era stato espressamente vietato contrastava con ogni principio di buon senso e sicurezza.
        - Chakotay non stai mettendo a fuoco la situazione: forse per te è un’alternativa accettabile ma non possiamo continuare a vagare per il Quadrante Delta come randagi. Devo fare tutto quanto è in mio potere per tornare a casa.
        - Non sto dicendo che questo stia sbagliato. Ma stiamo conducendo una trattativa a questo scopo. Perché rovinare tutto e mettere in pericolo la nave?
Il Comandante cercò di essere ragionevole, le ricordò che stavano intromettendosi in una guerra di cui non sapevano niente. Se i ribelli fossero stati invece terroristi e avessero in mente di uccidere persone innocenti con quelle stesse armi che stavano così leggermente scambiando, avrebbe saputo affrontare il rimorso per una scelta sbagliata? Kathryn si allontanò di un passo, si premette una mano contro la fronte. Sapeva benissimo che stavano correndo un rischio, ma a volte era tutto quello che avevano. Non riusciva a capire perché Chakotay fosse diventato così cauto, perché contrastava la sua autorità: dov’era il maquis audace che aveva sempre una soluzione sorprendente ai loro problemi? Lo guardò in tralice, aveva il bel volto contratto, gli occhi brillavano di una furia ostinata. Per un momento Kathryn non parlò, sospirò brevemente.
        - Comandante, la discussione è chiusa.
Sbottò stanca. Ma Chakotay non era dello stesso avviso, non avrebbe permesso che la testardaggine del Capitano mettesse in pericolo tutti loro.
        - Kathryn, non stai considerando i principi della Federazione a cui dobbiamo attenerci…
        - A volte i protocolli vanno interpretati in maniera elastica. Questa è una situazione troppo inusuale per poterli seguire in maniera eccessivamente rigida.     
Chakotay digrignò i denti: quando si trattava del loro rapporto però Kathryn non si mostrava altrettanto elastica, pensò amareggiato.
        - Stai mettendo in pericolo l’equipaggio!
        - Sai che non farei niente di simile, Chakotay. Si tratta di un rischio calcolato. E Sette si è offerta volontaria.
        - Da quando offrirsi volontari è diventata un’autorizzazione per missioni suicide? Non posso credere che sia proprio tu a permetterle una cosa del genere.
        - L’unico motivo per cui non vado io stessa è che non ho impianti borg.
Rispose secca Kathryn. Chakotay era esasperato, avrebbe voluto scuoterla fino a farle ritrovare la ragione.  Fece a sua volta un passo avanti e si scoprì a considerarla nonostante tutto bellissima anche se aveva i lineamenti del viso tirati e un’espressione dura negli occhi celesti. Questo lo irritò ancora di più  e lo spinse ad inveire:
        - Stai abusando del tuo potere, sei intossicata di adrenalina, Kathryn! Non permetterò che ci mandi allo sbaraglio!
Janeway spalancò gli occhi, incredula, come osava!
        - Stai rasentando l’insubordinazione Comandante.
Sibilò furibonda lanciandogli un’occhiata gelida. Chakotay allargò le braccia:
        - Vuoi confinarmi nei miei alloggi? Fa pure, ma io così non posso fare il mio lavoro!
In quell’istante il comunicatore di Kathryn cinguettò:
        - Qui Torres, Capitano. Abbiamo ultimato le modifiche ai nanoidi borg.
        - Arrivo subito. Janeway chiude.
Con un’ultima occhiata glaciale al suo Primo Ufficiale Kathryn lasciò la sala tattica. Chakotay l’osservò impotente e si costrinse a seguirla.

        Come aveva appena confermato B’Elanna tutti gli impianti borg di Sette erano stati modificati in modo da costituire un dispositivo di occultamento ai sensori. Kim aveva continuato la sua azione di disturbo e quando Kertell, che a quanto sembrava era l’ufficiale di collegamento tra le due delegazioni aveva protestato, era stato pronto a propinargli la scusa che aveva ideato insieme al Capitano. L’acrohniano si era mostrato seccato e aveva dato loro sei ore per risolvere il problema. Questo restringeva la finestra temporale durante la quale potevano agire. Avevano inviato un messaggio ai ribelli e avevano stabilito le coordinate dello scambio.
        - L’unico problema è che anche le nostre comunicazioni saranno disturbate quindi dovremo agire in silenzio radio.
Spiegò Harry, inoltre agganciare il segnale per il teletrasporto sarebbe stato complicato. A questo scopo avevano creato un dispositivo ripieno di hutzelite, un minerale capace di emettere radioisotopi. In questo modo Sette di Nove non avrebbe dovuto far altro che accendere il trasmettitore una volta effettuato lo scambio e la Voyager avrebbe agganciato il segnale per portarla su. Sette si mise al collo il piccolo dispositivo, camuffato da monile. Kathryn l’osservò per un momento poi ispirò a fondo:
        - Va bene, Sette sei pronta?
Quando la donna annuì Janeway diede il comando di attivazione del teletrasporto.
        Qualsiasi cosa sarebbe successa adesso non potevano far altro che aspettare e sperare per il meglio. La plancia era silenziosa e quieta, Chakotay sedeva rigido sulla propria poltrona, l’unico segno di nervosismo era dato dal suo stropicciarsi un orecchio. Kathryn era in piedi, ora dietro la postazione del timoniere, ora accanto a Kim o Tuvok. Senza accorgersene stava compiendo dei giri concentrici intorno alla plancia ma evitava di avvicinarsi al Comandante. In effetti non avevano scambiato una sola parola, anzi si erano a malapena guardati.
        - Capitano, un messaggio in arrivo da parte degli acrohniani!
La voce di Tuvok spezzò la tensione nel ponte di comando.
        - Sullo schermo, tenente. Capitano Kertell lieta di vederla di nuovo!
Ma l’alieno era tutt’altro che allegro. Con voce secca berciò:
        - Cosa state cercando di fare? C’è qualcuno dei vostri su Acrohn!
Come dei perfetti giocatori professionisti nessun ufficiale della Voyager mosse un muscolo. Kathryn sorrise brevemente:
        - Capitano Kertell, come le ha spiegato il nostro addetto alle comunicazioni abbiamo dei problemi con i sensori. Questo può causare delle false letture e dei disturbi anche nei vostri sistemi di rilevamento. Ma stiamo lavorando per cercare di rimetterli in funzione nel più breve tempo possibile.
        - Capitano Janeway, non permetto che mi si prenda in giro! Crede che non teniamo d’occhio i nostri ribelli? Consideriamo la vostra disobbedienza come un atto ostile ad Acrohn. Lasciate immediatamente questo spazio aereo o vi attaccheremo!
Lo schermo divenne nero quando Kertell tolse la comunicazione. Kathryn aspirò rumorosamente dal naso, per un momento incontrò lo sguardo di Chakotay e le sembrò di cadere in un pozzo nero e gelido.
        - Allarme rosso! B’Elanna tiri subito Sette fuori di lì! Comandante a lei il ponte!
Urlò poi dirigendosi in sala teletrasporto. Nella plancia oscurata rosseggiarono fiocamente i segnali d’allarme mentre la sirena iniziò il suo lacerante lamento. Kim interruppe la sua azione di disturbo e cercò la borg per poterla agganciare al segnale. Ma in quel momento una salva di colpi partì dal vascello acrohniano.
        - Comandante, non possiamo tenere gli scudi alzati se vogliamo tirare su Sette!
Urlò trafelato Kim.
        - Timoniere, compia una manovra evasiva delta quattro! Questo ci darà il tempo necessario per un teletrasporto d’emergenza.
La Voyager si mosse schivando i phaser nemici, ma gli acrohniani non si diedero per vinti e anche l’altro vascello si unì alla battaglia. La Voyager fu colpita duramente.
        - Comandante danni ai ponti undici e dodici!
        - Manovra evasiva teta uno!
Il vascello di Kertell volò intorno alla Voyager manovrando in modo da stringerla in una tenaglia con l’altra nave acrohniana.
        - Caricare i siluri fotonici!
        - Siluri pronti!
        - Fuoco!
Due snelle torpedini furono espulse dalle gondole della Voyager e si andarono a schiantare contro uno dei vascelli acrohniani. Chakotay toccò il proprio combadge e urlò:
        - B’Elanna non abbiamo più tempo, dobbiamo alzare gli scudi!
        - Ci siamo quasi Comandante!
Un forte scossone indicò che la Voyager era stata di nuovo colpita. Chakotay ondeggiò e dovette tenersi alla poltrona del capitano. Tom fu sbalzato fuori dalla sua postazione.
        - Stiamo perdendo i supporti vitali dei ponti inferiori!
Avvisò Tuvok mentre un altro scossone li faceva ondeggiare. Chakotay digrignò i denti, aprì e chiuse i pugni, doveva prendere immediatamente una decisione: mettere in pericolo l’intero equipaggio per salvare uno di loro o sacrificarne un membro per la sicurezza di tutti. Un altro colpo fece sobbalzare la plancia. La voce esultante del Capitano si propagò sul ponte:
        - Ci siamo: alzate gli scudi!
Pochi secondi dopo Kathryn fece il suo ingresso in plancia. Dovevano cercare di allontanarsi di lì più in fretta possibile.
        - Tuvok, fuoco a volontà!
Un’altra raffica di phaser partì dai banchi frontali della Voyager e colpì uno dei vascelli acrohniani che si sganciò dalla battaglia. Ancora una volta la Voyager volteggiò con insospettabile grazia attraverso i colpi acronhiani e si portò fuori tiro.
        - Massima velocità di curvatura, Paris. Attivare!

        Una volta riusciti a teletrasportare Sette a bordo si accorsero che era ferita: un largo squarcio deturpava il lato del bel volto dove erano impiantati i suoi componenti borg e dalla spalla sinistra usciva del sangue. Dopo qualche ora in infermeria il Dottore aveva sciolto la prognosi: si trattava di una brutta ferita lacero-contusa dovuta ad un fendente inflitto con un corpo contundente. I componenti di plastometallo avevano difeso le ossa del cranio ed essi stessi non avevano subito danni rilevanti. Inoltre Sette aveva una ferita da phaser e ulteriori contusioni derivate da un’aggressione e dal susseguente tentativo di difesa. Kathryn non si era allontanata un solo minuto dal capezzale della ragazza accarezzandole i capelli biondi in un moto di preoccupato affetto, combattendo con il rimorso che sapeva sarebbe sorto ad assalirla di lì a poco. Una volta ritornata operativa Sette aveva insistito per fare il suo rapporto, per quanto il Capitano avesse cercato invano di convincerla a riposarsi.
        Una volta scesa su Acrohn Sette aveva subito identificato tre individui che dovevano essere i ribelli, ma il loro comportamento nervoso l’aveva messa sull’avviso: per quanto ci si aspettasse una certa tensione il loro atteggiamento era fin troppo sospetto per non renderla diffidente. L’avevano circondata rapidamente e quello che sembrava il capo le aveva puntato un’arma contro.
        - Le armi?
Non le avevano teletrasportare ancora, in attesa di un segnale da parte sua e così Sette aveva bluffato, il viso inespressivo e la voce ferma:
        - La tecnologia?
L’acronhiano aveva sogghignato:
        - A tempo debito. Perquisitela!
Gli altri due si erano fatti avanti ma Sette si era già irrigidita. Con un colpo secco del gomito aveva fratturato il naso di uno degli alieni. Quello si era piegato in due urlando e tenendosi il volto con le mani sporche di sangue. Il leader ribelle aveva chiamato rinforzi e un gruppo di soldati si era unito alla mischia. La situazione di Sette era sembrata disperata, ma la ragazza era riuscita ad afferrare un phaser da uno dei suoi nemici e lo aveva usato senza pietà. Un uomo l’agguantò da dietro facendole perdere la presa sull’arma, Sette si era trovata le braccia bloccate ma era riuscita a piazzare un calcio ad uno dei suoi stinchi e aveva sentito chiaramente il rumore dell’osso spezzato. Con una piroetta si era liberata e aveva cercato di recuperare l’arma ma un altro uomo le aveva colpito il volto col calcio di un fucile. Questo l’aveva stordita e aveva rallentato i suoi riflessi. Gli uomini si erano fatti ancora sotto e un colpo di phaser l’aveva sbalzata indietro. Subito dopo si era svegliata in infermeria.  Erano caduti in una trappola, con tutta probabilità il primo messaggio era stato inviato realmente dai ribelli, ma poi il governo acrohniano aveva scoperto tutto e aveva teso loro un agguato. Kathryn l’aveva guardata sconsolata:
        - Mi dispiace Sette di Nove, ti ho messa in una situazione pericolosa. Ti chiedo scusa.
        - Non deve biasimare se stessa Capitano. Sapevo i rischi a cui andavo incontro e non poteva prevedere che fosse un agguato. Nessuno di noi poteva.
 Chakotay l’aveva fatto


**********

        …Kathryn era allungata sul divano del suo alloggio. Non riusciva a dormire, non si era nemmeno spogliata del tutto, aveva ancora la maglia celeste e i pantaloni dell’uniforme. Guardava la distesa immensa e nera che era diventata la loro prigione. Era inquietante pensare che uno spazio così infinitamente vasto potesse diventare soffocante come una cella. Scosse la testa: era andato tutto male. Avevano dovuto ancora una volta combattere e infrangere i principi in cui credevano e tutto per niente. Su una cosa Chakotay aveva ragione, doveva dare la colpa unicamente a se stessa. Alla fine tutto non si riduceva a nient’altro che a questo: fare delle scelte e convivere con le conseguenze a cui queste avevano portato. E il fardello ricadeva unicamente sulle sue spalle, Kathryn ne era cosciente e per quanto si sentisse disperatamente sola era un qualcosa che aveva affrontato troppe volte per poterne essere schiacciata. Ma sentiva anche il bisogno di qualcuno con cui dividere, seppur per breve tempo, quel peso. In quel preciso istante comprese che le mancava terribilmente Chakotay, il buon amico che sapeva come farla ridere e consolarla nei momenti in cui si sentiva vulnerabile, l’uomo che amava e che era divenuto quasi un estraneo. Gli occhi le si riempirono di lacrime, erano mesi che il loro rapporto si era incrinato, che si tenevano a distanza, che incomprensione dopo incomprensione avevano costruito un muro che li separava. La colpa non era unicamente di Chakotay, Kathryn sapeva che lei stessa era da biasimare, forse anche di più di lui. Col cuore pieno di rimpianto e nostalgia ripensò a tutti i momenti trascorsi con lui: erano settimane che non lo vedeva ridere ed erano mesi che ogni istante passato insieme era inquinato dalla frustrazione e dalla rabbia. Perché Chakotay l’amava ed essere solo buoni amici non gli bastava più. Ma Kathryn non poteva permettersi di anteporre la propria felicità all’interesse dell’equipaggio. Ancora una volta si trattava di scegliere tra il bene di uno solo e quello di tutti.
        - Computer individuare il Comandante Chakotay.
        - Il Comandante si trova nei suoi alloggi.
Kathryn sospirò ancora asciugandosi rabbiosamente una lacrima sfuggita al suo controllo. Sperò che almeno lui stesse riposando, odiava la sofferenza che gli stava causando, gli augurò che un buon sonno potesse anestetizzargli il dolore, almeno per una notte. Si raggomitolò su se stessa e rimase a lungo con le mani al volto ad impedirsi di singhiozzare.
        Chakotay non stava dormendo, sedeva esausto sulla sua poltrona preferita, riflettendo. La rabbia ormai era scivolata via lasciandolo spossato e freddo. Non riusciva più a sostenere quella situazione: amava Kathryn, voleva Kathryn, ma lei lo respingeva, si rendeva intoccabile perché pensava non avesse diritto alla felicità fintantoché non fossero tornati a casa. Credeva che fosse un lusso che un capitano non potesse permettersi. Oh Kathryn…se solo gli avesse permesso di tenerla fra le braccia e confortarla e rendere più lieve il peso che doveva sopportare! Eppure lei aveva fatto la sua scelta e se lui l’amava davvero avrebbe dovuto rispettare la sua decisione. Chakotay si prese la testa fra le mani, straziato da quello che avrebbe voluto per sé col rischio di passare per egoista e quello che andava fatto per il bene di Kathryn. Aveva trascorso anni dilaniato da questo dilemma, pazientando e sperando. Si passò una mano sulla faccia, era disposto a continuare a soffrire per una situazione senza via d’uscita? Guardò l’ora, Kathryn era sicuramente sveglia, poteva immaginarla crogiolarsi nel senso di colpa e nel rimorso. Chakotay si alzò: aveva fatto la sua scelta.
        Quando sentì la porta pigolare, Kathryn non fu realmente sorpresa eppure s’illuminò in volto quando lo vide entrare. Chakotay ebbe un tuffo al cuore appena si accorse che lei aveva gli occhi arrossati. Si sedette accanto a Kathryn e le prese una mano senza parlare. Il conforto che seppe darle quel gesto la colmò di una calda sensazione di benessere. Avrebbe voluto appoggiarsi al petto di Chakotay ed essere circondata dalle sue braccia invece si allontanò.
        - Kathryn…
mormorò lui addolorato. Lei scosse la testa, ostinata.
        - Non possiamo, Chakotay.
        - Non puoi o non vuoi, Kathryn? Abbi almeno il coraggio di essere onesta con me.
Replicò Chakotay alzandosi, di nuovo irritato. Non lo accettava, lei lo cercava, lo voleva per gli Spiriti! E quando lui si avvicinava lei si allontanava. Era più di quanto potesse sopportare. Anche Kathryn si alzò, si riavviò in qualche modo i capelli pur non essendocene bisogno.
        - Perché mi rendi tutto più difficile? Io ho bisogno di un amico. Davvero non posso
affrontare tutte le responsabilità e i pericoli che questa missione comporta e poi lottare anche con te. Non ce la faccio Chakotay…
La sua voce si affievolì, si voltò per non fargli vedere la sofferenza sul suo viso. Chakotay le si avvicinò e le posò una mano sulla spalla, l’unico modo con cui permetteva di confortarla.
        - Kathryn stai sacrificando una felicità presente per una speranza futura. E se non dovessimo mai tornare a casa, hai mai pensato a questo? Ascolta Kathryn! Questo sentimento così prezioso è solo nostro. Nessuno può portarcelo via; non i kazon, né i borg. E nemmeno la Federazione!    
Lei si voltò lentamente e lo guardò negli occhi: lo sguardo che si scambiarono vibrò di sentimenti inespressi, dedizione e desiderio. Kathryn si forzò ad allontanarsi ma Chakotay la trattenne per le spalle.
        - Che cosa stai facendo?
        - Quello che avrei dovuto fare da tempo.
Le labbra di Chakotay toccarono quelle di Kathryn, le forzarono, le carezzarono, le assaporarono in un bacio disperato e appassionato. Kathryn non riuscì a fermarsi, gli circondò il collo con le braccia, si aggrappò a lui. E poi si strappò via da quel bacio, senza fiato.
        - Questa è stata la cosa più irragionevole, irresponsabile, folle che…
        - …E la più giusta, naturale e meravigliosa.
La interruppe Chakotay ghignando, le accarezzò i capelli e l’attirò nuovamente a sé. Ma Kathryn era rigida contro le sue braccia.
        - Per quanto siano piacevoli e appaganti un Capitano e un Comandante della Flotta non possono scambiarsi effusioni tra loro, i protocolli non lo permettono!
Chakotay esasperato la lasciò andare:
        - Devi sempre pensare alla Federazione? Non puoi mai pensare per una volta a noi?
        - No! – si obbligò a rispondere Kathryn con la morte nel cuore – e adesso vai. Per favore.
Chakotay rimase per un momento fermo a guardarla incredulo, amareggiato. Poi si avvicinò alla porta ma prima di uscire si voltò:
        - Non smetterò mai di provarci, Kathryn.



   
 
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