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Autore: Liy    05/03/2010    2 recensioni
Come poteva Jack, un Vessalius, essere il miglior amico del capo dei Baskerville, il Padrone Glen?
Erano due entità troppo distanti, ma allo stesso tempo troppo vicine. Erano due facce della stessa medaglia. Vivevano l'uno all'ombra dell'altro, e quell'ombra li legava indissolubilmente.
E loro, semplicemente, sorridevano.
[Lottie][Jack][Glen][Onesided LottiexGlen]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Glen Baskerville, Jack Vessalius, Lottie
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Little World
Personaggi: Lottie, Jack e Glen.
Pairing: Onesided LottiexGlen.
Rating: Verde.
Genere: Introspettivo.
Avvertimenti: One-shot, missing-moment.

Note: Questa è la prima volta che pubblico nel fandom di Pandora Hearts. Non è la prima volta che scrivo su questo manga, ma è la prima che pubblico - avevo in cantiere una OzxAlice, ma non so se la finirò mai. ... COMUNQUE! Questa One-shot risale a tempo fa, qualcosa come sette mesi fa, credo. Perché la pubblico adesso? Boh. Non lo so.
E' una fanfic senza pretese - infatti non mi piace per nulla come l'ho scritta. Leggetevela pure e, se vi va, recensite!
Questa fanfic è dedicata alla Frà. Non ricordo perché, ma le avevo detto che gliel'avrei dedicata, quindi...

Disclaimer: Questi tre idioti di 100 anni prima e tutti gli altri personaggi di Pandora Hearts appartengono a Jun Mochizuki.



Little World

 

Jack era un idiota.

Un grande idiota, aveva realizzato Charlotte, fissandolo mentre porgeva con disinvoltura dei fiori – fra sorrisi smielati e parole altrettanto lusinghe – alle dame nella residenza dei Baskerville.

Un idiota di come non ne aveva mai visti.

Ma lei questo lo sapeva. Sin dal loro primo incontro aveva capito che a quel ragazzo – uomo? Bambino? - mancava qualche rotella.

Terzo figlio di una famiglia nobile di basso rango, un semplice costruttore di carillon, eppure... lui era l'unico che, per quanto avesse potuto osservare Charlotte, riusciva a far sorridere il Padrone Glen.

E lo vedeva sorridere genuinamente, mentre parlava con l'idiota.

Si sentiva il cuore leggero, Charlotte, nel vederlo inarcare gli angoli delle labbra in quel sorriso sincero.

E più vedeva quei due parlare – e ridere – più si sentiva esclusa. Non faceva parte del loro piccolo mondo – nessuno avrebbe potuto -, ma si sentiva in qualche modo tradita.

Come poteva Jack, un Vessalius, essere il miglior amico del capo dei Baskerville, il Padrone Glen?

Erano due entità troppo distanti, ma allo stesso tempo troppo vicine. Erano due facce della stessa medaglia. Vivevano l'uno all'ombra dell'altro, e quell'ombra li legava indissolubilmente.

E loro, semplicemente, sorridevano.

Charlotte li osservava da lontano mentre, rinchiusi nel loro piccolo mondo, si passavano fra le mani un orologio da taschino. Padron Glen ancora sorrideva.

“Ah! Giusto in tempo, Lottie...”

Jack l'aveva vista.

“Vieni qui, vieni qui.”

Aveva un sorriso idiota stampato su quel volto da bambino troppo cresciuto che, nonostante tutto, le piaceva tanto. Quella sua espressione contenta a volte era irritante, ma il suo modo di porsi alle persone, anche se si fingeva stupido -sì, perché poteva solo fingere - era strabiliante. Riusciva sempre a catturare l'attenzione di chi aveva davanti con poche e semplici parole, accompagnate da un espressione seria, da adulto.

Adulto.

Un modo d'essere che per lui sembrava sconosciuto.

E, mentre Jack le mostrava l'orologio da taschino oro, chiedendo il suo parere, Padron Glen si allontanava.

“Qual è il nome della canzone...?”, aveva domandato, curiosa.

Le piaceva. Era una melodia malinconica, nostalgica e dolce. Le infondeva un senso d'ansia e di pace assoluta.

“Lacie.”

Padron Glen sorrideva ancora.

La guardava e sorrideva.

“Ho scritto io quella melodia...”

Non poteva entrare nel loro mondo, Charlotte. Ma finché il suo padrone, il suo capo, la sua guida, avesse sorriso in quel modo – non importava a chi – per lei era abbastanza. Le bastava saperlo felice.

“Ehi, Jack...”

Aveva sussurrato il suo nome piano, lo sguardo ancora rivolto al profilo di Padron Glen che s'allontanava.

“... Mh?”

Si era voltata appena in tempo per vederlo spalancare gli occhi, incredulo. Non lo chiamava spesso per nome. Di solito, per attirare la sua attenzione, lo afferrava per la treccia – avrebbe tanto voluto strappargliela quella cosa dalla testa -, chiamandolo 'Ehi, tu'.

“... Un giorno mi spiegherai come si costruiscono questi?”, aveva domandato, indicando l'orologio da taschino che aveva ancora davanti al volto.

Improvvisamente le importava dell'hobby di Jack... o forse no. Forse voleva solo conoscere meglio una cosa che Padron Glen aveva trovato interessante, o forse il suo era solo un tentativo per cercar di capire quel Jack.

“Oh, qualsiasi cosa per una ragazza carina come te...!”

Ed ecco di nuovo quell'espressione stupida.

“Jack”, gli aveva afferrato la mano che reggeva l'orologio da taschino, senza fissarlo in volto – quel sorriso l'avrebbe solo infastidita.

“Mh?”

“Questa canzone... Lacie, a chi è dedicata?”

Il volto di Jack era tornato serio, gli occhi velati da una lontana tristezza.

“Io... io credo che questo dovresti chiederlo direttamente a Glen” e poi si era allontanato, riponendo l'orologio in tasca ed incamminandosi verso il passaggio segreto che Glen gli aveva mostrato tempo addietro.

Lottie lo aveva osservato per qualche istante, confusa.

Forse quell'orologio da taschino, per quei due, era più di quello che appariva.

Era un piccolo pezzo d'arte che avevano realizzato entrambi, assieme. Avevano riposto la loro anima in quel piccolo oggetto. E quella canzone doveva avere un significato profondo che, probabilmente, lei non avrebbe mai scoperto. Aveva osservato bene il volto di Jack quando gli aveva posto quella domanda e già immaginava una possibile reazione di Glen a quella sua curiosità.

Non avrebbe mai ottenuto una risposta, non da quei due, almeno.

Perché a lei non era permesso di entrare a far parte di quel piccolo globo caldo di luce che era l'amicizia fra Jack e il suo padrone. Non poteva; in qualche modo nemmeno voleva.

A Charlotte, infondo, bastava sapere che Padron Glen fosse felice e che Jack continuasse a fare l'idiota.

Se solo fosse mancata una delle due facce di quella medaglia, Charlotte lo sapeva, nulla sarebbe più stato come prima. Tutto sarebbe andato distrutto, spazzato via, come le note di quella melodia che si perdeva nel vento.

   
 
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