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Autore: Sailor Mercury    27/07/2005    6 recensioni
Ciaooooo!! Dopo una piccolissima assenza, ritorno sulle scene con questa One Shot che descrive la mia espierienza lavorativa di quest'estate. Leggete e pensate che a me è successo veramente! Un kiss e spero di farvi divertire. Non credo ci sia bisogno di spiegare altro, il titolo dice già tutto. Preparate le dentiere, i para-dentiere, massaggiate bene i muscoli facciali eeeeeeeee iniziate a leggere ihihihih ^_^ zao beddiiiiiii
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedicato a chi, come le, lavora come cameriere o come barman o comunque in risporanti o bar pizzerie eccetera

Vorrei dedicare questa fiction a chi come me lavora in bar, ristoranti eccetera come cameriere/a sperando di strappargli un sorriso (mentre so che a volte c’è solo da piangere)…

Devo ammettere che questa ficcy mi è venuta davvero bene.

Cordeliaaaaaaaaaaaaaa!!! Spero che tu la legga e mi dica cosa ne pensiiii!!!!

Sto sclerando, chiedo scusa.

Un bacione grande grande e PREPARATEVI A RIDEREEEEEEEEE!!! Ahahahahahaha

 

 

 

 

La Sailor Mercury production è lieta di presentare:

 

 

 

La mia vita da cameriera

 

 

 

E’ appena iniziata l’estate e finalmente dopo 9 mesi di tortura, quella cosa chiamata amorevolmente “scuola” è finita. Niente più interrogazioni, niente più sveglia presto, corse per prendere l’autobus che puntualmente perdi sempre, basta coi compiti, basta coi prof!

Ti senti libera, sollevata, stai volando ad un metro da terra.

Cammini per il parco o per il centro con il tuo bel cappello di paglia sulla testa, i sandali, i pantaloncini corti e arrivi ad una bacheca degli annunci di lavoro.

La guardi da lontano con un sorrisetto superiore. Basta con qualsiasi genere di lavoro, prometti a te stessa, da oggi vuoi goderti le meritate vacanze.

All’inizio lo “svegliarsi – prepararsi – andare al mare-oziare – dormire” ti sembra il massimo, ma dopo un mese che fai sempre le stesse, identiche, medesime cose, prendi a schifo pure quelle.

Che fare allora?

Giorno dopo giorno quella bacheca degli annunci diventa sempre più affascinante, sempre più seducente, sempre più allettante…finché arrivi a commettere il grave errore che ti eri ripromessa di non fare!

CERCARE LAVORO.

Niente di pesante, chiedi, magari un lavoretto come cameriere.

Non capisci perché la commessa del <cerco lavoro> ti guarda con quell’aria stupita. Cos’hai detto di male? Che ci vorrà mai per diventare un cameriere? Prendi l’ordine, lo porti al bancone, quelli ti preparano tutto e tu porti ogni cosa al tavolo. I clienti pagano e tu sei felice.

Sì, quel lavoro ti piace.

Il primo giorno di lavoro è in genere quello più duro. Devi abituarti ai ritmi, capire cosa devi fare e come lo devi fare. Sì, ti senti carica, ti senti pronta a tutto.

Quasi come se lo facessero apposta, tutti, ma dico tutti i clienti più rompiballe te li becchi sempre il primo giorno. Loro entrano, scelgono la loro vittima fra il personale, leggono la scritta “OGGI è IL MIO PRIMO GIORNO” scritto a caratteri cubitali sulla tua fronte e ti rompono le scatole.  Mica restano solo il tempo per un caffè, ma nooooooo, loro si inchiodano su quel tavolo ore ed ore ed iniziano.

“Scusa…” – questa parola è l’origine di una richiesta che dovrai assolutamente esaudire se non vuoi essere licenziata. – “Vorremmo ordinare”.

Allora tu vai tranquilla e speranzosa pensando sempre che oggi è il tuo primo giorno e non puoi essere così sfigata da beccarti gli unici rompi del locale.

Un grosso sorriso ti illumina il viso e con l’espressione più bella che puoi fare, ti avvii verso il loro tavolo:

“I signori desiderano?” Wow, ma da dove ti è uscita una frase così? Ma manco le hostess dalla America Air-lines sono così gentili e dolci. Credi allora di aver fatto colpo, la tua gentilezza non può non essere stata non notata, lo sbirluccichìo nei tuoi occhi non può non essere stato visto.

Loro alzano sciattamente gli occhi dal menù, ti squadrano, come uno di quegli apparecchi negli aeroporti per vedere se hai nella valigia qualcosa di illegale, dalla punta dei piedi fino alle doppie punte dei tuoi capelli.

Vedi sulla loro faccia un espressione di disgusto profondo e quella strana smorfia che fanno con le labbra mentre scuotono la testa, non aiuta certo a migliorare la situazione.

Piena d’imbarazzo inizi a pensare se li abbia colpiti l’unghia incarnita del quarto dito del piede sinistro che hai avvolto in un cerotto e coperto indossando le scarpe da ginnastica. No…in effetti non può assolutamente essere quello a meno che davanti a te non ci siano 4 superman travestiti da clienti.

Ti senti più tranquilla e accenni di nuovo la domanda di prima. I fantastici 4 iniziano a dettare tante di quelle cose che non riesci a stargli dietro.

Caffè, cappuccini, torte, gelati, bibite…” – ma  che stanno digiuni da tre mesi, sti poveri sfigati? Con la vocina di una bimba che ha appena rotto il vetro con un pallone, chiedi timidamente di ripetere, ma quelli non ti guardano neanche in faccia e ricominciano a parlare.

Il cliente ha sempre ragione, il cliente ha sempre ragione ti ripeti nella mente.

Vai al bar e inizi a passare l’ordine. Poi arriva il momento di dover ritornare nell’ultimo posto dove vorresti andare, ma l’unico posto che devi raggiungere ( ndME citazione modificata del Signore degli anelli).

Consegni con l’eleganza di una danzatrice araba ogni portata al legittimo proprietario e tra piroette, volteggi e giravolte non fai cadere neanche un piatto. Gli altri ti guardano pieni di ammirazione e pensi che i 12 anni di yoga ti siano serviti finalmente a qualcosa e che tutti i soldi che hai dato al maestro Pa Ghamythan To siano stati ben investiti. Un sorriso ti si allarga tanto così sulla faccia e i 4 devono averlo notato perché appena ti allontani senti:

“Scusa…” Ahia ahia, quella parola non è per nulla confortante – “Ho chiesto una torta con su la crema, non la vaniglia”. Stai per ribattere che purtroppo non conosci la differenza fra l’una e l’altra visto che non esiste, ma il secondo aggiunge:

“Qui c’è qualche nocciolina di troppo sul mio frappèVorresti rispondere di non averle contate, ma il terzo, volendo entrare a far parte della lamentela generale esclama:

“La mia bibita non è fredda abbastanza”

Allora guardo il quarto: ormai per completare la collezione mi manca solo lui:

“Ehm…c’è un moscerino sul mio gelato”.

Li squadro uno per uno, e con un sorriso più falso delle banconote da tre euro dico:

“Non ci sono problemi, provvedo subito a cambiare le vostre bibite e i vostri gelati”

Ti chiedi come mai siano capitati proprio a te e non vedi l’ora di dileguarli o di dileguarti tu stessa.

Ma anche questa passa e tu ringrazi uno ad uno tutti gli dei che conosci.

Oramai sei stata punita abbastanza per quel primo giorno di lavoro: il destino non può accanirsi contro di te ancora, almeno non a distanza di 10 minuti dall’uscita di quei 4 dal locale.  No, non può succedere. Ma mentre stai cercando qualsiasi appiglio, qualsiasi illusione che ti convinca che non hai commesso nessuna grave colpa da meritare di essere castigata a quel modo, ti vedi arrivare nel locare…I BAMBINIIIIII!!! NOOOOO!!!

Piccoli, dolci e teneri pargoletti che ti urlano nelle orecchie:

Signoraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!! Io voglio il gelatooooo!!! Lo voglio, lo voglio, lo voglio, lo voglioooo!!!”

Rileggi quelle semplici righe appese dietro la cassa: “il cliente ha sempre ragione”

“Ma certo bambini, ditemi che gelati volete e ve li do prima di subito”

“Io questo”

“Io quello”

“Io quell’altro”

E distribuisci una cosa come 20 gelati in una volta sola.

Ma il pericolo è sempre in agguato e bastano due semplici parole pronunciate da un tenero bebè per farti ricominciare tutto daccapo e cioè:

“Mi cambi il gelato, questo non mi piace”. Ma se lo hai scelto tu tre secondi fa e per poco non mi tiravi giù tutto l’espositore talmente hai battuto forte la mano sulla piastra di alluminio per indicarmi amorevolmente quale gelato volessi.

Ti ripeti che devi stare calma, ma il nervo facciale non ti da retta e il tuo labbro inizia ad avere dei piccoli scatti verso destra senza che tu te ne renda conto.

Naturalmente ogni bambino chiederà la stessa cosa e tu dovrai riporre ogni gelato al suo posto e prenderne di nuovi. Se sei stata fortunata, i bimbi non avevano ancora pagato, ma se invece avevano già pagato i loro gelati…devi dargli anche la differenza!!!!!

Se ti capita quest’ultima avventura, allora i tuoi nervi hanno solo un’ora di autonomia e te lo testimonia lo strano tic alla palpebra dell’occhio sinistro.

Appena quei mini-mega-rompi si allontanano tutti raggianti, tu tiri un sospiro di sollievo guardando l’orologio: è ora di iniziare a pulire e finalmente andrai a casa, nel tuo soffice e morbido letto, tra i tuoi profumati peluches e tra le confortanti braccia della tua mammina.

Inizi a pulire la macchina del caffè. I bracci, le piastre di metallo, i filtri e mentre stai sciacquando tutto arriva sempre quel solito idiota che con la faccia di uno che chiede la cosa più naturale del mondo ti dice:

“Non si potrebbe avere un caffè?”

Tu gli fai notare che purtroppo la macchina è appena stata pulita (DA TE!), ma quello insiste sempre di più sempre di più e tu continui dicendo che oramai non è possibile, ma quello addirittura s’offende suscitando la reazione del tuo datore di lavoro che ti obbliga a fare il caffè al signore.

“Stupido viziato” – pensi.

Mentre quello sorseggia beato il suo caffè, tu gli lanci ogni sorta di maledizione e anatema finchè il cliente non si affoga e sei anche costretta a rianimarlo con la respirazione bocca a bocca.

In seguito provi a pulire il pavimento, ma arriva il tizio che deve andare in bagno e ti combina il locale stile Hollywood.

Tenti persino con il bagno, ma quello stesso tizio torna poco dopo, miracolosamente guarito dopo una vita di stitichezza.

E questo succede non una, ma due, tre, quattro volte. E ti ritrovi il locale pieno di gente urlante e antipatica, che ti dice di far presto, che si lamenta, che si lava le mani nel lavello del bancone che hai appena pulito, che sbatte la moneta sul tavolo per attirare la tua attenzione, che ti dà della sorda se non senti cosa ti ordina…tutto inizia a vorticare, la stanza, le persone…e come in quei film in cui fanno una panoramica dall’alto, ti vedi l’unica colorata in mezzo ad una folla in bianco e nero.

Basta! Non ce la fai più! Ti togli il grembiule e lo getti per terra. La tua dignità è stata calpestata abbastanza per oggi. Vai educatamente dal tuo caro datore di lavoro e gli dici che la tua lettera d’assunzione può usarla per…ecco può usarla come meglio crede. Tu ti licenzi!!

Appena pronunci queste tre parole magiche, le campane suonano a festa, bianchi colombi volano nel cielo, per strada tutti applaudono, ti stringono la mano e torna a splendere il sole nella tua vita.

Tornata a casa ti stendi su una poltrona. Gelato nella mano sinistra, telecomando nella destra e aspetti che ricominci la scuola. Dopotutto sei pur sempre in vacanza, no?

 

 

 

  
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