Vorrei dedicare questa
fiction a chi come me lavora in bar, ristoranti eccetera
come cameriere/a sperando di strappargli un sorriso (mentre so che a volte c’è
solo da piangere)…
Devo ammettere che
questa ficcy mi è venuta
davvero bene.
Cordeliaaaaaaaaaaaaaa!!! Spero
che tu la legga e mi dica cosa ne pensiiii!!!!
Sto sclerando, chiedo scusa.
Un bacione
grande grande e PREPARATEVI
A RIDEREEEEEEEEE!!! Ahahahahahaha
E’ appena iniziata l’estate e
finalmente dopo 9 mesi di tortura, quella cosa chiamata amorevolmente “scuola”
è finita. Niente più interrogazioni, niente più sveglia presto, corse per
prendere l’autobus che puntualmente perdi sempre, basta coi
compiti, basta coi prof!
Ti senti
libera, sollevata, stai volando ad un metro da terra.
Cammini per
il parco o per il centro con il tuo bel cappello di paglia sulla testa, i
sandali, i pantaloncini corti e arrivi ad una bacheca degli annunci di lavoro.
La guardi da lontano con un sorrisetto superiore. Basta con qualsiasi genere di lavoro,
prometti a te stessa, da oggi vuoi goderti le meritate
vacanze.
All’inizio lo “svegliarsi –
prepararsi – andare al mare-oziare – dormire” ti sembra il massimo, ma dopo un
mese che fai sempre le stesse, identiche, medesime cose, prendi
a schifo pure quelle.
Che fare allora?
Giorno dopo giorno quella bacheca degli annunci diventa sempre più
affascinante, sempre più seducente, sempre più allettante…finché arrivi a
commettere il grave errore che ti eri ripromessa di non fare!
CERCARE LAVORO.
Niente di pesante, chiedi,
magari un lavoretto come cameriere.
Non capisci perché la commessa
del <cerco lavoro> ti guarda con quell’aria stupita. Cos’hai detto
di male? Che ci vorrà mai per diventare un cameriere?
Prendi l’ordine, lo porti al bancone, quelli ti preparano tutto e tu porti ogni cosa al tavolo. I clienti
pagano e tu sei felice.
Sì, quel lavoro ti piace.
Il primo giorno di lavoro è
in genere quello più duro. Devi abituarti ai ritmi, capire cosa devi fare e come lo devi fare. Sì, ti senti carica, ti senti pronta a tutto.
Quasi come se lo facessero
apposta, tutti, ma dico tutti i clienti più rompiballe te li becchi
sempre il primo giorno. Loro entrano, scelgono la loro vittima fra il
personale, leggono la scritta “OGGI è IL MIO PRIMO GIORNO” scritto a caratteri
cubitali sulla tua fronte e ti rompono le
scatole. Mica restano
solo il tempo per un caffè, ma nooooooo,
loro si inchiodano su quel tavolo ore ed ore ed iniziano.
“Scusa…” – questa parola è
l’origine di una richiesta che dovrai assolutamente esaudire se non vuoi essere
licenziata. – “Vorremmo ordinare”.
Allora tu vai tranquilla e
speranzosa pensando sempre che oggi è il tuo primo giorno e non puoi essere
così sfigata da beccarti gli unici rompi del locale.
Un grosso sorriso ti illumina il viso e con l’espressione più bella che puoi
fare, ti avvii verso il loro tavolo:
“I signori desiderano?” Wow,
ma da dove ti è uscita una frase così? Ma manco le hostess dalla
America Air-lines sono così gentili e dolci.
Credi allora di aver fatto colpo, la tua gentilezza non può non essere stata
non notata, lo sbirluccichìo nei tuoi occhi non può
non essere stato visto.
Loro alzano sciattamente gli
occhi dal menù, ti squadrano, come uno di quegli apparecchi negli aeroporti per
vedere se hai nella valigia qualcosa di illegale,
dalla punta dei piedi fino alle doppie punte dei tuoi capelli.
Vedi sulla loro faccia un espressione di disgusto profondo e quella strana smorfia
che fanno con le labbra mentre scuotono la testa, non aiuta certo a migliorare
la situazione.
Piena d’imbarazzo inizi a
pensare se li abbia colpiti l’unghia incarnita del
quarto dito del piede sinistro che hai avvolto in un cerotto e coperto
indossando le scarpe da ginnastica. No…in effetti non
può assolutamente essere quello a meno che davanti a te non ci siano 4 superman
travestiti da clienti.
Ti senti più tranquilla e accenni di nuovo la domanda di prima. I
fantastici 4 iniziano a dettare tante di quelle cose che non riesci
a stargli dietro.
“Caffè,
cappuccini, torte, gelati, bibite…” – ma che stanno digiuni da tre mesi, sti poveri sfigati? Con la vocina di una bimba che ha appena
rotto il vetro con un pallone, chiedi timidamente di ripetere, ma quelli non ti
guardano neanche in faccia e ricominciano a parlare.
Il cliente ha
sempre ragione, il cliente ha sempre ragione ti ripeti nella mente.
Vai al bar e inizi a passare
l’ordine. Poi arriva il momento di dover ritornare nell’ultimo posto dove
vorresti andare, ma l’unico posto che devi raggiungere ( ndME
citazione modificata del Signore degli anelli).
Consegni con l’eleganza di
una danzatrice araba ogni portata al legittimo proprietario e tra piroette,
volteggi e giravolte non fai cadere neanche un piatto.
Gli altri ti guardano pieni di ammirazione e pensi che
i 12 anni di yoga ti siano serviti finalmente a qualcosa e che tutti i soldi
che hai dato al maestro Pa Ghamythan
To siano stati ben investiti. Un sorriso ti si
allarga tanto così sulla faccia e i 4 devono averlo notato perché appena ti
allontani senti:
“Scusa…” Ahia ahia, quella parola non è per nulla confortante – “Ho
chiesto una torta con su la crema, non la vaniglia”.
Stai per ribattere che purtroppo non conosci la differenza fra l’una e l’altra visto che non esiste, ma il secondo aggiunge:
“Qui c’è qualche nocciolina
di troppo sul mio frappè” Vorresti
rispondere di non averle contate, ma il terzo, volendo entrare a far parte
della lamentela generale esclama:
“La mia bibita non è fredda
abbastanza”
Allora
guardo il quarto: ormai per completare la collezione mi manca solo lui:
“Ehm…c’è un moscerino sul mio
gelato”.
Li squadro uno per uno, e con un sorriso più falso delle banconote da tre euro
dico:
“Non ci sono problemi,
provvedo subito a cambiare le vostre bibite e i vostri
gelati”
Ti chiedi come mai siano
capitati proprio a te e non vedi l’ora di dileguarli o di dileguarti
tu stessa.
Ma anche questa passa e tu ringrazi uno ad uno tutti gli dei che conosci.
Oramai sei stata punita
abbastanza per quel primo giorno di lavoro: il destino non può accanirsi contro
di te ancora, almeno non a distanza di 10 minuti dall’uscita di quei 4 dal
locale. No, non può succedere. Ma mentre
stai cercando qualsiasi appiglio, qualsiasi illusione che ti convinca che non
hai commesso nessuna grave colpa da meritare di essere castigata a quel modo,
ti vedi arrivare nel locare…I BAMBINIIIIII!!!
NOOOOO!!!
Piccoli, dolci e teneri
pargoletti che ti urlano nelle orecchie:
“Signoraaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!!!!!!!
Io voglio il gelatooooo!!!
Lo voglio, lo voglio, lo voglio, lo voglioooo!!!”
Rileggi quelle semplici righe
appese dietro la cassa: “il cliente ha sempre ragione”
“Ma certo bambini, ditemi che gelati volete e ve li do prima di subito”
“Io questo”
“Io quello”
“Io quell’altro”
E distribuisci una cosa come 20 gelati in una volta
sola.
Ma il pericolo è sempre in
agguato e bastano due semplici parole pronunciate da un tenero bebè per farti ricominciare tutto daccapo e cioè:
“Mi cambi il gelato, questo
non mi piace”. Ma se lo hai scelto tu tre secondi fa e per poco non mi tiravi
giù tutto l’espositore talmente hai battuto forte la
mano sulla piastra di alluminio per indicarmi amorevolmente quale gelato
volessi.
Ti ripeti che devi stare
calma, ma il nervo facciale non ti da retta e il tuo labbro inizia ad avere dei
piccoli scatti verso destra senza che tu te ne renda
conto.
Naturalmente ogni bambino
chiederà la stessa cosa e tu dovrai riporre ogni gelato al suo posto e
prenderne di nuovi. Se sei stata fortunata, i bimbi non avevano ancora pagato,
ma se invece avevano già pagato i loro gelati…devi dargli anche la differenza!!!!!
Se ti capita quest’ultima avventura, allora i tuoi nervi hanno solo
un’ora di autonomia e te lo testimonia lo strano tic
alla palpebra dell’occhio sinistro.
Appena quei mini-mega-rompi si
allontanano tutti raggianti, tu tiri un sospiro di sollievo guardando
l’orologio: è ora di iniziare a pulire e finalmente andrai a casa, nel tuo
soffice e morbido letto, tra i tuoi profumati peluches
e tra le confortanti braccia della tua mammina.
Inizi a pulire la macchina
del caffè. I bracci, le piastre di metallo, i filtri
e mentre stai sciacquando tutto arriva sempre quel solito idiota che con la
faccia di uno che chiede la cosa più naturale del mondo ti dice:
“Non si potrebbe avere un caffè?”
Tu gli fai notare che
purtroppo la macchina è appena stata pulita (DA TE!), ma
quello insiste sempre di più sempre di più e tu continui dicendo che oramai non
è possibile, ma quello addirittura s’offende suscitando la reazione del tuo
datore di lavoro che ti obbliga a fare il caffè al
signore.
“Stupido viziato” – pensi.
Mentre quello sorseggia beato
il suo caffè, tu gli lanci
ogni sorta di maledizione e anatema finchè il cliente
non si affoga e sei anche costretta a rianimarlo con la respirazione bocca a
bocca.
In seguito provi a pulire il
pavimento, ma arriva il tizio che deve andare in bagno e ti combina il locale
stile Hollywood.
Tenti persino con il bagno, ma quello stesso tizio torna poco dopo,
miracolosamente guarito dopo una vita di stitichezza.
E questo succede non una, ma due, tre, quattro volte. E ti
ritrovi il locale pieno di gente urlante e antipatica, che ti dice di far
presto, che si lamenta, che si lava le mani nel lavello del bancone che hai
appena pulito, che sbatte la moneta sul tavolo per attirare la tua attenzione,
che ti dà della sorda se non senti cosa ti ordina…tutto inizia a vorticare, la
stanza, le persone…e come in quei film in cui fanno una panoramica dall’alto,
ti vedi l’unica colorata in mezzo ad una folla in bianco e nero.
Basta! Non ce la fai più! Ti
togli il grembiule e lo getti per terra. La tua dignità è stata calpestata
abbastanza per oggi. Vai educatamente dal tuo caro datore di lavoro e gli dici che la tua lettera d’assunzione può usarla per…ecco può
usarla come meglio crede. Tu ti licenzi!!
Appena pronunci queste tre parole magiche, le campane
suonano a festa, bianchi colombi volano nel cielo, per strada tutti applaudono,
ti stringono la mano e torna a splendere il sole nella tua vita.
Tornata a casa ti stendi su una poltrona. Gelato
nella mano sinistra, telecomando nella destra e aspetti che ricominci la
scuola. Dopotutto sei pur sempre in vacanza, no?