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Autore: allanon9    10/03/2010    2 recensioni
Oneshot post 2x16: Jane è un uomo molto affascinante ma, il più delle volte, il volto che mostra alla gente è quello del sadico malvagio ed irresponsabile.
Genere: Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Autore: Allanon9
Spoilers:
Tutta la seconda stagione, maggiormente 2x16

Pairing: Jane e un po’ Lisbon
Rating: Per tutti
Disclaimer: I personaggi citati in questa fanfiction non mi appartengono, ho solo preso liberamente spunto dalla serie "
The Mentalist" di proprietà della CBS.

 

 

Sometimes

 

 

Patrick aprì gli occhi di scatto: qualcosa che non riusciva ad identificare l’aveva svegliato.

Dopo un attimo di disorientamento si rese conto di essersi addormentato sul suo divano al CBI e capì cosa l’aveva svegliato: il silenzio.

Patrick si sorprendeva sempre di come potesse essere assordante il silenzio.

Si alzò stiracchiando le gambe e le braccia intorpidite pensando che forse era meglio tornarsene a casa.

Guardò l’ora e vide che erano le ventitrè.

Rivolse lo sguardo verso l’ufficio del suo capo, la donna con gli occhi di smeraldo, Teresa Lisbon, e sospirò di sollievo: era andata via, meglio così.

Si diresse verso la toilette degli uomini per sciacquarsi il viso.

Si guardò un attimo allo specchio, l’acqua gli gocciolava dal viso, gli occhi stanchi ed assonnati.

Vide riflesso un uomo attraente, che sapeva essere molto affascinante, ma che il più delle volte la gente vedeva come  un sadico malvagio ed irresponsabile.

Fece una smorfia di disappunto e si asciugò. Le parole della vedova Barge l’avevano toccato più di quello che aveva dato a vedere a Lisbon, ma infondo ci era abituato no? Le uniche persone che conoscevano il suo vero volto ormai non c’erano più e gli anni di addestramento col padre avevano reso quasi inattacabile la sua maschera di insensibilità.

Buttò nella pattumiera la carta e si diresse verso il bullpen srotolandosi le maniche della camicia.

Prese la giacca dalla sedia e la indossò e fu allora che notò la luce accesa nell’ufficio di Lisbon.

Aggrottò le sopracciglia. Era sicuro che poco prima la luce fosse spenta.

Molto lentamente si diresse verso l’ufficio e con cautela spinse la porta.

Entrò e vide che l’interno era vuoto. Una strana sensazione crebbe dentro di lui, qualcosa non andava.

Fece per girarsi ed andarsene ma qualcosa di duro lo colpì alla tempia; provò a resistere ma perse conoscenza cadendo a terra.

 

Teresa stava sognando di litigare col suo biondo ed indisponente consulente, quando lo squillo insistente del cellulare la svegliò.

“Lisbon.” Farfugliò .

“Vieni immediatamente al CBI se vuoi rivedere vivo Jane.” Gli disse una voce contraffatta.

D’un tratto fu completamente sveglia.

“Pronto?” gridò nel ricevitore, ma avevano già riattaccato.

Si vestì in meno di dieci minuti e, salita in auto, chiamò Cho per dirgli di raggiungerla con i rinforzi al quartier generale.

Chi diavolo poteva essere? Chi poteva entrare non visto al CBI?

Un terribile sospetto la fece rabbrividire: chi l’aveva già fatto una volta uccidendo Bosco ed il suo team: Red John.

Accellerò sperando di sbagliarsi.

 

Jane rinvenne lentamente dallo stato di incoscienza in cui era caduto.

Si ritrovò sul divano nell’ufficio di Lisbon ammanettato.

“Ben tornato tra i vivi sensitivo.” Disse una voce che gli suonava familiare.

Guardò all’uomo che sedeva di fronte a lui a cavalcioni della sedia.

“Doug!” esclamò sorpreso di vedere una delle guardie di sorveglianza del CBI.

“Che succede?”

L’uomo si alzò. “Vedo che conosci il mio nome.” Disse quello calmo.

“Certo, conosco i nomi di quasi tutti qui al CBI, specie delle guardie di sicurezza. Tu sei relativamente nuovo, ma ti ho visto spesso ultimamente. Perché mi hai aggredito?” gli chiese Jane, il cui mal di testa stava paurosamente aumentando.

Un sorriso di derisione affiorò sul volto dell’uomo.

“Non lo sai? Dicono che sei un sensitivo e che leggi la mente quindi dovresti sapere perché ti ho aggredito.”

“Non sono un sensitivo, non esistono i sensitivi.” Disse Jane mettendosi seduto.

Doug gli puntò la pistola contro. “Niente giochetti sensitivo.”

“E che giochetti potrei fare così ammanettato? Non sono Audinì.” Rispose Patrick con la sgradevole sensazione di vivere un dejavù.

“Ti conosco abbastanza da sapere che hai sempre un asso nella manica, sensitivo.”

L’uomo sputava l’aggettivo ‘sensitivo’ come se fosse una brutta parola ed a Jane dava enormemente sui nervi essere chiamato così.

“Piantala di chiamarmi così, il mio nome è Jane, no sensitivo.” Gli disse socchiudendo gli occhi.

L’uomo rise.

“So qual è il tuo nome, conosco bene tutti i nomi del tuo team. Solo che a te sta meglio l’altro.”

“Cosa vuoi da me?  Come ben saprai non sono un poliziotto e sono disarmato, sono solo un consulente.”

Doug lo guardò fisso negli occhi e sorrise beffardo.

“Infatti non sei tu quello che voglio, sei solo l’esca che farà abboccare all’amo il mio pesciolino.”

“Lisbon!” esclamò Patrick.

“E’ lei il tuo bersaglio vero?”

L’uomo continuava a sorridere. “Allora è vero che leggi nella mente, sì hai letto bene sensitivo. Il tuo caro capo ed io abbiamo alcune cosette da dirci.” Appoggiò la pistola sulla scrivania per asciugarsi i palmi delle mani sui pantaloni della divisa e Jane non si fece scappare l’occasione.

Mentre quello era momentaneamente distratto, si alzò e lo caricò facendogli perdere l’equilibrio.

Quindi uscì correndo dall’ufficio, ma fece poca strada. Una pallottola gli fischiò pericolosamente vicina alla testa e si piantò nello stipite della porta di fronte, scagliando alcune schegge intorno a lui.

Jane si fermò di colpo ansimante e piano si voltò verso Doug che impugnava la pistola con entrambe le mani.

“Dove scappi? Non è ancora finita.”

 

 

Doug lo fece sedere e lo ammanettò con le mani dietro alla spalliera della sedia.

Jane fece una smorfia di dolore, poi col consueto spirito di adattamento disse: “Adesso spero che mi dirai perché odi tanto il mio capo e bada… saprò se stai mentendo.”

Doug sorrise ironico.

“Sette anni fa Lisbon e Bosco arrestarono mio figlio con l’accusa di detenzione di armi e spaccio di cocaina. Al processo fu condannato a sei anni senza ottenere la condizionale. All’epoca mia moglie era malata terminale e non vide più Andy, morì un mese dopo il suo arresto. Andy era un bravo ragazzo, ricorremmo in appello, ma Bosco e il tuo capo riuscirono a trovare un testimone che lo inchiodò. Andy è morto sei mesi dopo, impiccato nella sua cella. Hanno detto suicidio, ma scommetto che furono gli altri detenuti ad ammazzarlo.” Nessuna emozione traspariva dalla dura voce dell’uomo, ma Patrick conosceva abbastanza la natura umana per capire il tormento che albergava nel cuore di Doug.

“Mi dispiace per la tua famiglia Doug, so cosa provi, ma Lisbon ha fatto solo il suo dovere.” Disse abbassando la voce quasi ad un sussurro come faceva sempre quando voleva ipnotizzare qualcuno.

“Lo hanno incastrato! Tu capisci perché voglio vendicarmi, no? So cosa è successo alla tua famiglia!” gridò Doug.

“Ascoltami e rilassati Doug…” disse ancora Patrick seguendolo con gli occhi nei suoi nervosi movimenti.

“Calmati e ascoltami…Sì, so cosa provi: desideri trovare la pace e io posso aiutarti, ma devi lasciarti andare e rilassarti…” L’uomo si era fermato, affascinato dal suono calmo della voce di Patrick e lo guardava negli occhi come aspettando qualcosa.

“Bene, ora sei calmo e ti senti stanco… stenditi sul divano e chiudi gli occhi… dormi e quando ti sveglierai ti sentirai perfettamente rilassato e calmo. Così bravo.” Aggiunse appena Doug si sdraiò sul divano e chiuse gli occhi ubbidiente.

Patrick sorrise leggermente, aveva ottenuto di allontanare il pericolo da sé e da Lisbon che, ne era certo stava arrivando.

Infatti dopo qualche minuto l’intero team fece irruzione nell’ufficio.

“Shh!!!” disse Patrick “Lo sveglierete.”

“Jane, grazie a Dio stai bene.” Disse Lisbon abbassando la pistola.

“Accidenti Jane, l’hai ipnotizzato vero?” disse sorridendo Wayne.

“Beh, non potevo fare altrimenti. Ho provato a scappare ma mi ha ripreso.” Disse lui facendo spallucce e sorridendo in quel suo irresistibile modo.

Teresa prese le chiavi dalla guardia addormentata e libero le mani di Jane.

“Grazie Lisbon. Ora ti conviene ammanettarlo e dopo lo sveglierò, ce l’ha con te per l’arresto e la morte di suo figlio.” Disse Patrick guardandola negli occhi.

“Ok, mi spiegherai tutto dopo. Cho ammanettalo e tu Jane fallo rinvenire.” Disse lei sbrigativa come sempre.

Si accorse solo allora del sangue secco sulla tempia di Jane.

“Jane sei ferito, dovresti…”

“Lo so, dovrei farmi vedere da un dottore. Non è che un graffio Lisbon, sto bene.” La rassicurò lui.

Lei sospirò. “Procediamo.”

Cho ammanettò Doug e Patrick lo risvegliò dandogli un colpetto sul ginocchio.

“La dichiaro in arresto per l’aggressione ed il sequestro di un membro del CBI, tutto quello che dirà…” Cho elencava i suoi diritti all’uomo mentre lo faceva alzare e lo portava via.

Ad un tratto Jane lo fermò: “Aspetta Cho! Doug…tua moglie e tuo figlio sono insieme adesso e dicono di stare tranquillo, andrà tutto bene.”

Una luce brillò negli occhi scuri dell’uomo ma non disse niente.

Cho lo portò via e Teresa guardò il suo consulente interrogativamente.

“Che cosa gli hai detto? Hai avuto un messaggio dall’aldilà?” era incredula e sorpresa, Jane non aveva mai fatto nulla del genere prima d’ora.

Lui arrossì leggermente: “No, ma aveva bisogno di una speranza Lisbon ed è stato più forte di me.”

Sembrava imbarazzato.

Van Pelt sorrise: “Hai fatto la cosa migliore Patrick.” Disse uscendo dall’ufficio.

Teresa continuò ad osservarlo in silenzio.

“Che c’è?” chiese lui sulla difensiva.

“Niente e che a volte credo che tu non sia completamente un sadico malvagio ed irresponsabile.”

Lui sorrise debolmente “A volte, a domani Lisbon.”

Ed uscì dall’ufficio senza voltarsi indietro.

Teresa lo guardò andare via senza riuscire a dirgli niente, a volte Jane era un enigma difficile da risolvere.

Sospirando uscì anche lei dall’ufficio, non era troppo tardi per tornare a dormire.

  
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